Re sacro

sovrano con aspetti religiosi
Disambiguazione – Se stai cercando la carica antico-romana, vedi Rex sacrorum.

In molte società storiche, il ruolo del re ha un significato sacrale, identico a quello del sommo sacerdote e giudice, tanto da essere definito Re sacro o Re-sacerdote. Sebbene questa figura abbia un significato teocratico, il suo potere non derivava dall'autorità religiosa, ma era piuttosto la sua posizione temporale ad avere un significato religioso.

Figura di Cristo Re nel polittico di Gand (1432).

Storia modifica

Un re sacro, secondo l'interpretazione sistematica della mitologia sviluppata da Sir James George Frazer nella sua opera Il ramo d'oro (pubblicata nel 1890), era un re che rappresentava una divinità solare in un rito di fertilità periodicamente rievocato.

 
Il faraone Ramses II.[1]

Secondo Frazer, il concetto ha radici preistoriche e si verifica in tutto il mondo, a Giava come nell'Africa sub-sahariana, dove ai Re-sciamani viene attribuito il merito di produrre la pioggia e assicurare fertilità e buona fortuna. Il re-sacerdote poteva anche essere designato a soffrire ed espiare per il suo popolo, diventando la vittima predestinata di un sacrificio umano, potendo essere ucciso alla fine del suo mandato, oppure sacrificato in un momento di crisi (ad esempio il Blót di Domalde).

Gli Ashanti frustavano un re appena scelto (Ashantehene) prima di intronarlo.

Dall'età del bronzo nel Vicino Oriente, l'intronizzazione e l'unzione di un monarca divenne un rituale religioso centrale, riflesso nei titoli "Messia" o "Cristo", che si separò dalla regalità mondana. Così Sargon di Akkad si descrisse come "vicario di Ishtar", proprio come il moderno papa cattolico assume il ruolo di "vicario di Cristo".[2]

Al Cristo stesso, secondo Guénon, è tradizionalmente riconosciuta un'autorità spirituale regale prima che sacerdotale, discendente da Melchisedec anziché da Aronne.[3]

I re sono indicati come pastori fin dai primi tempi, ad esempio il termine fu affibbiato ai principi sumerici come Lugalbanda nel III millennio a.C.. L'immagine del pastore combina i temi della leadership e della responsabilità di fornire cibo e protezione, nonché di superiorità.

Come mediatore tra il popolo e il divino, al re sacrale veniva attribuita una saggezza speciale (ad es. Salomone o Gilgamesh) o una visione (ad es. tramite oniromanzia).

In età moderna, oltre all'influente libro Il ramo d'oro di sir James George Frazer (1890-1915), la regalità sacrale ha un importante ruolo nel Romanticismo e nell'esoterismo occidentale (ad es. Julius Evola) e in alcune correnti del neopaganesimo (Etenismo). La scuola pan-babilonese fa derivare gran parte della religione descritta nella Bibbia ebraica dai culti della regalità sacrale nell'antica civiltà babilonese.

Le scuole storico-culturali britanniche e scandinave sostenevano che il re impersonasse un dio e si trovasse al centro della religione nazionale o tribale. La "scuola di miti e rituali" inglese si concentrava sull'antropologia e sul folklore, mentre la "scuola di Uppsala" enfatizzava lo studio semitologico.

Interpretazione di Frazer modifica

Sir James George Frazer usò il concetto del re sacro nel suo studio Il ramo d'oro (1890–1915), il cui titolo si riferisce al mito del Rex Nemorensis.[4] Frazer fornisce numerosi esempi, citati di seguito, ed è stato fonte d'ispirazione per la scuola di miti e rituali.[5] Tuttavia, "il mito e il rituale", o "teoria del mito-ritualista" è contestato;[6] molti studiosi ora credono che il mito e il rituale condividano paradigmi comuni, ma non che uno si sia sviluppato dall'altro.[7]

Frazer affermò l'idea di un re-sostituto che faceva le veci della Divinità, e lo rese la chiave di volta della sua teoria di un mito sulla fertilità universale pan-europeo e mondiale, in cui un consorte per la Dea veniva sostituito ogni anno. Secondo Frazer, il re sacro rappresentava lo spirito della vegetazione: nasceva in primavera, regnava durante l'estate e moriva ritualmente al momento del raccolto, per poi rinascere nel solstizio d'inverno per governare di nuovo. Lo spirito della vegetazione era quindi un "dio morente e rianimante". In questo stampo furono reinterpretati Osiride, Adone, Dioniso, Attis e molte altre figure familiari della mitologia greca e dell'antichità classica. Il re sacro, l'incarnazione umana del dio morente e rianimante della vegetazione, doveva originariamente essere stato un individuo scelto per governare per un tempo, ma il cui destino era di soffrire come sacrificio, per essere offerto di nuovo sulla terra in modo che un al suo posto un nuovo re poteva governare per un po' di tempo. Egli analizza specialmente la figura sacerdotale romana del Rex nemorensis.

