La risoluzione 377 A dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1950, soprannominata "Uniting for Peace", è un tentativo di sormontare la competenza esclusiva del Consiglio di sicurezza, operato in occasione della guerra di Corea.

Storia modifica

Dopo che la risoluzione 84 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizzò l'impiego della bandiera dell'ONU per il Comando delle Nazioni Unite in Corea, l'URSS decise di abbandonare la politica della "sedia vuota" nel massimo organo decisionale delle Nazioni Unite: pertanto non fu più possibile agli Stati Uniti sostenere la Corea del sud, a livello diplomatico multilaterale, con l'approvazione da parte del Consiglio di sicurezza di ulteriori misure coercitive ai sensi del capo VII della Carta.

Fu per questo che, dinanzi allo stallo del Consiglio di sicurezza, l'Occidente si rivolse all'Assemblea generale: qui la risoluzione 377 A è stata adottata il 3 novembre 1950, dopo quattordici giorni di discussioni in Assemblea, con 52 voti favorevoli, 5 contrari e 2 astensioni.

A causa della mancanza di unanimità tra i suoi cinque membri permanenti, l'Assemblea generale ritenne a maggioranza di esercitare una competenza sussidiaria - non prevista dalla Carta delle Nazioni Unite - nella funzione di mantenere la sicurezza e la pace internazionali. In quella circostanza l' Assemblea Generale affermò di potere esaminare la questione immediatamente e di potere emettere raccomandazioni appropriate ai membri delle Nazioni Unite per misure collettive, compresa quella volta ad autorizzare l'uso della forza armata quando necessario, al fine di mantenere o ripristinare la sicurezza e la pace internazionale.

Non avendo il potere di modificare la Carta delle Nazioni unite, in quella circostanza l'Assemblea generale ha apportato le modifiche necessarie al proprio "Regolamento di Procedura", dichiarando che:

... se il Consiglio di Sicurezza, a causa della mancanza dell'unanimità dei membri permanenti, non esercita la sua responsabilità primaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale in ogni caso in cui sembra esserci una minaccia per la pace, violazione della pace, o atto di aggressione, l'Assemblea Generale esaminerà immediatamente la questione al fine di formulare adeguate raccomandazioni ai Membri per misure collettive, compreso in caso di violazione della pace o atto di aggressione l'uso della forza armata quando necessario, per mantenere o ripristinare la pace e la sicurezza internazionale. Se non è in sessione in quel momento, l'Assemblea Generale può riunirsi in sessione straordinaria d'urgenza entro ventiquattro ore dalla richiesta. Tale sessione speciale di emergenza è convocata se richiesto dal Consiglio di Sicurezza sul voto di sette membri qualsiasi.

Finalità modifica

La risoluzione era concepita per fornire alle Nazioni Unite una via d'azione alternativa quando almeno un membro permanente del Consiglio di sicurezza usa il proprio veto per impedire al Consiglio di sicurezza di svolgere le sue funzioni imposte dalla Carta delle Nazioni Unite.

Pur senza arrivare ad autorizzare misure coercitive, l'applicazione del modello seguito dalla Uniting for peace si è verificato altre volte, quando il Consiglio di sicurezza non è riuscito a prendere una decisione ed una sessione speciale di emergenza (ESS) è stata convocata: la prassi è stata che in una tale riunione non programmata dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite si possano prendere decisioni o raccomandazioni urgenti, ma non vincolanti, su una questione particolare. Sono eventi piuttosto rari: nella storia delle Nazioni Unite le ESS sono state convocate solo undici volte.

La risoluzione Uniting for Peace è stata attuata 13 volte tra il 1951 e il 2022. È stata invocata sia dal Consiglio di Sicurezza (8 volte) che dall'Assemblea Generale (5 volte). Undici di questi casi hanno preso la forma di sessioni speciali di emergenza (ESS), ma nessuna ha mai preteso di autorizzare misure coercitive ai sensi del capo VII della Carta[1].

Controversie modifica

È stato affermato che con l'adozione della risoluzione 377 A, da parte dell'Assemblea generale, la conseguente interpretazione dei poteri dell'Assemblea sarebbe diventata diritto internazionale consuetudinario: in tal modo il problema del "potere di veto" del Consiglio di sicurezza potrebbe essere superato[2]. Adottando in via pretoria la risoluzione A/RES/377 A, il 3 novembre 1950, oltre due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite avrebbero integrato di fatto la Carta delle Nazioni Unite, con la previsione secondo cui i membri permanenti del Consiglio di sicurezza non possono e non devono impedire all'Assemblea generale di intraprendere qualsiasi azione necessario per ristabilire la pace e la sicurezza internazionali, nei casi in cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non abbia esercitato la sua "responsabilità primaria" di mantenere la pace. Tale interpretazione vorrebbe che sia attribuita all'Assemblea generale la "responsabilità finale" — piuttosto che la "responsabilità secondaria" — per questioni di pace e sicurezza internazionali.

