Turandot

opera di Giacomo Puccini
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Turandot (AFI: /turanˈdɔt/[1][2]) è un'opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta dal compositore Giacomo Puccini.

Turandot
Locandina di Turandot del 1926
Titolo originaleTurandot
Lingua originaleitaliano
MusicaGiacomo Puccini
LibrettoGiuseppe Adami e Renato Simoni
(libretto online)
Fonti letterarieTurandot di Carlo Gozzi
Attitre
Epoca di composizioneluglio 1920 - ottobre 1924
Prima rappr.25 aprile 1926
TeatroTeatro alla Scala di Milano
Versioni successive
Un nuovo finale dell'opera è stato composto da Luciano Berio (2001)
Personaggi
  • Turandot, principessa (soprano drammatico)
  • Altoum, suo padre, imperatore della Cina (tenore)
  • Timur, re tartaro spodestato (basso)
  • Calaf, il Principe Ignoto, suo figlio (tenore drammatico)
  • Liù, giovane schiava, guida di Timur (soprano lirico)
  • Ping, Gran Cancelliere (baritono)
  • Pang, Gran Provveditore (tenore)
  • Pong, Gran Cuciniere (tenore)
  • Un Mandarino (baritono)
  • Il Principe di Persia (tenore)
  • Il Boia (Pu-Tin-Pao) (comparsa)
  • Guardie imperiali - Servi del boia - Ragazzi - Sacerdoti - Mandarini - Dignitari - Gli otto sapienti - Ancelle di Turandot - Soldati - Portabandiera - Ombre dei morti - Folla
AutografoArchivio Storico Ricordi, Milano

Storia modifica

La prima rappresentazione ebbe luogo nell'ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, con Rosa Raisa, Francesco Dominici, Miguel Fleta, Maria Zamboni, Giacomo Rimini, Giuseppe Nessi e Aristide Baracchi sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!» (alla morte di Liù), ovvero dopo l'ultima pagina completata dall'autore, e, secondo alcune testimonianze, si rivolse al pubblico con queste parole: «Qui termina la rappresentazione, perché a questo punto il Maestro è morto»[3]. Le sere seguenti l'opera fu messa in scena con il finale rivisto da Franco Alfano, ma diretta da Ettore Panizza; Toscanini non la diresse mai più[4].

L'incompiutezza di Turandot è oggetto di discussione tra gli studiosi. Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò lungamente di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata[5]: c'è chi sostiene che l'opera rimase incompiuta non a causa dell'inesorabile progredire del male che affliggeva l'autore, bensì per l'incapacità o l'intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo d'amore conclusivo, che pure l'aveva inizialmente acceso d'entusiasmo e spinto verso questo soggetto. È certo comunque che Puccini considerasse la scena della morte di Liù come un finale soddisfacente, poiché la giudicava sufficiente a far intuire allo spettatore l'ovvio prosieguo della storia, ovvero il cambio di carattere di Turandot alla luce del sacrificio d'amore della sua ancella; in questo senso, l'opera è considerabile come narrativamente completa benché bruscamente interrotta[6].

Caratteri generali modifica

Il soggetto dell'opera ha origini antiche e difficili da definire con certezza nello spazio e nel tempo. La prima menzione della principessa sanguinaria nella letteratura europea avviene nella raccolta I mille e un giorno di François Pétis de la Croix (1653–1713), che parla della storia come di origine cinese (studi filologici suggeriscono potrebbe essere invece di origine turca)[6]. In Italia il soggetto è stato divulgato da Carlo Gozzi soprattutto grazie all'omonima fiaba teatrale (1762), che poi sarà oggetto di importanti adattamenti musicali, in particolare le musiche di scena composte da Carl Maria von Weber nel 1809 e la suite orchestrale op. 41 di Ferruccio Busoni, eseguita per la prima volta nel 1906 e poi convertita in opera lirica rappresentata nel 1917[7].

Fra tutte le varie fonti, il libretto dell'opera di Puccini si basa, molto liberamente, sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di Friedrich Schiller del lavoro di Gozzi. L'idea per l'opera venne al compositore in seguito a un incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuto a Milano nel marzo 1920. Nell'agosto dello stesso anno, quando si trovava per un soggiorno termale a Bagni di Lucca, il compositore poté ascoltare, grazie al suo amico barone Fassini, che era stato per qualche tempo console italiano in Cina, un carillon con temi musicali proveniente da quel paese; alcuni di questi temi sono presenti nella stesura definitiva della partitura[8], in particolare la canzone popolare Mo Li Hua[6].

