Timica di Sparta (in greco antico: Τιμύχα Λακεδαιμονία?, Timýcha Lakedaimonía; Sparta, inizio del IV secolo a.C. – ...) è stata una filosofa spartana della scuola pitagorica, moglie del filosofo pitagorico Millia di Crotone, attiva nel IV secolo a.C. nell'Italia meridionale.

Biografia modifica

Originaria della Laconia, fu la moglie di Millia di Crotone, e insieme al marito fu un membro della scuola pitagorica.

Durante le varie campagne in Calabria di Dionisio, il tiranno siracusano, fece attaccare dai suoi soldati i seguaci della scuola pitagorica. I pitagorici fuggirono ma si fermarono nei pressi di un campo di fave, perché attraversarlo sarebbe stato un tabù, quindi decisero di combattere e furono uccisi. Timica e il marito, invece, non erano stati in grado di tenere il passo con gli altri, essendo lei al sesto mese di gravidanza. I soldati li fecero prigionieri e li portarono da Dionisio. Questi li interrogò per sapere i misteri e i segreti della setta, fra cui, non ultimo, il motivo per il quale i pitagorici preferivano morire piuttosto che attraversare un campo di fave, ma essi si rifiutarono di rispondere. Allora il tiranno fece portare via Millia, sperando che Timica, rimasta sola e impaurita avrebbe rivelato tutto quello che sapeva. Ma Timica continuò a tacere e quando Dionisio esasperato diede ordine di torturarla, costei, pensando che sotto i tormenti avrebbe potuto cedere e parlare, preferì staccarsi la lingua con un morso e sputarla in faccia al tiranno.[1]

Timica è citata da Clemente Alessandrino nelle sue Stromata e da Giamblico nella Vita di Pitagora.

Curiosità modifica

  • Leena di Atene, amica di Armodio e Aristogitone, fu un altro personaggio della storia greca che compì lo stesso gesto di Timica, cioè strapparsi la lingua per non rivelare delle verità.[2]
  • Secondo Plutarco, anche Zenone di Elea, dopo aver tentato di uccidere il tiranno Demilo e avendo fallito, per non rivelare l'identità dei suoi complici compì lo stesso gesto.[3]
  • La figura di Timica colpì Giacomo Leopardi che le dedicò un appunto nello Zibaldone. L'appunto, datato Recanati 16 novembre 1826, recita:

«Timica, donna Pitagorica, fatta tormentare da Dionigi tiranno di Siracusa, perché rivelasse i secreti o misteri della [4226] sua setta, si tagliò co' denti la lingua, e la sputò in faccia al tiranno. Giamblico, Vita di Pitagora, cap.31. Imitazione della storia di Leena amica di Armodio e Aristogitone, come osserva il Menagio, il quale vedi, Hist. Mulier. philosopharum, segm.94-98. E molte di siffatte narrazioni parallele si debbono interamente agli scrittori imitanti in altra materia le tradizioni e storie antiche ecc.»

Note modifica

Voci correlate modifica