Mora (frutto)

frutto di diverse specie di piante del genere Rubus

La mora (o anche mora di rovo) è il nome comune dato al frutto di diverse varietà del genere Rubus e incluso nella categoria commerciale dei frutti di bosco. Dal punto di vista botanico è una polidrupa.

More

Le more si distinguono dai lamponi (le cui piante appartengono allo stesso genere Rubus ma ad una diversa specie) perché, quando si raccoglie una mora, il ricettacolo rimane attaccato al frutto, mentre nel lampone il ricettacolo rimane sulla pianta, lasciando una cavità nel frutto.[1] Il lampone è una polidrupa.

Il termine mora o più propriamente mora di gelso si usa anche per indicare i frutti di specie del genere Morus che botanicamente sono dei frutti composti del tipo sorosi.

Un cestino di more selvatiche.

Caratteristiche modifica

Le more sono piante perenni, tipicamente con produzione biennale ed un sistema radicale perenne.[2]

Nel suo primo anno di vita, si crea il primocane, un fusto principale che cresce vigorosamente sino alla lunghezza di 3-6 metri (in alcuni casi sopra i 9 metri) con un tralcio composto da foglie palmate con cinque o sette foglioline; questo non produce fiori. Nel secondo anno, il primocane diventa un floricane e non cresce più in lunghezza ma crea dei cacchi laterali fiorenti.[2] Tra il primo ed il secondo anno iniziano inoltre a svilupparsi le prime spine, anche se la maggior parte delle specie coltivate di more attualmente si presenta senza spine, frutto di una selezione operata dall'uomo. L'Università dell'Arkansas ha sviluppato un tipo di primocane che cresce, fiorisce e fruttifica già il primo anno.

I tralci, quando toccano il terreno, tendono spesso a radicare a loro volta, diffondendosi così vigorosamente e crescendo facilmente anche in boschi, macchie, colline, siepi e anche in terreni particolarmente poveri, colonizzando da subito aree non coltivate e fossi.[3]

I fiori sono prodotti dalla tarda primavera all'inizio dell'estate su brevi racemi.[2] Ogni fiore è largo dai 2 ai 3 cm di diametro con cinque petali bianchi o rosa chiari.[2]

Valori nutrizionali modifica

I valori nutrizionali della mora di rovo sono i seguenti, per 100 g di alimento:[4][5]

  • Acqua 88,15 g
  • Carboidrati 9,6-10,2 g
  • Proteine 1,4 g
  • Grassi 0,5 g
  • Valore energetico 43 kcal

Composizione del seme modifica

Le more contengono diversi grandi semi che spesso non sono graditi dai consumatori. I semi contengono un olio ricco di omega 3 e omega 6 oltre a proteine, fibre, carotenoidi, ellagitannini e acido ellagico.[6]

Storia modifica

Una delle prime testimonianze del consumo di more nella storia dell'uomo si fa risalire ai resti della donna di Haraldskær, una mummia di palude naturalmente conservata di una donna danese risalente a circa 2500 anni fa. L'analisi sul corpo ha rivelato la presenza di more nello stomaco della donna assieme ad altri cibi. L'uso di more per creare vini e cordiali è documentato nella London Pharmacopoeia sin dal 1696.[7] Come cibo, le more hanno una storia lunga nella realizzazione di torte, marmellate e gelatine per uso alimentare.[7]

L'uso delle more per scopi medici è stato particolarmente attivo nella storia della medicina occidentale. Gli antichi greci, altri popoli europei ed i nativi americani hanno adoperato da sempre varie parti delle piante per diversi trattamenti. La masticazione delle foglie o il loro uso come decotto per la realizzazione di tè era di uso comune tra gli indios per la cura di malattie e malesseri. Un tè ricavato dalla bollitura delle foglie e delle radici era usato in particolare per la cura della pertosse.[7] Le radici, che hanno proprietà astringenti, erano impiegate dagli antichi sudamericani per curare problemi intestinali come dissenteria e diarrea. I frutti, che contengono un alto valore di vitamina C, sono stati usati con successo in passato per la cura dello scorbuto. Un documento del 1771 raccomanda per questo scopo l'uso delle more per la cura di ulcere allo stomaco.[7]

