Palazzo di Cnosso - un corridoio con la scena di tauromachia

Cnosso e il suo palazzo modifica

Cnosso (in greco Κνωσός, greco miceneo ko-no-so, minoico ku-ni-su?) è il più importante sito archeologico dell'età del bronzo di Creta.

La città sorge nella parte centrale dell'isola di Creta, a 6 km dal mare e a 5 km da Iraklion, sul fiume Katsaba (antico Kairatos).

Cnosso, già abitata all'incirca nel 5000 a.C., in epoca neolitica (periodo prepalaziale), divenne un florido centro della civiltà minoica verso il 2000 a.C., nel corso dell'Età del Bronzo.

Le due fasi palaziali modifica

2000,risale a quell'epoca l'edificazione, su precedenti strutture, del grande palazzo. Esso, come gli altri esempi presenti sull'isola, si connotava per il suo carattere aperto, totalmente privo di mura difensive. In questo periodo gli abitanti di Cnosso cominciarono ad avere rapporti economici e commerciali con la civiltà egizia e ne risentono gli straordinari affreschi ritrovati, dipinti con le tradizionali tecniche degli abitanti del Nilo. Verso il 1700 a.C. un cataclisma, forse un terremoto provocato dall'eruzione del vulcano dell'isola di Thera (l'odierna Santorini), distrusse tutti i palazzi dell'isola, incluso quello di Cnosso. Durante il periodo neopalaziale (1700 a.C.-1500 a.C.) il palazzo venne ricostruito in forme ancora più sontuose e, anche questa volta, privo di mura e opere difensive e di depositi di armi.

L'enigma dei palazzi minoici: emblemi della talassocrazia? modifica

Questo elemento costruttivo, comune ad entrambe le fasi palaziali, unito all'incredibile rarità di motivi guerrieri in tutta l'arte e perfino nelle tombe del mondo minoico[1], è tuttora un vero e proprio enigma, che ha indotto spesso gli studiosi a vedervi la testimonianza della totale assenza di minacce da parte di altri popoli. Si tratterebbe quindi il segno di un'egemonia minoica sul mar Egeo, la cosiddetta talassocrazia. Ma, sebbene sia indiscutibile lo splendore della civiltà minoica e la sua potenza sui mari, l'esistenza di una vera e propria talassocrazia, anche se sostenuta da molti, è tuttavia ancora oggetto di controversia e non è universalmente accettata dagli studiosi in quanto non sostenuta da valide prove archeologiche[2].

Di sicuro però la mancanza di mura dei palazzi minoici è indice di rapporti pacifici all'interno dell'isola, come comprovato anche dalla rete di vie di comunicazione che esisteva fra i vari palazzi.

L'invasione micenea e la definitiva distruzione modifica

Verso il 1450 a.C. Cnosso fu devastata dai micenei, popolazione proveniente dal Peloponneso, come testimoniano i testi in lineare B rinvenutivi. La vita della città continuò ma il palazzo, questa volta, non fu più ricostruito. Dimenticati gli antichi splendori, verso la metà del XIV secolo a.C. la città iniziò la sua definitiva decadenza. Vi sono infine fonti che indicano la presenza di artigiani cretesi nelle città micenee dove veniva apprezzata la loro alta conoscenza nel campo dell'oreficeria.

Storia degli scavi a Cnosso modifica

I primi tentativi: Schliemann e Kalokairinos modifica

Era noto da tempo che in quest'area si dovesse trovare una città di nome Cnosso. In questa direzione indirizzavano i reperti frequentemente rinvenuti dagli abitanti della regione, durante le pratiche agricole. Il primo ad intraprendere degli scavi fu Minos Kalokairinos, un commerciante ed antiquario di Iraklion, che, nel 1878, scoprì due dei magazzini del palazzo e parte della facciata ovest. I turchi, padroni del terreno, lo costrinsero a interrompere le ricerche. Fallirono pure i tentativi, messi in atto da Heinrich Schliemann, di comprare la collina di "Kefala". A dissuaderlo furono le eccessive pretese dei turchi che volevano vendere al ricercatore molti più ulivi di quanti non ve ne fossero sulla collina, costringendolo a pagare un ingente somma che il tedesco rifiutò indignato.

Arthur Evans modifica

La fortuna aiutò invece l'archeologo Sir Arthur Evans, in quel periodo direttore dell'Ashmolean Museum di Oxford, che nel 1900, dopo la proclamazione dell'autonomia dell'isola, diede inizio a scavi sistematici, coadiuvato dal suo assistente, l'archeologo inglese D. Mackenzie, cui spettava anche il compito di redigere i diari di scavo. Verso la fine del 1903 quasi tutto il palazzo era venuto alla luce e la ricerca procedette nei dintorni. Evans continuò così fino al 1931, con un interruzione durante la prima guerra mondiale. Più tardi pubblicò la sua opera in quattro volumi The Palace of Minos at Knossos.

