Incipit


Tipologie di lager modifica

La definizione di lager include diverse tipologie di campi che il regime nazionalsocialista istituì nel corso degli anni per la detenzione, e successivamente l'uccisione, di un sempre maggior numero di categorie di internati. Generamente indicati con il termine Häftling («prigioniero»), essi arrivarono a comprendere:

  • Elementi «asociali»: il vago termine definiva coloro che erano affetti da supposte devianze sociali: omosessuali[1], vagabondi, prostitute, alcoolisti e «contaminatori della razza» (uomini o donne che avevano avuto rapporti sessuali con ebrei o zingari). Più in generale la categoria comprendeva tutti coloro che non erano disposti ad accettare, oppure non potevano, il «Nuovo ordine» nazionalsocialista.
  • Deportati per motivi razziali[2]: ebrei e zingari (Sinti e Rom)[3]. La persecuzione ebraica non era legata a motivi di Fede e non può essere quindi considerata una persecuzione di tipo religioso. Le leggi di Norimberga stabilivano chiaramente che l'essere ebrei era conseguenza dell'avere antenati ebrei e non di praticare o meno i precetti della religione ebraica.
  • Deportati per motivi religiosi: la persecuzione religiosa più visibile fu quella operata a danno dei Testimoni di Geova[4], imprigionati perchè rifiutavano di servire nella Wehrmacht (l'esercito tedesco) e disconoscevano l'autorità suprema dello Stato. Una persecuzione meno organizzata, ed ufficialmente mai ammessa, si ebbe nei confronti di religiosi appartenenti a differenti confessioni che erano entrati in attrito con il regime.[5]
  • Criminali «abituali»: fin dall'autunno 1933 vennero internati nei lager i criminali recidivi, soprattutto coloro che si erano macchiati di crimini violenti. Dalle fila di questa tipologia di internati le autorità tedesche trassero numerosi elementi che formarono quella struttura parallela di comando e controllo formata da kapò e «prominenti» essenziale per il funzionamento dei lager.
  • Altre categorie: nei lager furono internati, dopo lo scoppio del conflitto, molti prigionieri di guerra sovietici catturati in gran numero nelle prime vittoriose campagne tedesche del 1941-1942. Dopo l'8 settembre 1943 anche numerosi militari italiani, rei di aver «tradito» la Germania e in spregio alla Convenzione di Ginevra, furono rinchiusi ed obbligati a lavorare nei campi di concentramento.[6] In molti casi i lavoratori «volontari» stranieri in Germania furono altresì reclusi nei lager in seguito ad atti di sabotaggio (supposti o reali).
Konzentrationslager (KZ, «campo di concentramento») modifica

I campi di concentramento, operativi dal 1933 al 1945, oggi sinonimo di lager, erano stati creati dalle autorità tedesche quali luoghi di «concentrazione» ed internamento per coloro che erano considerati «nemici dello Stato» e solo in minima parte vennero impiegati nella realizzazione della «soluzione finale della questione ebraica». I Konzentrationslager erano situati per la maggior parte in Germania ed in Austria; dopo il 1940 alcuni campi di concentramento vennero stabiliti nell'Europa Occidentale.

Questo tipo di campo non era stato creato per l'uccisione sistematica degli internati e, d'altra parte, era prevista - almeno fino allo scoppio del conflitto - la liberazione dei soggetti «rieducati». Nondimeno le dure condizioni di lavoro e l'inflessibilità delle unità preposte alla supervisione del sistema concentrazionario, comandate in un primo momento da Theodor Eicke, causarono, fin dai primissimi anni, numerose vittime. La situazione peggiorò dopo lo scoppio del conflitto quando le sempre maggiori esigenze belliche dell'industria tedesca imposero ritmi di lavoro insostenibili che condussero alla morte di percentuali sempre più elevate di internati.

Vernichtungslager («campo di sterminio») modifica

I campi di sterminio vennero appositamente creati per lo sterminio sistematico dei deportati razziali tra la fine del 1941[7] ed il novembre 1944, quando Himmler diede ordine di sospendere le uccisioni. Con la notevole eccezione di Auschwitz, che includeva un campo di concentramento, un campo di sterminio e numerosi campi di lavoro, non erano stati creati per ospitare una popolazione di internati ma semplicemente per la loro rapida ed efficiente eliminazione in apposite camere a gas. Per nascondere le traccie dei crimini commessi i cadaveri venivano successivamente cremati in grandi forni crematori o in roghi all'aperto e le ceneri disperse.

Arbeitslager («campo di lavoro») modifica

I campi di lavoro vennero nel 1942 per ottimizzare l'utilizzo di manodopera a basso costo impiegata nell'industria tedesca e composta da internati dei campi di concentramento, prigionieri di guerra (principalmente sovietici, polacchi e, dopo l'8 settembre 1943, anche numerosi militari italiani) e lavoratori «civili»[8] stranieri. Spesso erano campi satellite (o sottocampi) di un Konzentrationslager principale che fungeva da centro amministrativo di un'estesa rete di campi di lavoro sorti in prossimità degli impianti industriali entro i quali gli internati erano obbligati a lavorare. Il deportato non riceveva nessun compenso per il lavoro svolto, il corrispettivo[9] veniva versato dalle industrie private direttamente nelle casse delle SS che amministravano i campi (a tale scopo era addetto un apposito ufficio: il WVHA, «Ufficio centrale economico ed amministrativo delle SS»).

Numerose furono le aziende private tedesche che utilizzarono le «occasioni» offerte dall'impiego di manodopera - spesso qualificata - a costi irrisori. Tra le più famose è il colosso chimico I.G. Farben che impiegò i deportati di Auschwitz III - Monowitz creato appositamente per alimentare le richieste di manodopera dell'impianto Buna-Werke per la produzione di gomma sintetica.[10] Altre famose aziende che impiegarono manodopera «schiava» furono la Deutsche Reichsbahn (le ferrovie tedesche), la Daimler-Benz, la BMW e la Siemens.[11]

Altre tipologie di lager modifica

La complessa burocrazia nazionalsocialista istituì, a fianco delle principali tipologie di lager, altri tipi di campi tra i quali è utile ricordare:

  • Polizei- und Durchgangslager («campo di transito e polizia»): situati nelle nazioni conquistate erano campi addetti alla raccolta e smistamento di civili in qualità di ostaggi contro la guerriglia partigiana e deportati razziali. Dopo una breve permanenza presso questi campi i prigionieri venivano trasferiti al loro ultimo destino: se deportati razziali verso i campi di sterminio situati in Europa orientale, nel caso di civili (o «politici»), verso i campi di lavoro o concentramento austriaci e tedeschi. I più famosi campi italiani come quello di Fossoli, Bolzano-Gries e Borgo San Dalmazzo erano Polizei- und Durchgangslager. La Risiera di San Sabba era invece un Polizeihaftlager («campo di detenzione poliziesco») anche se svolse anche il ruolo di campo di transito per prigionieri ebrei.[12]
  • Jugendschutzlager o Jugendverwahrlager: in questa tipo di lager venivano rinchiusi giovani tra i 12 ed i 22 anni di età[13] considerati «asociali» oppure perseguitati per motivi razziali o politici. I più importanti furono Moringen, Uckermark e parte del ghetto di Łódź (Litzmannstadt in tedesco).
  • Mannschaftsstammlager e Offizierlager (meglio conosciuti come Stalag oppure Oflager, questi ultimi esclusivamente per ufficiali): erano campi di internamento prigionieri di guerra nel quale vennero rinchiusi principalmente prigionieri degli eserciti occidentali. I prigionieri di guerra polacchi sovietici vennero nella maggior parte dei casi inviati presso i campi di concentramento e di lavoro ufficialmente perchè l'Unione Sovietica non aveva aderito alla Convenzione di Ginevra e la Germania non era quindi tenuta ad assegnare lo status di prigioniero di guerra ai militari sovietici.[14]
  • Ghetti: creati a partire dal 1940 servirono a «concentrare» gli ebrei dei paesi conquistati (principalmente polacchi) prima che la «soluzione finale» prendesse il suo avvio nel 1942. Seppur non propriamente lager vennero utilizzati intensivamente come campi di lavoro per la produzione bellica, prima di venire definitivamente «liquidati» tra il 1942 ed il 1944.

Storia dei lager modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campo di concentramento.

Dopo l'ascesa al potere dello NSDAP avvenuta il 30 gennaio 1933 si instaurò rapidamente in Germania un sistema di controllo e repressione politica e d'espressione basata su di un sistema di centri di detenzione e «rieducazione» chiamati Konzentrationslager, operativi per tutta la durata del regime hitleriano. Tale sistema, che raggiunse l'estensione di 20.000[15] campi (di diverso tipo) disseminati in tutta la Germania ed i territori occupati nel corso della Seconda guerra mondiale, è però solo parzialmente collegato all'Olocausto che venne portato a termine in diverse fasi attraverso l'impiego di speciali unità chiamate Einsatzgruppen e nei Vernichtungslager («campi di sterminio»).

Creazione del sistema concentrazionario (1933-1936) modifica

I primissimi campi di detenzione e concentramento furono fondati nel marzo 1933, dopo solo un mese dell'ascesa al potere del regime hitleriano. La giustificazione legale per incarcerare senza alcuna accusa gli oppositori politici ebbe origine il 27 febbraio 1933 con l'incendio del palazzo del Reischstag, sede del parlamento tedesco, del quale vennero incolpati i comunisti. Il giorno successivo (28 febbraio) fu varato il «Decreto del Presidente del Reich per la protezione della popolazione e dello stato» che sospendeva molte delle libertà civili stabilite dalla Costituzione della repubblica weimariana.

Il Decreto scatenò un'ondata di arresti a danno dei deputati e dei simpatizzanti comunisti che vennero rinchiusi in una serie di piccoli campi di concentramento e detenzione in regime di vorbeugende Schutzhaft («custodia protettiva preventiva») che prevedeva la carcerazione senza nessun procedimento giudiziario o processo. I primi campi di concentramento (il loro numero è tutt'oggi sconosciuto) erano gestiti da diverse organizzazioni naziste e statali - spesso in competizione tra loro in una girandola di caotiche sovrapposizioni di competenze - che comprendevano le Sturmabteilung (SA), le Schutzstaffel (SS), la polizia politica, il Ministero degli Interni e dalle autorità dei singoli Länder.

