«Essere filosofi non significa soltanto avere pensieri acuti, o fondare una scuola, ma amare la saggezza tanto da vivere secondo i suoi dettami: cioè condurre una vita semplice, indipendente, magnanima e fiduciosa. Significa risolvere i problemi della vita non solo teoricamente ma praticamente.[1]»

La phronesis, in greco antico: φρόνησις?, che corrisponde al termine italiano saggezza,[2] è quella particolarità del sapere, utile a orientare la scelta, che viene distinto dalla σοφία (sofìa), dalla sapienza, che indica il possesso della perfezione spirituale teorica, quella stessa che nella saggezza costituisce il fondamento volto al comportamento morale e all'azione pratica. Termine connesso a phronesis è quello di sophrosyne, che indica, secondo Aristotele, quel comportamento moderato che caratterizza la saggezza.

La concezione intellettualistica della morale modifica

Nella concezione intellettualistica che ha Socrate del bene i due termini (φρόνησις/σοφία) si confondono: egli, infatti, «non distingueva σοφία e σωφροσύνη [temperanza], ma considerava saggio e temperante colui che, conoscendo le cose belle e buone, sapesse servirsene, conoscendo le brutte, sapesse guardarsene».[3]

Anche in Platone il termine phronesis viene talora sostituito con sophia, ma mantiene il medesimo significato del possesso di una scienza che serva a indirizzare nelle scelte pratiche e a realizzare il bene.[4] Colui che pratica la phronesis, conciliando saggezza e vita pratica, sarà anche in grado di bene operare nella vita politica.[5][6]

Phronesis e sofia modifica

In Aristotele i due termini vengono nettamente distinti: per cui la φρόνησις è definita come «una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige l’agire e concerne le cose che per l’uomo sono buone e cattive».[7] Essa, cioè, indirizza l'azione al conseguimento dei particolari mentre la sapienza (σοφία) s'interessa degli universali, della conoscenza di quelle realtà ideali eterne che la caratterizzano come il sapere più alto che l'uomo possa raggiungere:

«...è giusto anche chiamare la filosofia scienza della verità. Infatti della filosofia teoretica è fine la verità, di quella pratica l'opera, poiché i [filosofi] pratici, anche se indagano il modo in cui stanno le cose, non studiano la causa di per se stessa, ma in relazione a qualcosa ed ora.[8]»

Mentre dunque per la filosofia teoretica il fine unico da conseguire è la verità riguardo alla realtà immutabile delle cose, così come sono; per la φρόνησις, la verità non è il fine ma il mezzo, affinché con l'azione indirizzata dalla conoscenza, le cose possano essere mutate in meglio.

In particolare la saggezza (φρόνησις) non indica quali debbano essere i fini dell'azione umana, ma solo come raggiungerli: la virtù indicherà qual è lo scopo giusto e la saggezza indicherà i mezzi opportuni per conseguirlo: la scelta giusta dovrà quindi avvalersi sia della virtù che determina il fine, sia della saggezza che ci indicherà quali azioni ci permetteranno di raggiungerlo.[9] Il saggio sa qual è il bene dell'uomo e allora deve agire in modo da ottenerlo; se non lo fa vuol dire che non è veramente saggio e che la sua volontà ha fallito: quindi l'intellettualismo socratico erra quando ritiene che basta conoscere il bene per farlo e che il male è la conseguenza dell'ignoranza che ci fa apparire bene ciò che è male. In realtà, sostiene Aristotele, si può conoscere il bene ma non avere la capacità di realizzarlo poiché per applicare la phronesis nel mondo reale, in modo concreto, in situazioni inaspettate, si richiedono esperienza e maturazione:

«La saggezza riguarda anche i particolari, i quali diventano noti in base all’esperienza, mentre il giovane non è esperto: infatti, è la lunghezza del tempo che produce l’esperienza. Perché ci si potrebbe chiedere anche questo: per quale ragione un ragazzo può essere un matematico, ma non un sapiente o un fisico? Non si deve forse rispondere che gli oggetti della matematica derivano dall’astrazione, mentre i principi della sapienza e della fisica si ricavano dall’esperienza?[10]»

Cicerone tradurrà phronesis con prudentia

«La più grande fra tutte le virtù è la sapienza, che i Greci chiamano σοφία, da non confondersi con la prudenza, detta φρόνησις dai Greci, che io definirei la scienza delle cose che si devono cercare o fuggire.»

Note modifica

  1. ^ Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, cap. I, 1995, p. 28
  2. ^ Dizionario di filosofia, Treccani (2009) alla voce corrispondente
  3. ^ Senofonte, Memorabili, (III, 9, 4)
  4. ^ Platone, Protagora, 352 b-c
  5. ^ Platone, Simposio, 209 a
  6. ^ Platone, Repubblica, 518 c e sgg.
  7. ^ Aristotele, Etica Nicomachea, VI, 5, 1140 b 4
  8. ^ Aristotele, II libro della Metafisica, 1, 993b 19-23
  9. ^ Aristotele, Etica Nicomachea, VI, 13, 1144a 6-9; 1145a 4-6
  10. ^ Aristotele, Etica Nicomachea, 1142a

Bibliografia modifica

  • Pierre Aubenque, La prudenza in Aristotele, Roma, Studium, 2018.
  • Enrico Berti, La phronesis nella filosofia antica, in Alexander Fidora, Andreas Niederberger, Merio Scattola, PHRONESIS - PRUDENTIA - KLUGHEIT. Das Wissen des Klugen in Mittelalter, Renaissance und Neuzeit - Il sapere del saggio net Medioevo, net Rinascimento e nell'età moderna, Porto, Fédération Internationale des Instituts d'Études Médiévales, pp. 19-33.
  • Danielle Lories, Laura Rizzerio (a cura di), Le jugement pratique. Autour de la notion de Phronèsis, Parigi, Vrin 2008.
  • Martin Heidegger, Il Sofista di Platone, Milano Adelphi, 2013 (Parte introduttiva: Interpretazioni di Aristotele «Etica nicomachea », VI e X, capp. 6-8 «Metafisica», I, capp. 1-2).

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