Artificio della regressione

tecnica narrativa
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L'artificio della regressione è una tecnica narrativa usata dagli scrittori facenti parte del verismo.

Questa tecnica consiste nell'annullare tutte le radici "colte" del narratore. Il narratore si riduce cioè allo stesso piano dei personaggi di cui parla, venendo meno tutte le terminologie colte che possano in qualche modo far rilevare l'autore/narratore in modo evidente rispetto al testo; è un modo di scrivere secondo cui il narratore adotta le categorie culturali della comunità che descrive a tutti i livelli: conoscenze, credenze, lingua, modo di pensare, metafore. Non vi è più il narratore onnisciente che giudica alla Manzoni, ma abbandona le sue conoscenze e la sua morale per regredire alla mentalità paesana. Questa tecnica è ampiamente usata da Giovanni Verga che per rispettare il principio dell'impersonalità fa ampio uso dell'indiretto libero e di questa tecnica.[1]

Verga narra attraverso una voce che, "rimanendo fuori campo" ed evitando di dare giudizi personali, si limita a riferire i fatti dal punto di vista delle comunità locali (I Malavoglia) e a farsi portatore della mentalità popolare della gente umile e semplice che vive in piccoli paesi del Mezzogiorno d'Italia. Se Émile Zola e i naturalisti cercavano di riprodurre la realtà in maniera oggettiva, Giovanni Verga, per raggiungere il medesimo obiettivo, arriva a scomparire dietro la sua narrazione, in quanto si identifica nelle abitudini, nei gesti, nelle parole di quel "personaggio ideale" e collettivo che è il coro paesano.

Tale ritrarsi di Verga alle spalle dei suoi umili personaggi del Ciclo dei Vinti, che è chiamato dai critici appunto l'Artificio della regressione:

  • "regressione" perché la voce narrante regredisce culturalmente al livello dei paesani
  • "artificio" perché Verga si nasconde dietro di loro, senza auto cancellarsi (come invece fa Luigi Pirandello nella sua poetica del personaggio "senza autore").

La Lupa, ad esempio, è presentata all'inizio del racconto secondo il punto di vista delle donne del paese: "Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia". Ne I Malavoglia il narratore popolare si porta sempre sul piano culturale dei personaggi. Ad esempio descrive la tempesta (cap. III) con paragoni che rimandano all'esperienza quotidiana del popolo (come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese), alle attività rurali (il mare si udiva muggire [...] che pareva [...] i buoi della fiera di S. Alfio), o all'immaginario religioso, che associa il vento al demonio e conferisce alla natura una forza malefica (il vento s'era messo a fare il diavolo..., Ci sono i diavoli per aria!).

Scrive il critico G. Baldi[2]: "Ne scaturisce un procedimento, che può essere ancora ricondotto alla categoria dell'erlebte Rede (discorso indiretto libero), perché in certo qual modo è sempre l'ottica del personaggio ad essere filtrata dalla "voce narrante", ma è del tutto atipico rispetto alle forme canoniche dell'indiretto libero, e costituisce una peculiarità originale della tecnica verghiana. [...] Nel caso di questo caratteristico procedimento verghiano il "narratore" non si annulla totalmente nell'ottica del personaggio, ma serba in certa misura la sua identità, e non riporta enunciati verbali o discorsi interiori della cui realtà effettiva si possa essere assolutamente certi, ma più che altro rifà il verso mimeticamente ed ecolalicamente, al modo in genere con cui il personaggio pensa e si esprime, utilizzando magari le sue locuzioni abituali o riproducendo i suoi inconfondibili stereotipi mentali".

Note modifica

  1. ^ L'eclissi dell'autore in Verga
  2. ^ L'artificio della regressione - Tecnica narrativa e ideologica del Verga verista, Liguori, Napoli, 1980

Bibliografia modifica

  • Libro di letteratura: Chiare lettere 3 (Mondadori)
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