Nei mesi successivi la persecuzione e l'internamento si allargarono fino a comprendere socialdemocratici, sindacalisti ed altri oppositori politici i cui partiti e organizzazioni vennero rapidamente messi fuorilegge in un susseguirsi di decreti e leggi che avevano lo scopo di «coordinare» il popolo tedesco al «nuovo ordine» nazionalsocialista. Alla fine del luglio 1933, quando ebbe termine la prima ondata di arresti, erano già 27.000 i detenuti politici in «custodia protettiva» internati nei campi di concentramento.[16]

Nella primavera del 1934 l'intero sistema concentrazionario fu affidato ad Heinrich Himmler, Reichsführer delle SS, nominato tra il 1933 ed il 1934 comandante delle polizie politiche degli stati federali del Reich. Himmler si mosse rapidamente per rendere più efficiente ed organico il sistema dei lager estromettendo dal controllo tutti gli organismi che fino ad allora li avevano gestiti, ad esclusione delle SS.[17]

Il 4 luglio 1934 Himmler nominò il comandante del campo di Dachau, Theodor Eicke, Inspekteur der Konzentrationslager und SS-Wachverbände («Ispettore dei campi di concentramento e delle unità di guardia»). Il compito che Himmler affidò ad Eicke fu di riorganizzare radicalmente il sistema concentrazionario rendendolo più efficiente, metodico ed intransigente contro i «nemici interni dello Stato».

Eicke, aderendo con entusiasmo e brutalità al compito affidatogli, stabilì le regole basilari dei lager che rimasero in vigore fino al crollo del Terzo Reich: la routine giornaliera degli internati, il regime disciplinare, i compiti e doveri del personale di guardia delle SS. Eicke istituì uno speciale reparto delle SS, le SS-Totenkopfverbände (SS-TV, «Unità testa di morto»[18]), che aveva il compito di espletare il servizio di guardia e custodia presso i campi di concentramento; il reparto era completamente separato organizzativamente dalle SS comuni e venne addestrato ad un'inflessibile brutalità e disprezzo nei confronti dei prigionieri.

Il sistema di Eicke fu rapidamente esportato, con piccole modifiche, in tutti i campi di concentramento esistenti ed applicato a quelli che vennero creati in seguito. Molti degli uomini che si erano formati a Dachau alla «scuola di Eicke» divennero successivamente comandanti di lager oppure ricoprirono ruoli di responsabilità all'interno dell'amministrazione concentrazionaria distinguendosi per l'assoluta mancanza di pietà nei confronti degli internati.

Entro il settembre 1935 tutti i piccoli campi di «custodia protettiva» fondati nel 1933 erano stati chiusi e rimpiazzati dai nuovi lager basati sul «sistema Eicke». Essi erano:

Dei 27.000 detenuti presenti nei lager al luglio 1933 molti erano stati liberati, dopo essere stati «rieducati». Nel settembre 1935 erano circa 6.000 i detenuti internati equamente suddivisi tra i sei campi di concentramento. Tra essi circa il 75% era rappresentato da detenuti «politici» mentre il restante 25% era formato da «asociali» e criminali comuni.[16]

L'impero economico delle SS (1936-1942) modifica

A partire dal 1936 l'iniziale compito di mettere a tacere gli oppositori politici poteva ormai dirsi esaurito e le strutture concentrazionarie tedesche iniziarono ad occuparsi della «prevenzione razziale» e «purezza» della società tedesca.[20] Tra il 1936 ed il 1938 si fece più acuta la persecuzione degli «asociali», dei criminali comuni e degli omosessuali che, secondo la visione biologica del razzismo nazionalsocialista, erano nati con tare ereditarie che li rendevano «malati» e quindi in grado di «contagiare» ed «impoverire» il patrimonio genetico della popolazione tedesca.

I primi campi di concentramento fondati dalle SS furono chiusi e rimpiazzati da nuovi e più grandi strutture in grado di ospitare il nuovo afflusso di detenuti - il cui numero aumentò fino a raggiungere le 21.000[20] unità. Dei precedenti lager solamente quello «modello» di Dachau rimase operativo. Negli anni immediatamente precedenti il conflitto sorsero i principali lager situati in territorio tedesco ed austriaco:

  • Sachsenhausen, operativo dal luglio 1936, che sorse in prossimità del precedente campo di Orianenburg.
  • Buchenwald, operativo dal luglio 1937.
  • Flossenbürg, operativo dal maggio 1938.
  • Mauthausen, operativo dall'agosto 1938, situato in Austria ed aperto poco dopo l'Anschluss.
  • Neuengamme, operativo dal dicembre 1938.
  • Ravensbrück, operativo dal maggio 1939, principale campo di concentramento femminile fino al termine del conflitto.

La creazione delle nuove strutture concentrazionarie seguì uno schema ben preciso. Esse infatti sorsero, nella maggior parte dei casi, in prossimità di località economicamente sfruttabili utilizzando la manodopera schiava rinchiusa nei campi. L'idea dei vertici delle SS - ed in particolar modo di Heinrich Himmler - era di creare un'impero industriale in grado di finanziare le attività di quelle che venivano considerate le avanguardie ideologiche del nazionalsocialismo e renderle così più indipendenti dallo Stato.

Fattuale a questo scopo risultò il nuovo orientamento delle gerarchie del Terzo Reich di rinchiudere nei lager elementi «razzialmente indesiderabili»; se nel primo periodo (1933-1936) la persecuzione era rivolta principalmente a dissidenti politici che potevano essere «rieducati» e rimessi in libertà, come in effetti avvenne - seppur sporadicamente - almeno fino all'inizio del conflitto, le nuove categorie di «asociali» internate erano destinate a rimanere nei lager per un tempo indefinito al fine di tutelare la popolazione tedesca da possibili influssi negativi. Questo significava, per le SS, disponibilità di manodopera a nessun costo e per un tempo illimitato.

Negli anni precedenti il conflitto il Terzo Reich era impegnato in un immenso programma di costruzioni voluto personalmente da Hitler che si dilettava di architettura e si considerava un artista. Per questo le SS decisero di orientare inizialmente le loro attività economiche verso prodotti da utilizzarsi nelle costruzioni ed i nuovi campi sorsero per la maggior parte in prossimità di cave di granito, di ghiaia o di fabbriche di mattoni. Allo scopo vennero fondate società, controllate dalle SS, che acquistarono nei pressi delle località selezionate per la creazione dei nuovi lager cave e fabbriche per la produzione di materiale edile. Tra le principali società create dalle SS e che gestirono l'impiego di manodopera schiava - con sovrano disprezzo della vita dei deportati - è utile ricordare la Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH (D.E.S.T., «Società tedesca per la lavorazione della terra e della pietra»), fondata nell'aprile 1938, che gestì le cave di granito di Mauthausen, Gusen,[21], Flossenbürg e Natzweiler[22] e le fabbriche di mattoni di Sachsenhausen e Buchenwald.[23]

Con il passare degli anni le SS ampliarono il loro apparato industriale fondando sempre nuove società e differenziando la produzione: la Deutsche Ausrüstungswerke (DAW, «Società tedesca di equipaggiamenti»), fondata nel maggio 1939, era un'azienda che si occupava di rifornire equipaggiamento e divise alle SS.

Lo scoppio del conflitto, nel settembre 1939 e le conseguenti conquiste in Polonia, Francia ed Unione Sovietica crearono una nuova immensa

L'impiego dei deportati da parte delle imprese private modifica

Fino al 1940 - 1941 gli internati furono impiegati principalmente in imprese di proprietà delle SS, ed in lavori di pubblica utilità, quali la riparazione e la manutenzione delle linee ferroviarie, o lo sgombero delle strade dai detriti dei bombardamenti alleati.

L'impiego dei deportati da parte di imprese private ebbe inizio in modo sistematico nel 1942, e fu caldeggiato dal Albert Speer. Inizialmente l'integrazione tra l'economia dei lager e dei vicini centri urbani e rurali, che spesso fornivano loro approvvigionamenti - favorì l'impiego dei detenuti in lavori agricoli

«Evidentemente i privati cittadini non erano imbarazzati dal costringere gli internati a lavorare per loro; gli internati erano stati rappresentati dal regime come "subumani", nemici dello stato e criminali, e tale stigma era ormai inseparabile dalla loro persona."»

Gradualmente l'impiego dei reclusi si estese al settore edilizio, minerario ed industriale. Il trattamento ricevuto dai detenuti presso le imprese private non era migliore del trattamento di cui essi venivano fatti oggetto nei lager o nelle imprese di proprietà delle SS. I tassi di mortalità dei detenuti impiegati presso le imprese private erano alti quanto quelli dei detenuti impiegati in altre occupazioni. Le imprese non sembrano aver nutrito eccessive preoccupazioni per la morte dei detenuti, che in svariati casi si verificava sul posto di lavoro. I rapporti con la manodopera libera sembrano essere stati caratterizzati da estrema diffidenza, rivalità - con le imprese che utilizzavano la minaccia del rimpiazzo da parte di internati in modo strumentale all'aumento di produttività dei lavoratori liberi - ed indifferenza.

Si stima che circa mezzo milione di detenuti sia stato impiegato tra il 1942 ed il 1944 - 1945.[24] Le imprese che attinsero manodopera dai lager furono, tra le altre: Adler, AEG, Agfa Werke, Astra, Auto Union, Bayer, Blohm & Voss, Bayerische Motoren Werke (BMW)

  • Daimler-Benz
  • Deutsches Bergwerks und Hüttenbau
  • Dornier
  • Eisenwerke Oberdonau
  • Erla
  • Flugmotorenwerke "Ostmark"
  • Ford
  • Forst und Gustverwaltung des Stiftes St. Labrecht
  • Gustlof Werke - Otto Eberhard Patronenfabrik
  • Heinkel
  • Hofheer und Schrenz
  • Junker
  • IG Farben
  • Krupp
  • Messerschmitt
  • Metall Union
  • Oberlizmühle Elektrizitätswerk
  • Opta Radio
  • Optique Iena
  • Österreichisce Sauerwerks AG
  • Photo Agfa
  • Porsche
  • Puch
  • Rax-Werke
  • Rheinmetall Borsig AG
  • Shell
  • Scheider
  • Siemens
  • Solvay
  • Stahlbau Gesellschaft
  • Steinveredelungswerke AG
  • Steyr
  • Steyer-Daimler Puch AG
  • Telefunken
  • Universale Hosch und Tiefbau AG
  • Valentin
  • Vistra
  • Volkswagen
  • Zeiss-Ikon
  • Zeitz
  • Zeppelin

L'impiego dei deportati nell'industria bellica (1942-1945) modifica

Marce della morte e liberazione (1945) modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Marce della morte.

Vita nei lager modifica

Condizioni dei deportati modifica

Il lavoro modifica

I deportati erano inquadrati in squadre di lavoro composte da 100-300 prigionieri chiamate genericamente Arbeitskommando (spesso abbreviato in Kommando), comandate da un Kapò - un detenuto «prominente» con funzioni di comando. Le squadre di lavoro venivano formate al mattino, subito dopo l'appello, e potevano essere impiegate all'interno (cucine[25], manutenzione ordinaria, nuove costruzioni[26]) oppure all'esterno del lager. Le squadre di lavoro «esterne», che erano la maggioranza, uscivano dal campo per recarsi al lavoro rigidamente inquadrate, a passo di marcia, e spesso al suono di marcie militari eseguite da un'orchestra di deportati presente in molti lager.[27] Recandosi al lavoro, su di una targa posta sulla sommità del cancello di ingresso di numerosi lager,[28] i deportati potevano leggere il sarcastico motto Arbeit macht frei («Il lavoro rende liberi»), oggi permeato di un profondo valore simbolico in grado di riassumere in sé tutta la crudeltà dei campi di concentramento nazionalsocialisti.

