Tetraogallus himalayensis

specie di uccello

Il tetraogallo dell'Himalaya, anche tetraogallo himalayano (Tetraogallus himalayensis G. R. Gray, 1843) è un uccello galliforme della famiglia dei Fasianidi diffuso sulla catena montuosa omonima e in alcune aree della vicina catena montuosa asiatica del Pamir[2]. Vive sui pascoli alpini e sugli impervi dirupi rocciosi, lungo i quali si tuffa in volo per sfuggire ai pericoli. In alcune zone del suo vasto areale, la sua distribuzione si sovrappone a quella del tetraogallo del Tibet, leggermente più piccolo. Le popolazioni provenienti da località diverse dell'areale esibiscono alcune variazioni nella colorazione e del piumaggio e ne vengono pertanto riconosciute sei sottospecie. Negli anni sessanta la specie è stata introdotta sulle montagne del Nevada, negli Stati Uniti, e da allora una popolazione selvatica si è insediata stabilmente sulle Ruby Mountains.

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Tetraogallo dell'Himalaya
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Aves
Ordine Galliformes
Famiglia Phasianidae
Sottofamiglia Perdicinae
Genere Tetraogallus
Specie T. himalayensis
Nomenclatura binomiale
Tetraogallus himalayensis
G. R. Gray, 1843
Areale

Descrizione modifica

 
Disegno di J. G. Keulemans (1891).

Il tetraogallo dell'Himalaya è un grosso uccello simile ad una starna, della lunghezza di 55-74 cm e del peso di 2-3,1 kg[3][4]. Il motivo della testa è simile a quello della più piccola e variopinta coturnice orientale. La gola e i lati della testa, di colore bianco, sono contornati da una sorta di mustacchio di colore castano e da un'altra fascia più larga, anch'essa castana, che si diparte dall'occhio, passa dietro l'orecchio, e si allarga nel collare. Le regioni superiori sono grigie, con le penne del groppone e delle ali contornate di rossiccio. La parte alta del petto è grigia con macchie scure a forma di mezzaluna, mentre quella bassa è di colore grigio scuro; i fianchi sono ricoperti da striature nere, castane e bianche. Le copritrici del sottocoda sono bianche. Le zampe e l'anello perioculare sono di colore giallo. Entrambi i sessi hanno un piumaggio simile, ma le femmine sono più piccole e sono prive del grosso sperone sul tarso presente nei maschi. In volo, se visto dall'alto, è facile identificarlo, grazie alle remiganti primarie bianche dall'estremità nera e dalle penne esterne della coda di colore rossiccio. Il tetraogallo del Tibet, invece, si caratterizza per il margine posteriore delle remiganti secondarie di colore bianco che contrasta nettamente con il grigio delle ali[5][6][7][8][9][10].

Biologia modifica

 
Uovo, collezione del museo di Wiesbaden.

Al di fuori della stagione della riproduzione, i tetraogalli dell'Himalaya conducono vita gregaria, spostandosi in piccoli gruppi. Più gruppi possono abitare sulla stessa collina. Abitano esclusivamente su terreni aperti e sembrano prediligere le pendici rocciose delle colline. Si nutrono di erba, germogli, bacche e semi[11]. Al mattino discendono i fianchi della collina per abbeverarsi. Quando vengono avvicinati dal basso, cercano di risalire camminando il fianco della collina, mentre se vengono avvicinati dall'alto discendono in volo il versante ad ali spiegate. In India la stagione degli amori ha luogo in estate, tra aprile e giugno. Durante l'inverno sono silenziosi, mentre in primavera il loro richiamo costituisce una componente familiare del paesaggio in cui vivono. Il canto consiste in un lungo fischio in tre parti di tonalità ascendente. Possono anche emettere uno stridulo richiamo di insensità crescente[6].

