Utente:AngeloGabriele017/Sandbox


Medialismo modifica

Il Medialismo è stato ed è un movimento artistico e culturale Italiano e internazionale della fine del XX secolo ma non della fin de siècle. Ebbe e continua incessantemente ad avere influenza su movimenti affini che si svilupparono e si stanno sviluppando in altri Paesi dell'Occidente e dell'Oriente (in particolare in Cina e in Russia). I medialisti indagano e costruiscono ogni forma di espressione, dalla pittura alla scultura, alla letteratura (poesia e teatro), la musica, l'architettura, la performance, la fotografia, il cinema e persino gli stessi cross-media. La denominazione ufficiale del movimento si deve al critico, scrittore italiano Gabriele Perretta[1]. Il Medialismo nasce alla fine del Novecento, in un periodo di notevole fase evolutiva dove tutto il mondo dell'arte e della cultura era stimolato da numerosi fattori determinanti: la crisi delle ideologie, la trasformazione geopolitica dei continenti, i grandi cambiamenti politici e le nuove scoperte tecnologiche e di comunicazione, come l'affermazione dell'elettronica, il passaggio dall'analogico al digitale, il rigenerarsi dell'intelligenza cognitiva, la società delle reti (web), e lo sviluppo integrato dell'immagine-schermo e dell'immagine tridimensionale; tutti fattori che arrivarono a cambiare completamente la percezione delle distanze e del tempo, "avvicinando", in maniera definitiva, fra loro i continenti. Il XX secolo era quindi invaso da un nuovo vento, che portava all'interno dell'essere umano una dimensione inedita: dromologia (come percezione spazio-temporale). I medialisti intendono "diffondere l'azione degli immateriali e della ri-mediazione sulle dinamiche del materiale e del transmentale" in modo da avere rapporti plurali con la memoria storica e concentrarsi così sul dinamico presente; tutto questo, come è ovvio, in senso cognitivo. Il Web abbatteva i tempi di produzione della società pre-convergente, le connessioni aumentavano ogni giorno, le strade iniziarono a riempirsi di fibre ottiche, si avvertiva questa nuova sensazione di futuro e velocità sia nel tempo impiegato per produrre o arrivare ad una destinazione, sia nei nuovi spazi che potevano essere percorsi virtualmente, sia nelle nuove possibilità di comunicazione. Questo movimento nacque inizialmente in Italia e successivamente si diffuse in tutto l'Occidente all'interno di una manifestazione tenuta tra Pommigliano D'Arco (sito storico di realtà operaia e industriale) e Napoli nel 1984, chiamata Città senza Confine (manifestazione artistica ideata, coordinata e curata da Gabriele Perretta). Oggi, in epoca post-industriale, con lo sviluppo di tecnologie come l'informatica, la telematica, la comunicazione satellitare, le comunicazioni audio-visive e altre, c'è stato uno stacco sia in senso espressivo sia formale fra arte precedente e arte nuova perché molti artisti nelle loro metodologie si sono rivolti sempre di più alle nuove tecnologie rinunciando ai mezzi tradizionali. Con il Medialismo abbiamo un'arte integrata, un'arte di "media mix" (cut and mix), la pittura può essere dipinta come una foto digitale, un video può essere trattato come un dipinto, un messaggio digitale racchiuso in un floppy può diventare l'opera d'arte e così via. Con l'evoluzione continua delle tecniche e della software culture e il Medialismo si può considerare un'arte sempre in movimento, in continuo aggiornamento, o in "progress" nei suoi linguaggi e nei suoi contenuti. Il Medialismo sottende una cultura complessa e multidisciplinare, con molti riferimenti ai mass media e alla comunicazione. L'arte non può operare sotto una campana di vetro ma è partecipe dell'evoluzione scientifica, tecnologica e sociale del periodo in cui agisce. Basti pensare, per esempio, come l'arrivo dell'elettricità e il successivo sviluppo industriale, abbia contribuito a sviluppare movimenti d'avanguardia come il Futurismo in Italia. È ovvio che nel periodo attuale dove la comunicazione e i mass media hanno tale importanza ci sia un'arte che rifletta questa situazione: il Medialismo lo fa, sia in modo critico sia in modo visionario: paradossale, post-situazionale, transfictionale, etc... La pratica artistica, mediale e critica, tuttavia crede che il presupposto dell'immaginazione sia già il prodotto dell'attività disgregativa dell'immaginazione stessa [2]. Lo strutturalismo, la semiotica, il decostruzionismo, la Teoria della comunicazione