La maggior parte dei detenuti svolgeva lavori pesanti: trasporto, sterro, scavo di gallerie oppure lavorava a ritmi insostenibili nelle industrie private tedesche. Altri, più fortunati - ma erano una minoranza - lavorava come «specialista» in base alla propria qualifica professionale in appositi laboratori ed officine ed aveva migliori possibilità di sopravvivere. Ad esempio Primo Levi, internato presso Auschwitz III - Monowitz, riuscì probabilmente a scampare alla morte perchè venne assunto come chimico «specialista» all'interno del complesso industriale Buna-Werke.

I prigionieri che si macchiavano di ogni minima infrazione al complesso sistema disciplinare del lager o che, più semplicemente, risultavano invisi a qualche SS o «prominente» erano destinati ad una speciale «compagnia disciplinare» segregata chiamata Strafekommando ove le condizioni di vita risultavano impossibili e conducevano, quasi invariabilmente, alla morte: le razioni di cibo venivano ulteriormente ridotte, gli orari di lavoro aumentati e quando gli internati rientavano spossati dalla lunga giornata erano obbligati ad una serie di «esercizi ginnici» - esercitazioni militari: passo di marcia, saltelli, piegamenti, ecc... - che erano considerati più crudeli del lavoro stesso.

Un'altra tipologia di squadra di lavoro oggi molto conosciuta, seppur solo parzialmente correlata all'universo concentrazionario,[29] è quella dei Sonderkommando, unità lavorative addette alla cremazione dei corpi dei deportati uccisi. Gli internati che facevano parte dei Sonderkommando venivano periodicamente uccisi a loro volta per mantenere il più stretto segreto circa le operazioni di sterminio in corso e si conoscono pochissimi sopravvissuti a queste «squadre della morte», tra i quali l'italiano Shlomo Venezia impiegato presso il campo di Auschwitz.

Orari di lavoro modifica

La giornata lavorativa del deportato variava dalle 7-8 ore invernali alle 11 ore lavorative estive o, più in generale, dall'alba al crepuscolo. Tale scelta e le conseguenti differenze di orario erano dovute al pericolo che gli internati - che spesso lavoravano all'esterno - potessero fuggire a causa del buio. Per lo stesso motivo era vietato alle squadre di lavoro uscire quando c'era nebbia: tale astensione dal lavoro non si applicava invece nel caso di neve, pioggia, gelo ed altre condizioni climatiche avverse con ovvie conseguenze sulla salute dei prigionieri. Per il pranzo veniva concessa una breve pausa di circa 30 minuti affinchè il personale di guardia delle SS che seguiva le squadre di lavoro potesse sfamarsi - gli internati spesso non ricevevano nessun alimento ma potevano almeno riposarsi.

L'orario era netto ed erano esclusi eventuali tempi di trasferimento per luogo di lavoro (che in molti casi poteva trovarsi anche a grande distanza dal lager) e gli interminabili appelli mattutini e serali. I prigionieri venivano svegliati mediamente alle 04.00 con la speranza di poter tornare a riposare alle ore 23.00. Il momento del riposo era però variabile e subordinato ad eventuali incombenze supplettive, ad esempio appelli serali prolungati a causa di fughe o punizioni oppure il controllo dei pidocchi effettuato periodicamente per evitare l'insorgere di epidemie (specialmente di tifo petecchiale) all'interno del campo.

Ufficialmente la domenica e le principali festività erano giorni di riposo ma i prigionieri erano obbligati a lavorare alla manutenzione ordinaria del lager, ciò che rendeva i giorni di effettivo riposo molto rari. Dopo lo scoppio del conflitto le sempre maggiori esigenze dell'industria bellica inasprirono ulteriormente la durata della giornata lavorativa. Così recitava una circolare inviata nel novembre 1943 a tutti i comandanti di lager:

«[...] L'orario di lavoro dei prigionieri, stabilito da un [precedente] ordine, che lo fissa in 11 ore giornaliere, deve essere mantenuto anche durante i mesi invernali ad eccezione delle squadre che lavorano all'esterno di fabbricati [...]. A parte ciò coloro che svolgono il loro lavoro all'interno di fabbriche o laboratori devono lavorare dal lunedì al sabato con un orario di 11 ore. Inoltre, in straordinari casi di emergenza, i prigionieri possono essere impiegati sul lavoro la domenica, ma solo di mattina. Le importanti operazioni [belliche] in corso, che sono decisive per la guerra e la vittoria, non permettono in nessuna circostanza un orario lavorativo netto inferiore alle 11 ore.[30]»

Nel periodo successivo, soprattutto durante l'ultimo inverno di guerra, gli orari vennero ulteriormente incrementati portando la giornata lavorativa a 12-14 ore. Ad esempio i lavori di scavo degli immensi tunnel sotterranei a Mittelbau-Dora dove venivano prodotti i missili V2 si svolgeva su due turni da 12 ore ciascuno; i prigionieri erano costretti a dormire direttamente all'interno dei tunnel (tra il rumore dei martelli pneumatici e dello scoppio di mine) senza poter mai uscire alla luce del sole.[31]

Testimonianze del lavoro nei lager modifica

Tra i numerosi esempi della brutalità del lavoro imposto ai deportati può essere ricordato quello presso la cava di granito situata nei pressi di Mauthausen, acquistata nel 1938 da una società controllata dalle SS (la Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH, «Società tedesca per la lavorazione della pietra e della terra»).

Testimonianze da All'ombra della morte.

Sterminio attraverso il lavoro modifica

Il lavoro nei campi di concentramento era finalizzato al principio nazionalsocialista del Vernichtung durch Arbeit («sterminio attraverso il lavoro»), ufficialmente formalizzato nella prima metà del 1942 ma che era praticato già da lungo tempo: i prigionieri erano costretti lavori pesanti senza nessuno strumento tecnico che potesse facilitare lo svolgimento dei loro compiti ad alimentati in maniera inadeguata, tanto da non poter essere in grado di sostenersi; tutto ciò conduceva ad una rapida morte per consunzione nel giro di pochi mesi.

Una deliberata politica di uccisioni mediante il lavoro fu portata avanti con fanatismo fin dai primi giorni dell'esistenza dei lager quando i deportati erano obbligati a compitti spesso inutili e che avevano il solo scopo di spezzare loro la resistenza e condurli alla morte. Ad esempio i grandi rulli compressori trascinati a forza di braccia che servivano per spianare la ghiaia lungo i viali e sulle piazze d'appello dei lager.[32]

Nel periodo 1936-1942 la creazione di un'estesa rete di aziende controllate dalle SS, desiderose di creare un impero economico, avrebbe dovuto portare ad un miglioramento delle condizioni dei deportati seguendo il principio che essi sarebbero stati più «utili» economicamente da vivi piuttosto che morti o inabilitati al lavoro. Non fu così: Heinrich Himmler e i vertici delle SS preferirono mantenere il potenziale di manodopera all'interno dei lager aumentando il numero di deportazioni (ed includendo sempre nuove categorie di «nemici dello stato») piuttosto che cercare di salvaguardare la vita dei prigionieri già detenuti. Nonostante i problemi causati dal rapido turnover di manodopera e la conseguente mancanza di specializzazione, la soluzione - che oggi può apparire antieconomica e poco pratica - era l'unica possibile nel contesto ideologico nazionalsocialista: escludendo poche categorie di prigionieri considerati «rieducabili»[33], la massa dei deportati era vista come un'offesa al corpus razziale e sociale[34] tedesco e doveva quindi essere «estirpata» per ottenere quella purezza essenziale ad un futuro «germanico».

L'ultimo periodo, che coincise con il massimo sforzo bellico tedesco, vide i vertici delle SS divisi tra due contrastanti esigenze:

  • preservare l'efficienza lavorativa del maggior numero possibile di deportati da impiegare nei diversi settori dell'industria mentre gli operai tedeschi venivano richiamati in sempre maggior numero nella Wehrmacht;
  • perseguire la visione di purezza razziale del «Nuovo ordine» nazionalsocialista, in base alle convinzioni ideologiche di Himmler ed Hitler.

Il principale organo che supportava la prima ipotesi era il SS-Wirtschafts- und Verwaltungshauptamt (WVHA, «Dipartimento centrale economico ed amministrativo delle SS»), fondato nel 1942 e comandato da Oswald Pohl. Il WVHA aveva l'incarico di gestire il sistema finanziario delle SS, i campi di concentramento e lo sfruttamento economico della manodopera ivi rinchiusa: per questo - e non per motivi di umanità - non aveva alcun interesse nel perdere prigionieri che potevano essere economicamente sfruttati nelle aziende delle SS oppure «noleggiati» all'industria privata. Peraltro furono proprio le disposizioni emanate dal WVHA che diedero avvio alla fase più dura dello «sterminio attraverso il lavoro», nell'ottica del massimo sfruttamento economico della manodopera. Il 30 aprile 1942 Oswald Pohl, capo del WVHA, scrisse ad Himmler una lettera che riferiva circa le procedure di impiego di deportati rinchiusi nei campi di concentramento:

«Il solo comandante del lager è responsabile dell'impiego della forza lavoro disponibile. Questo impiego deve essere, nel vero senso della parola, esaustivo, al fine ottenere i più alti livelli di rendimento. [...] Non esiste limite alle ore lavorative. La durata dipende [...] dal tipo di lavoro da svolgere. [...] Ogni circostanza che possa risultare come una riduzione delle ore lavorative (ad esempio pasti o appelli) deve essere pertanto ridotta al minimo tanto da non poter essere ulteriormente condensata. Sono vietati lunghi spostamenti per il posto di lavoro e le pause pranzo di mezzogiorno.[35]»

Il WVHA trovava l'opposizione di un altro organo delle SS, il Reichssicherheitshauptamt (RSHA, «Ufficio centrale per la sicurezza del Reich»), un'organizzazione dai molteplici compiti che inglobava, tra l'altro, la Gestapo responsabile dell'arresto e dell'internamento dei prigionieri - una particolare sezione l'Amt IV B4, comandata da Adolf Eichmann, fu resposabile dell'organizzazione delle deportazioni dell'intera Shoah ebraica. L'RSHA era composto da uomini che dovevano preservare la «sicurezza del Reich» e, di conseguenza, la sua «purezza» ideologica e razziale; per loro non potevano e non dovevano esistere considerazioni economiche che potessero mettere a repentaglio questa idea.