La genesi modifica

 
Spartito del dramma lirico, stampato a Milano per i tipi di Giulio Ricordi & C. nel 1926

Nel Natale del 1920 Puccini riceve la prima stesura in versi del libretto del primo atto. Nel gennaio del 1921 giunge a Puccini la versione definitiva del testo del primo atto, e nell'agosto dello stesso anno la partitura è completata. In settembre Puccini scrive: «Turandot dovrebbe essere in due atti, che ne dici? Non ti pare troppo, diluire dopo gli enigmi per giungere alla scena finale? Restringere avvenimenti, eliminarne altri, arrivare ad una scena finale dove l'amore esploda»[9].

Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall'inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata. Ancora l'autore scriveva: «Il duetto [tra Calaf e Turandot] per me dev'essere il clou - ma deve avere dentro a sé qualcosa di grande, di audace, di imprevisto e non lasciar le cose al punto del principio […] Potrei scrivere un libro su questo argomento»[10]. E ancora: «Il duetto! Il duetto! tutto il decisivo, il bello, il vivamente teatrale è lì! […] Il travaso d'amore deve giungere come un bolide luminoso in mezzo al clangore del popolo che estatico lo assorbe attraverso i nervi tesi come corde di violoncelli frementi»[10].

Puccini si lamentò spesso della lentezza con cui i due librettisti rispondevano alle sue richieste di revisioni del libretto, ma si può dubitare che questo sia il vero motivo per cui l'opera è rimasta incompiuta. Nel giugno 1922 il compositore confermò a Casa Ricordi che «Simoni e Adami mi hanno consegnato con mia completa soddisfazione il libretto di Turandot finito»[10]; eppure i dubbi non erano scomparsi e sei mesi dopo confessava ad Adami: «Di Turandot niente di buono […] Se io avessi avuto un soggettino come da tempo lo cercavo e lo cerco, a quest'ora sarei in scena. Ma quel mondo cinese! A Milano deciderò qualcosa, forse restituisco i soldi a Ricordi e mi libero».

I soldi non furono restituiti e nel dicembre del 1923 Puccini aveva completato tutta la partitura fino alla morte di Liù, cioè fino all'inizio del duetto cruciale. Di questo finale egli stese solo una versione in abbozzo discontinuo. Puccini morì a Bruxelles il 29 novembre 1924, lasciando le bozze del duetto finale così come le aveva scritte il dicembre precedente.

Trama modifica

«Chi quel gong percuoterà
apparire la vedrà
bianca al pari della giada
fredda come quella spada
è la bella Turandot!»

L'azione si svolge a Pechino, «al tempo delle favole»

Atto I modifica

Un mandarino annuncia pubblicamente il solito editto: Turandot, figlia dell'imperatore Altoum, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti il vecchio Timur che, nella confusione, cade a terra, e la sua schiava fedele Liù, che chiede aiuto. Un giovane di nome Calaf si affretta ad aiutare il vegliardo e lo riconosce come suo padre, re tartaro spodestato e rimasto accecato nel corso della battaglia che lo ha privato del trono. I due si abbracciano commossi e Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome: ha paura, infatti, dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre. Nel frattempo il boia affila le lame preparandole per l'esecuzione, fissata per il momento in cui sorgerà la luna, mentre la folla si agita ulteriormente.

Ai primi chiarori lunari entra il corteo che accompagna la vittima. Alla vista del principe, la folla, prima eccitata, si commuove per la sua giovane età, invocandone la grazia. Turandot allora entra e, glaciale, ordina il silenzio al suo popolo, e con un gesto dà l'ordine al boia di giustiziare il principe che viene ucciso senza pietà.

Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot e decide di affrontare la sfida e risolvere i tre enigmi. Timur e Liù provano a dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale. Tre figure lo fermano: sono Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno. Anche loro tentano di convincere Calaf a desistere dal suo proposito, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Il principe, però, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.

Atto II modifica

 
Il vasto piazzale della Reggia, bozzetto per Turandot atto 2 scena 2 (1924). Archivio Storico Ricordi

È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri del regno, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.

