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Da tempo volevo mettere in questa pagina le mie citazioni preferite. Per esempio:

«Περὶ τοῦ μη ὄντος ἠ περὶ φύσεως»

«Les hommes ont créé les dieux,
le contraire reste à prouver»

«Loco a gentile,
ad innocente opra non v'è: non resta
che far torto o patirlo»

«Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state»

Ma poi ho pensato che fossero troppo nichiliste e che ci volesse qualcosa di più semplice ed umano, come:

«Primum vivere, deinde philosophari»

«Homo sum: humani nihil a me alienum puto»

Però anche queste mi son sembrate troppo serie ed alla fine ho deciso che la frase migliore fosse questa:

«A l'è questiôn d' nen piessla...Dici bene,
o mio savio Gianduia ridarello!»

Non mi sono mai presentato, ma forse chi segue i miei interventi ha capito molte cose di me. Ad esempio potrebbe aver capito che ho fatto il liceo classico e che ho studiato il francese come lingua straniera; potrebbe aver anche capito che sono laureato in legge con una tesi in diritto commerciale; infine, potrebbe aver capito che per vent'anni ho lavorato in studi legali che difendevano le banche. In realtà, credo di aver disseminato indizi anche riguardo ai miei antenati: mio padre lavorava alla RAI, mio nonno alla Borsa di Genova, mio bisnonno era un impiegato della Alleanza Assicurazioni sin dalla fondazione, quando il padrone, il signor Mackenzie, conosceva personalmente i dipendenti; qualcuno potrebbe persino aver capito che mio prozio è stato l'economo della Scuola di guerra dell'esercito. I più bravi avranno intuito che mia nonna materna mi raccontava di quando, fino alla Prima Guerra Mondiale, andava in villeggiatura in diligenza e che suo padre aveva perso terreni e case per una speculazione sbagliata durante la crisi del 1907. Quanto alle mie origini geografiche, chi legge i miei interventi ha probabilmente capito che discendo dai Giannoni di Ponzano Superiore, in Lunigiana; penso che sia reso anche conto che i rami della mia famiglia paterna sono confluiti a Genova a partire dalla metà dell'Ottocento. Qualcuno potrebbe aver intuito che invece la mia famiglia materna è arrivata a Milano negli anni Venti; ma credo che pochi abbiano capito che sono nato a Torino, e perciò sono di casa nelle tre città di quello che fu il triangolo industriale. Finisco con un pizzico di vanità: abito in una casa disegnata da Vico Magistretti e lavoro in un palazzo progettato da Marcello Piacentini.

Antifascismo gratuito modifica

Come si può vedere da vari miei interventi, combatto l'antifascismo "gratuito" su Wikipedia e fuori, ovvero lotto contro chi accusa i fascisti di ciò che non hanno fatto, oppure esagera ciò che hanno fatto, oppure ancora li colpevolizza per difetti innocui.

Questi antifascisti faciloni non sono solo scorretti, perché i Fascisti non si possono difendere, ma soprattutto passano dalla parte del torto, e diventa perciò giusto combatterli, per riportare le colpe dei Fascisti nei loro limiti reali.

Credo che molti wikipedisti appartengano a generazioni che non solo non hanno visto il Fascismo, ma nemmeno l'han visto i loro genitori: conoscono il Fascismo attraverso la scuola ed i media democratici, che non sono affatti neutrali, bensì molto faziosi.

Io ho avuto la fortuna di avere i nonni paterni fascisti e quelli materni antifascisti e perciò sono abbastanza equanime nel giudicare. Non sono né un antifascista, né un nostalgico del Ventennio.

Vedo nella Democrazia e nel Fascismo, così come nell'Assolutismo del Settecento, gli stessi difetti: il conformismo e la piaggeria verso il sovrano.