Al centro era Heinrich Himmler, comandante supremo delle SS e di conseguenza del WVHA e dell'RSHA, che si trovò in una difficile posizione: da una parte egli continuò a garantire al Führer e al ministero degli armamenti guidato da Albert Speer sempre maggiori contingenti di deportati da impiegare nell'industria, dall'altra non riuscì mai a liberarsi dell'idea che i «nemici dello Stato» dovessero essere «schiacciati» senza nessuna pietà. Oltre a ciò si creò una polemica tra Himmler e Speer relativo all'impiego della manodopera: il primo avrebbe preferito, ed in parte ci riuscì, impiegare i deportati in fabbriche d'armamenti gestite direttamente dalle SS[36], mentre il secondo pretendeva che tutta la forza lavoro disponibile venisse subordinata alle direttive del suo Ministero[37] (questo implicava l'impiego dei prigionieri nell'industria privata).

La questione si trascinò fino al termine del conflitto ed Himmler, in linea con il suo carattere pragmatico ed indeciso, non prese mai un'aperta posizione sull'argomento oscillando tra i punti di vista contrastanti espressi dai suoi collaboratori. Verso la fine del 1944 la situazione della manodopera ormai disperata portò alla sospensione della «soluzione finale» e si ebbero alcuni piccoli miglioramenti nella condizione dei deportati. Tali migliorie ebbero però vita breve a causa dalle disastrose condizioni di sovraffollamento - e conseguente sottoalimentazione e malattie - dei lager rimasti in mano tedesca dopo che molti campi erano stati abbandonati in seguito all'avanzata delle forze sovietiche ed Alleate.

La violenza modifica

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Appello modifica

Ogni lager manteneva una meticolosa contabilità della forza di prigionieri che veniva giornalmente aggiornata attraverso due Appell («appello») tenuti la mattina, prima della partenza per il lavoro, e la sera, quando tutti i kommando erano rientrati. Tutti i prigionieri compresi gli ammalati (e anche i morti, portati a spalla dai loro compagni) dovevano inquadrarsi rigidamente, anche sotto la neve o la pioggia, sulla Appellplatz («piazza dell'appello»), un grande spazio in grado di contenere l'intera forza del lager, presente in ogni campo.

Dopo che tutti i detenuti avevano raggiunto il posto a loro assegnato iniziavano le lunghe e complesse procedure di conteggio. Ogni detenuto doveva pronunciare ad alta voce il suo numero di matricola che i funzionari internati del campo provvedevano a registrare su appositi registri. Spesso i detenuti, provenienti da ogni parte d'Europa e che non conoscevano la lingua tedesca, non erano in grado di pronunciare correttamente la loro matricola o non comprendevano gli ordini impartiti con la conseguenza di rallentare le operazioni di registrazione che spesso venivano ripetute più volte perchè il conteggio non era corretto. Il numero di deportati doveva sempre tornare perfettamente ed i morti durante la notte (nel caso dell'appello mattutino) o quelli morti durante il lavoro (nel caso di quello serale) venivano ugualmente registrati perchè la cifra finale risultasse corretta.

Quando la procedura aveva termine (mediamente durava un'ora) alcuni ufficiali delle SS facevano il loro ingresso sull'Appellplatz e tutta la forza degli internati, al comando «Mutzen ab!» («Giù i berretti!»), toglieva all'unisono il copricapo in dotazione con la divisa da prigioniero e assumeva la posizione di «attenti». Spesso la procedura veniva ripetuta più volte fino a quando la sincronia, molto cara alle SS che amavano l'«ordine» e la «disciplina», non era perfetta. Dopo un nuovo comando «Mutzen auf!» («Rimettete i berretti!») i funzionari internati del campo presentavano i registri e la forza lavoro alle SS che li controllavano e, a volte, effettuavano un'ispezione tra le fila dei deportati schierati.

Nel caso il numero totale non tornasse i deportati erano obbligati a rimanere indefinitamente sull'Appellplatz. Spesso si trattava di deportati talmente sfiniti da essersi abbandonati da qualche parte all'interno del lager che dovevano essere rintracciati dai kapò perchè tutto fosse in regola. In altri casi si trattava di fughe; in questo caso l'odio delle SS si scatenava in lunghi appelli punitivi della durata di 12-24 ore che prendevano particolarmente di mira i compagni dei deportati fuggiti. Durante queste punizioni collettive, specialmente d'inverno, i deportati venivano bagnati con acqua fredda fino a quando molti si accasciavano morti al suolo o si ammalavano così gravemente da morire dopo pochi giorni.

In altri casi, dopo l'appello, i deportati erano obbligati ad assistere alle impiccagioni o fucilazioni di deportati fuggiti e ricatturati oppure accusati di sabotaggio o di infrazioni disciplinari.

Situazione alimentare modifica

La situazione alimentare dei lager variò notevolmente, peggiorando costantemente dopo lo scoppio e nel proseguio del conflitto a causa del sempre maggiore afflusso di deportati e della diminuzione delle scorte di cibo tedesche. La disastrosa situazione alimentare dei prigionieri, unita al lavoro, fu una delle cause maggiori di mortalità all'interno dei campi di concentramento.

Un internato presso il campo di Mauthausen, così descrive la situazione alimentare:

«Alle 3.30 del mattino ci alzavamo, ricevevamo una ciotola di caffè, poi iniziavamo il lavoro [...] a pranzo ricevevamo 3 quarti di zuppa, per lo più crauti e acqua [...] per cena un sesto di pane (poco più di 150 grammi) e 20 grammi di margarina [...] Noi soffrivamo la fame, ma soprattutto la sete. Poiché il lager era costruito su di una montagna, si doveva portare l'acqua dal comune di Mauthausen, che si trovava a valle, con un vecchio autocarro da innaffiamento che saliva solo tre volte al giorno [...][38]»

Primo Levi, nel 1946, poco dopo il suo rientro in Italia pubblicò per la rivista Minerva Medica un articolo che così descriveva la situazione alimentare presso il campo di lavoro di Auschwitz III - Monowitz:

«Il vitto, insufficiente come quantità, era di qualità scadente. Esso consisteva in tre pasti: la mattina, subito dopo la sveglia, venivano distribuiti 350 gr. di pane quattro volte la settimana e 700 gr. tre volte la settimana, quindi una media giornaliera di 500 gr. - quantità che sarebbe stata discreta, se nel pane stesso non fosse stata incontestabilmente contenuta una grandissima quantità di scorie, fra le quali, visibilissima, segatura di legno; - inoltre, sempre la mattina, 25 gr. di margarina con una ventina di grammi di salame oppure un cucchiaio di marmellata o di ricotta. La margarina veniva distribuita soltanto sei giorni la settimana: più tardi, tale distribuzione veniva ridotta a tre giorni. A mezzodì, i deportati ricevevano un litro di una zuppa di rape o di cavoli, assolutamente insipida per la mancanza di qualsiasi condimento e la sera, al termine del lavoro, un altro litro di una zuppa un po' più consistente, con qualche patata o, talvolta, con piselli e ceci; ma anche questa era totalmente priva di condimenti grassi. Raramente vi si poteva trovare qualche filamento di carne. Come bevanda, la mattina e la sera era distribuito mezzo litro di un infuso di surrogato di caffè, non zuccherato; soltanto la domenica, esso era dolcificato con saccarina. Mancava a Monowitz l'acqua potabile; quella che scorreva nei lavatoi poteva venir utilizzata soltanto per uso esterno [...][39][40]»

In linea di massima i prigionieri ricevevano due razioni giornaliere (in alcuni casi tre), che variavano da campo a campo come composizione e qualità, ma che erano sempre ampiamente insufficienti in relazione alla quantità di lavoro che gli internati erano obbligati a svolgere. Solo pochi detenuti «privilegiati» (tedeschi, austriaci, o, nei campi dell'Est, polacchi «politici») avevano la possibilità di ricevere pacchi viveri da casa per integrare le insufficienti razioni. La distribuzione di tali pacchi però fu sempre a discrezione delle autorità dei lager che in ogni caso esclusero sempre i deportati ebrei e, più in generale, tutti coloro che non disponevano di solide «relazioni» all'interno del campo.

Generalizzando gli alimenti base giornalieri dell'alimentazione dell'internato erano i seguenti:

  • Circa mezzo litro di surrogato di caffè (oppure ) scarsamente zuccherato, distribuito normalmente la mattina. Nonostante molte memorie di ex-deportati lo ricordino come «disgustoso» era essenziale alla reidratazione visto che molti lager non disponevano di acqua potabile (ad esempio Auschwitz e Mauthausen) e che le occasioni di bere, a causa dei ritmi di lavoro imposti, erano rare.
  • ¾ - un litro di zuppa di vegetali, in rare occasioni di carne. La suppe («zuppa») era l'elemento base dell'alimentazione del deportato e poteva essere costituita da patate, rape, cavoli, legumi, barbabietole oppure da scarti di carne ed ossa. Gli ingredienti della zuppa erano composti sovente da scarti rifiutati dal mercato civile e non era raro che presentasse tracce di terra, cascami oppure vermi. La zuppa veniva portata dalle cucine del lager in grandi mastelli presso i singoli Block dove gli internati «prominenti» provvedevano a distribuirla, facendo attenzione a conservare la parte più densa e nutriente che si depositava sul fondo dei mastelli al loro uso e a quello dei loro amici. Per questo numerosi deportati, soprattutto coloro con meno anzianità ed esperienza all'interno del lager, vedevano la loro razione ulteriormente defraudata dei già pochi alimenti che la componevano ed arrivavano, in breve, ad elevati livelli di denutrizione.
  • Un filone di pane del peso indicativo di 400-250 grammi, l'elemento più nutriente e sostanzioso della dieta del prigioniero, distribuito una sola volta al giorno (alla mattina oppure alla sera). Il pane giungeva in grandi filoni da dividersi tra i prigionieri (in 4-12 razioni) che, a seconda del lager e del periodo, escogitarono ingegnosi sistemi per effettuare una suddivisione equa. Nell'universo concentrazionario, dove non esisteva il denaro - perchè ufficialmente tutto era gratis, il pane rappresentava una delle principali monete di scambio. Molti detenuti erano quindi obbligati a rinunciare al loro pane quotidiano per poter acquistare qualsiasi cosa (vestiario o, più spesso «favori») fosse essenziale alla loro sopravvivenza.
  • Alcuni supplementi all'alimentezione basata su pane e zuppa, che variavano di giorno in giorno e che non sempre erano distribuiti. I supplementi potevano essere: marmellata, salsiccia, margarina, formaggio, ecc... in una quantità, decisa arbitrariamente dalle autorità del campo e dai detenuti «anziani», che variava da 15 grammi a 40-50. Gli internati che lavoravano presso gli stabilimenti di alcune aziende private tedesche potevano avvalersi anche di supplementi che l'azienda elargiva ai lavoratori più «volenterosi» (anche in questo caso con palesi arbitrarietà nell'assegnazione): zuppa più nutriente, pane, sigarette[41] oppure «buoni» da spendersi (teoricamente) presso gli spacci[42] presenti in tutti i lager.