Soprattutto in Europa durante il periodo di massimo splendore degli inizi del XX secolo, Frazer creò un Verlagssystem, in cui dilettanti in cerca di radici pagani crearono più o meno di santa pianta eventi come fiere tradizionali, alberi di maggio e arti popolari come il ballo del Morris.

Influenza della visione di Frazer modifica

È stato ampiamente influente nella letteratura, e venne accettato da D.H. Lawrence, James Joyce, Ezra Pound e ne La terra desolata di T.S. Eliot (oltre che altre sue opere). Robert Graves usò il lavoro di Frazer in I miti greci e ne fece uno dei fondamenti della sua mitologia personale in La Dea Bianca; inoltre nel romanzo Seven Days in New Crete descrisse un futuro in cui l'istituzione del re sacro sacrificale è rinata. Margaret Murray, la principale teorica che indicò la stregoneria come avente delle radici pagane, influenzando movimenti come la Wicca, usò il lavoro di Frazer per proporre la tesi secondo cui molti re d'Inghilterra che morirono assassinati come re, in particolare Guglielmo II Rufus, erano pagani e stregoni segreti, le cui morti erano la rievocazione del sacrificio umano che si trovava al centro del mito di Frazer.[8]

L'idea è stata usata dalla scrittrice fantasy Katherine Kurtz nel suo romanzo Lammas Night. Roberto Calasso, ne La rovina di Kasch, riprende il tema. Col cristianesimo tale usanza di sacrificio umano, già sostituita dai sacrifici animali, sarebbe terminata dissolvendosi nel sacrificio incruento della Messa seguito a quello reale di Cristo. Il sacrificio viene quindi "sigillato" per sempre, terminato. In maniera archetipica, Calasso indica come simboliche morti successive da "re sacro" anche le decapitazioni di Carlo I d'Inghilterra e Luigi XVI di Francia, in quanto "versione secolare del sacrificio, col regicidio.[...] doppio sigillo", e successivamente anche le morti di massa nelle due guerre mondiali, in cui il popolo sovrano è chiamato al "sacrificio".[9]

Esempi modifica

Le monarchie trasportavano la regalità sacrale nel Medioevo, incoraggiando l'idea di re insediatisi per Grazia di Dio. Vedere:

Nella cultura di massa modifica

Molti dei romanzi di Rosemary Sutcliff sono riconosciuti come influenzati direttamente da Frazer, raffigurando individui che accettano il peso della leadership e la responsabilità ultima del sacrificio personale, tra cui Sword at Sunset, The Mark of the Horse Lord e Sun Horse, Moon Horse.[14]

Oltre alla sua apparizione nel suo romanzo Lammas Night già citato in precedenza, Katherine Kurtz usa anche l'idea di sacra regalità nel suo romanzo The Quest for Saint Camber.[15]