Vari rapporti ufficiali e semi-ufficiali delle Nazioni Unite fanno esplicito riferimento alla risoluzione Uniting for Peace come fondamento di un meccanismo che consentirebbe all'Assemblea generale di annullare qualsiasi veto al Consiglio di sicurezza[3][4][5]. Eppure, in riferimento al rapporto del dicembre 2001 dalla International Commission on Intervention and State Sovereignty (ICISS) - laddove indica la possibilità di un'autorizzazione da parte dell'Assemblea generale attraverso la procedura prevista dalla risoluzione n. 377 (V) del 3 novembre 1950, nota come Uniting for peace, quanto meno per conferire all'intervento "a high degree of legitimacy" - l'uso della risoluzione è stato ritenuto in dottrina "presumibilmente illegittimo"[6], se si considerano le disposizioni della Carta e le contestazioni sollevate in tempi passati[7].

La risoluzione risulta in effetti presente anche nella giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia[8], ma per lo più per legittimare la possibilità per l'Assemblea generale di discutere la questione, stante le competenze ad essa attribuite dagli articoli 10 e 11, par. 2, della Carta dell'ONU e di effettuare raccomandazioni secondo il principio delle competenze "parallele e distinte"[9].

Per converso, si nota che "non sarebbe fondato attribuire all'organizzazione un ruolo in materia di revisione «de facto» che prescinda da quello — determinante — degli Stati membri. Premesso che non si potrebbe parlare di una vera e propria revisione «de facto» (vale a dire di una modifica, per desuetudine, di una o più disposizioni del trattato istitutivo) quando si sia in presenza di una mera sospensione dell'applicazione delle disposizioni stesse, conviene sottolineare che, se pure si sono verificati casi in cui gli organi politici dell'ente hanno spinto verso un'interpretazione del trattato istitutivo che avrebbe condotto ad una sua radicale modifica, simili tentativi non hanno in definitiva condotto al risultato che in seno all'organizzazione si sarebbe auspicato"[10]. "Malgrado il tentativo chiaramente ideologico di alcuni autori di fondare la competenza di tali organi ricorrendo a parametri in realtà estranei allo Statuto, anche tali organizzazioni potrebbero trovarsi tuttavia nell'incapacità di operare, sollevando a questo punto la questione di una possibile attribuzione di competenza agli stessi Stati, per condurre in ultima istanza, nell'interesse della Comunità internazionale, degli interventi umanitari unilaterali"[11].

