Liber de causis

opera dello Pseudo-Aristotele

Il Liber de causis (titolo originale: Kitāb ul-īḍāḥ li-Arisţūţālis fi'l-khayri'l-maḥd, "Il libro della spiegazione di Aristotele sul Bene assoluto") è un elenco di proposizioni a carattere filosofico e teologico, realizzato nel circolo filosofico di al-Kindi intorno alla metà del IX secolo.

Noto all'Occidente latino con questo titolo, grazie alla traduzione fattane da Gerardo da Cremona nel 1180, fu a lungo erroneamente attribuito ad Aristotele, fino a che Tommaso d'Aquino ne contestò l'attribuzione. Il modello di un edificio sistematico del sapere che iniziava dalla logica e si concludeva con la metafisica, articolata in scienza delle cause prime e supreme, e teologia razionale della processione dell'universo dall'Uno, la quale rivendicava il carattere di scienza dimostrativa, si era così tanto affermato nei secoli che le contestazioni di Averroè e di Tommaso non impedirono che si continuasse a leggere e commentare questo testo[1].

Dopo la chiusura delle scuole filosofiche di Atene nel 529, il pensiero di Aristotele venne in parte trascurato dall'occidente latino, ma venne conservato nei monasteri grazie ai monaci ed in Mesopotamia e Siria grazie all'opera di traduzione delle sue opere dal greco in arabo per lo più per opera dei cristiani nestoriani. I compilatori siriani e persiani però inserirono nel catalogo delle opere di Aristotele due opere apocrife di stampo neoplatonico, il Liber de causis e La teologia di Aristotele, tratto dalle Enneadi di Plotino. Citato per la prima volta da Alano di Lilla, fu considerato opera di Aristotele fino al 1268, quando Guglielmo di Moerbeke tradusse l'Elementatio Theologica di Proclo, e Tommaso[2] scoprì esserne questa la fonte immediata (Plotino ne era invece la fonte remota).

Tratta dell'ordine gerarchico delle cause, a partire dalla prima, anteriore all'eternità, all'essere stesso e, di conseguenza, all'intelligibile. La causa prima risulta dunque indefinibile, ma la si può chiamare Bene, o Uno. Tutto ciò che non è Bene/Uno è molteplice: la prima di queste cose create è l'essere, seguito da un'Intelligenza pura, che è piena di forme intelligibili. Ogni anima che ne discende possiede dunque naturalmente in sé i sensibili, poiché è piena delle loro forme.

L'impianto emanatista rimanda scopertamente al neoplatonismo, in particolare a Plotino.

Testi e traduzioni modifica

Commentari modifica

Letteratura secondaria modifica

  • Manuel Alonso Alonso, Las fuentes literarias del Liber de causis. Al-Andalus: revista de las escuelas de estudios árabes de Madrid y Granada, (10), 1945, pp. 345-382.
  • Paloma Llorente Megías, Liber de Causis: Indice y Concordancia, Firenze, Olschki 2004.
  • Andreas Bächli-Hinz, Monotheismus und neuplatonische Philosophie: Eine Untersuchung zum pseudo-aristotelischen Liber de causis und dessen Rezeption durch Albert den Großen, Frankfurt, Academia Verlag, 2002.
  • Cristina d'Ancona Costa, Recherches sur le Liber de causis, Parigi, Vrin, 2002.

Note modifica

  1. ^ Cristina D'Ancona, La trasmissione della filosofia araba, in D'Ancona, Storia della filosofia nell'Islam medievale, Einaudi, Torino, 2005, p.829
  2. ^ Padre Battista Mondin, O.P., Ontologia e metafisica, ESD, 2022, 3ª edizione, p. 167. ISBN 978-88-5545-053-9

Collegamenti esterni modifica

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