Unam Sanctam Ecclesiam

Unam Sanctam Ecclesiam
Bolla pontificia
Stemma di Bonifacio VIII
Pontefice Bonifacio VIII
Data 1302
Anno di pontificato VIII
Traduzione del titolo Una, santa Chiesa
Argomenti trattati Nessuna salvezza al di fuori della Chiesa. Unità della Chiesa e sua superiorità al potere civile, plenitudo potestatis.
Bolla precedente Ausculta fili
Bolla successiva In Supremae praeminentia Dignitatis

La Unam Sanctam Ecclesiam, comunemente nota come Unam Sanctam, è un'enciclica di papa Bonifacio VIII promulgata il 18 novembre 1302.

I precedenti modifica

La bolla papale di Bonifacio VIII costituisce l'ultimo episodio del conflitto tra potere spirituale e potere temporale, e riprende, riaffermandoli con energia, gli ideali teocratici espressi in precedenza soprattutto da papa Gregorio VII, nel 1075 con il Dictatus Papae, e da papa Innocenzo III (decretale Venerabilem), basati sull'allegoria del Sole e della Luna.

Si tratta in realtà di un conflitto plurisecolare, che si può far risalire alla fine del V secolo, a papa Gelasio I e alla sua dottrina delle due spade, quella spirituale e quella temporale, con l'affermazione, certo, della loro distinzione, ma anche con la definizione del primato della prima sulla seconda, e di conseguenza del papa sull'imperatore.

Contenuto modifica

Nella bolla di Bonifacio VIII la novità consiste nel fatto che la figura dell'imperatore come rappresentante del potere temporale è sostituita da quella del re di Francia Filippo il Bello. Questo fatto è storicamente significativo perché dimostra come all'inizio del XIV secolo il potere dei re nazionali fosse aumentato notevolmente a scapito di quello imperiale. In realtà, dopo la morte di Federico II, avvenuta nel 1250, ed il Grande Interregno, il Sacro Romano Impero aveva vissuto lunghi periodi di incertezze e vuoti di potere.

La giustificazione biblica dell'interpretazione teocratica della dottrina delle due spade, nel testo di Bonifacio VIII, è data da un passo del Vangelo di Luca che narra come Gesù, prima di recarsi nell'orto di Getsemani accettasse due spade per la difesa della propria persona:

«Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade"» (Luca, 22, 38).

Bonifacio VIII con questa bolla sottolinea inoltre l'unicità della Chiesa attraverso una particolare allegoria.

«Al tempo del diluvio invero una sola fu l'arca di Noè, raffigurante l'unica Chiesa; era stata costruita da un solo braccio, aveva un solo timoniere e un solo comandante, ossia Noè, e noi, come ci dice la Scrittura, leggiamo che fuori di essa ogni cosa sulla terra era distrutta.»

Nella citazione, il ripetuto utilizzo delle parole "un solo" o "una sola", ha il fine di dare l'idea di unicità della chiesa dal punto di vista spirituale (Dio si riconosce in un'unica Chiesa); le parole «e noi leggiamo nella Scrittura che fuori di essa ogni cosa sulla terra era distrutta» sottolineano l'importanza e la necessità della Chiesa anche per il buon ordinamento temporale dell'umanità[2].

Riassumendo il contenuto della bolla, si può dire che:

  1. È affermata l'unità e l'unicità della Chiesa, al di fuori della quale non c'è salvezza; la Chiesa è un corpo mistico con un solo capo, Gesù Cristo;
  2. È affermata la dottrina delle due spade: quella spirituale è usata dalla Chiesa stessa, quella temporale è concessa al regno;
  3. Il potere temporale è subordinato a quello spirituale, così che il potere temporale è giudicato da quello spirituale; così pure, nella Chiesa, il potere spirituale inferiore è giudicato dal potere spirituale superiore (i vescovi sono giudicati dal papa); il papa a nemine iudicatur, ovvero non può essere giudicato da nessuno: solo da Dio;
  4. È necessario, ai fini della salvezza, che ogni creatura sia sottomessa al papa.

La formula finale della bolla Unam sanctam, quella che più ha fatto discutere, è presa in prestito da un'opera di Tommaso d'Aquino (Contra errores graecorum), ma già in almeno due altre bolle Bonifacio aveva affermato che «...al capo supremo di questa Chiesa militante (il Papa) deve essere sottoposta ogni anima e a lui tutti i fedeli, quali che siano la loro dignità o il loro stato devono "chinare il collo"»[3]

Alla redazione dell'enciclica diedero certamente il loro contributo alcuni prestigiosi teologi, particolarmente legati a Bonifacio VIII[4], tra cui il cardinale francescano Matteo d'Acquasparta e gli agostiniani Egidio Romano, che aveva precedentemente teorizzato nel De ecclesiastica potestate il concetto di plenitudo potestatis (cioè il pieno potere del papa), e Giacomo da Viterbo, che scrisse in quel periodo il trattato De regimine christiano, in cui il religioso viterbese sviluppò i concetti del papato, inteso come teocrazia, e del potere temporale della Chiesa[5].

Note modifica

  1. ^ Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi, 2003, p. 286.
  2. ^ Pochi anni dopo (1312-13) Dante Alighieri nel De Monarchia criticherà, in nome dell'ideale della concordia universale, al progetto teocratico di Bonifacio (morto frattanto nel 1303) sostenendo l'autonomia delle due spade e condannando l'ingerenza reciproca tra potere spirituale e potere temporale.
  3. ^ Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi, 2003, p. 290.
  4. ^ Si veda in proposito Eugenio Duprè Thesèider, BONIFACIO VIII nell'Enciclopedia dei Papi Treccani
  5. ^ Del De regimine christiano esiste una importante traduzione, dal significativo titolo Il Governo della Chiesa, con articoli introduttivi molto interessanti sull'ideale teocratico di Bonifacio VIII e sulla Unam Sanctam: vedi Giacomo da Viterbo, Il Governo della Chiesa, Torino, Nardini, 1993. note e commento di A. Rizzacasa e G. B. Marcoaldi.

Bibliografia modifica

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