Sul piazzale della reggia intanto tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. C'è una lunga scalinata in cima alla quale si trova il trono in oro e pietre preziose dell'imperatore. Da un lato ci sono i sapienti, i quali custodiscono le soluzioni degli enigmi, dall'altro ci sono il popolo, il Principe ignoto e i tre ministri. Altoum invita il principe ignoto, Calaf, a desistere, ma quest'ultimo rifiuta. Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra in scena Turandot. La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era finita nelle mani di uno straniero. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo aveva inventato questo rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf invece riesce a risolverli uno dopo l'altro: la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero, ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.

Atto III modifica

È notte. In lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire a Pechino e il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte. Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere, ed intona la famosa aria Nessun dorma.

Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non svelerà mai questo nome. La donna subisce molte torture ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot, che le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, al che Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.

Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma torna a essere la solita gelida principessa: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di uno sconvolto Calaf. Il vecchio Timur, essendo cieco, non comprende immediatamente quanto accaduto; quando la verità gli viene infine cinicamente rivelata dal ministro Ping, il deposto sovrano abbraccia distrutto il corpo senza vita di Liù, che viene portato via seguito dalla folla in preghiera.

Turandot e Calaf restano soli. In un primo momento Calaf è adirato con la principessa, che accusa di aver provocato fin troppo dolore in nome del suo odio e di essere ormai incapace di provare sentimenti (Principessa di morte), ma ben presto all'odio si sostituisce l'amore di cui Calaf è incapace di liberarsi. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'aveva visto e di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Turandot tuttavia è molto orgogliosa e supplica il principe di non volerla umiliare, e lui accetta di morire, presentandosi finalmente come Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il suo nome, potrà quindi perderlo, se vuole.

Davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore».

Tra le grida di giubilo della moltitudine, la principessa Turandot, felice, si abbandona tra le braccia di Calaf e accetta di sposarlo.

La folla inneggia festante ai due futuri sposi.

Il finale "incompiuto" modifica

In realtà il lavoro su Turandot da parte dello stesso autore non rimase effettivamente incompiuto. Certamente a questo episodio contribuì anche - e non poco - il fatto che Puccini stesso in quel periodo non godesse di buone condizioni di salute, tanto che sarebbe morto prematuramente poco tempo dopo per un tumore maligno alla gola. Puccini, dopo aver scritto l'ultimo coro funebre (dedicato alla morte di Liù), in cui raggiunse «il massimo splendore» della sua musica, non volle più continuare, ritenendo il lavoro già perfettamente concluso.

Il lavoro di stesura di un vero e proprio finale alternativo iniziò praticamente poche settimane prima della morte, quando l'autore stava per essere ricoverato, ma non rimasero che abbozzi più o meno compiuti. Gli abbozzi sono sparsi su 23 fogli che il maestro portò con sé presso la clinica di Bruxelles in cui fu ricoverato nel tentativo di curare il male che lo affliggeva. Puccini non aveva indicato in modo esplicito nessun altro compositore per il completamento dell'opera.

La casa editrice Ricordi e il maestro Arturo Toscanini, in accordo con Antonio Puccini, figlio di Giacomo, decisero di affidare a Franco Alfano il difficile compito di concludere la Turandot. Alfano, cercando di interpretare le volontà di Puccini, creò un primo finale. Tuttavia, in seguito alle critiche di Ricordi e Toscanini, che richiesero una maggiore adesione agli appunti, Alfano si vide costretto ad operare corposi tagli (circa 100 battute), dando vita così ad un secondo finale. Questa versione è quella correntemente eseguita nei teatri. Toscanini scelse però di non eseguirla il giorno della prima assoluta, il 25 aprile 1926 al Teatro alla Scala. Egli infatti interruppe la rappresentazione a metà del terzo atto, subito dopo l'ultima pagina completata da Puccini, dichiarando al pubblico: «Qui Giacomo Puccini morì» [11].

Si dovette attendere il 2001 per ascoltare un nuovo finale di Turandot, commissionato a Luciano Berio dal Festival de Música de Canarias, basato anch'esso sugli abbozzi lasciati da Puccini e ufficialmente riconosciuto dalla Ricordi.