Quando si alimentano, risalgono la collina camminando lentamente, becchettando le tenere foglioline d'erba e i giovani germogli delle piante che incontrano sul cammino. Sono stati visti nutrirsi di bacche di Ephedra, foglie di Artemisia, germogli d'erba, bulbi e infiorescenze di un'erba simile alla segale[12]. Sui monti Hunza, le osservazioni sembrano indicare una particolare preferenza per la Sibbaldia cuneata[13]. Non appena raggiunta la sommità del crinale di una collina, si spostano in volo verso una collina adiacente, atterrando ad una certa distanza ai piedi di essa, e ricominciano di nuovo lo stesso cammino verso la cima. Mentre camminano, sollevano la coda mettendo in mostra il bianco delle copritrici del sottocoda. Sono animali generalmente cauti e quando vengono disturbati risalgono correndo la collina, per poi lanciarsi in volo dalla sua sommità, raggiungendo anche una considerevole velocità[14]. Sui pascoli alpini sono più esposti agli attacchi dei predatori che sugli scoscesi versanti dei monti, e il radunarsi insieme in gran numero permette loro di avere più occhi a disposizione per tenere sotto controllo i dintorni e alimentarsi con maggiore tranquillità[15]. Sui monti Hunza i gruppi tendono ad essere più numerosi nelle aree rocciose, dove corrono un maggior rischio di essere attaccati dalle aquile reali, che nei prati erbosi[13].

La stagione della riproduzione ha luogo in estate, tra aprile e giugno. Durante il corteggiamento il maschio si accovaccia sul terreno con le ali leggermente spiegate, la coda premuta sul terreno e le piume leggermente arruffate. Successivamente inizia a correre avanti e indietro di fronte alla femmina o in circolo. Il nido è una semplice conca creata raspando nel terreno, nascosta sotto una pietra o un cespuglio, generalmente situata nei pressi della cresta di un monte sul versante sottovento. La femmina depone tra le 5 e le 12 uova, di colore verde oliva o marrone e cosparse di macchioline rosse o marroni[11]. La cova è compito esclusivo della femmina. Il maschio, monogamo, rimane nelle vicinanze del nido e spesso è stato visto montare la guardia appollaiato su una roccia elevata. Se avvista una possibile minaccia, avverte la femmina con un forte fischio. Se viene avvicinata mentre è nel nido, la femmina non lo abbandona fino a quando l'aggressore non è giunto a pochissima distanza da esso. Uova tenute in una incubatrice si sono schiuse dopo circa 27-28 giorni[12][16][17].

Talvolta gli adulti cadono vittima delle aquile reali[7][18]. In esemplari di questa specie sono state rinvenute alcune specie di acantocefali e nematodi parassiti, come Hispaniolepis fedtschenkoi[19][20].

Distribuzione e habitat modifica

Il tetraogallo dell'Himalaya frequenta i pascoli alpini e gli impervi versanti delle catene montuose dell'Asia centrale e meridionale al di sopra della linea degli alberi, spingendosi fin quasi in prossimità del limite delle nevi perenni. Sull'Himalaya, vive tra i 4000 e i 5000 m in estate, per poi scendere fino a 2400 m durante i rigidi inverni[12].

Tassonomia modifica

Verso il 1841 un esemplare di una particolare specie di uccello, inviato da E. W. Bonham, console a Tabriz, raggiunse la ménagerie della Società Zoologica di Londra. George Robert Gray riconobbe giustamente che il suo aspetto era identico a quello di un uccello raffigurato sulla tavola 76 delle Illustrations of Ornithology di Jardine e Selby, denominato Tetraogallus caucasicus, originario della Persia; nella stessa opera, tuttavia, sulla tavola 141, era raffigurato un altro uccello, proveniente dalla regione himalayana, simile a questo e ivi indicato come il maschio del precedente; Gray, tuttavia, dopo aver notato la distanza geografica tra i luoghi di provenienza dei due animali, ritenne giusto classificare il secondo come una specie distinta, alla quale dette il nome di Tetraogallus himalayensis[21]. Il vasto areale della specie non è continuo e le varie popolazioni disgiunte mostrano variazioni nel piumaggio che hanno indotto gli studiosi a riconoscere più sottospecie. Non tutte, però, sono universalmente riconosciute[22]. In particolar modo la sottospecie sauricus è stata oggetto di grande dibattito tra i tassonomisti[23][24]. La International Ornithologists' Union riconosce sei sottospecie:

  • T. h. sauricus Potapov, 1993, originaria dei monti Tarbagatai (Kazakistan orientale, Cina occidentale);
  • T. h. sewerzowi Zarudny, 1910, originaria del Tien Shan (Kazakistan orientale, Cina occidentale); non viene riconosciuta da Ernst Hartert[25];
  • T. h. incognitus Zarudny, 1911, diffusa nelle regioni meridionali del Tagikistan e in quelle settentrionali dell'Afghanistan, caratterizzata da una colorazione generale molto più chiara, con macchie di colore castano chiaro o beige sulle regioni inferiori, anziché nere[6]. In essa vengono ascritti anche gli esemplari precedentemente inclusi in una sottospecie a parte, T. h. bendi, descritta da Walter Norman Koelz[6][25][26];
  • T. h. himalayensis G. R. Gray, 1843, diffusa nella fascia di territorio compresa tra l'Afghanistan orientale e le regioni nord-occidentali dell'India e quelle occidentali del Nepal;
  • T. h. grombczewskii Bianchi, 1898, diffusa nelle regioni meridionali dello Xinjiang (Cina occidentale) e in quelle settentrionali del Tibet;
  • T. h. koslowi Bianchi, 1898, diffusa nello Xinjiang sud-occidentale, nel Qinghai settentrionale e nel Gansu sud-occidentale (Cina sud-occidentale).

Le forme diffuse nella regione himalayana sono quelle che si sono differenziate precedentemente a partire dalla linea evolutiva comune di questa specie[27]. Esse sono separate geograficamente dalle altre popolazioni dal deserto del Taklamakan e gli studiosi hanno stimato che tale separazione sia avvenuta dopo le glaciazioni del Pleistocene (un milione di anni fa)[28].

Conservazione modifica

Dal momento che il tetraogallo dell'Himalaya occupa un areale molto vasto e la sua popolazione sembra non essere in diminuzione, viene classificato dalla IUCN tra le «specie a rischio minimo» (Least Concern)[1].

Nel 1961, dopo aver notato una certa somiglianza tra il paesaggio himalayano e quello del Nevada, la Commissione Caccia e Pesca di questo Stato americano valutò la possibilità di introdurre nel Paese il tetraogallo dell'Himalaya per farne oggetto di caccia. La Commissione fece quindi espressa richiesta di alcuni uccelli al presidente del Pakistan. Numerosi esemplari vennero catturati nella regione di Hunza e furono trasferiti via nave, con ingenti perdite, negli Stati Uniti, dove furono allevati in una particolare struttura nella Mason Valley prima di essere introdotti in natura; nell'arco di un periodo di 15 anni (1965-1979) furono rilasciati in tutto più di 2000 esemplari. Una popolazione selvatica di circa 200-500 individui si è insediata sulle Ruby Mountains, dove si alimenta al di sopra del limite degli alberi[29].

