Strummolo

trottola di legno con punta di metallo, lanciata con una funicella

Lo strummolo (['strummolo]; in napoletano: "strùmmolo" pronuncia ['strummələ]) è il nome napoletano della trottola, un antico gioco ormai caduto quasi completamente in disuso. Originariamente messicano. Esso consiste in un fuso, solitamente di legno, terminante in un chiodo di metallo, e in una funicella usata per lanciarlo[1].

Bambini napoletani che giocano a strummolo (circa 1950)

Origine e uso modifica

Il termine strummolo proviene presumibilmente dalla parola greca strombos (στρόμβος)[2] o strobilos (στρόβιλος), cioè "mulinello" o "oggetto atto a ruotare".

Nel Vocabolario domestico napoletano e toscano, compilato nello studio di Basilio Puoti, redatto nel 1841, lo strummolo viene definito come strumento di legno di figura simile al cono, con un ferruzzo piramidale in cima, col quale strumento i fanciulli giuocano, facendol girare con una cordicella avvoltagli d'intorno[3].

La trottola si presenta scanalata in senso orizzontale, in modo da facilitare l'avvolgimento della cordicella. Una volta completato tale avvolgimento, il bambino tiene tra due dita il capo libero della funicella e alloggia la trottola nel palmo della mano. Successivamente, con un gesto brusco del polso, la lancia a terra aprendo la mano, e mantenendo tra due dita il capo della cordicella. Tale movimento imprime alla trottola un forte movimento rotatorio, che, se ben eseguito, si conclude con la stessa che ruota a terra sul chiodino di metallo. Lo spirito di base è ovviamente quello di far durare la rotazione più a lungo possibile, e si presta sia al gioco individuale, che alla gara tra più bambini.

Le modalità di gioco individuate dal suddetto Puoti erano, oltre alla classica trottola, agli aliossi, ai ferri, ai naibi[4] o a coderone[non chiaro]. Quando il lancio riusciva imperfettamente, tanto che lo strummolo toccava terra di costato e non girava, si diceva di aver fatto cappellaccio[3].

Uso nella lingua napoletana modifica

 
1853, i guagliune, Fil.Palizzi disegno, F.P. incisore,Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti vol.1, p.418[5]

Lo strummolo è entrato nel linguaggio figurato napoletano, dando origine a una serie di caratteristici modi di dire.

Un'espressione comune, tipicamente proferita con esasperazione, è " 'o spavo è curto e 'o strummolo è a tiriteppola " (letteralmente: lo spago è corto e lo strummolo sbanda da tutte le parti), detto per intendere una combinazione inestricabile e irreparabile di cose che non funzionano. Un'altra è "vedimmo si è 'o strummolo o 'a funicella" (vediamo se è lo strummolo o la funicella), detto per intendere "cerchiamo di capire cos'è di preciso che non funziona"[6]. L'espressione "paré 'nu strummolo" (sembrare uno strummolo, uno sciocco)[7] può essere un'amichevole o scherzosa canzonatura. Può anche essere adoperato per omofonia con ed al posto di "strùnz' "[8].

Il nome in altre regioni modifica

Nella Sicilia occidentale prende il nome di strùmmula[9][10], strùmmalu[11] o strùmmulu[12], mentre in quella orientale di tuppéttu[13]. In Calabria si chiama strummu. Esistono comunque molti altri nomi minori[10], come il messinese paloggiu. A Taranto prende il nome di 'u currùchələ, derivato da curru + rutulu o dal latino carruca. Simili i termini leccesi curutulu e curuddhu[14][15][16]. A Lizzano, però, chiamasi pirrùculu[17], mentre a Scorrano fìtu[18].

Note modifica

  1. ^ Francesco De Bourcard (1853) Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti Stabilimento Tipografico di G. Nobile.
  2. ^ Wilhelm Müller, Oskar Ludwig Bernhard Wolff Egeria. Raccolta di poesie italiane popolari, cominciata da Guglielmo Mueller, dopo la di lui morte terminata e pubblicata da O. L. B. Wolff, Ernst Fleischer, Lipsia, 1829, pag. 228.
  3. ^ a b Basilio Puoti, Vocabolario domestico napoletano e toscano, Napoli, Libreria e tipografia Simoniana, 1841, pag. 448.
  4. ^ AA.VV. (1741) Vocabolario degli Accademici della Crusca: Volume Terzo, L-P, pag. 212. Accademia della Crusca. Venezia, appresso Francesco Pittieri
  5. ^ Francesco De Bourcard, Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti, Napoli, Marotta & Marotta, 2002, SBN IT\ICCU\MOL\0069720.
  6. ^ P. Treccagnoli, Lo strummolo e la funicella, su ilmattino.it, 24 gennaio 2012. URL consultato il 10 giugno 2016.
  7. ^ Eduardo Scarpetta, 'O scarfalietto (il riscaldaletto), 1881, atto primo scena settima.
  8. ^ Raffaele Viviani, 'A marina 'e Surriento (il litorale di Sorrento), 1919, in Teatro, G. D. Bonino, A. Lezza, P. Scialò (a cura di), Guida Editori, Napoli, 1987, vol. 3 pag. 116.
  9. ^ A. Traina, Nuovo vocabolario sicialiano-italiano, Palermo, Giuseppe Pedone Lauriel editore, 1868, pag. 986.
  10. ^ a b G. Pitrè, Giuochi fanciulleschi siciliani, Palermo, Luigi Pedone Lauriel editore, 1883, pagg. 158-168.
  11. ^ L. Barraco, Sarva c'attrovi, pag. 111. Vedi anche qui Archiviato l'11 giugno 2016 in Internet Archive..
  12. ^ M. E. Napoli, Echi del passato in Paceco, vol. 17, Ed. La Koiné della Collina, Paceco, 2013, pag. 96.
  13. ^ A. Traina, Nuovo vocabolario sicialiano-italiano, cit., pag. 1056
  14. ^ N. Gigante, Dizionario della parlata tarantina, Mandese editore, Manduria, 2002, pagg. 332-33.
  15. ^ Trottola - "Curuddhu", su salentu.com. URL consultato il 10 giugno 2016.
  16. ^ Piero Vinsper, Trottole e antichi giochi di fanciulli salentini, su fondazioneterradotranto.it, 30 settembre 2012. URL consultato il 10 giugno 2016.
  17. ^ Giuseppe Zito, Il dialetto di Lizzano, su zitogiuseppe.com. URL consultato il 10 giugno 2016.
  18. ^ Giuseppe Presicce, fitu, su dialettosalentino.it. URL consultato il 10 giugno 2016.

Bibliografia modifica

  • Paolo Izzo (2003). Giochi storici napoletani: i giochi dei nostri nonni in sette secoli di letteratura napoletana. Stamperia del Valentino.

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