linguistica di Jakobson o la Teoria matematica della comunicazione di Shannon e Weavers sono tutti paradigmi che hanno contribuito a capire la comunicazione nei suoi molteplici aspetti, fra cui gli sviluppi artistici e il modo di operare degli artisti stessi. Perciò, fra le «pieghe» di queste teorie, si possono trovare idee utili per comprendere meglio il Medialismo in arte e nella società in generale. Si può leggere il Medialismo a diversi livelli: critico-storico, artistico-stilistico, teorico-filosofico, semiotico-comunicazionale, sociale-comportamentale, psicoantropologico e altri livelli ancora. Questa gamma di possibilità indica già tutta la complessità del Medialismo e dell'arte mediale in tutte le sue coniugazioni. Questa ricchezza di implicazioni culturali spiega anche l'interesse che il Medialismo può suscitare oggigiorno in una vasta audience. I fondamenti culturali più pertinenti del Medialismo sono lo Strutturalismo linguistico, il Postrutturalismo, il Decostruzionismo, la Semiotica generale, la Semiotica dell'arte e la Teoria dell'informazione, tutte teorie che si collegano in vari modi alla comunicazione, allo studio dei Mass media, al Medialismo e alla storia della cultura del '900 e oltre. Si può anche obbiettare che per guardare e apprezzare un quadro di un artista medialista non è necessario avere conoscenze teoriche ma è anche vero, citando il famoso esempio culinario di Umberto Eco, che c'è una differenza fra chi gusta semplicemente un piatto prelibato e chi è in grado di capire sia gli ingredienti della ricetta sia il procedimento del cuoco che ha preparato il piatto: è un fattore di minore o maggiore conoscenza e non solo perché chi conosce la qualità degli ingredienti e capisce le difficoltà da superare nel cucinare il piatto, apprezza ancora di più il piatto stesso. La lettura critica mediale scopre nella soggettività la tensione intrinseca tra il momento dell'eccesso (il "Male diabolico" in Kant, la "notte del mondo" in Hegel) e il conseguente tentativo di normalizzarlo, ed è qui che produce lo scarto espressivo. L’effimero pseudo-esistenzialista e post-moderno invece non sembra prendere in considerazione questo eccesso intrinseco. Mischiate le tradizionali categorie di pittura e scultura, modificato totalmente il significato di creatività artistica, non più legata ad un fattività manuale ma solo alle idee da consumarsi sul piano della comunicazione, l’arte figurativa – così come la tecnica (o le tecniche) che la supportarono -, alla fine del secolo (scorso) si trovarono ad un nuovo grado zero. E da questo momento iniziano le nuove tendenze, accomunate dal desiderio di recupero di visioni più tradizionali (e pubblicitarie) dell’arte in cui ritornare all’antica divisione tra quadri e sculture. Con il termine “arte per l’arte o tecnica per la tecnica” inizialmente venne individuato un fenomeno stilistico specifico, che si instaurò negli anni ’70. In seguito la fortuna di questa etichetta ha finito per identificare un'intera epoca: l’ultimo scorcio del XX secolo. E così il rimando a qualcosa di tecnicamente determinato diviene uno dei procedimenti tipici e più riconoscibili delle varie tendenze artistiche – e delle affermazioni tecnologiche - accomunabili sotto l’etichetta di post-avanguardia. La storia del passato, anche la più recente, ci appare come il deposito del tutto già detto ed è da qui che - quasi per destinalità - bisogna scegliere la rimediazione per esprimersi! Ma la storia, che l’artista post-avanguardistico sceglie per le sue citazioni, è solo quella filtrata dalla memoria? In tal modo si evita di ripetere il passato in formule di falsificazione storica (come faceva ad esempio l’eclettismo storicistico ottocentesco), ma si fa rivivere solo quel frammento che più interessa, o che più colpisce e si incide nella memoria della tecnica, causando una processualità (costruttiva) della tecnica stessa. E così l’utilizzo di più frammenti (o di più applicazioni esalta la strategia di "deriva" del crossmediale), che l’artigiano può scegliere anche da culture e storie diverse, può consentirgli il nuovo della sua arte: la composizione della rappresentazione del nuovo e della sostanza moderna del nuovo. La nascita del potere invisibile si perde nei meandri del passato remoto. Nella cornice di un’accurata informazione e di un apparato ricchissimo di riferimenti internazionali, il Medialismo ripercorre sapientemente - e attraverso la pittura di Antonella Mazzoni