Utente:AmedeoDrip/AbusoDirittoDefinitivo

Il divieto di abuso di un diritto soggettivo è una regola giuridica applicata in molti ordinamenti.

L'esercizio del diritto soggettivo, oltre che dal contenuto di questo, stabilito dall'ordinamento (limite esterno o elemento formale), è limitato dalla necessità che persegua effettivamente l'interesse a tutela del quale il diritto è stato attribuito (limite interno, detto anche elemento sostanziale o funzionale). Il superamento del limite interno è, appunto, l'abuso di diritto, mentre l'eccesso di diritto simmetricamente è il superamento del limite esterno.

Origine storica modifica

Il concetto di abuso di diritto nasce dall'elaborazione della giurisprudenza francese (v. caso Colmar) verso la metà del 1800. Esso riceve una precisa codificazione in Germania nel BGB, del 1900. Sulla base dei paragrafi § 262 (generale divieto di atti emulativi), § 826 (obbligo di risarcimento del danno doloso contrario ai "buoni costumi") e soprattutto § 242 (obbligo di buona fede nell'esecuzione della prestazione), a partire già dagli anni Dieci del Novecento si configurò per i casi di abuso di diritto la concessione alla controparte di un'eccezione che paralizzava l'azione, analogamente a quanto avveniva nel diritto romano con l'exceptio doli generalis.[1]

L'elaborazione della giurisprudenza tedesca si impose all'attenzione degli studiosi di tutta Europa, e l'esperienza tedesca fu raccolta e positivizzata dai codificatori svizzeri (art. 2 dello ZGB del 1907), greci (art. 281 del Codice civile greco del 1946), spagnoli (art. 7 comma 2 delle disposizioni preliminari al Codice civile spagnolo del 1974).

Istituti collegati all'abuso di diritto modifica

Sulla base della configurazione dell'abuso di diritto, sono stati elaborati altri istituti, accomunati dall'esercizio capzioso di un diritto: uno dei più importanti è l'abuso della personalità giuridica, che in molti ordinamenti in determinati casi porta all'estrema conseguenza del superamento della personalità giuridica nelle società.

Vi è poi la Verwirkung, normalmente tradotta come rinuncia tacita all'azione, secondo cui perde il diritto di agire chi abbia ispirato alla controparte la ragionevole certezza che non avrebbe esercitato un proprio diritto. Analoga elaborazione tedesca è quella della preclusione all'azione di annullamento per la parte che era a conoscenza delle cause di annullabilità di un negozio giuridico.[2]

Ordinamento italiano modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Abuso del diritto in Italia.

In Italia, l'espressa previsione del divieto di abuso di diritto era stata prevista all'articolo 7 del progetto del nuovo Codice civile italiano del 1942, ma fu eliminata nel testo definitivo. Infatti la dottrina ritenne, e ritiene tuttora, riconducibili le ipotesi di abuso di diritto alle clausole generali di buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).[3]

Nell'ordinamento italiano vi sono alcune norme specifiche:[3]

  • art. 330 c.c., abuso della potestà genitoriale;
  • nel campo dei diritti reali che disciplinano casi particolari di abuso: l'esempio più noto è rappresentato dall'art. 833 c.c. che vieta al proprietario di un fondo di compiere atti emulativi, cioè quegli atti, pure rientranti nelle facoltà del proprietario, che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recar molestia al proprio vicino;
  • art. 2793 c.c., abuso della cosa data in pegno.

Nel diritto tributario modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Elusione fiscale.

In materia tributaria, il concetto di abuso del diritto ha cominciato ad essere applicato a partire dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la quale, intervenendo più volte in materia, lo ha elevato a principio non scritto dell'ordinamento europeo. In tal senso, con la storica sentenza Halifax C-255/02 in tema di IVA, i giudici hanno specificato che il comportamento abusivo, anche se conforme alla normativa nazionale e alle direttive europee, sia volto a procurare "un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all'obiettivo perseguito dalle disposizioni"[4]; nella stessa sentenza tuttavia si chiarisce come, da una parte, il contribuente non sia in alcun modo obbligato a optare per un'operazione che implica un maggior onere contributivo, qualora debba scegliere tra due o più operazioni possibili, e dall'altra, anche laddove venga accertata la finalità di un vantaggio fiscale abusivo, questo debba risultare "da una serie di elementi oggettivi".

In linea con quanto asserito dalla giurisprudenza comunitaria la Corte di Cassazione in un primo momento ha esteso il principio antiabuso, elaborato dalla Corte di Giustizia in materia di imposte non armonizzate, anche alle imposte non armonizzate; con le sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008[5][6][7] la Suprema Corte si è resa conto dell'impossibilità di estendere a tal punto l'applicazione[8] e ha affermato l’esistenza di un generale divieto di abuso del diritto nei casi in cui il contribuente sia "fedele alla lettera della legge ma ne tradisca lo spirito"[9]. La base di tale divieto è così individuata nell'articolo 53 della Costituzione, nei termini in cui il principio di capacità contributiva legittima sia le norme impositive sia quelle che attribuiscono benefici fiscali.[9][8] . Al contribuente è sempre vietato di ottenere vantaggi fiscali indebiti anche dall’uso distorto delle norme che gli attribuiscono i benefici fiscali. Successivamente, di nuovo partendo dal diritto comparato ed europeo[10], la Suprema Corte, Sezione Tributaria Civile, con la sentenza del 13 maggio 2009 n.10981, ha affermato che "il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. Esso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell'operazione".

