Trionfo e danza della morte (Giacomo Borlone de Buschis)

Trionfo e danza della morte sono un ciclo di affreschi dipinti dal pittore clusonese Giacomo Borlone de Buschis tra il 1484 e il 1485[1] sull'esterno dell'Oratorio dei disciplini di Clusone in provincia di Bergamo.

Trionfo e danza della morte
AutoreGiacomo Borlone de Buschis
Data1484-1485
Tecnicaaffresco
UbicazioneOratorio dei disciplini, Clusone

«V'è, infine, sulla facciata esterna dell'oratorio, il Trionfo e danza della morte, datato 1485, una delle più note e celebrate composizioni del genere, in cui non è difficile scorgere, nonostante la singolarità del tema, strette affinità con i modi peculiari del pittore che affrescò la grande Crocefissione del 1471»

Il tema generale è la morte nella classica rappresentazione medievale ovvero una danza macabra, un trionfo della Morte e un incontro dei tre vivi e dei tre morti. La rappresentazione si sviluppa su tre registri: superiore, mediano e inferiore.

Registro superiore - Trionfo della Morte e l'incontro dei tre vivi e dei tre morti modifica

 
Dettaglio
 
Disegno dei registri superiore e mediano di Giovanni Darif (1859)

In alto centrale, il Trionfo della Morte: la Morte viene raffigurata come una grande regina che sottomette tutti a sé; è rappresentata come uno scheletro trionfante, avvolta in un mantello e con una corona sul capo. Essa sventola dei cartigli dove è scritto:

«Gionto (e sonto) per nome chiamata morte/ferisco a chi tocherà la sorte;/ no è homo chosì forte/che da mi no po' a schanmoare»

«Gionto la morte piena de equaleza/sole voi ve volio e non vostra richeza/ e digna sonto da portar corona/perché signorezi ognia persona»

Il cartiglio trattenuto dalla morte prosegue con altre due scritte:

«Ognia omo more e questo mondo lassa/chi ofende a Dio amaramente pasa 1485»

«Chi è fundato in la iustitia e (bene)/ e lo alto Dio non discha(ro tiene)/la morte a lui non ne vi(en con dolore)/ poy che in vita (lo mena assai meliore)»

[2].

L'eloquenza di questi versi non salva nessuno. La morte nella sua veste di regina, non accetta doni, non ne è interessata, la sola ricchezza che conosce è la vita delle persone. Pur non salvando nessuno, sceglie in modo accidentale, la sorte decide chi colpire, ma non pone a tutti i medesimi dolori, tutto è dipeso dall'onestà della vita di ognuno.

Detti cartigli contengono parte di una lauda cantata dai confraternita dei disciplini nei loro incontri[3], il pensiero della meditatio mortis aveva fortemente caratterizzato il XV secolo, periodo di grandi cambiamenti.

Sotto i cartigli, sono raffigurati i potenti della terra: un doge, un vescovo, e un cavaliere. Un re interpella un ebreo per capire come corrompere la morte. Tutti la implorano offrendole ricchezza, offrendole un regno, ma nulla può sovvertire, o ritardare, la sua giustizia che non fa differenze, l'unica cosa vera e certa della vita, che è la morte di ognuno. Ai piedi della morte, in un sepolcro di marmo, giacciono i corpi del papa e dell'imperatore, circondati da serpenti, rospi e scorpioni, emblemi di superbia e morte improvvisa. Questo sta a simboleggiare la sua potenza, che non risparmia nessuno.

La raffigurazione del doge conferma il dominio della Serenissima e viene identificato in Giovanni Mocenigo, il doge morto di peste, mentre il papa è identificato in Sisto IV morto l'anno precedente la realizzazione dell'opera. Gli altri personaggi vengono identificati in Filiberto duca di Savoia, il conte Pietro II Dal Verme, e Costanzo Sforza duca di Pesaro.[4]

La Morte, grande regina, in ogni caso, colpisce in modo spietato, aiutata da altri scheletri. Sono questi aiutanti che stanno al suo fianco che hanno il compito di uccidere. Quello che si trova a destra della Morte tiene in mano una specie di archibugio e colpisce senza pietà un gruppo di persone imploranti posizionate sopra il cartiglio dove si legge che la morte colpisce in modo doloroso soltanto chi offende Dio mentre porta a una vita migliore chi pratica la giustizia. Nella sua sinistra vi è uno scheletro che colpisce con tre dardi, come le tre frecce che la tradizione greco-romana assegna a Saturno, il dio che governava il passato, il presente e il futuro.
Il dipinto è di particolare impatto visivo, venne utilizzato come copertina da John Hatcher nel libro La morte nera, indicando il titolo dell'affresco ma non l'autore, questoindica quanto fosse maggiore la fama del dipinto rispetto l'artista.