Circa il primigenio finale concepito da Franco Alfano, la prima esecuzione moderna fu data il 3 novembre 1982 al Barbican Centre di Londra, mentre la prima messinscena fu allestita alla New York City Opera nel 1983; seguirono poi numerose esecuzioni a Roma (Terme di Caracalla 1985), Bonn (1985), Rotterdam (1991), Saarbrücken (1993), Salisburgo (1994), Honolulu (1996), Rostock (1996), Halle (2000), Riga (2003), Freiburg (2003), Lucca (2003), Pisa (2003), Ravenna (2003), Livorno (2003)[12]. Registrata per la Decca nel 1989 da John Mauceri, con Josephine Barstow come Turandot e Lando Bartolini nel ruolo di Calaf[13], la prima versione del finale Alfano è stata più recentemente eseguita da Antonio Pappano, assieme all'Orchestra e al Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, in un concerto tenutosi presso l'Auditorium Parco della Musica il 12 marzo del 2022 (nei ruoli principali Sondra Radvanovsky, Jonas Kaufmann, Ermonela Jaho, Michele Pertusi e Mattia Olivieri) [14][15], svoltosi a latere della registrazione integrale dell'opera, pubblicata dall'etichetta Warner Classics il 10 marzo 2023[16].

Il punto più controverso del materiale lasciato da Puccini è costituito dall'episodio del bacio. È il momento clou dell'intera opera: la trasformazione di Turandot da principessa di gelo a donna innamorata. Se nell'abbozzo pucciniano le prime 56 battute del finale sono già a uno stadio di elaborazione avanzato, questo episodio appare forse abbozzato in un solo foglio, secondo l'ipotesi di Harold Powers e William Ashbrook[17]. Mentre Berio ha imbastito un esteso episodio sinfonico a partire da questa pagina, Alfano si limitò a comporre sedici nuove battute, ridotte nella versione definitiva a un solo accordo seguito da pochi colpi di timpano.

In un precedente schizzo di Puccini, al medesimo episodio è abbinato un diverso materiale tematico. Sul foglio 11 recto egli aveva infatti scritto le ultime due battute, seguite da una battuta con un accenno del tema per il bacio, per poi cancellarle e riscriverle sull'altro lato del foglio. Il tema in questione è lo stesso che poche battute prima Turandot canta sulle parole «No, mai nessun m'avrà! Dell'ava lo strazio non si rinnoverà!»: ciò sembrerebbe attestare come l'idea del compositore lucchese potesse essere radicalmente diversa da quella dei suoi più giovani colleghi. Un bacio su questo tema accentrerebbe infatti l'attenzione sul cedimento della principessa, piuttosto che sul suo orgoglio ferito, sulla trasformazione più interiorizzata della versione di Berio.

Organico orchestrale modifica

La partitura di Puccini prevede l'utilizzo di:

inoltre, sulla scena:

2 sassofoni contralti in Mib, 6 trombe in Sib, 3 tromboni, trombone basso, tamburo di legno, gong grave (o tam tam).

Brani celebri modifica

Atto I

  • Gira la cote!, (coro del popolo e degli aiutanti del boia)
  • Perché tarda la luna? Invocazione alla luna (coro)
  • Là sui monti dell'est (coro di ragazzini che invocano Turandot; melodia tratta dalla canzone folk cinese Mo Li Hua).
  • Signore, ascolta!, romanza di Liù
  • Non piangere, Liù!, romanza di Calaf
  • Concertato finale

Atto II

  • Olà Pang! Olà Pong!, terzetto delle maschere
  • In questa reggia, aria di Turandot
  • Straniero, ascolta!, scena degli enigmi

Atto III

  • Nessun dorma, romanza di Calaf
  • Tanto amore, segreto e inconfessato [...] Tu che di gel sei cinta, aria (in due parti) e morte di Liù
  • Liù, Liù sorgi...Liù bontà, Liù dolcezza, aria di Timur
 
Citazione dall'aria In questa reggia

Discografia modifica

Incisioni in studio modifica

Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur, Ping) Direttore Etichetta
1938 Gina Cigna, Magda Olivero, Francesco Merli, Luciano Neroni, Afro Poli Franco Ghione Warner Fonit
1955 Inge Borkh, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, Nicola Zaccaria, Fernando Corena Alberto Erede Decca Records
1957 Maria Callas, Elisabeth Schwarzkopf, Eugenio Fernandi, Nicola Zaccaria, Mario Borriello Tullio Serafin EMI Classics
1959 Birgit Nilsson, Renata Tebaldi, Jussi Björling, Giorgio Tozzi, Mario Sereni Erich Leinsdorf RCA Victor
1965 Birgit Nilsson, Renata Scotto, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti, Guido Mazzini Francesco Molinari Pradelli EMI Classics
1972 Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Nicolaj Ghiaurov, Tom Krause Zubin Mehta Decca Records
1977 Montserrat Caballé, Mirella Freni, José Carreras, Paul Plishka, Vicente Sardinero Alain Lombard EMI Classics
1981 Katia Ricciarelli, Barbara Hendricks, Plácido Domingo, Ruggero Raimondi, Gottfried Hornik Herbert von Karajan Deutsche Grammophon
1992 Éva Marton, Margaret Price, Ben Heppner, Jan-Hendrik Rootering, Bruno de Simone Roberto Abbado RCA Victor
2022 Sondra Radvanovsky, Ermonela Jaho, Jonas Kaufmann, Michele Pertusi, Mattia Olivieri Antonio Pappano Warner Classics

Registrazioni dal vivo modifica

1961 Birgit Nilsson, Anna Moffo, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti Leopold Stokowsky Metropolitan New York, 4 marzo

Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Registrazione
1961 Birgit Nilsson, Leontyne Price, Giuseppe Di Stefano, Nicola Zaccaria Francesco Molinari Pradelli Wiener Staatsoper, 22 giugno
1989 Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Roberto Scandiuzzi Daniel Oren Teatro Margherita, 20-27 gennaio
1998 Giovanna Casolla, Katia Ricciarelli, Lando Bartolini, Sergio Fontana Rico Saccani Avenche, Arena - CASCAVELLE CD
2001 Giovanna Casolla, Masako Deguci, Lando Bartolini, Francisco Heredia, Javier Mas, Vicenc Esteve Alexander Rahbari Malaga, 2001 - NAXOS CD
2008 Maria Dragoni, Maria Luigia Borsi, Franco Farina Keri Lynn Wilson Teatro dei Quattromila, Torre del Lago Puccini
2009 Maria Guleghina, Marina Poplavskaja, Marcello Giordani, Samuel Ramey Andris Nelsons Metropolitan Opera House, 3 novembre

DVD parziale modifica

Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Etichetta
1958 Lucilla Udovich, Renata Mattioli, Franco Corelli, Plinio Clabassi Fernando Previtali
1983 Éva Marton, Katia Ricciarelli, José Carreras, John Paul Bogart Lorin Maazel TDK
1983 Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Ivo Vinco Maurizio Area NVC Arts
1988 Éva Marton, Leona Mitchell, Plácido Domingo, Paul Plishka James Levine Deutsche Grammophon
1998 Giovanna Casolla, Barbara Frittoli, Sergej Larin, Carlo Colombara Zubin Mehta Warner Classics
2003 Giovanna Casolla, Sandra Pacetti, Nicola Martinucci, Simon Yang Carlo Palleschi EMI
2010 Maria Guleghina, Salvatore Licitra, Tamar Iveri, Luiz-Ottavio Faria Giuliano Carella Bel-Air Classiques

Note modifica

  1. ^ Bruno Migliorini et al., Scheda sul lemma "Turandot", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, 2010, ISBN 978-88-397-1478-7.
  2. ^ Luciano Canepari, Turandot, in Il DiPI: dizionario di pronuncia italiana, Bologna, Zanichelli, 2009, ISBN 978-88-08-10511-0.
    La T finale è sonora, non muta, quindi va evitata la pronuncia "alla francese" /turanˈdo/ (turandó).
  3. ^ Budden, 2005, pp. 459.
  4. ^ Linda B. Fairtile, "Duetto a tre": Franco Alfano's Completion of "Turandot", in Cambridge Opera Journal, vol. 16, n. 2, p. 172.
  5. ^ Budden, 2005, pp. 486-487.
  6. ^ a b c Cristiana Munzi, Turandot di Giacomo Puccini, su Wikimusic, Rai Radio 3, 25 aprile 2021. URL consultato il 12 aprile 2022.
  7. ^ Budden, 2005, pp. 438-440.
  8. ^ Budden, 2005, pp. 440-442.
  9. ^ Cit. in: Nigel Jamieson, Un'opera nel tormento, Amadeus, giugno 1997
  10. ^ a b c Ibidem
  11. ^ Fosca Crespi Puccini ricorda la prima di Turandot alla Scala. URL consultato il 5 gennaio 2023.
  12. ^ Jürgen Maehder, La Principessa di gelo «alfin redenta». Studi sulla versione originale del finale di Franco Alfano, in Turandot, programma di sala, Ottobre 2003, p. 29, nota 23.
  13. ^ GIACOMO PUCCINI (1858-1924): “TURANDOT” E ALCUNI DEI SUOI FINALI, su gbopera.it.
  14. ^ Scheda dell'evento, su santacecilia.it.
  15. ^ Corrado Augias, Musica e grandi voci, la "Turandot" di Pappano splende con l'essenziale, in La Repubblica, 13 marzo 2022.
  16. ^ Turandot, Warner classic, su warnerclassics.com.
  17. ^ William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006, p. 209.