Non tutta la dottrina è d'accordo. Una parte della dottrina ritiene che l'abuso del diritto rappresenti una sorta di sovrastruttura giurisprudenziale aggiuntiva rispetto alla disciplina positiva, di cui è lecito dubitare della reale utilità, e quindi delle reali finalità, essendo l'attenuazione degli squilibri derivanti dall'esercizio dei diritti soggettivi già operabile attraverso clausole generali già codificate nella legge. In riferimento ai contratti ad esempio è codificata la simulazione (articolo 1414 del codice civile).

In concreto, la giurisprudenza per configurare l'abuso del diritto utilizza l'espressione non codificata di "uso distorto" dello strumento giuridico anziché quella codificata di "simulazione", lasciando così ampio spazio all'arbitrio, che diversamente non sarebbe ammesso.

Il dubbio è che la sovrastruttura dell'abuso del diritto sia più ideologica che giuridica, e che come tale venga utilizzata arbitrariamente per agevolare lo Stato nella massimizzazione del gettito fiscale nella gestione dell'affare, indipendentemente dalla reale volontà delle parti, innalzando ingiustificatamente il limite interno o snaturando l'elemento sostanziale o funzionale dei diritti soggettivi a vantaggio dello Stato per ragioni che oggi sono attinenti alla fiscalità, ma che ben presto potrebbero spaziare in altri ambiti diversi dall'autonomia contrattuale (si pensi ad esempio ai diritti soggettivi pubblici quali: diritto di sciopero o di manifestazione del pensiero, alla segretezza della corrispondenza o alla libertà di stampa).

D'altro canto, la sua codificazione sarebbe ridondante in quanto il principio che 'il diritto termina dove l'abuso comincia' è già operante nelle clausole generali del codice civile.

Negli ultimi anni, avvertitasi l’esigenza di disciplinare l’abuso del diritto in maniera più completa e sistematica, si sono susseguiti vari disegni di legge, perlopiù finalizzati a pervenire ad una clausola generale antielusiva tramite il superamento delle ipotesi tassative previste dall’articolo 37 bis comma 3 del D.P.R. 600/1973. Tuttavia, solamente con la legge delega di riforma del sistema fiscale del 12 marzo 2014, n. 23 si è scelto di disciplinare l'abuso del diritto: in questi termini, con il successivo decreto legislativo n. 128 del 2015 è stato introdotto nello Statuto dei diritti del contribuente l'articolo 10 bis, che configura l'ipotesi generale di abuso del diritto in corrispondenza di un fatto privo di sostanza economica e formalmente rispettoso delle norme fiscali, ma essenzialmente finalizzato all'ottenimento di vantaggi fiscali indebiti.

 

NOTE modifica

  1. ^ Giuseppe B. Portale, L'exceptio doli generalis, in Lezioni di diritto privato comparato, p. 156, Torino, Giappichelli, 2007 (II ed.).
  2. ^ Giuseppe B. Portale, Il modello tedesco, in op. cit., p. 109.
  3. ^ a b Rosa Thea Bonanziga, Abuso del diritto e rimedi esperibili, www.comparazioneedirittocivile.it (PDF), su comparazionedirittocivile.it. URL consultato il 22-10-2013.
  4. ^ Sentenza "Halifax e altri c. Commissioners of Customs & Excise", causa C-255/02, 21 febbraio 2006, paragrafi 73-75 e 81-82, su eur-lex.europa.eu.
  5. ^ Cass. civ., Sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30055, in IlSole24Ore.
  6. ^ Cass. civ., Sez. un, 23 dicembre 2008, n. 30056, in Dejure (PDF).
  7. ^ Cass. civ., Sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30057, in Dejure.
  8. ^ a b Franco Gallo, "La nuova frontiera dell’abuso del diritto in materia fiscale", in Rassegna Tributaria, 2015.
  9. ^ a b Giuseppe Ingrao, “L'evoluzione dell'abuso del diritto in materia tributaria: un approdo con più luci che ombre”, in Diritto e Pratica Tributaria, 2016.
  10. ^ "In particular, the Italian judges have carried out an in-depth discussion of the judicial anti-avoidance approaches of other countries, such as “substance over form” in the United States, “abus de droit” in France, “Missbrauch von rechtligen gestaltungmoglichkeiten” in Germany. Based on this survey, the judges have concluded that the earlier cited different approaches fundamentally express a common rule, and therefore constitute a “common core” of tax systems": Carlo Garbarino, Comparative Regulation of Corporate Tax Avoidance, in ITALIAN NATIONAL REPORTS – WASHINGTON 2010 THE CARDOZO ELECTRONIC LAW BULLETIN, VOL. 16(1) - SPECIAL ISSUE, p. 551.


Bibliografia modifica

  • C. Restivo, Contributo ad una teoria dell'abuso del diritto Milano A. Giuffrè, 2007.
  • G. Furgiuele, Abuso del diritto: significato e valore di una tecnica argomentativa in diversi settori dell'ordinamento, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2017.
  • Giuseppe Ingrao, “L'evoluzione dell'abuso del diritto in materia tributaria: un approdo con più luci che ombre”, in Diritto e pratica tributaria, 2016.
  • Franco Gallo, "La nuova frontiera dell’abuso del diritto in materia fiscale", in Rassegna Tributaria, 2015.

Voci correlate modifica

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