A sinistra, nello stesso registro, inserito nella rappresentazione del Trionfo della Morte, l'Incontro dei tre vivi e dei tre morti[5]. Rappresenta tre cavalieri che in diversi atteggiamenti hanno incontrato, durante una partita di caccia con il falcone, la morte. È la freccia lanciata dallo scheletro posizionato sul trionfo della morte a colpire il cacciatore, mentre nascosti nel verde di un bosco alcune persone guardano e commentano quanto accade nella scena.

Registro mediano - Danza macabra modifica

 
La Danza macabra

La parte centrale dell'affresco, nel registro mediano la rappresentazione della danza macabra o Danza dei morti, o ancora morti danzanti. Un cartiglio lo divide su due livelli: O ti che serve a Dio del bon core non havire pagura a questo ballo venire ma allegramente vene e non temire poj chi nasce elli convene morire. Un ritmo di personaggi che da sinistra a destra attraversano la scena, raffigurando un valore egalitario della morte. Ogni individuo in vita, ha un'espressione impaurita, disperata, incontra il proprio cadavere che sorridendo confonde la sua paura. Personaggi, di rango inferiore dal registro precedente, che non hanno doni da offrire, ma che hanno la medesima apprensione, ma che vengono accompagnati, rappresentando la giustizia che è della morte, che se non può cambiare le situazioni sociali su questa terra accompagna tutti in modo equanime nella morte.

  • Partendo da sinistra il primo personaggio che si incontra è una figura femminile, la sola di tutto il ciclo che si compone di otto personaggi, con in mano uno specchio che riflette l'androne affollato di scheletri alle sue spalle; riprende la raffigurazione presente in Basilea, dove la medesima porta una scritta che tradotta dice: ‘'i miei tratti mostrano la vita e lo specchio riflette la morte'’[6]
  • Il secondo personaggio è un disciplino celato dal cappuccio, in mano tiene il flagello con il quale si frusta la spalla destra[7], egli rappresenta la committenza dell'affresco, il solo raffigurato fra due scheletri.
  • Il terzo personaggio è un contadino, figura presente in tante altre raffigurazioni; egli indossa una calzabraca consumata e buca sulle ginocchia. Porta un bastone sulla spalla a cui è appesa una sacca.
  • Il quarto è un oste, e proprio il recipiente che tiene in mano tipico del XVI secolo lo rende riconoscibile.
  • il quinto personaggio è funzionario di giustizia, un podestà con funzioni giudiziarie, questo era infatti l'incarico della Serenissima dal 1427; in mano regge il bastone del comando e indossa in paio di stivali in cuoio di foggia tedesca.
  • Il sesto è il solo che volge lo sguardo verso l'esterno dell'affresco, ed è ben tenuto dallo scheletro. Ben vestito con la mano destra infilata in una borsa legata alla vita, questo lo identifica come mercante o usuraio, personaggio raffigurato nella maggior parte delle danze macabre.
  • Il settimo personaggio è un giovane che tiene tra i capelli biondi un pennino, in mano tiene un cartiglio; viene identificato come uno studente o un giovane letterato.
  • Dell'ottavo e ultimo personaggio ben vestito è difficile identificare la professione, non essendo rimasta traccia di un attributo che lo renda riconoscibile.

Particolare dell'affresco è la mancanza di raffigurazioni femminili, così come di poveri o ammalati, ma la morte come un passaggio da una buona vita a un'altra vita[8].

Tutti questi personaggi hanno un forte legame con le danze macabre tedesche e francesi. A Basilea dove è presente una grande raffigurazione era presente il vescovo bergamasco Francesco Aregazzi amico di San Bernardino molto vicino ai disciplini committenti dell'affresco di Clusone[9]

Registro inferiore - Ciclo dei Dannati e dei Giusti modifica

 
I Dannati
 
I Giusti

Nel registro inferiore, molto danneggiato, si trova l'ultima rappresentazione dei novissimi. Nella parte sinistra una bocca spalancata di un mostro accoglie le anime, raffigurate nei corpi femminili nudi (i Dannati) [10], facendole bruciare nel fuoco, questo a rappresentare l'inferno. Mentre sulla parte destra un gruppo di disciplini oranti (i Giusti), incappucciati e inginocchiati versato in atto di preghiera a indicare proprio questa come unica via verso il paradiso. Doveva essere questa l'indicazione della via da seguire, i due opposti, i Vizi e le Virtù.