Che cos'è lo "stile enciclopedico"? modifica

Contesto che le "convenzioni di Wikipedia" possano essere considerate tipiche dello "stile enciclopedico". Lo stile enciclopedico era quello che caratterizzava le enciclopedie cartacee, in quanto esse avevano grossi limiti di spazio e perciò dovevano concentrare molte informazioni in poche righe di testo, mantenendo la chiarezza. Ricorrevano perciò ad abbreviature; e fra due parole o forme ortografiche sceglievano sempre la più breve, e così via. Esempi di questo stile sono le Garzantine e l'Enciclopedia Bompiani, ma anche Universo o Rizzoli-Larousse non si discostano di molto. Solo la Treccani, che costava qualche mese di stipendio di un operaio o impiegato, non era scritta in stile enciclopedico, ma nello stile scorrevole della divulgazione scientifica. Wikipedia, per il solo fatto di essere informatica, si può permettere di non esser scritta in stile enciclopedico. La prova del fatto che Wikipedia non sia scritta in stile enciclopedico si potrebbe ottenere copiando una voce da un'enciclopedia cartacea (esclusa la Treccani) su Wikipedia: di là della violazione del diritto d'autore, apparirebbe entro pochi minuti lo striscione "Questa voce è solo un'abbozzo. Constribuisci a migliorarla secono le convenzioni di Wikipedia". Ne dobbiamo dedurre che le enciclopedie fin qui scritte non sono state scritte in stile enciclopedico? E che solo Wikipedia è enciclopedica? Ecco perché mi sembra che nel chiamare "stile enciclopedico" quello di Wikipedia ci sia anche un po' di arroganza verso le altre povere enciclopedie. Forse sarebbe meglio chiamarlo "stile divulgativo", "stile scientifico", "stile saggistico" o qualcosa di simile.

Purismo linguistico e barbarismi modifica

Come si può vedere dai miei interventi, sono entrato in conflitto con i portali soprattutto per questioni di scelte terminiologiche, in cui io difendevo la variante più purista. Credo che chi si oppone sistematicamente alle parole italiane in favore di quelle straniere lo faccia per ostentare il suo antifascismo. Infatti è credenza popolare che il purismo linguistico sia tipico del Fascismo. In realtà, controllando quando sono state usate le parole che io difendo ("urriti" contro "hurriti"; e "stemmario" contro "armoriale" e "blasonario") mi sono reso conto che esse non erano affatto usate negli anni Trenta, bensì furono inventate negli anni Sessanta. Bisogna anche ricordare che maniaci puristi furono i comunisti Gramsci e Togliatti, così come il liberale Benedetto Croce, perciò il fronte fra puristi e barbaristi non è quello fra fascisti ed antifascisti. Del purismo fascista si può solo dire che raggiunse punte comiche che Gramsci, Togliatti e Croce non raggiunsero mai (tantevvero che non vengono più percepiti come puristi). Per correttezza bisogna però ricordare anche le parole fasciste entrate nell'uso comune, come "calcio" (nel senso dello sport e quindi "fuorigioco", "calcio d'angolo", "calcio di rigore"), "autista", "regista" o "tramezzino". Chi ha davvero travolto il purismo di tutti gli orientamenti politici sono stati la nuova sinistra (sessantottina) e la nuova destra (liberista): i primi perché sentono che il purismo richiede un livello culturale che lo preclude ai ceti medio-bassi, i secondi perché subiscono il fascino dell'inglese.

Benché fuori moda, credo che il purismo linguistico sia più educativo del barbarismo, perché richiede una maggiore consapevolezza linguistica della priopria lingua (dell'etimologia, delle regole fonetiche ed ortografiche), ma anche della semantica della lingua da cui si copia. Il barbarismo di solito si giustifica o in base ad un ingenuo progressismo ("la lingua si evolve"), o con un preteso rispetto per la lingua cui le parole in questione si riferiscono (che però corrisponde ad una mancanza di rispetto per la coerenza ortografica dell'italiano), o infine con una gioiosa abbondanza di parole cui vengono assegnati significati specifici italiani in barba al loro valore semantico nelle lingue d'origine. Come chi mi vuol spiegare che in italiano un computer è diverso da un calcolatore e da una calcolatrice, mentre in inglese è un termine generale che si applica sia ai calcolatori che alle calcolatrici. Fino ad arrivare a quei casi in cui usiamo parole inglesi diverse da quelle normalmente usate dagli anglosassoni, come "film" anziché "movie". In realtà la lingua non si evolve da sola: l'evoluzione della lingua è l'effetto di precise scelte politiche della maggioranza dei parlanti. La scelta barbarista a sinistra è una sorta di non discriminazione fra le parole, che è l'applicazione di un tipico valore democratico alla lingua, una sorta di "volemose bbene" lessicale: non discriminiamo le parole straniere come non discriminiamo gli extracomunitari (peccato che le parole straniere vengano da paesi più ricchi di noi, a differenza degli immigrati). A destra l'uso di parole inglesi in italiano è acritica accettazione della cultura anglosassone (che è oggi la paladina della democrazia, del capitalismo, del consumismo e dell'edonismo nel mondo). Credo che entrambi gli atteggiamenti, l'obbedienza agli americani e l'accettazione indiscriminata dello straniero, non siano buone qualità per una persona colta, che deve invece sempre interrogarsi sul significato che ha una parola nella lingua d'origine, sulla sua etimologia, e dall'altra parte sulle caratteristiche della lingua italiana in cui la inserisce, per mantenerne la coerenza interna.