Note modifica

  1. ^ (EN) Sacred kingship, su britannica.com.
  2. ^ CATHOLIC ENCYCLOPEDIA: Vicar of Christ, su newadvent.org. URL consultato il 23 agosto 2017.
  3. ^ Guénon, L'esoterismo cristiano, cap. X, Cristo Sacerdote e Re, pp. 36-38.
  4. ^ James George, Sir Frazer, The Golden Bough, Bartleby.com, New York: The Macmillan Co, 1922, http://www.bartleby.com/196/1.html.
  5. ^ R Fraser ed., The Golden Bough (Oxford 2009) p. 651
  6. ^ Robert A. Segal, Myth: A Very Short Introduction, Oxford, Oxford UP, 2004, pp. 61.
  7. ^ Eleazar Moiseevich Meletinsky, The Poetics of Myth, Routledge, 2000, p. 117, ISBN 0-415-92898-2.
  8. ^ Margaret Alice Murray, The Divine King in England: a study in anthropology, British Library, London, Faber & Faber, 1954, ISBN 9780404184285.
  9. ^ "Il Nap di Naphta era l’uomo più ricco della terra. Ma la sua vita era la più breve e la più triste fra quelle di tutti gli uomini. Perché ogni Nap di Naphta doveva governare la sua terra solo per un certo numero di anni. Durante il suo regno i sacerdoti osservavano gli astri ogni sera, offrivano sacrifici e accendevano i fuochi. Mai una sera dovevano sospendere le loro preghiere e i loro sacrifici, altrimenti perdevano di vista il cammino di un astro e allora non sapevano quando, secondo la loro regola, il re doveva essere ucciso. Così si andò avanti per lungo tempo. Un giorno dopo l’altro, un anno dopo l’altro, i sacerdoti osservavano gli astri e riconoscevano il giorno in cui il re doveva essere ucciso. E una volta venne di nuovo il giorno della morte di un re […]. Il passato pre-cristiano è tutto un lungo processo di eufemizzazione, edulcorazione del sacrificio. Con Cristo, il sacrificio ritrova improvvisamente la sua crudezza, torna a svelarsi linciaggio – e al tempo stesso il ciclo del sacrificio viene sigillato, perché nessun sacrificio potrà far seguito a quello di Cristo, se non una continua commemorazione del sacrificio: la Messa, che pretende di sfuggire all’effusione di sangue […]. Più che l’atto di assimilare un pezzo di pane e qualche sorso di vino al corpo e al sangue del dio-vittima, ciò che segna una cesura invalicabile rispetto al precedente è che d’ora in poi non si uccidono più animali sugli altari […]. Con l’era cristiana scompare dal rito l’effusione di sangue: premessa per il dissolversi del rito stesso. Il passo successivo esige una versione secolare del sacrificio, col regicidio: Carlo I, quindi Luigi XVI, doppio sigillo; e, anche qui, un singolo, irreversibile fatto, l’uccisione di quella vittima, vale a introdurre un’età in cui non solo non si dovranno sgozzare i capri sugli altari, ma neppure commemorare i re decapitati. Poi la parola ‘sacrificio’ torna a trionfare nell’agosto 1914. Non si tratta ora di un meschino essere singolo: una intera generazione di anonimi viene innalzata alla nobiltà della vittima e calata nelle fosse, che ora sono trincee" (Roberto Calasso, La rovina di Kasch, edizione Adelphi
  10. ^ Sengupta, Arputha Rani (Ed.), God and King : The Devaraja Cult in South Asian Art & Architecture, su easternbookcorporation.com, 2005. URL consultato il 14 September 2012 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2012).
  11. ^ Gyula Kristó, Hungarian History in the Ninth Century, Szegedi Középkorász Műhely, 1996, p. 136, ISBN 978-963-482-113-7.
  12. ^ Даница Поповић, Под окриљем светости: култ светих владара и реликвија у средњовековној Србији, Српска академија наука и уметности, Балканолошки институт, 2006, ISBN 978-86-7179-044-4.
  13. ^ Sima M. Cirkovic, The Serbs, John Wiley & Sons, 2008, p. 35, ISBN 978-1-4051-4291-5.
  14. ^ Article about Rosemary Sutcliff at the Historical Novels Info website; paragraph 15, su historicalnovels.info. URL consultato il 18 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2011).
  15. ^ Katherine Kurtz, The Quest for Saint Camber, ISBN 0-345-30099-8, Ballantine Books, 1986, p 360-363.

Bibliografia modifica

Bibliografia generale

  • Ronald Hutton, The Pagan Religions of the Ancient British Isles, (Blackwell, 1993): ISBN 0-631-18946-7
  • William Smith, D.C.L., LL.D., A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, (London, 1875)
  • J.F. del Giorgio, The Oldest Europeans, (A.J. Place, 2006)
  • Claus Westermann, Encyclopædia Britannica, s.v. sacred kingship.
  • James George Frazer, The Golden Bough, 3rd ed., 12 vol. (1911–15, reprinted 1990)
  • A.M. Hocart, Kingship (1927, reprint 1969)
  • G. van der Leeuw, Religion in Essence and Manifestation (1933, English 1938, 1986)
  • Geo Widengren, Religionsphänomenologie (1969), pp. 360–393.
  • Lily Ross Taylor, The Divinity of the Roman Emperor (1931, reprint 1981).
  • David Cannadine and Simon Price (eds.), Rituals of Royalty: Power and Ceremonial in Traditional Societies (1987).
  • Henri Frankfort, Kingship and the Gods (1948, 1978).
  • Colin Morris, The Papal Monarchy: The Western Church from 1050 to 1250 (1989),
  • J.H. Burns, Lordship, Kingship, and Empire: The Idea of Monarchy, 1400–1525 (1992).

"Scuola inglese"

  • S.H. Hooke (ed.),The Labyrinth: Further Studies in the Relation Between Myth and Ritual in the Ancient World (1935).
  • S.H. Hooke (ed.), Myth, Ritual, and Kingship: Essays on the Theory and Practice of Kingship in the Ancient Near East and in Israel (1958).

"Scuola scandinava"

  • Geo Widengren, Sakrales Königtum im Alten Testament und im Judentum (1955).
  • Ivan Engnell, Studies in Divine Kingship in the Ancient Near East, 2nd ed. (1967)
  • Aage Bentzen, King and Messiah, 2nd ed. (1948; English 1970).

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica