Timone d'Atene

tragedia di William Shakespeare
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Timone d'Atene (The Life of Timon of Athens, "La vita di Timone d'Atene") è una tragedia di William Shakespeare, che tratta del leggendario misantropo ateniese Timone, probabilmente ispirato anche al celebre omonimo filosofo. Viene generalmente considerata come una delle opere più oscure e di difficile comprensione di Shakespeare.

Timone d'Atene
Tragedia in cinque atti
La prima pagina di Timone d'Atene sul first folio
AutoreWilliam Shakespeare
Titolo originaleThe Life of Timon of Athens
Lingua originaleInglese
GenereTragedia storica, teatro elisabettiano
AmbientazioneAd Atene e nelle foreste vicine
Composto nelforse tra il 1605 ed il 1608
Personaggi
  • Timone, nobile ateniese
  • Lucio, Lucullo e Sempronio, nobili ed adulatori di Timone
  • Ventidio, falso amico di Timone
  • Alcibiade, condottiero
  • Apemanto, filosofo maleducato
  • Flavio, maggiordomo di Timone
  • Flaminio, Lucilio, Servillo, servi di Timone
  • Cafis, Filoto, Tito, Lucio, Ortensio ed altri, servi dei creditori di Timone
  • Il servo di Varrone ed il servo di Isidoro, entrambi creditori di Timone
  • Timandra e Frine, amanti di Alcibiade
  • Un poeta, un pittore, un gioielliere, un mercante, un vecchio, tre stranieri, un paggio, una pazza, nobili, senatori, ufficiali, soldati, ladri ed altri.
  • Cupido e le amazzoni, nel ballo
 

«Nulla incoraggia il delitto quanto la pietà»

Trama modifica

Atto I modifica

Olivieri organizza un grande banchetto, a cui partecipano quasi tutti i personaggi; lì distribuisce il proprio patrimonio senza parsimonia e tutti cercano di compiacerlo per averne di più. Fa eccezione Apemanto, un filosofo il cui cinismo non piace a Timone; quest'ultimo gradisce molto gli omaggi del poeta e del pittore e accetta in dono un gioiello dal gioielliere, anche se prima che l'atto si concluda l'ha già dato ad uno dei suoi amici.

Atto II modifica

Flavio è turbato per il fatto che Timone ha sperperato tutti i suoi beni esagerando con la sua munificenza, patrocinando scrittori e artisti parassiti e risollevando dubbi amici dai loro guai finanziari. Timone, tornando dalla caccia, è invece arrabbiato per il fatto che non gli sia stato fatto osservare prima e rimprovera Flavio, che gli dice che in passato aveva tentato varie volte di farlo senza successo e ora è finita, poiché tutti i suoi terreni sono stati venduti. Ad aiutare Timone è proprio il suo opposto, il cinico filosofo Apemanto, che spaventa i falsi amici di Timone con le sue caustiche battute: insieme a un buffone attacca i creditori di Timone quando si presentano per chiedere di essere saldati immediatamente. Timone manda i propri servi a chiedere aiuto agli amici che considera a lui più vicini.

Atto III modifica

 
Illustrazione ottocentesca di Timone

A uno a uno, i servi di Timone vengono scacciati dai suoi falsi amici, e due di essi si abbandonano a due lunghi monologhi per esprimere la propria rabbia verso di loro. In un altro luogo, uno dei più giovani ufficiali di Alcibiade sfoga la propria rabbia in maniera ancor più esagerata, uccidendo un uomo. Alcibiade chiede clemenza al Senato, sostenendo che un crimine passionale non dovrebbe essere giudicato con la stessa severità richiesta da un omicidio premeditato, ma i senatori sono in disaccordo e, quando Alcibiade insiste troppo, lo condannano all'esilio perpetuo. L'atto si conclude con Timone che discute con i servi la vendetta che preparerà in occasione del successivo banchetto.

Atti IV e V modifica

Timone dà una festa più modesta, organizzata soltanto per coloro che l'hanno tradito. Vengono portati vassoi ed anfore, ma gli amici non vi trovano cibi e leccornie, ma solo sassi e acqua bollente, che Timone scaglia contro di loro e fugge via. Il leale Flavio giura di ritrovarlo.

Maledicendo le mura della città, Timone si rifugia in una zona selvaggia e va a vivere in una grotta, cibandosi di radici, e qui scopre un tesoro sepolto. La notizia si sparge e il poeta, il pittore, Apemanto e tre banditi riescono a trovare Timone prima di Flavio. Egli offre la maggior parte di quest'oro ad Alcibiade per finanziargli l'assedio della città. Ad accompagnare Alcibiade ci sono due prostitute, Frine e Timandra, che scambiano pungenti battute con l'amareggiato Timone riguardo alle malattie veneree. Quando entra in scena Apemanto, che accusa Timone di imitare la sua indole pessimista, gli spettatori sono costretti ad assistere allo strano spettacolo di un reciproco scambio di invettive tra i due misantropi.

Flavio arriva e anche lui vuole la sua parte di denaro, ma anche che Timone torni indietro e riprenda il suo posto nella società. Timone si rende conto di avere in Flavio un vero amico, ma si duole del fatto che quell'uomo sia un semplice servo. Dice dunque agli inviati di Atene, che speravano che Timone potesse ridurre Alcibiade a più miti consigli, di andarsi ad impiccare e muore. Marciando verso Atene, Alcibiade posa a terra il proprio guanto e conclude la tragedia leggendo l'amaro epitaffio che Timone si era preparato:

(EN)

«Here lie I, Timon, who alive, all living men did hate,
Pass by, and curse thy fill, but pass and stay not here thy gait.»

(IT)

«Timone, qui giaccio; in vita tutti gli uomini odiai;
passa ed impreca pure, ma non sostare qui mai»

Oppure in alternativa:

(EN)

«Here lies a wretched corpse of wretched soul bereft:
Seek not my name: a plague consume you wicked caitiffs left!»

(IT)

«Qui giace il misero corpo della grama anima sua ormai privato:
non cercate il mio nome: codardi malvagi, che una pestilenza vi abbia consumato!»

Anche se il manoscritto originale di Shakespeare li riporta entrambi, data la loro natura contraddittoria, non è possibile che il poeta intendesse includerli entrambi e si pensa che, nel dubbio, abbia alla fine dimenticato di cancellarne uno. Il primo è una citazione di Callimaco.

Origini modifica

Fonti modifica

Composizione e stampa modifica

La tragedia è fonte di notevoli dispute tra gli studiosi. È costruita in un modo strano e il manoscritto presenta diverse lacune: per queste ragioni è stata spesso descritta come un'opera incompiuta, scritta da mani diverse e/o uno dei primi esempi di teatro sperimentale. Uno dei risultati di queste discussioni è che non si può indicare una data precisa per la sua stesura, dato che alcuni sostengono che si tratti del primo lavoro di Shakespeare, altri dell'ultimo, mentre altri ancora la situano in un periodo di poco anteriore a quello delle commedie di epoca tarda.

Generalmente viene inserita tra le tragedie (come accade nel First folio) anche se alcuni studiosi la inseriscono tra le "commedie" nonostante il suo protagonista finisca per morire. Le fonti dell'opera includono la "Vita di Alcibiade" di Plutarco e il dialogo di Luciano di Samosata "Timone il misantropo". La tragedia non fu mai pubblicata prima della sua inclusione nel First Folio del 1623.

A partire dal XIX secolo si è ipotizzato che il Timone sia in realtà opera di due autori diversi suggerendo che le sue inusuali caratteristiche siano il risultato del fatto che i suoi autori siano stati drammaturghi con attitudini e mentalità differenti tra loro; il principale indiziato come coautore, Thomas Middleton, fu individuato per la prima volta nel 1920[1]. Uno studio del 1917 di John Mackinnon Robertson sostiene invece che George Chapman fu l'autore de Il lamento di un'innamorata e sempre lui iniziò il Timone d'Atene[2]. Queste tesi sono state rifiutate da altri commentatori, tra i quali Bertolt Brecht[3], Frank Harris,[4] e Rolf Soellner, che sostiene che l'opera sia in realtà un esperimento. Questi studiosi dicono che se un autore avesse rivisto il lavoro di un altro, avrebbe comunque dovuto adeguarsi agli standard del teatro giacobiano, cosa che evidentemente non è avvenuta. Soellner pensa che l'opera sia insolita perché fu rappresentata alle Inns of Court dove trovò un pubblico di nicchia composto per lo più da giovani avvocati.[5]

