Tiwaz

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Tiwaz
Nome Proto-germanico Antico inglese Antico norreno
*Tē₂waz Tir Týr
Significato dio Týr
Forma Fuþark antico Fuþorc Fuþark recente
Unicode
U+16CF

U+16D0
Traslitterazione t
Trascrizione t t, d
IPA [t] [t], [d]
Ordine alfab. 17 12

*Tîwaz, o *Teiwaz (nomi che indicano il dio Týr), è il nome proto-germanico ricostruito della runa del Fuþark antico t (carattere Unicode ᛏ). Tale runa compare anche nel Fuþorc anglosassone e frisone con il nome di Tir e nel Fuþark recente con il nome di Týr (esistente anche nella forma Unicode ᛐ).

La forma è probabilmente derivata dalla lettera greca tau (Τ). Il nome della corrispondente lettera dell'alfabeto gotico è teiws.

Poemi runici modifica

La tiwaz è menzionata in tutti e tre i poemi runici; in quelli islandese e norvegese essa è associata al dio Týr, mentre in quello inglese indica la stella polare.

Poema runico:[1] Traduzione:

Antico norvegese
ᛏ Týr er æinendr ása;
opt værðr smiðr blása.


Týr è un Áss con una mano sola;
spesso il fabbro deve soffiare.

Antico islandese
ᛏ Týr er einhendr áss
ok ulfs leifar
ok hofa hilmir.
Mars[2] tiggi.


Týr è un dio con una mano sola,
e gli avanzi del lupo
e il principe dei templi.

Antico inglese
ᛏ Tir biþ tacna sum, healdeð trywa wel
wiþ æþelingas; a biþ on færylde
ofer nihta genipu, næfre swiceþ.


Tir è una stella, essa tiene ben fede
agli aetheling, sempre sul suo percorso
sopra le nebbie della notte non fallisce mai.

Edda poetica modifica

 
Sigrdrífa, la valchiria che insegnò a Sigurðr la dottrina runica, sulla pietra runica di Drävle.

Secondo il runologo Lars Magnar Enoksen, la tiwaz è menzionata in una strofa del Sigrdrífumál, un poema dell'Edda poetica[3].

Il Sigrdrífumál narra che Sigurðr uccise il drago Fáfnir ed arrivò ad una fortezza sulla vetta di una montagna che bruciava con grandi fuochi[4]. Nella fortezza trovò una valchiria che dormiva di un sonno magico, e la svegliò aprendole l'armatura del petto con la spada; la valchiria, di nome Sigrdrífa, gli offrì i segreti delle rune per averla liberata dal sonno, a condizione che mostrasse di non avere paura[3]. La valchiria cominciò ad insegnargli che se avesse voluto ottenere la vittoria in battaglia avrebbe dovuto incidere le "rune della vittoria" sulla spada e dire due volte il nome "Týr" (il nome della tiwaz)[3].

Edda originale: Traduzione:

6. Sigrúnar skaltu kunna,
ef þú vilt sigr hafa,
ok rísta á hjalti hjörs,
sumar á véttrimum,
sumar á valböstum,
ok nefna tysvar Tý.

6. Impara le rune della vittoria,
se tu desideri vincere,
e scrivi le rune sulla tua elsa;
alcune nel solco,
ed altre nel piatto,
e due volte dovrai invocare Týr.[5]

Tiwaz multiple modifica

 
L'iscrizione sulla pietra runica di Kylver con la tiwaz multipla alla fine.

Rune tiwaz multiple impilate l'una sull'altra a forma di albero, oppure ripetute in serie, compaiono diverse volte nel paganesimo germanico:

 

Usi recenti modifica

La runa tyr dell'Armanen Fuþark di Guido von List era basata sulla versione della tiwaz del Fuþark recente. Le rune di List furono in seguito modificate da Karl Maria Wiligut, responsabile della loro adozione da parte del Partito Nazista, e poi usate ampiamente nella letteratura e nella propaganda del Terzo Reich; era il simbolo delle scuole per le SA, le "Reichsführerschulen".

Nel Neonazismo è apparsa, insieme alla sowilo, nel simbolo dell'organizzazione di destra di Kassel Thule-Seminar; è anche apparsa come logo della marca di moda Thor Steinar, bandita in Germania perché utilizzava simboli che richiamavano quelli fascisti (è da notare che entrambi questi usi sono tecnicamente scorretti, poiché sia Thor che Thule sarebbero scritti con una runa þurisaz).

La tiwaz è comunemente usata nel Neopaganesimo germanico, senza implicazioni politiche, ma a simboleggiare la venerazione del dio Týr.

Note modifica

  1. ^ Poemi originali e traduzioni inglesi sono presenti qui Archiviato il 1º maggio 1999 in Internet Archive..
  2. ^ Týr è paragonato al dio Marte.
  3. ^ a b c Lars Magnar Enoksen, Runor: Historia, tydning, tolkning, 1998, ISBN 9188930327; pagina 27.
  4. ^ Lars Magnar Enoksen, Runor: Historia, tydning, tolkning, 1998, ISBN 9188930327; pagina 26.
  5. ^ Sigrdrífumál, traduzione inglese di Henry Adams Bellows.
  6. ^ Terje Spurkland, Norwegian Runes and Runic Inscriptions, Boydell Press, 2005, ISBN 1-84383-186-4; pagina 12.

Bibliografia modifica

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