o le installazioni di Studio Azzurro e di Tullio Brunone – tutto l’iter del movimento mediale italiano – dalla sua fondazione (1984) agli ultimi rappresentanti della generazione degli anni ’90 e Duemila (Andrea Pazienza, il primo gruppo dei pittori mediali: Gangheri, Passarella, Jeffrey Isaac, etc…; i medialisti di Torino: Enrico De Paris, Sergio Cascavilla, etc…; i nuovi poeti mediali e quelli degli anni della onda lunga: Future Planet et c. e Giacomo Verde et c.); ne rileva le costanti e le diversificazioni, mette a nudo le ambizioni e gli obiettivi e i grovigli e definisce intanto, delimitandolo, quel terreno comune, per cui accanto ai Tamburini(Ranxerox), ai Cattelan, ai Vezzoli, ai David Byrne, ai Brian Eno,(cioè ai medialisti più noti), accanto a quelli che si risolsero tutti nel Medialismo, e a quelli che lo attraversarono (Guillaume Bijl, Banka di Oklahoma, Baggi representative, Ingold Airlines, Jodi.org,e altri) si stagliano artisti di altro paradigma ma non meno degni di essere rappresentati: Lupattelli, Dormice, Matarazzo, De Nola, Shaw, e alias. Tutti quelli che in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, parteciparono alle pratiche del movimento e lo caratterizzarono in maniera fluida. “Non voglio che l’arte sia intrappolata in un materiale. Il mediale è un contenitore Web senza fondo che lascia che il mondo scorra attraverso lui, anche senza simularlo”[3]. L’immagine proviene direttamente dalla mente alla mano e gli errori non sono permessi, ogni medialità è datata di segni matematici e algoritmi creativi sempre nuovi. Nelle opere mediali elementi e sensazioni semplici, immutate dall’antichità si confrontano con radio, computer, televisori. Curiosi elementi di montaggio digitale sono alle prese con improbabili rapporti coi media tecnologici in un’iconografia contemporanea eccessiva e intrisa di gusto per la tensione metropolitana, intesa a far riflettere il fruitore sulla natura del suo rapporto quotidiano con la tecnologia. Oggi il web memorizza tutto lo scibile umano, ma un atto semplice come lo scrivere è lo stesso praticato da un tecnico dei Laboratori Digitali[4].

  1. ^ Gabriele Perretta Scrittore, critico d’arte, semiologo, epistemologo della comunicazione, archeologo della modernità, propugnatore della “teoria critica intermediale”; è conosciuto soprattutto per il suo impianto semiologico definito Medialismo, a cui si aggiunge una storica specializzazione in Cinema e New Media e il lavoro di traduzione di poesia e saggistica d’avanguardia francese. Insegnante e ricercatore in Francia e in Italia, Visiting Professor, visiting Researcher e visiting Fellow presso varie università Nord-Occidentali e free-lance presso European-Magazine, nonché curator (Oriente ed Occidente) e caporedattore di newspaper internazionali. Come scrittore ha pubblicato: La Trilogia del Grigio (di cui si veda Stimmung/Roma [2011] e Riverberi [Roma,2012]). Voll. e curatele: Nel tempo dell’adesso, Milano,2002; Media.comm(unity)/Comm.Medium, Milano 2004; Barock – ein ort des Gedächtnisses interpretament der moderne/postmoderne, Verlag Kulturwissenschaften Institute, Vienna, 2006; La nuova sfida della ricombinazione, in Le nuove frontiere della SF, Milano, 2007; Cossyro, Milano 2011; Vettor Pisani, Savona 2011; Ma nessuno mai, (con pubblicazione di Racconti in Ortonimi) Napoli 2012; Siti Specifici. Istruzioni per il luogo e la sua ombra (con pubblicazione di Racconti in Ortonimi), Napoli 2013; ; Arte nello spazio pubblico (con pubblicazione di Racconti in Ortonimi), Napoli 2013; Post-Cinema e Digital Video. Cinema e Nuovi Linguaggi, edizioni Lacenodoro. FId Cinema 410, Avellino 2016. Cataloghi e libri individuali: Medialismo, Milano 1993; art.comm, Roma, 2002; Traité de la theorie des medias, Paris 2000; Translation culture & Imprinting Router …, Paris 2000; Il Capolavoro ritrovato, Palermo 2016; Sottoluce, Lonigo 2016; Inside the Isles, Ancona 2017; In soggettiva, Ancona 2017; L’anello mancante e la variante digitale. Delocalizzare il cinema & altri modi di fare, Roma 2017; La densità del vuoto. Gli anni ’70 dell’Arte, Jesi 2017; Aliquid, Monti, Ancona 2017
  2. ^ 'MEDIA.COMM(UNITY)/COMM.MEDIUM', di Gabriele Perretta, ed. Mimesis, Milano 2004, p.24
  3. ^ Gabriele Perretta, "art.comm,", ed. Castelvecchi & Cooper, Roma 2002, p.86
  4. ^ Gabriele Perretta, "La sfida della ricombinazione, in AA.VV., la letteratura nell'era dell'informatica", ed. Bevivino, Milano, 2008, p.235