I nativi americani utilizzano inoltre i tralci della pianta di more per fabbricare delle corde, come pure sfruttavano i rovi per delimitare aree e nel contempo difenderle dagli animali per la presenza delle spine.[7]

Lo sviluppo della cultivar modifica

La moderna ibridizzazione e cultivar ha avuto luogo perlopiù negli Stati Uniti. Nel 1880 un primo ibrido tra mora e lampone chiamato loganberry è stato sviluppato a Santa Cruz, in California, dal giudice ed orticultore James Harvey Logan. Una delle prime varietà di more senza spine è stata creata nel 1921, ma tale specie era perlopiù priva di gusto. Le cultivar senza spine di maggior successo si sono ottenuti negli anni '90 del Novecento con frutti più grandi, succosi e saporiti come per le varianti Triple Crown,[7][8] Black Diamond, Black Pearl e Nightfall.[9]

Ecologia modifica

 
Un bombo (Bombus hypnorum) impollina delle more

Le foglie delle more sono tra i cibi principali di alcuni bruchi; alcuni animali brucanti, in particolare cervi, sono molto ghiotti delle foglie delle more. I bruchi dell' Oecophoridae Alabonia geoffrella si nutrono dei rami più giovani e teneri della pianta. Quando sono mature, le more vengono mangiate da alcuni mammiferi e i loro semi vengono dispersi con le feci, come nel caso della volpe rossa, l'orso bruno americano ed il tasso eurasiatico, oltre ad alcuni piccoli uccelli.[10]

 
Cesto di more

Le more crescono in gran parte dell'Europa. Questi sono elementi importanti nell'ecologia di molti paesi, in particolare per la raccolta dei frutti. Ad ogni modo le piante sono considerate anche piante infestanti dal momento che si diffondono facilmente sia coi tralci che con le radici sotterranee. In alcune parti del mondo come Australia, Cile, Nuova Zelanda e parte nordorientale dell'America settentrionale, alcune specie di more, in particolare il Rubus armeniacus (mora himalayana) ed il Rubus laciniatus (mora sempreverde), sono state naturalizzate e considerate specie invasive e infestanti.

I frutti della mora sono di colore rosso prima di maturare, portando all'espressione popolare "le more sono rosse quando sono verdi".[11]

Coltivazione modifica

 
Una mora Black Butte

Nel mondo, il Messico è tra i principali produttori di more, con esportazioni principalmente per il mercato americano ed europeo.[12] Sino al 2018, il mercato messicano produceva quasi esclusivamente dalla cultivar Tupy che cresceva particolarmente bene nella maggior parte delle regioni messicane.[13] Negli Stati Uniti, l'Oregon è il principale stato produttore di more con una produzione di 19.300.000 chilogrammi su 2500 ettari nel 2017.[14]

Numerose cultivar sono stati selezionate per le coltivazioni orticole ed amatoriali in Europa e negli Stati Uniti.[9][15]

Ibridi modifica

La mora Marion (indicata talvolta come "marionberry") è una importante cultivar selezionato da un incrocio tra Chehalem e Ollallie.[16]

Le cultivar più recenti hanno creato le varietà Black Diamond, Black Pearl e Nightfall oltre alle varianti Obsidian e Metolius. Il Black Diamond è oggi la cultivar più diffusa negli Stati Uniti. Altre specie sono la Newberry, il Waldo, il Siskiyou, il Black Butte, il Kotata, il Pacific ed il Cascade.[9]

Rampicanti modifica

Le more rampicanti sono specie vigorose nella crescita e richiedono dei tralicci come supporti su cui crescere e svilupparsi e sono meno resistenti al freddo di altre specie. Esse sono particolarmente adatte per i climi del Nord America, del Regno Unito, della Nuova Zelanda, del Cile e paesi del Mediterraneo.

Senza spine modifica

Le prime varietà senza spine sono state sviluppate dal John Innes Centre a Norwich, nel Regno Unito, e successivamente a Beltsville, nel Maryland. Tra le cultivar più noti di questo tipo vi sono la Black Satin, la Chester Thornless, la Dirksen Thornless, la Hull Thornless, la Loch Maree, la Loch Ness, la Loch Tay, la Merton Thornless, la Smoothstem e la Triple Crown.[17][18] La cultivar Cacanska Bestrna (detta anche Cacak Thornless) è stata sviluppata e coltivata con successo in Serbia.