Traduzioni modifica

Un altro punto sul quale mi scontro spesso e correggo le voci della Wikipedia italiana sono le traduzioni. Innanzitutto osservo che non bisogna credere che sapere una lingua straniera voglia dire saper tradurre da e in quella lingua. Anzi. Correttamente gli insegnanti di lingue moderne ci costringono a pensare nella lingua che studiamo e a non tradurre dall'italiano alla lingua in questione. Perciò chi studia le lingue straniere non impara affatto (e giustamente) a tradurre, cioè a confrontare le due lingue, le grammatiche, i vocabolari, lo spirito delle diverse culture. Solo chi studia il latino e il greco viene educato proprio a tradurre. E con ciò spezzo una lancia a favore dei licei.

Contenuti modifica

Io ho iniziato a intervenire pesantemente su voci altrui quando mi sono reso conto che molti "wikipediani" copiavano le voci inglesi senza spirito critico: non si rendevano conto che queste voci erano fortemente nazionalistiche: parlavano solo, o prevalentemente, di ciò che avveniva in Inghilterra e negli Stati Uniti; e addirittura affermavano esplicitamente, o lo lasciavano credere, che questi popoli avessero compiuto molte innovazioni che invece erano avvenute prima ed altrove.

Perciò è necessario avere una certa conoscenza della materia prima di tradurre una voce, per capire se è o meno affidabile; e in ogni modo quali modifiche debbano essere fatte. Come prima indicazione direi che nelle voci umanistiche generali, quelle che coprono un argomento che riguarda più nazioni, bisogna sempre ridurre lo spazio dedicato ai paesi anglosassoni ed ampliare quello dedicato all'Italia.

Segnalo infine che oltre a quelli di tipo nazionalistico emergono anche altri "incidenti" di trasposizione da una cultura all'altra. Ad esempio i paesi anglosassoni con riferimento al periodo precedente il 1500 a.C. seguono la cosiddetta "cronologia breve", noi continentali seguiamo la "cronologia media". Tuttavia, né chi scrive voci basandosi sui libri italiani, né chi traduce da en.wiki segnalano quale sistema seguono, col risultato che fanno sembrare contemporanei personaggi o eventi storici che non lo sono; e soprattutto che non fanno più capire che certi personaggi od eventi furono fra loro contemporanei.

Lingua modifica

Quando si traduce una frase non bisogna tradurre parola per parola, ma capire il senso e poi chiedersi: come direbbe un italiano questo concetto? Normalmente userebbe un altro giro di frase. Io uso spesso delle frasi fatte (le deprecate frasi fatte...), ma in questo modo sono sicuro di usare espressioni tipiche dell'italiano e di non essere condizionato dalla lingua straniera.

La maggiore attenzione bisogna porla nel tradurre la terminologia specifica della materia in questione, con particolare attenzione ai titoli delle voci. Per conoscere i termini tecnici e le espressioni corrette italiane bisogna essere abituati a leggere libri italiani su quell'argomento. E per libri in italiano intendo quelli scritti da italiani, perché quelli tradotti spesso, per pigrizia o per aderire maggiormente al testo originale, conservano parole e giri di frase della lingua di partenza.

Inglese orecchiato modifica

Con riferimento alla lingua, noto che negli ultimi decenni si sono diffusi molti anglicismi non necessari, che dimostrano una scarsa conoscenza dell'italiano, e spesso anche dell'inglese.

Fra le prime espressioni di questo tipo che si sono diffuse, già negli anni sessanta, c'è "lanciare un disco" (musicale). Si tratta di una maldestra traduzione dell'inglese "launch", che significa "varo", nel senso del varo di una nave. La metafora navale è diventata un'immagine atletica (ma in inglese lo sport si chiama "discus throw"). Negli anni sessanta almeno i libri e i film non venivano lanciati, ma uscivano; i libri venivano anche pubblicati. Oggi, invece, anche i libri e i film vengono lanciati, a dimostrazione che anche i letterati non sanno più l'italiano.