Note modifica

  1. ^ Borlone, Giacomo in Dizionario Biografico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 19 maggio 2018.
  2. ^ Mauro Zanchi, Il theatrum mortis nel nome della vita eterna, Ferrari Editore, 2005.
  3. ^ C. Ciociola, Attestazioni antiche del bergamasco letterario, rivista di letteratura italiana, 1986, p. 162.
  4. ^ A. Previtali, La scuola dei disciplini di Clusone nei secoli XV e XVI.
  5. ^ Tre vivi e tre morti, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 19 ottobre 2015.
    «Protagonisti di una leggenda medievale che narra l’incontro improvviso di tre nobili signori, durante la caccia, con tre morti, il cui orrendo aspetto li richiama al pensiero della caducità della vita terrena. Il tema, di origine forse orientale, fu trattato tra XIII e XVI secolo nella letteratura moralizzante, soprattutto francese, nella pittura e nella miniatura, in relazione con altri temi allegorici della Morte»
    .
  6. ^ Mauro Zanchi, il theatrum mortis, nel nome della vita eterna, Ferrari editrice, p. 23.
  7. ^ La confraternite dei Disciplinati | Le confraternite dei Disciplinati., su confraternitedisciplinati.wordpress.com, La confraternita dei disciplini.
    «La flagellazione volontaria e rituale, che accompagnava la preghiera o le celebrazioni dei confratelli, fu sempre una loro specifica connotazione»
  8. ^ Francesco Paolella, Non si deve morire nudi, su tysm.org, tysm PHILOSOPHY AND SOCIAL CRITICISM. URL consultato il 5 febbraio 2017.
  9. ^ Pierroberto Scaramella, atti del convegno internazionale di studi sulla Danza macabra e trionfo della morte, in Temi macabri italiani dall'età federifiana all'umanesimo, Clusone, 1999, p. 109-144.
  10. ^ Due frammenti per una interpretazione, su confraternitedisciplinati.wordpress.com, Le confraternite dei disciplini.
    «Le figure femminili sono contraddistinte da un cartiglio posto sopra le rispettive teste con all’interno le iscrizioni dei peccati di Superbia, Avaritia, Ira»

Bibliografia modifica

  • Gabriele Rosa, Trionfo e Danza della morte. Dipinto a fresco sulla facciata della chiesa della disciplina a Clusone provincia di Bergamo. Un pensiero teologico sulla morte, dipinto a Pisogne, in Giornale Euganeo. Scienze, lettere e arti. Anno III, Semestre II, 1846, pp. 381-391.
  • Giuseppe Vallardi, IV p. 8, in Trionfo e Danza della Morte, o Danza Macabra a Clusone, Bergamo, 1859.
  • Astorre Pellegrini, Nuove illustrazioni sull’affresco del Trionfo e Danza della morte di Clusone, Gaffuti e Gatti, 1978.
  • Domenico Giudici, Il Trionfo della Morte e la Danza Macabra: grandi affreschi dipinti in Clusone nel 1485, Clusone, 1903.
  • Tullia Franzi e Luigi Angelini, La Danza Macabra di Clusone, Firenze, 1950.
  • Arsenio Frugoni, I temi della morte nell’affresco della chiesa dei Disciplini a Clusone, 69 Tip del Senato, Roma, Bollettino Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, 1957.
  • Guido Bonandrini a cura del Turismo pro Clusone e Biblioteca civica centro culturale, Il trionfo della Morte e la Danza Macabra:Clusone 1485-1985, Ferrari Editrice, 1985.
  • Il Trionfo della Morte e le Danze Macabre. Atti del VI Convegno Internazionale, Clusone, 1994-1997.
  • Antonio Previtali, Mino Scandella, Matteo Rabaglio, Giosuè Bonetti prefazione Franco Cardini, Ognia omo more. Immagini macabre nella cultura bergamasca dal XV al XX secolo, Ferrari editrice, 1998.
  • Giuseppe Bonetti e Matteo Rabaglio, Danze macabre e riti funebri degli altri, Milano (Castello Sforzesco, Sala della Balla), Atti della giornata di studi, 1999.
  • Alberto Tenenti, Humana Fragilitas. I temi della morte in Europa tra Duecento e Settecento, Clusone, Circolo Culturale Baradello- Ferrari editrice, 2000.
  • La signora del mondo. Atti del convegno internazionale di studi sulla Danza macabra e il Trionfo della morte, Clusone, 2003.
  • Simone Facchinetti, Giacomo Busca detto il Borlone, 2011, OCLC 920385428.
  • Mauro Zanchi, Il theatrum Mortis nel nome della vita eterna, Ferrari Editrice.
  • Chiara Frugoni e Simone Facchinetti, Nessuna misericordia. Il Trionfo della morte e della Danza macabra a Clusone, Verona, Einaudi, 2016, ISBN 978-88-06-22479-0.
  • Fabio Faiferri, Il ciclo della morte sull'Oratorio dei disciplini a Clusone, in Luca Giarelli (a cura di), Memento mori. Ritualità, immagine e immaginario della morte nelle Alpi, 2018, pp. 49-68, ISBN 978-88-278-4359-8.

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