Note modifica

  1. ^ Nel caso più recente, quello della EES inaugurata dal voto di 140 Stati su 193 sull'aggressione russa all'Ucraina, si ritiene che una nuova Risoluzione Uniting for peace «potrebbe anche partire dalle misure previste dal Capo VI della Carta delle Nazioni Unite per la risoluzione pacifica delle controversie (es. nomina di un “rappresentante speciale” per la mediazione, deferimento alla Corte internazionale di giustizia), per pensare alla imposizione di un negoziato definitivo, sulla base di condizioni “neutrali e indipendenti” definite da un parere della Corte internazionale di giustizia» (Maurizio Delli Santi, Guerra in Ucraina, l’Onu e la nuova risoluzione “umanitaria”, Micromega, 28 marzo 2022).
  2. ^ Hunt, C. "The 'veto' charade", ZNet, 7 November 2006.
  3. ^ International Commission on Intervention and State Sovereignty. "The Responsibility to Protect, ICISS.ca, December 2001. Retrieved 1 March 2008.
  4. ^ "A/58/47 Report of the Open-ended Working Group on the Question of Representation on and Increase in the Membership of the Security Council", UN.org, 21 July 2004.
  5. ^ Non-Aligned Movement. "MINISTERIAL MEETING OF THE COORDINATING BUREAU OF THE NON-ALIGNED MOVEMENT, UN.int, 27 May – 30 May 2006.
  6. ^ Carlo Focarelli, LA DOTTRINA DELLA "RESPONSABILITÀ DI PROTEGGERE" E L'INTERVENTO UMANITARIO, Riv. dir. internaz., fasc.2, 2008, pag. 317.
  7. ^ Benedetto Conforti, Le Nazioni Unite, Padova, 2005, pp. 231-232.
  8. ^ ICJ, Determinate spese delle Nazioni Unite (articolo 17, paragrafo 2, della Carta), Parere consultivo del 20 luglio 1962, ICJ Reports 1962, p. 151; ICJ, Legal Consequences for States of the Continued Presence of South Africa in Namibia (South West Africa) nonostante la risoluzione 276 (1970) del Consiglio di sicurezza, parere consultivo, ICJ Reports 1971, p. 16; ICJ, Conseguenze legali della costruzione di un muro nei territori palestinesi occupati, Parere consultivo, ICJ Reports 2004, p. 136.
  9. ^ Antonello Tancredi, Il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione d'indipendenza del Kosovo, Riv. dir. internaz., fasc.4, 2010, pag. 994.
  10. ^ Fois Paolo, LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI E LA FORMAZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE CONTEMPORANEO. IL RUOLO DEGLI STATI MEMBRI, Rivista di Diritto Internazionale 2014 , pag. 0641 , fasc. 03.
  11. ^ Paolo Picone, LE REAZIONI COLLETTIVE AD UN ILLECITO ERGA OMNES IN ASSENZA DI UNO STATO INDIVIDUALMENTE LESO, Riv. dir. internaz., fasc.1, 2013, pag. 5, che aggiunge: "Per l'Assemblea generale si tenta di far rivivere in modo assai discutibile la nota ris. Uniting for Peace; mentre, per le organizzazioni regionali, se ne ammette in qualche modo l'attività anche in assenza di una autorizzazione del Consiglio ai sensi del cap. VIII della Carta dell'ONU.In realtà, come abbiamo già sottolineato, la soluzione in ultimo indicata era già stata sostenuta in passato in varie sedi da noi, per illustrare alcuni dei nuovi orientamenti emergenti in diritto internazionale generale, che avrebbero consentito alle stesse organizzazioni regionali di procedere autonomamente, nelle circostanze indicate, a interventi coercitivi, in reazione a gravi violazioni dei diritti dell'uomo. Essa sembra tuttavia difficilmente sostenibile da parte di una dottrina che imputa la « responsibility to protect » all'Organizzazione delle Nazioni Unite operante appunto, istituzionalmente, in quanto organizzazione!"

Bibliografia modifica

  • J. Andrassy, “Uniting for Peace”, American Journal of International Law, vol. 50 (1956) 563-582.
  • R. Barber, "Uniting for Peace Not Aggression: Responding to Chemical Weapons in Syria Without Breaking the Law", J Conflict Security Law (2019) 24(1), 71-110.
  • A.J. Carswell, 'Unblocking the UN Security Council: The Uniting for Peace Resolution', J Conflict Security Law (Winter 2013) 18 (3), 453-480.
  • J. Krasno and M. Das, “The Uniting for Peace Resolution and Other Ways of Circumventing the Authority of the Security Council”, in: B. Cronin and I. Hurd (eds.), The UN Security Council and the Politics of International Authority, London et al.: Routledge, 2008, 173-195.
  • K. S. Petersen, “The Uses of the Uniting for Peace Resolution since 1950”, International Organization, vol. 13 (1959) 219-232.
  • M. Ramsden, "'Uniting for Peace' and Humanitarian Intervention: The Authorising Function of the U.N. General Assembly, Washington International Law Journal, vol. 25 (2016), 267-304.
  • H. Reicher, “The Uniting for Peace Resolution on the Thirtieth Anniversary of its Passage”, Columbia Journal of Transnational Law, vol. 20 (1982) 1-49.
  • E. Stein and R. Morrissey, “Uniting for Peace Resolution”, in: Encyclopedia of Public International Law, vol. 4, Amsterdam et al.: Elsevier, 2000, 1232-1235.
  • Christian Tomuschat, Introductory note, procedural history note and audiovisual material on General Assembly resolution 377 (V) of 3 November 1950 (Uniting for Peace) in the Historic Archives of the United Nations Audiovisual Library of International Law
  • D. Zaum, ‘The Security Council, the General Assembly and War: The Uniting for Peace Resolution’, in Vaughan Lowe; Adam Roberts; Jennifer Welsh; Dominik Zaum, eds. (6 June 2010). The United Nations Security Council and War: The Evolution of Thought and Practice since 1945, Oxford University Press, 2008. Oxford University Press. ISBN 9780199583300., pp. 154–74. ISBN 978-0-19-953343-5 (hardback); ISBN 978-0-19-958330-0 (paperback). US edition.

Collegamenti esterni modifica

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