L'apporto calorico medio giornaliero, relativo al campo di Auschwitz I ma che fornisce una valida statistica, era di 1300-1700 calorie. Considerando un fabbisogno medio di circa 4.800 calorie per un lavoratore impiegato nei lavori pesanti (come molti detenuti nei campi di concentramento) e 3.600 calorie giornaliere per svolgere un lavoro «medio», ci si rende conto di come fosse impossibile pensare di sopravvivere con le razioni giornaliere ufficialmente assegnate; lo stato di completa consunzione si raggiungeva dopo 3-9 mesi.[43] Per questo molti prigionieri «organizzavano» (rubavano) il cibo, spesso sottraendolo ai loro più sfortunati compagni.

Situazione igienica e sanitaria modifica

La situazione igienica e sanitaria dei campi di concentramento, mai particolarmente curata nella sostanza anche se le autorità tedesche fecero sempre enormi sforzi affinchè dall'esterno i lager apparissero ordinati e trasmettessero un senso di «disciplina», peggiorò drasticamente dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale a causa delle sempre nuove deportazioni, ed al conseguente sovraffollamento dei campi, dai paesi che l'esercito tedesco occupava. L'apice del disagio si raggiunse però nel periodo 1944-1945 quando le armate tedesche in ritirata dovettero abbandonare molti campi dell'Est e le SS decisero di trascinare con loro gli internati facendoli affluire nei lager situati all'interno del territorio tedesco che non erano preparati a ricevere un tale afflusso di prigionieri.

I blocchi, dove i deportati passavano la notte, erano normalmente insufficienti ad alloggiare il numero di prigioneri presenti nel lager ed era normale che ogni cuccetta ne alloggiasse due o più. Le cuccette, composte da un materasso imbottito di paglia e una-due coperte che raramente venivano lavate, erano disposte su letti a castello a tre-quattro piani divisi da stretti corridoi di disimpegno. Le condizioni di promiscuità, sovraffollamento e scarsa igiene dei blocchi favorivano il proliferare di pidocchi, cimici ed altri parassiti che erano il principale veicolo di malattie che affliggevano i prigionieri.

La pulizia personale degli internati era praticamente impossibile: i locali bagno e doccia erano spesso totalmente inadeguati alle necessità e l'utilizzo di tali locali era vincolato a complicati regolamenti. Mediamente una volta alla settimana il deportato veniva portato alle doccie per lavarsi ma l'occasione si trasformava, nella maggior parte dei casi, in un nuovo pericolo ed occasione di scherno: l'acqua era ghiacciata, oppure molto calda, mancava il sapone, gli internati erano costretti a rientrare nudi ai loro blocchi in pieno inverno oppure attendere all'aperto il loro turno con qualsiasi condizione meteorologica. Per prevenire il diffondersi dei pidocchi, ma anche per aumentare la condizione di degrado, agli internati venivano periodicamente rapati i capelli - la pratica era diffusa anche nei campi di concentramento femminili - e rasate tutte le zone pilifere.

Ulteriore pratica molto diffusa era il Lausenkontrolle («controllo dei pidocchi»), effettuato normalmente la sera, che consisteva in un'ispezione corporale, effettuata da appositi addetti, del prigioniero, nudo, per verificare la presenza di parassiti. Chi veniva trovato «infetto» (ed era impossibile non esserlo) doveva subire ulteriori sevizie: bastonature, ritiro degli effetti personali per la sterilizzazione e quindi l'obbligo di dormire nudo per l'intera notte in ambienti spesso molto freddi[44] e con una scarsissima dotazione di coperte. Per questo il deportato preferiva pagare con pane o sigarette l'addetto al controllo affinchè non vedesse ciò che era visibilissimo e, date le condizioni, inevitabile.

Queste grottesche operazioni di controllo e rasatura avevano origine dal terrore delle SS dello svilupparsi di epidemie di tifo esantematico, che in effetti fu una delle maggiori cause di mortalità dei lager, che facilmente avrebbe potuto propagarsi fino a contagiare anche loro - non vi fu mai controllo o cura per le malattie non epidemiche che affliggevano gli internati (polmonite, dissenteria, ecc...). Per questo, oltre alle operazioni ordinarie, i blocchi venivano periodicamente disinfestati utilizzando Zyclon B (acido cianidrico) sempre disponibile in grandi quantità all'interno dei lager. Questa questa facile reperibilità portò il comandante di Auschwitz Rudolf Höß ad effettuare, nel 1941, una serie di «esperimenti» di uccisione dei deportati mediante l'uso di Zyclon B. Gli esperimenti si dimostrarono estremamente positivi grazie alla letalità del gas e alle piccole quantità di prodotto richieste e da allora il Zyclon B divenne l'agente utilizzato nelle camere a gas di Auschwitz e Majdanek.

Le infermerie dei lager, chiamati Revier (abbreviazione di Krankenrevier, «sezione per malati»), erano una serie di comuni blocchi all'interno dei quali operavano medici ed infermieri internati sotto la supervisione di personale tedesco. Vincenzo Pappalettera così descrive le condizioni di vita nel Revier di Mauthausen:

«Per i deportati che varcavano la soglia dell'infermeria (revier) del campo le speranze di salvezza erano minime. Si trattava davvero dell'anticamera della morte.»

La situazione dei malati era tragica: la mancanza di medicinali ed attrezzature impediva ogni forma di cura e la promiscuità ed il sovraffollamento favorivano la trasmissione delle malattie tra i pazienti. L'unico vantaggio consisteva nell'astensione dal lavoro per qualche giorno anche se il rischio di essere «selezionati» perchè improduttivi era sempre presente. Il deportato cecoslovacco Franz Blaha, medico deportato a Dachau dal 1941 al 1945, così descrisse le condizioni del Revier:

«Nel 1943 l'ospedale dei prigionieri era già sovraffollato, nel 1944 e 1945 fu impossibile mantenere ogni tipo di condizione igienica. Le camerate che ospitavano 300 o 400 ammalati nel 1942 vennero riempite con 1.000 nel 1943 e, nella prima metà del 1945, con 2.000 e più. Le stanze non potevano essere pulite perchè erano troppo affollate e per mancanza di materiali adatti alla pulizia. Le doccie erano autorizzate una volta al mese e le latrine completamente inadeguate [alle necessità]. I farmaci erano pressochè inesistenti ma scoprii dopo la liberazione che l'ospedale delle SS era fornito di farmaci che sarebbero bastati per tutto il campo se ce ne fosse stato concesso l'uso.[45]»

Le punizioni modifica

I complessi e contraddittori regolamenti dei lager, gli insostenibili ritmi di lavoro imposti ai deportati e la crudeltà degli aguzzini spesso sfociavano in crudeli punizioni singole o collettive inflitte per futili motivi.

In molti casi la pena prevista era la morte mediante impiccagione o fucilazione. La memorialistica di ex-internati riporta molti casi di uccisioni comminate per «sabotaggio» dello sforzo bellico: rompere un sottile e pesante sacco di carta pieno di cemento era considerato sabotaggio e poteva condurre alla morte.

Infrazioni più «lievi» erano punite con un robusto nerbo direttamente sulle natiche nude del prigioniero davanti ai deportati schierati sulla piazza d'appello. Secondo i regolamenti in vigore nei lager potevano essere somministrate fino a 25 nerbate

In altri casi la punizione consisteva in una serie di nerbate, solitamente 25, inflitte al deportato sul sedere nudo.

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Gli esperimenti pseudomedici modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Esperimenti nazisti su esseri umani.

Gli internati dei lager furono utilizzati, soprattutto dopo lo scoppio del conflitto, come cavie per esperimenti pseudomedici: i risultati di tali «sperimentazioni» conducevano, di norma, alla morte dei prigionieri coinvolti. Numerosi esperimenti erano tesi a sperimentare le ipotetiche condizioni che potevano verificarsi sui campi di battaglia ed escogitare, di conseguenza, apposite cure e farmaci.

Vennero condotti, ad esempio, test sulla resistenza del corpo umano al congelamento, alla resistenza a grandi altezze e sulla potabilità dell'acqua marina che avrebbero dovuto aiutare i piloti della Luftwaffe a sopravvivere in condizioni critiche. Altri esperimenti - condotti sulle ustioni, sugli avvelenamenti ad opera fosgene ed iprite, sulle infezioni e sulle fratture - erano finalizzati alla cura dei soldati tedeschi della Wehrmacht. Furono realizzati anche esperimenti su diverse malattie (ad esempio tifo petecchiale, malaria, dissenteria, tubercolosi, ecc...) per sperimentare l'efficacia di nuovi farmaci: i prigionieri venivano prima infettati e poi «curati», spesso senza risultati, per verificare l'efficacia dei nuovi medicinali. In ultimo vennero condotti esperimenti sulla sterilizzazione forzata, sulla «cura» dell'omosessualità e sulla biologia dei gemelli. A quest'ultimo tipo di esperimenti si dedicò Joseph Mengele, il cosiddetto Angelo della Morte di Auschwitz.

L'enormità dei crimini commessi portò, dopo il conflitto, ad un processo che si tenne a Norimberga: su 20 medici imputati 7 furono condannati a morte per impiccagione, 7 assolti e gli altri condannati a vare pene detentive.

Le «selezioni» e la morte modifica

Uno dei momenti più tragici della vita dei lager era la «selezione» effettuata periodicamente dalle autorità del campo per eliminare i deportati «irrecuperabili» e quindi improduttivi. Luoghi preferenziali ove effettuare le «selezioni» erano i Revier dove quasi quotidianamente i medici delle SS selezionavano alcuni ammalati, tra i più gravi, che venivano immediatamente uccisi.

Periodicamente soprattutto quando l'affollamento del lager raggiungeva livelli troppo elevati o quando si scatenavano epidemie di tifo le «selezioni» venivano estese a tutti gli internati. I prigionieri, nudi, erano obbligati a sfilare velocemente davanti ad un medico delle SS che ne decideva in pochi secondi il destino basandosi su di un rapido esame delle condizioni fisiche esterne (particolarmente le riserve di grasso ancora presenti). In questa maniera era possibile «esaminare» gli internati di un intero campo di concentramento, che spesso erano migliaia, nel giro di poche ore. Normalmente dalle «selezioni» erano esclusi i deportati di origine tedesca ed austriaca classificati come criminali comuni o «politici» e, più in generale, tutti coloro che avevano raggiunto una posizione di «prominente» all'interno della struttura concentrazionaria, che però rappresentavano un esigua minoranza sul totale.

I selezionati per la morte venivano separati dagli altri deportati e rapidamente uccisi. Le uccisioni avvenivano in diversi modi, tra i quali i due più utilizzati erano:

Iniezione letale

Un'iniezione effettuata direttamente al cuore rappresentò uno dei metodi preferiti di uccisione, largamente praticato in tutti i lager - era infatti preferibile per un numero limitato di uccisioni quando l'utilizzo delle camere a gas risultava poco economico. Il composto letale più usato era il fenolo ma furono utilizzati anche peridrolo, benzene, etere ed evipan, iniettato (nel gergo dei campi spritzen a significare «siringato», «schizzato») dal personale medico o infermieristico delle SS; la morte sopraggiungeva nel giro di 15-20 secondi.[46]

Camere a gas

Dopo l'avvio del programma di «eutanasia» Aktion T4 nel 1939 e la creazione delle prime camere a gas, sempre più comunemente i «selezionati» venivano uccisi in questo modo. A seconda del periodo e del lager vi furono installazioni fisse oppure mobili - solitamente autocarri appositamente modificati - che utilizzarono monossido di carbonio prodotto dalle industrie chimiche o dai gas di scarico di grandi motori oppure il pesticida Zyclon B. Da notare che non tutti i campi disponevano di camere a gas - mentre quasi tutti erano dotati di forni crematori per l'eliminazione dei cadaveri - e che quindi il metodo dell'iniezione letale fu sempre largamente praticato.

