Prajāpati

divinità induista della creazione
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Nella religione vedica, Prajāpati (in sanscrito प्रजापति, Prajā-pati, "Signore delle creature") è una divinità che presiede alla creazione ed è protettore della vita. Nel Rigveda e nei Brāhmaṇa, appare come divinità creatrice e dio supremo.

Statua di Prajapati

«Nessun altro se non te, Prajapati, ha creato tutte queste cose, possano essere gli oggetti del tuo desiderio, che noi ti sacrifichiamo, essere nostri. Possiamo noi essere possessori di ricchezze»

Ne La letteratura e gli dèi, Roberto Calasso ricorda che Prajāpati è divinità senza nome: solo Ka, pronome interrogativo pari a Chi?, lo definisce.

Nella tradizione induista post-vedica, il dio della creazione viene in genere identificato con Brahmā, e Prajāpati diventa un appellativo collettivo riferito ai "facilitatori della creazione", ovvero gli dei e i saggi che aiutarono Brahmā a creare l'Universo. Vengono quindi definiti con tale appellativo Viśvakarmā, Agni, Indra, Dakṣa, Kaśyapa, e altri.[1] Nella letteratura classica e medievale, Prajāpati è inoltre assimilato al concetto metafisico di Brahman.[2]

Etimologia modifica

Prajāpati è composto dal sostantivo femminile sanscrito prajā qui inteso come "creatura" a anche "procreazione" e il sostantivo maschile páti qui inteso come "signore", "sovrano": quindi Prajāpati, "Signore delle creature, della procreazione".

Prajāpati nei Veda modifica

Nella più antica letteratura vedica, il Ṛgveda, Prajāpati compare solo quattro volte in uno dei libri (maṇḍala) recenziori, il X. In passi più antichi compare come epiteto di Soma e Savitṛ.

Nel celebre inno X,121 del Ṛgveda, noto come Ka (sanscrito, in italiano: "Chi?"), egli compare nella strofa 10 (ma forse è un'aggiunta posteriore[3]) a dare un nome alla divinità, unica e sconosciuta, da cui tutto proviene.

(SA)

«hiraṇyagharbhaḥ samavartatāghre bhūtasya jātaḥ patirekaāsīt sa dādhāra pṛthivīṃ dyāmutemāṃ kasmai devāyahaviṣā vidhema»

(IT)

«In principio si sviluppò come un embrione d'oro. Fin dalla sua nascita l'Uno fu il signore di ciò che era venuto in essere. Egli è diventato il sostenitore della terra e di questo cielo: al quale mai altro dio dovremmo noi offrire la nostra adorazione per mezzo dell'oblazione»

(SA)

«prajāpate na tvadetānyanyo viśvā jātāni pari tābabhūva yatkāmāste juhumastan no astu vayaṃ syāma patayorayīṇām»

(IT)

«O Prajāpati, non altri che te ha concepito tutte queste creature. Ciò per il cui desiderio noi ti invochiamo possa essere nostro! Possiamo noi essere padroni di ricchezze!»

Note modifica

  1. ^ Roshen Dalal, Hinduism: An Alphabetical Guide, Penguin, 2010, p. 311, ISBN 978-0-14-341421-6.
  2. ^ Sukumari Bhattacharji, The Indian Theogony, Cambridge University Press, 2007, pp. 322–323, 337, 338, 341–342.
  3. ^ Cfr. nota 33 in Saverio Sani, Ṛgveda. Venezia, Marsilio, 2000, pag. 239.

Bibliografia modifica

  • Calasso, Roberto, La letteratura e gli dèi, 2001 Adelphi Milano.

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