Nondimeno, negli ultimi tre decenni, molte analisi linguistiche condotte sul testo sembrano aver rintracciato conferme a quelle che erano le ipotesi più datate: l'opera contiene numerose parole, frasi e scelte di punteggiatura tipiche dei lavori di Middleton e non di quelli di Shakespeare. Queste particolarità linguistiche si concentrano in determinate scene, il che sembra indicare che sia un lavoro comune di Middleton e Shakespeare e che si tratti di una collaborazione, piuttosto che di una revisione dell'uno sul testo dell'altro.[6] Il curatore dell'edizione Oxfordiana, John Jowett, descrive queste prove e sottolinea come la presenza della mano di Middleton non significhi che la tragedia debba essere trascurata o sottovalutata: "Timone d'Atene è a maggior ragione interessante perché il testo mostra un dialogo tra due drammaturghi dall'indole molto diversa"[7].

In ultima analisi però, nessuna delle teorie finora citate ha riscosso unanime consenso tra gli esperti.

Contesto storico modifica

Commento modifica

Rappresentazioni e adattamenti modifica

Storia degli allestimenti modifica

Non ci sono notizie certe di allestimenti dell'opera all'epoca in cui visse Shakespeare, situazione comune anche per altri lavori, anche maggiormente apprezzati, come Antonio e Cleopatra e Coriolano, che la maggior parte degli studiosi ritiene siano stati scritti più o meno nello stesso periodo del Timone. Una datazione precisa è però ben lontana dall'essere determinata, anche se i suoi toni amari rimandano al Coriolano e a Re Lear. L'opera di John Day Humour Out of Breath, pubblicata nel 1608 contiene un riferimento a "Quel signore che diede tutto ai suoi seguaci e finì a chiedere l'elemosina per sé stesso", una possibile allusione al Timone che potrebbe, se confermata, indicare come la tragedia sia stata composta negli anni precedenti.

Nel 1678 Thomas Shadwell mise in scena un adattamento, The History of Timon of Athens, the Man-Hater, che riscosse un certo successo; Henry Purcell in seguito ne compose un accompagnamento musicale. Un altro adattamento fu proposto nel 1768 da James Dance, al quale cui presto seguì la versione messa in scena nel 1771 da Richard Cumberland al Drury Lane, nella quale Timone in punto di morte concedeva sua figlia Evadne (non presente nel testo originale) ad Alcibiade. Altri allestimenti furono quelli di Thomas Hull al Covent Garden del 1786 e di George Lamb nel 1816 al Drury Lane. Questa serie di adattamenti terminò con l'allestimento del testo shakespeariano di Samuel Phelps del 1851.[8]

Il 29 novembre 2020 è prevista presso la Bayerische Staatsoper di Monaco la prima di un'opera lirica sullo stesso soggetto composta da Luca Francesconi.

Note modifica

  1. ^ John Jowett, ed. Timon of Athens (Oxford University Press, 2004), p. 132-6
  2. ^ John Mckinnon Robertson. Shakespeare And Chapman: A Thesis Of Chapman's Authorship Of A Lover's Complaint, And His Origination Of Timon Of Athens (1917). Reprint Services Corporation, 1999.
  3. ^ Armin Gerd Kukhoff. "Timon von Athen: Konzeption und Aufführungspraxis." Shakespeare Jahrbuch 100-101 (Weimar, 1965), pp. 135-159.
  4. ^ Frank Harris. On "Timon of Athens" as Solely the Work of Shakespeare
  5. ^ Rolf Soellner. Timon of Athens: Shakespeare's Pessimistic Tragedy. Columbus: Ohio State University Press, 1979.
  6. ^ Jowett, Timon, p. 144
  7. ^ Jowett, Timon, p. 2
  8. ^ F. E. Halliday, A Shakespeare Companion 1564-1964, Baltimora, Penguin, 1964; pp. 237, 495.

Bibliografia modifica

  • Butler, Francelia. The Strange Critical Fortunes of Shakespeare's Timon of Athens. Ames: Iowa State University Press, 1966.
  • Oliver, H.J., ed. Timon of Athens. The Arden Shakespeare. Surrey: Methuen and Company, 1959.

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