I cadaveri - inclusi tutti coloro che morivano a causa del duro lavoro o di malattia - venivano successivamente cremati nella maggior parte dei casi. L'uso dei forni crematori, ufficialmente installati per scopi igienico-sanitari, era preferibile alla tumulazione perchè permetteva di nascondere completamente le traccie dei crimini commessi. Per questo ove non fosse disponibile un forno crematorio (in particolar modo presso i campi di lavoro, che normalmente dipendevano da un lager «madre») si provvedeva al trasporto dei cadaveri - in alcuni casi i «selezionati» venivano trasportati ancora vivi - presso il campo principale e alla successiva cremazione. Ad esempio gli internati del campo di lavoro di Auschwitz III - Monowitz venivano trasportati al campo di Birkenau che sorgeva a circa 8 chilometri di distanza per essere uccisi, con iniezioni letali o nelle camere a gas, e cremati.

Negli ultimi mesi del conflitto le terribili condizioni e l'elevatissima mortalità che si verificò nei lager ancora in mano alle autorità nazionalsocialiste non permise un'efficiente eliminazione dei cadaveri. Per questo motivo le forze alleate che li liberarono si trovarono di fronte a raccapriccianti spettacoli: a Bergen-Belsen, ad esempio, liberato il 15 aprile 1945, le forze britanniche trovarono migliaia di cadaveri insepolti disseminati su tutta la superficie del campo. Le immagini di Bergen-Belsen, un lager tutto sommato secondario, fecero rapidamente il giro del globo causando lo sdegno dell'opinione pubblica che, da allora, chiese sempre a maggior voce la punizione di coloro che si erano macchiati di tali atrocità.

La «selezione» ad Auschwitz modifica

Un particolare e tristemente famoso tipo di «selezione» venne praticato nel campo di concentramento di Auschwitz che rappresentò un'eccezione - insieme a Majdanek - all'interno del sistema concentrazionario tedesco. Auschwitz era infatti sia un campo di concentramento che di sterminio: la maggior parte dei deportati che vi giungevano subivano una «selezione» all'arrivo e solo coloro che erano giudicati abili al lavoro - in media il 25% del totale - venivano condotti all'interno del lager e registrati come detenuti; i rimanenti, tra i quali la maggior parte degli anziani, donne e bambini venivano direttamente condotti a morte nelle grandi camere a gas e crematori di Auschwitz II - Birkenau.

La «selezione» si svolgeva direttamente sulla banchina ferroviaria d'arrivo dei convogli ed era effettuata da medici delle SS che con un brevissimo esame visivo - un convoglio di 2.000 deportati veniva «esaminato» in 20-40 minuti - dovevano decidere chi fosse «utile» o meno all'economia del Reich. Tra i medici che si «distinsero» in questa operazione è da ricordare Josef Mengele, soprannominato l'angelo della morte.

I «prominenti» modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Kapò.

La complessa amministrazione e la scarsità di personale tedesco impiegato resero obbligatorio fin dalla nascita dei campi di concentramento l'impiego di alcuni deportati in posizioni chiave che garantissero il corretto funzionamento dei lager. A fianco della struttura gerarchica delle SS impiegate nei campi esisteva quindi anche una gerarchia di internati, sempre però direttamente subordinata alla prima, che ricoprivano ruoli direttivi e che avevano il comando di altri prigionieri. I deportati con funzioni direttive, normalmente esonerati dal lavoro, erano chiamati genericamente «prominenti» oppure, nel gergo concentrazionario di Auschwitz, Bindenträger, «quelli che portano la fascia», a causa della fascia che portavano al braccio sinistro, simbolo della loro funzione e dei loro privilegi.[47]

La posizione di «prominente» garantiva molti vantaggi materiali (più cibo, migliori vestiti, lavoro più leggero) ma era strettamente subordinata alla puntuale e precisa esecuzione di ogni ordine - anche i più brutali (ed erano molti) - impartito dalle SS. Per conservare la loro posizione di potere molti «prominenti» si trovarono ad essere ancor più crudeli delle stesse SS cercando di anticipare i desideri e la volontà di queste ultime. Un «prominente» che non avesse soddisfatto appieno le aspettative delle autorità tedesche sarebbe stato immediatamente privato del suo ruolo e rimandato tra la massa dei deportati che non l'avrebbe accettato, memore dei maltrattamenti subiti, tra le sue file. Nelle estreme condizioni del campo, dove le basi della socialità erano già gravemente compromesse dalla quotidiana lotta per la propria sopravvivenza, l'aperto disprezzo ed odio da parte degli altri deportati significavano la morte per i «prominenti» decaduti.

La carica di «prominente» era affidata dalle SS generalmente a detenuti di razza ariana, nella maggior parte dei casi a coloro che si erano macchiati di crimini comuni e che nei lager erano contraddistinti dal triangolo verde. Il comportamento medio di questi «prominenti» criminali fu terribile ed in molti casi i deportati sopravvissuti ai lager ricordarono con grande orrore le loro gesta.
In altri casi vennero scelti detenuti, sempre di razza ariana, ma imprigionati per motivi «politici», contraddistinti dal triangolo rosso. Seppur con notevoli eccezioni questi «prominenti» tennero un comportamento più dignitoso nei confronti dei prigionieri ed in molti casi cercarono, quando possibile, di aiutare i compagni più sfortunati. Verso il termine del conflitto, quando la necessità di manodopera qualificata per l'industria bellica tedesca si fece più pressante e il processo di sterminio subì un rallentamento, non mancarono casi di «prominenti» ebrei.

La complessa gerarchia dei deportati «prominenti» identificava alcuni ruoli specifici comuni a tutti i lager, tra i quali è utile ricordare i più importanti:

  • Kapò: assurto oggi a simbolo dei «prominenti» dei lager, era il comandante di una squadra di lavoro di internati (Arbeitskommando), il Kapò - esisteva una gerarchia formata da Oberkapò («capo superiore»), Kapò, Unterkapò («sottocapo») e Vorarbeiter («caposquadra») - aveva la resposabilità davanti alle SS del lavoro e della produttività della sua squadra. Per ottenere i risultati desiderati la maggior parte dei Kapò ricorreva al maltrattamento sistematico dei suoi sottoposti: schiaffi, pugni, bastonature ed uccisioni erano all'ordine del giorno. Nei caotici momenti successivi la liberazione dei campi molti Kapò furono linciati ed uccisi dalla folla inferocita di internati; in altri casi vennero processati e condannati a morte oppure a lunghe pene detentive. La complessa struttura di comando formata da deportati per la gestione del lavoro aveva a capo l'Arbeitsdienstführer che riferiva direttamente alle autorità SS la produzione ed il lavoro svolto dai singoli Kommando.
  • Blockältester: «prigioniero anziano (o decano) del blocco», responsabili di un'unità abitativa di deportati, chiamata appunto Block («blocco» o «baracca»), suddiviso in diverse Stube («camerata») sottoposte al comando di un Stubendienst («inserviente di camerata»). I Blockältester avevano la responsabilità di tutto quello che accadeva nella baracca e dei prigionieri quando questi non erano al lavoro (sottoposti all'autorità del Kapò). Erano inoltre resposabili della distribuzione del cibo che spesso effettuavano in maniera arbitraria privilegiando loro stessi e coloro che li circondavano. Ogni Block infatti includeva una serie di funzionari «prominenti»: barbieri, scopini, guardie notturne, addetti al controllo dei pidocchi, giovani omosessuali[48] che si prostituivano al Blockältester, ecc... Al vertice della struttura gerarchica dei deportati si trovava il Lagerältester («prigioniero anziano del lager»), responsabile della disciplina del campo, teoricamente portavoce delle esigenze dei deportati presso le autorità tedesche, più spesso brutale collaboratore delle SS o, nel migliore dei casi, impossibilitato ad agire in favore dei propri compagni.
  • Schreiber: «scrivano», internati addetti alle complesse pratiche burocratiche dei lager. Gli Schreiber, spesso prigionieri di estrazione colta, erano addetti al mantenimento dei numerosi registri del campo e in alcune occasioni utilizzarono la loro posizione di potere per aiutare i compagni più sfortunati. Tra i compiti degli Schreiber esisteva infatti l'assegnazione alle squadre di lavoro dei prigionieri ed è facile comprendere come fosse possibile aiutare alcuni internati assegnandoli a Kommando più «leggeri» e comandati da un Kapò meno brutale oppure di estrarre un prigioniero da una lista di deportati destinati alla morte. Al vertice della struttura amministrativa degli internati si trovava il Lagerschreiber, responsabile di tutte le procedure burocratiche interne al lager.

Grassetto

Organizzazione ed amministrazione dei lager modifica

Ispettorato ai campi di concentramento modifica

Dopo un primo periodo di «caos» amministrativo, a partire dalla seconda metà del 1934 i campi di concentramento vennero posti sotto il controllo dell'Inspektion der Konzentrationslager (IKL, «Ispettorato ai campi di concentramento»), diretto da Theodor Eicke, che rappresentava la massima autorità del sistema concentrazionario tedesco. Le principali aree di supervisione dell'Ispettorato erano le seguenti:

  • Formazione, gestione ed addestramento delle unità di guardia e delle strutture di comando dei singoli campi.
  • Costruzione, manutenzione ed amministrazione finanziaria dei lager.
  • Vettovagliamento delle unità di guardia e dei prigionieri.
  • Supervisione nella gestione dell'impiego di manodopera degli internati - un ruolo che assunse sempre maggiore importanza dopo lo scoppio della guerra e con l'aumento delle esigenze belliche.
  • Promulgazione dei regolamenti che definivano la vita degli internati.
  • Amministrazione dei reparti medici per le unità di guardia ed i prigionieri.

Inizialmente la sede dell'IKL venne fissata a Berlino in Prinz-Albrecht-Straße 8[49] - significativamente la stessa sede della Gestapo con la quale l'Ispettorato aveva numerosi «rapporti di lavoro» dovendo la prima decidere quali fossero gli «elementi» da rinchiudere nei lager gestiti dall'IKL. A partire dal 1938 la sede dell'Ispettorato fu spostata presso il campo di Sachsenhausen-Orianenburg ed ivi rimase fino al termine del conflitto.