Erette modifica

L'Università dell'Arkansas ha sviluppato delle cultivar di more erette. Queste sviluppano dei fusti meno vigorosi all'inizio della crescita della pianta e si sviluppano come dei lamponi. Vi sono varietà con spine e senza spine come la Navaho, la Ouachita, la Cherokee, la Apache, la Arapaho e la Kiowa.[19][20] Sono di questo tipo anche le more da primocane fruttuoso come la Prime-Jan e la Prime-Jim (2004).[19]

Problematiche e malattie modifica

 
Fiore rosa chiaro di mora

Dal momento che le more appartengono al medesimo genere dei lamponi,[21] presentano le medesime problematiche e malattie, incluso l'antracnosia che può causare anche la morte della pianta.[22][23] I rimedi per i due generi di piante sono i medesimi come la tintura di Bordeaux,[24] una combinazione di fango, acqua e solfato di rame.[25]

La Drosophila suzukii può causare seri danni alle more.[26] A differenza di altri moscerini che sono attratti da aceto o dalla fermentazione dei frutti, la D. suzukii attacca i frutti freschi, depositandovi all'interno le proprie uova. Le larve, crescendo, distruggono il frutto cibandosene e compromettendone quindi il proprio valore commerciale.[26]

Altro insetto dannoso è l'Amphorophora rubi, conosciuto come afide della mora, che si ciba non solo di more ma anche di lamponi.[27][28][29]

Il Byturus tomentosus, la Lampronia corticella e l'Anthonomus rubi sono altre specie infestanti delle more.[30]

Usi modifica

Le more si usano per produrre diversi tipi di torte e confetture oltre al Brombeergeist, un liquore tedesco tipico della Foresta Nera.