Un'altra traduzione ad orecchio in campo musicale è quella dell'inglese "track", che indica un percorso non segnato, come le piste del West. Per decenni si è tradotto "brano musicale" oppure, con riferimento al supporto fisico, con "pista" o "incisione". Adesso ha prevalso la pigrizia e si dice "traccia", che è meno giustificato dalla metafora.

Ma non sono solo gli appassionati di musica ad essere sciatti nelle traduzioni. Anche gli scienziati non sanno più l'italiano. Infatti traducono l'inglese "evidence" con evidenza. Peccato che "evidence" significhi "prova", mentre in italiano evidente è proprio ciò che non ha bisogno di essere dimostrato, che non ha bisogno di prove.

Una quarta traduzione maldestra è quella dell'inglese "branch" (e prima ancora del francese "branche") che significa "ramo" e che invece viene spesso tradotto con "branca". In italiano le branche sono le zampe anteriori degli animali munite di artigli, donde "abbrancare" e "brancata". L'uso di "branca" per "ramo" è segnalato dai vocabolari, ma come termine gergale degli agronomi. Perciò è improprio parlare di branca primogenita o cadetta in un albero genealogico: meglio parlare di rami. Così il codice civile parla di ramo d'azienda, non di branca. Le company branches in italiano corrispondono o ai settori o alle filiali. Infine, anche parlare di branche di una materia è orecchiato, meglio parlare di campi o settori.

Un quinto false friend è la parola inglese decade, che in inglese significa "decennio": mentre "decade" in italiano indica un periodo di dieci giorni! Come nell'espressione "la prima decade del mese".

Le altre traduzioni ad orecchio non comportano travisamenti del significato inglese, ma dimostrano sempre pigrizia mentale. Il neologismo più inutile mi sembra "supportare": in italiano si è sempre detto "sostenere", "appoggiare", "aiutare" e non c'è nessun bisogno di una nuova parola. Il supporto è tutt'al più quello fisico, ma quello morale è un sostegno o un aiuto, quello politico un sostegno od un appoggio.

Un altro verbo inutile ricalcato sull'inglese è "implementare". Bastano, secondo i casi, "realizzare", "eseguire", "mettere in atto", "rendere effettivo".

In campo medico vanno di moda i calchi dall'inglese che terminano in -ale: "medicale", "nutrizionale", "emozionale". Chi usa queste parole non si rende innanzitutto conto che in italiano esistono già gli aggettivi "medico", "nutritivo" ed "emotivo", e soprattutto non si accorge che in inglese non esistono le parole "medic", "emotive" o "nutritive". Perciò c'è una corrispondenza biunivoca fra "medical" e "medico", "emotional" ed "emotivo", "nutritional" e "nutritivo". Più giustificati sono i neologismi "amicale" e "genitoriale", perché non c'erano aggettivi sinonimi in italiano. "Parentale" si fonda su di un altro equivoco: "Parents" in francese, e quindi in inglese, sono i genitori, non i parenti nel senso italiano. Ma gli aggettivi in -ale vanno di moda anche in altri campi, perché sono etimologicamente di origine latina e quindi non vengono percepiti come forestierismi; cionondimeno sono arrivati in italiano dall'inglese. Fra gli altri si può citare "visuale", quando in italiano c'è già "visivo" (le arti visive); o la coppia "usuale"/"inusuale" che corrisponde all'italiano "consueto"/"inconsueto". "Usual" secondo i casi corrisponde anche a "normale" o "solito", mentre "usually" spesso equivale a "generalmente".

Anche su Wikipedia l'inglese "list" è sempre tradotto "lista". Non è un errore, ma chi lo fa non si rende conto che all'inglese "list" corrispondono due parole italiane, "lista" ed "elenco". E queste due parole, benché sinonime, vengono usate in contesti diversi. "Lista", che viene da una parola germanica che significa "striscia" (da cui anche l'italiano "listello"), si usa quando si scrive su di un foglietto o cartoncino, generalmente per scopi pratici: la lista della spesa, la lista del ristorante, la lista degli invitati, la lista nozze. "Elenco" è una parola greca e si usa negli altri casi, quando si tratta di interi libri (l'elenco telefonico) o in contesti più professionali (un elenco alfabetico, l'elenco documenti).