Nel 1939, dopo l'inizio della campagna polacca, Eicke abbandono la direzione dell'Ispettorato per dedicarsi al comando sul campo di un'unità formata in larga parte da personale proveniente dalle SS-Totenkopfverbände (i reparti che espletavano servizio di guardia presso i lager), la SS-Totenkopf-Division. Il suo posto venne assunto da Richard Glücks, già stretto collaboratore di Eicke, che gli subentrò il 18 novembre 1939 in qualità di comandante dell'Ispettorato.[49]

Nel marzo 1942 l'Ispettorato fu inglobato come dipartimento autonomo all'interno del SS-Wirtschafts- und Verwaltungshauptamt (WVHA, «Ufficio centrale economico ed amministrativo delle SS»), l'ufficio comandato da Oswald Pohl e voluto da Himmler per gestire il patrimonio e le risorse economiche delle SS. L'Ispettorato rinoninato Amtsgruppe D: Konzentrationslagerwesen mantenne invariata la sua composizione, la maggior parte dei suoi membri - Glücks ne mantenne il comando -, la sede ed i compiti ai quali era preposto fino al termine del conflitto. Il trasferimento all'interno del WVHA, principale ufficio economico delle SS, era in linea con le nuove esigenze di impiego «totale» a scopi bellici della manodopera rinchiusa nei lager.

Nonostante il grande potere detenuto dall'Ispettorato e dal suo successore questo organismo non ebbe mai l'incarico di decidere l'incarcerazione (e le rare scarcerazioni) dei prigionieri dei lager. Tale compito era infatti affidato alla Gestapo (successivamente entrata a far parte nell'RSHA) che fu sempre gelosa delle sue prerogative e andò più volte contro le esigenze produttive del WVHA.

L'Ispettorato non ebbe inoltre autorità sui campi di sterminio dell'Operazione Reinhard (Treblinka, Sobibór e Belzec) - Auschwitz e Majdanek invece erano subordinati al suo controllo. Le selezioni dei deportati venivano effettuate da personale medico delle SS dipendente dall'Ispettorato e la gestione e manutenzione degli impianti di sterminio dei due campi erano sottoposte alla sua autorità. Anche in questo caso, però, la decisione e l'organizzazione delle deportazioni era subordinata all'RSHA: nel caso della «soluzione finale della questione ebraica» - lo sterminio sistematico del popolo ebreo - il compito era affidato ad uno speciale distaccamento dell'RSHA, il Referat IV B4, comandato da Adolf Eichmann.

In ultimo molti campi di lavoro forzato del Governatorato Generale, i ghetti polacchi ed i campi per prigionieri di guerra erano sottratti al controllo dell'Ispettorato perchè direttamente dipendenti dai SS- und Polizeiführer («Comandante delle SS e della Polizia»), fiduciari locali di Himmler nelle regioni occupate dalle forze tedesche.[50]

Struttura di comando dei lager modifica

Ogni lager principale disponeva di una struttura di comando composta da diversi dipartimenti che riprendevano in larga parte l'organizzazione del WHVA che li coordinava a livello centrale. Nonostante il teorico subordine di tutti i dipartimenti alla figura del Lagerkommandant - il comandante del campo - la situazione era più complessa e in molti casi i singoli Abteilung, in caso di divergenze con il comandante, potevano rivolgersi agli uffici superiori che facevano parte del VVHA e dell'RSHA. Ad esempio il comandante del dipartimento medico di un lager poteva rivolgersi direttamente all'ufficio D III del VHVA e lo stesso ufficio spesso emanava ordini diretti - relativi agli aspetti medico/sanitari - scavalcando l'autorità del comandante del campo.

Nel corso degli anni non furono infrequenti trasferimenti di personale tra il WHVA e i comandi dei singoli campi. Il trasferimento di personale era necessario visto lo scarso numero di soggetti altamente «specializzati» nella gestione dei lager - la maggior parte aveva iniziato la sua carriera all'interno dell'amministrazione concentrazionaria e non l'abbandonò mai per tutta la durata del conflitto nonostante le sempre maggiori esigenze di soldati da inviare al fronte. Tra i casi più noti i comandanti del campo di Auschwitz Rudolf Höß, Arthur Liebehenschel e Richard Baer che non servirono mai al fronte e ricoprirono incarichi all'interno del WHVA prima (o dopo) essere nominati Lagerkommandant.

Abteilung I - Comando del campo (Kommandantur)

Il comando del campo era l'ufficio diretto dal Lagerkommandant, massima autorità presente all'interno del campo dal quale dipendevano teoricamente tutte le decisioni relative al lager, ai reparti di guardia[51] e la direzione delle imprese economiche delle SS eventualmente presenti. Il comandante era coadiuvato da un aiutante che dirigeva l'ufficio di segreteria del campo. Dal comando dipendevano inoltre l'ufficio legale e quello per la censura della posta.

Abteilung II - Dipartimento politico (Politische Abteilung)

Il dipartimento politico era direttamente subordinato direttamente alla Gestapo ed l'unica autorità che decideva l'internamento, il trasferimento e l'eventuale rilascio dei prigionieri ed era inoltre preposto agli «interrogatori» dei detenuti e al mantenimento dei registi del campo. La sezione politica era responsabile di combattere gli eventuali movimenti di resistenza all'interno del campo, compito svolto in larga parte da spie e delatori reclutati tra i prigionieri che operavano sotto la direzione di quest'organo.
Questo dipartimento era spesso in attrito con la restante amministrazione del lager dipendendo direttamente dall'RSHA - la Gestapo era uno dei dipartimenti dell'RSHA -, preposto all'eliminazione fisica dei «nemici dello stato», e non dal WVHA che invece era convolto nelle incessanti richieste di manodopera per l'industria bellica tedesca.[52]

Abteilung III - Dipartimento di custodia del campo (Schutzhäftlagerführer)

Il dipartimento di custodia era responsabile di tutto ciò che direttamente correlato alla gestione del lager e dei prigionieri: vitto e alloggio, gestione del lavoro, mantenimento dell'ordine tra i prigionieri e manutenzione delle strutture del campo. Di fatto rappresentava l'autorità a diretto contatto con i deportati che lavorava all'interno del campo a differenza degli appartenenti agli altri dipartimenti che raramente accedevano alle aree dove erano rinchiusi i prigionieri.
Una particolare sezione del dipartimento si occupava dell'impiego del lavoro dei deportati, dell'organizzazione del lavoro, della formazione e del controllo delle squadre di lavoro e del calcolo dei corrispettivi economici che le aziende private che impiegavano la manodopera dei prigionieri dovevano al lager.[53] Allo scopo di ottimizzare l'impiego della manodopera il comando del lager non poteva prendere accordi diretti per il «noleggio» di internati ad imprese private dovendo in ogni caso passare attraverso il WHVA che decideva le modalità e i compensi che però non venivano corrisposti ai prigionieri ma incamerati dal Reich.
Lo Schutzhäftlagerführer,[54] comandante del dipartimento di custodia, espletava le funzioni di vicecomandante del lager e, in qualità di responsabile dell'ordine interno al campo, proponeva punizioni ed assisteva alla loro corretta esecuzione. Lo Schutzhäftlagerführer poteva influire notevolmente sulle condizioni di vita dei prigionieri vista l'autorità assoluta che esercitava all'interno del campo.
Per l'espletamento delle sue funzioni lo Schutzhäftlagerführer si avvaleva di una gerarchia di deportati «prominenti»[55] al quale erano affiancati alcuni militi delle SS a lui subordinati. Il Rapportführer, normalmente ne era presente solo uno per campo, riferiva direttamente allo Schutzhäftlagerführer basandosi sulle informazioni che riceveva dai Blockführer, diretti responsabili di ogni Block presente nel lager.

Abteilung IV - Dipartimento amministrativo (Verwaltung)

Questo dipartimento era responsabile della gestione delle proprietà del campo (edifici, crematori, mezzi motorizzati) e di tutti gli acquisti necessari al campo stesso ed ai reparti di guardia ed ai prigionieri (cibo, vestiti, ecc...). Era inoltre incaricato custodia dei beni e dei valori appartenenti ai prigioneri e dell'incameramento a favore del Reich di quelli appartenuti a internati morti.

Abteilung V - Dipartimento medico (Standortarzt)

Il dipartimento medico era responsabile della salute degli uomini delle SS e dei deportati, del dentista del campo e della farmacia.

Abteilung VI - Dipartimento addestramento e attività ricreative delle SS (Fürsorge, Schulung und Truppenbetreuung)

Questo dipartimento si occupava dell'addestramento fisico e della preparazione ideologica delle unità di guardia ed era inoltre incaricato delle attività ricreative organizzando spettacoli cinematografici e teatrali e gestendo il postribolo[56] e la biblioteca del campo.

Personale di guardia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: SS-Totenkopfverbände.

Lager ed opinione pubblica modifica

(Cosa i cittadini tedeschi sapevano sui lager - punti di vista prevalenti)

Note modifica

Per gli estremi completi delle opere citate vedi alla sezione Bibliografia.