Note modifica

  1. ^ (EN) Mark Rieger, Blackberries and Raspberries (Rubus spp.), su uga.edu. URL consultato il 21 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 29 maggio 2010).
  2. ^ a b c d Krewer, Gerard; Fonseca, Marco; Brannen, Phil and Horton, Dan, Home Garden:Raspberries, Blackberries (PDF), su ugaextension.com, Cooperative Extension Service/The University of Georgia College of Agricultural and Environmental Sciences, 2004. URL consultato il 27 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2020).
  3. ^ Marjorie Blamey, The illustrated flora of Britain and northern Europe, Hodder & Stoughton, 1989, ISBN 978-0-340-40170-5, OCLC 41355268.
  4. ^ (EN) 09042, Blackberries, raw, in National Nutrient Database, Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti d'America, aprile 2018. URL consultato il 21 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 21 agosto 2019).
  5. ^ (EN) Blackberries, raw Nutrition Facts & Calories, su nutritiondata.self.com. URL consultato il 21 agosto 2019.
  6. ^ Bushman BS, Phillips B, Isbell T, Ou B, Crane JM, Knapp SJ, Chemical composition of caneberry (Rubus spp.) seeds and oils and their antioxidant potential, in Journal of Agricultural and Food Chemistry, vol. 52, n. 26, dicembre 2004, pp. 7982–7, DOI:10.1021/jf049149a, PMID 15612785.
  7. ^ a b c d e f Harding, Deborah, The History of the Blackberry Fruit, su gardenguides.com, Garden Guides, Leaf Group Ltd.. URL consultato il 20 giugno 2019.
  8. ^ 'Triple Crown' thornless blackberry, su ars.usda.gov, US Department of Agriculture, 2 febbraio 1998. URL consultato il 21 giugno 2019.
  9. ^ a b c Thornless processing blackberry cultivars, su ars.usda.gov, US Department of Agriculture, 26 giugno 2018. URL consultato il 21 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 21 giugno 2019).
  10. ^ José M. Fedriani e Miguel Delibes, Functional diversity in fruit-frugivore interactions: a field experiment with Mediterranean mammals, in Ecography, vol. 32, n. 6, 2009, pp. 983–992, DOI:10.1111/j.1600-0587.2009.05925.x, JSTOR 20696310.
  11. ^ Robert Allen Palmatier, Food: A Dictionary of Literal and Nonliteral Terms, Santa Barbara, Calif., Greenwood, 30 agosto 2000, p. 26, ISBN 978-0-313-31436-0. URL consultato il 17 marzo 2018.
  12. ^ Perry, Mark J., Mexico's berry bounty fuels trade dispute – U.S. consumers dismiss U.S. berry farmers' complaints as 'sour berries', su aei.org, American Enterprise Institute, Washington, DC, 7 ottobre 2017. URL consultato il 21 giugno 2019.
  13. ^ Tupy blackberry, at risk due to lack of interest in its production, su freshplaza.com, FreshPlaza, 10 maggio 2018. URL consultato il 21 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 21 giugno 2019).
  14. ^ Press Release June 27, 2018 (PDF), su nass.usda.gov, United States Department of Agriculture, National Agricultural Statistics Service, Northwest Regional Field Office. URL consultato il 19 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2019).
  15. ^ Evergreen blackberry, Oregon Raspberry and Blackberry Commission, su Oregon-Berries.com. URL consultato il 13 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2008).
  16. ^ Marionberry, Oregon Raspberry and Blackberry Commission, su Oregon-Berries.com. URL consultato il 13 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 19 settembre 2008).
  17. ^ Kevin M. Folta e Chittaranjan Kole, Genetics, Genomics and Breeding of Berries, CRC Press, 2011, pp. 69–71, ISBN 978-1-57808-707-5.
  18. ^ AGM Plants © RHS – CROPS BLACKBERRIES (PDF), su rhs.org.uk, Royal Horticultural Society, novembre 2018. URL consultato il 21 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 5 agosto 2018).
  19. ^ a b Kevin M. Folta e Chittaranjan Kole, Genetics, Genomics and Breeding of Berries, CRC Press, 2011, p. 71, ISBN 978-1-57808-707-5.
  20. ^ Gina Fernandez e James Ballington, Growing blackberries in North Carolina, su content.ces.ncsu.edu, North Carolina Cooperative Extension Service, North Carolina University Press, p. 2. URL consultato il 9 ottobre 2015 (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2016).
  21. ^ Fern Marshall Bradley, Barbara W. Ellis e Deborah L. Martin, The Organic Gardener's Handbook of Natural Pest and Disease Control: A Complete Guide to Maintaining a Healthy Garden and Yard the Earth-Friendly Way, Rodale, Inc., 2010, p. 51, ISBN 978-1-60529-677-7. URL consultato il 12 novembre 2012.
  22. ^ Growing Raspberries & Blackberries (PDF), su cals.uidaho.edu, p. 29. URL consultato il 13 novembre 2012.
  23. ^ Controlling diseases of raspberries and blackberries, United States. Science and Education Administration, 1980, p. 5. URL consultato il 12 novembre 2012.
  24. ^ Merton Benway Waite, Fungicides and their use in preventing diseases of fruits, U.S. Dept. of Agriculture, 1906, p. 243. URL consultato il 12 novembre 2012.
    «blackberry disease.»
  25. ^ Bordeaux Mixture, su ipm.ucdavis.edu, ucdavis.edu, giugno 2010. URL consultato il 13 novembre 2012.
  26. ^ a b Walsh, Doug, Spotted Wing Drosophila Could Pose Threat For Washington Fruit Growers (PDF), su sanjuan.wsu.edu. URL consultato il 12 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 6 agosto 2010).
  27. ^ Dennis S. Hill, Agricultural Insect Pests of Temperate Regions and Their Control, Cambridge University Press, 1987, p. 228, ISBN 978-0-521-24013-0. URL consultato il 12 novembre 2012.
  28. ^ The Review of Applied Entomology: Agricultural, Volume 18, CAB International, 1931, p. 539. URL consultato il 12 novembre 2012.
  29. ^ R. L. Blackman, V. F. Eastop and M. Hills (1977). Morphological and cytological separation of Amphorophora Buckton (Homoptera: Aphididae) feeding on European raspberry and blackberry (Rubus spp.). Bulletin of Entomological Research, 67, pp 285–296 DOI10.1017/S000748530001110X
  30. ^ David Squire, The Garden Pest & Diseases Specialist: The Essential Guide to Identifying and Controlling Pests and Diseases of Ornamentals, Vegetables and Fruits[collegamento interrotto], New Holland Publishers, 2007, p. 39, ISBN 978-1-84537-485-3. URL consultato il 12 novembre 2012.

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