Note modifica

  1. ^ a b (EN) BirdLife International 2016, Tetraogallus himalayensis, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Phasianidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 13 maggio 2014.
  3. ^ CRC Handbook of Avian Body Masses by John B. Dunning Jr. (Editor). CRC Press (1992), ISBN 978-0-8493-4258-5.
  4. ^ Copia archiviata, su audubonbirds.org. URL consultato il 19 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2012). (2011).
  5. ^ E. W. Oates, A manual of the Game birds of India. Part 1, A. J. Combridge, Bombay, 1898, pp. 201-204.
  6. ^ a b c d P. C. Rasmussen e J. C. Anderton, Birds of South Asia: The Ripley Guide. Volume 2, Smithsonian Institution & Lynx Edicions, 2005, p. 119.
  7. ^ a b T. C. Jerdon, The birds of India. Volume 3, George Wyman and Co, Calcutta, 1864, pp. 549-554.
  8. ^ W. T. Blanford, The Fauna of British India, Including Ceylon and Burma. Birds. Volume 4, Taylor and Francis, London, 1898, pp. 143-144.
  9. ^ E. C. S. Baker, The Fauna of British India, Including Ceylon and Burma. Birds. Volume 5, 2ª ed., Taylor and Francis, London, 1928, pp. 426–428.
  10. ^ W. R. Ogilvie-Grant, A hand-book to the Game-birds. Volume 1, Edward Lloyd, London, 1896, pp. 86-89.
  11. ^ a b W. R. Ogilvie-Grant, A hand-book to the Game-birds. Volume 1, Edward Lloyd, London, 1896, pp. 86-89.
  12. ^ a b c S. Ali e S. D. Ripley, Handbook of the birds of India and Pakistan, vol. 2, 2ª ed., Oxford University Press, 1980, pp. 13-16, ISBN 0-19-562063-1.
  13. ^ a b James Mayers, Studies of the ecology of Himalayan Snowcock (himalayensis) in Hunza, in World Pheasant Assoc Journal, vol. 10, 1985, pp. 72-86.
  14. ^ T. C. Jerdon, The Game birds and Wild fowl of India, Military Orphan Press, 1864, pp. 62-63.
  15. ^ J. D. Bland e S. A. Temple SA, Effects of predation-risk on habitat use by Himalayan Snowcocks, in Oecologia, vol. 82, n. 2, 1990, pp. 187-191, DOI:10.1007/BF00323534.
  16. ^ U. Abbott e G. Christensen, Hatching and rearing the Himalayan snow partridge in captivity, in J. Wildl. Management, vol. 35, n. 2, 1971, pp. 301-306, DOI:10.2307/3799604, JSTOR 3799604.
  17. ^ E. C. Stuart Baker, The game birds of India, Burma and Ceylon, part 38, in J. Bombay Nat. Hist. Soc., vol. 30, n. 1, 1924, pp. 1-11.
  18. ^ W. R. Lawrence, The valley of Kashmir, Oxford university Press, London, 1895, p. 133.
  19. ^ K. Junker e J. Boomker, A check list of the helminths of guineafowls (Numididae) and a host list of these parasites, in Onderstepoort Journal of Veterinary Research, vol. 74, n. 4, 2007, pp. 315-337, DOI:10.4102/ojvr.v74i4.118, PMID 18453241.
  20. ^ (RU) I. Gvosdev, Helminth fauna of Tetraogallus himalayensis Gray, 1842, in Zoologicheski Zhurnal, vol. 33, 1954, pp. 39-43.
  21. ^ G. R. Gray, [Letter to curator], in Proceedings of the Zoological Society of London. Part 10, 1843, p. 105.
  22. ^ E. Hartert, Die Vogel der palaarktischen Fauna. Volume 3, R. Friedlander & Sohn, Berlin, 1921, pp. 1901-1903.
  23. ^ R. L. Potapov, New subspecies of the Himalayan Snowcock, Tetraogallus himalayensis sauricus, subsp. nova, in Russian Journal of Ornithology, vol. 2, n. 1, 1993, pp. 3-5.
  24. ^ (DE) V. Bianchi, Uebersicht der Arten der Gattung Tetraogallus Gray, in Journal of Ornithology, vol. 47, n. 4, 1899, pp. 421-434, DOI:10.1007/BF02208465.
  25. ^ a b Daniel Marien, Notes on some pheasants from southwestern Asia, with remarks on molt, in American Museum Novitates, vol. 1518, 1951, pp. 1-25.
  26. ^ Walter Koelz, Four new subspecies of birds from southwestern Asia, in American Museum Novitates, vol. 1510, 1951.
  27. ^ Yifeng Gong, Jinfu Wang, Hongyan Li, Li Wang e Runlin Ma, Phylogenetic Relationship of Tetraogallus Inferred from Sequences of Cytochrome b Gene (PDF) [collegamento interrotto], in Life Science Journal, vol. 2, n. 1, 2005, pp. 85-89.
  28. ^ R. Luzhang, An Bei, Niclas Backstrom, Luo Huaxing, Wen Longying, Zhang Lixun e Liu Naifa, Phylogeographic structure and gene flow of Himalayan snowcock (Tetraogallus himalayensis) (PDF), in Animal Biology, vol. 60, 2010, pp. 449-465, DOI:10.1163/157075610X523314 (archiviato dall'url originale il 25 maggio 2012).
  29. ^ S. J. Stiver, The Himalayan Snowcock - Nevada's newest upland game (PDF), in Trans. Cal-Neva Wildlife, vol. 26, 1984, pp. 55-58. URL consultato il 12 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 19 agosto 2019).

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