  1. ^ La persecuzione nei confronti dell'omossualità maschile - il lesbismo non venne mai ufficialmente perseguitato anche se esistono numerose evidenze di una persecuzione «nascosta» - venne rafforzata in seguito all'inasprimento delle pene previste dal paragrafo 175 del codice penale tedesco operata dal regime nazionalsocialista poco dopo l'ascesa al potere. Per approfondire si veda la voce Storia degli omosessuali nella Germania nazista e durante l'olocausto.
  2. ^ Per approfondire si veda la voce Politica razziale nella Germania nazista.
  3. ^ Per approfondire si veda la voce Porajmos.
  4. ^ Per approfondire si veda la voce I Testimoni di Geova e l'olocausto.
  5. ^ Tra i numerosi casi i pastori luterani Martin Niemöller e Dietrich Bonhoeffer e il sacerdote cattolico polacco Massimiliano Kolbe.
  6. ^ La qualifica di Italienische Militärinternierte (IMI, «Internati militari italiani») stabilita univocamente dalla Germania il 20 settembre 1943 negò lo status di prigionieri di guerra riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra permettendo il loro impiego nell'industria bellica al servizio del nemico e sottraendoli al controllo e all'assistenza degli organismi internazionali. Dei circa 650.000 internati militari italiani, però, solo poche migliaia furono però richiusi nei campi di concentramento propriamente detti (KZ), la maggior parte dei quali per «punzione» o «sabotaggi».
  7. ^ Il primo Vernichtungslager, Chełmno, risultò operativo dall'8 dicembre 1941
  8. ^ Il termine «civile» si riferiva alla supposta libera scelta di andare a lavorare in Germania.
  9. ^ Il prezzo indicativo variava dai 6 Reichsmark per un operaio specializzato ai 4-3,5 per la manodopera non qualificata.
  10. ^ Primo Levi raccontò nel romanzo autobiografico Se questo è un uomo le tragiche esperienze vissute in questo campo. Anche Elie Wiesel, autore del La notte fu deportato e lavorò ad Auschwitz III.
  11. ^ Per un elenco completo delle aziende private tedesche coinvolte nell'impiego di manodopera «schiava» si veda: (EN) Slave Labor Class I List parte di Holocaust Victims Assets Litigation (Swiss Banks). Riportato il 15 marzo 2007.
  12. ^ Per approfondire si veda la voce Lista dei campi per l'internamento civile nell'Italia Fascista.
  13. ^ Le età, relative al campo di Moringen, sono riportate in: Informazioni sulla storia del campo di concentramento di Moringen e sul luogo commemorativo dal sito web «KZ-Gedenkstätte Moringen». Riportato il 15 marzo 2007.
  14. ^ Nella pratica la guerra sul fronte orientale assunse da subito gli accesi toni di una lotta ideologica tra due sistemi incompatibili tra loro, nazionalsocialismo e comunismo.
  15. ^ (EN) Nazi Camps dal sito web «United States Holocaust Memorial Museum». Riportato il 15 marzo 2007.
  16. ^ a b «Concentration Camps» in Encyclopedia of the Holocaust.
  17. ^ I due maggiori ostacoli alla realizzazione del progetto di Himmler furono rapidamente rimossi: le SA persero ogni potere effettivo durante la sanguinosa purga passata alla storia come «Notte dei lunghi coltelli» del 30 giugno 1934 e dopo poco Himmler ottenne il comando della potente polizia politica segreta prussiana (la Gestapo) nel corso di una serie di trattative con Hermann Göring.
  18. ^ Il nome «testa di morto» derivava dal teschio portato sulle mostrine del colletto dalle SS-Totenkopfverbände.
  19. ^ Dal settembre 1938 al maggio 1945 Orianenburg divenne sede dell'Ispettorato ai campi di concentramento di Eicke che precedentemente aveva avuto sede presso il quartier generale della Gestapo a Berlino. Si veda: Sofsky, Ordine, p. 48
  20. ^ a b Christian Gerlach. Network of Terror: The Nazi Concentration Camps in Yad Vashem Studies, Vol. 29, 2001, pp. 423-433. Riportato il 28 agosto 2007.
  21. ^ Gusen fu una dipendenza di Mauthausen, operativa dall'aprile 1940 per lo sfruttamento di due cave di granito e di una fabbrica di mattoni.
  22. ^ Natzweiler fu un campo di concentramento fondato in Alsazia nel maggio 1941 dopo la conquista della Francia da parte delle armate tedesche.
  23. ^ (EN) Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH dal sito web del «KZ Gusen Memorial Committee». Riportato il 30 agosto 2007.
  24. ^ Robert Gellately. Backing Hitler: Consent and Coercion in Nazi Germany. Oxford: Oxford University Press, 2001, pp. 213 e segg. Vedi anche The Forgotten Camps [1]
  25. ^ I kommando impiegati nelle cucine erano particolarmente appetibili ai deportati a causa della possibilità di «organizzare» in maniera semplice cibo aggiuntivo.
  26. ^ La maggior parte dei campi di concentramento venne costruita ed ampliata dagli stessi deportati.
  27. ^ Le orchestre dei lager avevano anche il compito di allietare le serate degli ufficiali delle SS che, nella loro generale brutalità, si dimostravano particolarmente sensibili alla musica.
  28. ^ Il motto era presente presso il campo principale di Auschwitz, Dachau, Flossenbürg, Gross-Rosen, Sachsenhausen e di Terezin. Sul cancello d'ingresso del campo di Buchenwald troneggiava invece il motto Jedem das Seine («Ad ognuno il suo»).
  29. ^ In questa voce si esaminano principalmente le condizioni di vita relative ai campi di concentramento e non quelle dei campi di sterminio che nella stessa burocrazia tedesca erano considerate entità ben separate.
  30. ^ Circolare inviata dal comandante del WVHA Oswald Pohl a tutti i comandanti dei campi di concentramento in data 30 novembre 1943. Documento NO-1290 del Processo Pohl. [2]
  31. ^ Estratto della testimonianza del medico delle SS Karl Kahr impiegato presso il campo di Mittelbau-Dora, rilasciata nel corso del Processo Pohl. [3] (e link successivi)
  32. ^ Ad esempio il rullo compressore impiegato presso il lager femminile di Ravensbrück, vero tormento per le internate. Si veda: Nella Baroncini: «Le ebree ci dissero: non aprite le docce, esce il gas» da «L'Unità» del 25 gennaio 2007 (versione elettronica). Riportato il 21 marzo 2007.
  33. ^ In questa categoria possono essere ricordati i Testimoni di Geova che apponendo la loro firma su un modulo di «abiura» erano liberi di lasciare immediatamente il campo di concentramento presso il quale erano detenuti.
  34. ^ Il concetto di «estirpazione» si estendeva anche ai comportamenti considerati «asociali» considerati, all'epoca, frutto del patrimonio genetico e non del substrato sociale.
  35. ^ Documento R-129 utilizzato nel corso di processo di Norimberga e disponibile in Nazi Conspiracy & Aggression Volume I Capitolo X, pp. 914-916. Per il testo completo si veda: (EN) The Concentration Camp Program of Extermination Through Work (Part 1 of 2) dal sito web «A Teacher's Guide to the Holocaust». Riportato il 26 marzo 2007.
  36. ^ In parte il piano di Himmler ebbe successo e per il termine del conflitto numerosi progetti di «armi miracolose» erano gestiti direttamente dalle SS - l'estrema segretezza di questi progetti rendeva l'impiego di manodopera internata preferibile a causa dell'estrema segregazione alla quale erano sottoposti i prigionieri dei lager. Uno degli esempi più noti è la costruzione dei missili balistici V2 effettuata dai prigionieri del campo di Mittelbau-Dora in immense gallerie sotterranee costruite dagli stessi deportati.
  37. ^ Speer, esperto tecnocrate, non ebbe mai fiducia nelle imprese gestite direttamente dalle SS. La sfiducia nacque probabilmente nel periodo prebellico quando, in qualità di architetto preferito del Führer, ebbe modo di vedere la scarsa qualità dei materiali estratti dalle cave di granito di proprietà delle SS che dovevano servire alla costruzione degli imponenti edifici voluti dal Regime.
  38. ^ Testimonianza di Franz Jany citata in: KL MAUTHAUSEN in «I lager tedeschi» a cura di Aldo Pavia e Antonella Tiburzi, dal sito web «Deportazione - ANPI Roma». Riportato il 20 marzo 2007.
  39. ^ Leonardo de Benedetti - Primo Levi. Rapporto sulla organizzazione igienico sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz (Auschwitz - Alta Slesia) in «Minerva Medica» A. XXXVII, vol. II, n. 47, 24 novembre 1946, pp. 535-544. La versione utilizzata proviene dal sito web «Dignitas». Riportato il 20 marzo 2007.
  40. ^ La testimonianza di Levi è ripresa ed ampliata nel suo Se questo è un uomo.
  41. ^ Le sigarette, insieme al pane, rappresentavano un'importante moneta di scambio all'interno del lager.
  42. ^ Gli spacci interni erano normalmente vuoti oppure forniti di prodotti alimentari di infima qualità che non facevano che peggiorare le condizioni dei prigionieri (ad esempio lattuga marcia che provocava violenti attacchi di dissenteria). I buoni potevano inoltre essere spesi presso il bordello presente in molti lager: l'accesso era però riservato ai soli ariani ed ai kapò.
  43. ^ (EN) German Crimes in Poland. Volume 1. Central Commission for the Investigation of German Crimes in Poland. Warsaw, 1946. The Auschwitz Extermination Camp, IX. Food Rations dal sito web «Web Genocide Documentation Centre» a cura del dr. Stuart D.Stein. Riportato il 20 marzo 2007.
  44. ^ Il riscaldamento dei blocchi nei lager fu sempre molto parco (se non inesistente) e gli stessi erano situati in Europa centrale e dell'Est, caratterizzate da inverni molto rigidi e temperature decisamente inferiori a quelle mediterranee.
  45. ^ Affidavit di Franz Blaha del 25 novembre 1945, documento numero 3249-PS (USA 663) del processo di Norimberga. Baha venne interrogato nel corso del Processo l'11 gennaio 1946. Si veda: (EN) Nuremberg Trial Proceedings Vol. 5, Thirty-second Day, Friday 11 January 1946, Morning Session dal sito web «The Avalon Project at Yale Law School». Riportato il 15 maggio 2007.
  46. ^ Iniezioni dal sito web «Alfabeto di Auschwitz». Riportato il 5 aprile 2007.
  47. ^ Per il termine Bindenträger si veda: Langbein, Uomini, p. 19.
  48. ^ Questi giovani omosessuali spesso si prostituivano per ottenere maggiori razioni di cibo, oppure perchè costretti da minaccie. I rapporti omosessuali, seppur severamente vietati, erano largamente praticati nei campi di concentramento.
  49. ^ a b Si veda la voce de:Inspektion der Konzentrationslager sulla Wikipedia in lingua tedesca.
  50. ^ (EN) The concentration camps, 1933-1945 dal sito web «The Danish Center for Holocaust and Genocide Studies». Riportato il 15 maggio 2007.
  51. ^ All'autorità del comandante erano sottoposte tutte le forze che effettuavano servizio di guardia all'esterno del campo (SS-Wachtruppen). I relativamente pochi uomini che espletavano servizio all'interno del campo, in diretto contatto con i prigionieri, erano invece sottoposte all'autorità dello Schutzhäftlagerführer.
  52. ^ Per approfondire la rivalità tra RSHA e WVHA si veda la sezione Sterminio attraverso il lavoro in questa stessa voce.
  53. ^ Ad Auschwitz, vista l'enorme dimensione del campo, venne introdotto un dipartimento separato per la gestione della manodopera, l'Abteilung IIIa (Arbeitseinsatz).
  54. ^ Le dimensioni del campo di Auschwitz resero necessaria la nomina di diversi Schutzhäftlagerführer, ognuno con un vice ed impiegati presso lager principali del complesso.
  55. ^ Per approfondire si veda la sezione I «prominenti» in questa stessa voce.
  56. ^ Numerosi campi di concentramento disponevano di un postribolo nel quale erano obbligate a prostituirsi donne internate. L'accesso era teoricamente consentito anche ai deportati «ariani» e ai «prominenti».

Bibliografia modifica

  • Hermann Langbein. Uomini ad Auschwitz. Storia del più famigerato campo di sterminio nazista.. Milano: Mursia, 1992 (3a edizione). ISBN 8842513482
  • Wolfgang Sofsky. L'ordine del terrore. Il campo di concentramento. Roma: Laterza, 2004. ISBN 8842072133
  • (EN) Robert Gellately. Backing Hitler: Consent and Coercion in Nazi Germany. Oxford: Oxford University Press, 2001. ISBN 0198205600
  • (EN) Israel Gutman (a cura di). Encyclopedia of the Holocaust (4 volumi). New York: MacMillan Publishing, 1995. ISBN 0028645278

Collegamenti esterni modifica