Monte Sinai (Bibbia)

Monte in Egitto, detta la montagna di Mosè

Il monte Sinai è il luogo in cui, secondo il Libro dell'Esodo, Mosè fu chiamato da Dio attraverso il rovo ardente (Es 3,1[1] e seguenti) e molti anni dopo ricevette le tavole della legge del decalogo (Es 19,1-3[2] e seguenti). Mentre le fonti Jahvista (J) e Sacerdotale (P) usano il nome Sinai, quelle Elohista (E) e Deuteronomista (D) usano il nome Oreb.[3]

Mosè riceve le tavole della Legge sul monte Sinai. Formella della Porta del Paradiso, Battistero di San Giovanni (Firenze).

Alcuni secoli dopo anche il profeta Elia si recò sul monte Oreb, dove parlò con Dio.

Identificazione geografica modifica

 
La grotta sulla cima del Har Karkom.

Come per molte delle località descritte nell'Esodo, anche per il monte Sinai-Oreb si è persa la memoria toponomastica delle località descritte. Sono state proposte diverse identificazioni:

L'identificazione del monte Sinai biblico col Gebel Musa incontra almeno quattro problemi:

  • la completa mancanza di riscontri archeologici di attività antecedenti l'era cristiana;
  • la lontananza di almeno 150 km dall'area in cui la Bibbia colloca la tribù di Madian;
  • la non coerenza con le tappe per spostarsi dall'Horeb fino a Kadesh Barnea descritte dal Deuteronomio (Deuteronomio 1:2[3]): "Vi sono 11 giornate dall'Horeb, per la via del monte Seir, fino a Kadesh Barnea", indicazione che permette di limitare la localizzazione del Monte Sinai biblico entro 100 km circa da Kadesh Barnea (nell'antichità un percorso doveva permettere di raggiungere giornalmente almeno un pozzo per abbeverare il bestiame che gli Israeliti avevano al seguito);
  • il riscontro biblico (Numeri 14) secondo cui gli Israeliti sono condannati a vagare per quaranta anni nel deserto presso le vicinanze di Kadesh Barnea, invece di poter entrare subito nella Terra Promessa.

Solo Har Karkom, quindi, trovandosi al confine fra il territorio dei madianiti e degli amaleciti, risponde ai punti che invece risultano controversi per il Jebel Musa e sin dal paleolitico - al contrario di quest'ultimo - è stato utilizzato come santuario. Viene da taluni studiosi sostenuto che tale attività sembra però esaurirsi in epoca antecedente quella in cui tradizionalmente viene collocato l'Esodo e che ciò ostacola la sua identificazione con il Sinai biblico, anche se le scoperte archeologiche del prof. Emmanuel Anati e i riscontri topografici degli appunti di viaggio del Diario di Egeria portano a ritenere Har Karkom (montagna con una piccola grotta posta sulla cima, interpretata dal prof. Anati come l'anfratto in cui Mosè si sarebbe rifugiato, secondo la tradizione, per non rimanere abbagliato dal passaggio di Yahweh, quando ricevette le tavole dei 10 comandamenti) come l'identificazione più probabile e sino a oggi meglio documentata.[5] Infatti, il monte Sinai visitato da Egeria viene dal lei descritto come avente due cime tra loro vicine, proprio come quelle presenti su Har Karkom. L'identificazione di Har Karkom col Monte Sinai e l'Oreb della Bibbia troverebbe così conferma dalla tradizione cristiana fin dai suoi primi secoli.

Esegesi ebraica modifica

Secondo l'esegesi ebraica sino ad oggi il luogo risulta sconosciuto.

Note modifica

  1. ^ Es 3,1, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ Es 19,1-3, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  3. ^ Cf. Bibbia TOB, nota a Es 3,1.
  4. ^ MOUNT SINAI AND THE LUNAR GOD SIN, su harkarkom.com. URL consultato il 17 maggio 2020.
  5. ^ Silvio Barbaglia, Har Karkom interroga l'esegesi e la teologia. Un primo bilancio della ricezione dell'ipotesi di E. Anati nei dibattiti sulle origini di Israele, Liber Annuus, 2012.

Bibliografia modifica

  • Flavio Barbiero, Har Karkom il monte di Dio, in Fenix, agosto 2014, pp. 66-71.

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