Bibliografia modifica

  • Elisa Alberti, Wandlungen einer Frauenfigur: Vergleichende Untersuchungen zu den »Turandot«-Bearbeitungen von Gozzi, Schiller, Puccini, Brecht, Frankfurt/Bern/New York (Peter Lang) 2012.
  • William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006. ISBN 978-88-7592-823-0 (edizione originale in lingua inglese, Puccini's Turandot. The End of the Great Tradition, Princeton, Princeton University Press, 1991. ISBN 0-691-09137-4).
  • Allan Atlas, Newly discovered sketches for Puccini's »Turandot« at the Pierpont Morgan Library, in: Cambridge Opera Journal, 3/1991, pp. 173-193.
  • Virgilio Bernardoni, La maschera e la favola nell'opera italiana del primo Novecento, Venezia (Fondazione Levi) 1986.
  • Julian Budden, Puccini, traduzione di Gabriella Biagi Ravenni, Roma, Carocci Editore, 2005, ISBN 88-430-3522-3.
  • Sylvano Bussotti/Jürgen Maehder, Turandot, Pisa (Giardini) 1983.
  • Mosco Carner, Puccini. A Critical Biography, London (Duckworth) 1958, 2nd enlarged edition: London (Duckworth) 1974, 3rd enlarged and revised edition: London (Duckworth) 1992.
  • Teodoro Celli, Gli abbozzi per Turandot, in: Quaderni pucciniani, 2/1985, pp. 43-65.
  • Gabriele Dotto (a cura di), »Turandot«: uno sguardo nell'Archivio Storico Ricordi, Milano (Bertelsmann/Archivio Storico Ricordi) 2015.
  • Linda B. Fairtile, »Duetto a tre«. Franco Alfano's completion of »Turandot«, in: Cambridge Opera Journal 16/2004, pp. 163-185.
  • Giovacchino Forzano, Turandot, Milano (S.E.S. = Società Editrice Salsese) 1926.
  • Michele Girardi, Turandot: Il futuro interrotto del melodramma italiano, in: Rivista italiana di musicologia, 17/1982, pp. 155-181.
  • Michele Girardi, Giacomo Puccini. L'arte internazionale di un musicista italiano, Venezia (Marsilio) 1995; English translation: Chicago (Chicago Univ. Press) 2000.
  • Natalia Grilli, Galileo Chini: le scene per Turandot, in: Quaderni pucciniani, 2/1985, pp. 183-187.
  • Peter Korfmacher, Exotismus in Giacomo Puccinis »Turandot«, Köln (Dohr) 1993.
  • Kii-Ming, Lo, Ping, Pong, Pang. Die Gestalten der Commedia dell'arte in Busonis und Puccinis »Turandot«-Opern, in: Peter Csobádi, Ulrich Müller et al. (a cura di), Die lustige Person auf der Bühne, Anif/Salzburg (Müller-Speiser) 1994, pp. 311-323.
  • Kii-Ming Lo, Turandot auf der Opernbühne, Frankfurt/Bern/New York (Peter Lang) 1996, ISBN 3-631-42578-3.
  • Kii-Ming Lo, Giacomo Puccini's »Turandot« in Two Acts. The Draft of the First Version of the Libretto, in: Gabriella Biagi Ravenni/Carolyn Gianturco (a cura di), Giacomo Puccini. L'uomo, il musicista, il panorama europeo, Lucca (LIM) 1998, pp. 239-258.
  • Kii-Ming Lo/Jürgen Maehder, Puccini's »Turandot« – Tong hua, xi ju, ge ju, Taipei (Gao Tan Publishing Co.) 1998, ISBN 957-98196-1-0.
  • Kii-Ming Lo/Jürgen Maehder, Puccini's »Turandot«, Guilin (Guanxi Normal University Press) 2003.
  • Kii-Ming Lo/Jürgen Maehder, Turandot de tui bian [The Transformations of »Turandot«], Taipei (Gao Tan Publishing Co.) 2004, ISBN 986-7542-50-9.
  • Jürgen Maehder, Puccini's »Turandot« – A Fragment, in: Nicholas John (ed.), Turandot, London (John Calder)/New York (Riverrun) 1984, pp. 35–53.
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