Il discusso restauro modifica

Fin dall'inizio i monumenti scoperti avevano bisogno di interventi di restauro. Così certe parti del palazzo furono restaurate con abbondante uso di cemento armato. Le parti che corrispondevano a costruzioni in legno furono all'inizio dipinte in giallo (oggi questo colore è stato sostituito). Inoltre, copie dei meravigliosi affreschi trovati durante gli scavi furono poste nella loro collocazione originale. Questo metodo di restauro è stato criticato da molti a causa dell'utilizzo di materiali estranei all'architettura minoica. Altri scienziati hanno poi contestato alcuni risultati di Evans ma, a parte tutto ciò, il suo sicuro intuito, l'immaginazione creativa e la sua profonda conoscenza scientifica, sono sempre state ammirate. In grandissima parte si deve a lui la scoperta dello splendore del mondo minoico, di cui fino ad allora conoscevamo solo i riflessi riverberati nella mitologia greca. Dopo la morte di Evans, gli scavi di Cnosso, che continuano fino a oggi, furono presi in carico dalla British School at Athens.

Il palazzo modifica

Come gli altri palazzi di Creta, anche quello di Cnosso costituiva il centro politico, religioso ed economico dell'impero marittimo minoico e possedeva inoltre un carattere sacro. Il palazzo ricopriva una superficie di 22.000 mq, con uno sviluppo a più piani e a pianta molto complessa ed intricata. Fu edificato sopra le rovine di un palazzo più antico, costruito attorno al 2000 a.C. e distrutto intorno al 1628 a.C., probabilmente da un devastante terremoto collegato alla catastrofica eruzione vulcanica di Thera, l'odierna isola di Santorini[3]. Il "secondo palazzo" fu realizzato all'inizio del XVI secolo a.C..

Il palazzo di Cnosso era edificato sulla sommità livellata di una collina e si sviluppava intorno ad un cortile in terra battuta dove probabilmente si esibivano dei ginnasti che volteggiavano sui tori, animale sacro per i cretesi, sfidando la morte come i gladiatori del Colosseo nelle acrobatiche evoluzioni della particolare tauromachia minoica. Intorno al palazzo sorgevano ville lussuose e un agglomerato urbano indipendente.

È degna di nota, infine, la posizione del palazzo, nelle vicinanze del monte Ida, un luogo ricco di significati mitologici, legati all'infanzia ed alla giovinezza di Zeus. Si tratta del luogo in cui il piccolo Zeus venne nascosto dalla madre Rea, per sottrarlo alla follia cannibalesca di suo padre Crono. Il piccolo venne allevato in una grotta con il latte della capra Amaltea e i suoi vagiti furono coperti dal frastuono delle danze della tribù dei Cureti

Lo sviluppo labirintico modifica

La sua pianta si estendeva su oltre due ettari e prevedeva poche entrate principali, disposte sui quattro lati cardinali, ed una moltitudine di stanze (circa 1300) collegate da corridoi di varia dimensione.

Il palazzo non era destinato unicamente ad un uso residenziale per il re e la sua famiglia. Accanto ad ampie sistemazioni residenziali vi era anche un teatro, stanze per usi rituali o amministrativi. Altre stanze erano adibite ad usi artigianali e d'immagazzinamento. Sono stati trovati infatti dei grandi locali di deposito e magazzinaggio, con giare di terracotta (pithoi) utilizzate per conservazione di olio, grano, pesce essiccato, piselli ed olive. Molte lavorazioni avvenivano proprio nell'interno, che per questo era dotato di mulini e presse per il vino e per l'olio. Al disotto delle giare vi erano cavità nella pietra usate per conservare prodotti o nascondere oggetti di maggior valore, come quelli d'oro.

 
"Pithoi a medaglione", sorta di giare per la conservazione, Palazzo di Cnosso. Il nome deriva dai dischi in rilievo, datati al Medio minoico III o Tardo minoico IA.
 
Il magazzino 4 con grossi pithoi. Gli scomparti nel pavimento erano per le granaglie e altri prodotti.

La sua costruzione mostra un uso di tecniche architettoniche avanzatissime che gli consentivano di elevarsi fino al quinto piano.

I materiali modifica

Il materiale utilizzato era costituito principalmente da blocchi di pietra calcarea di tre diversi tipi. Vi era anche un uso di mattoni essiccati al sole e di fango utilizzato come malta. Le mura erano lisciate con una finitura con intonaco a base di calce, clorato o affrescato.

Vi si faceva largo uso di legno, lavorato con attrezzi di bronzo ed utilizzato sia nei soffitti che nelle colonne, oltre che nelle porte, nelle finestre, negli stipiti etc.

Non vi sono tracce dell'uso del vetro ma da alcune tavolette di terracotta trovate mostrano finestre divise in quattro pannelli da una struttura a croce e suggeriscono quindi che le aperture erano ricoperte da pannelli di qualche sostanza translucida.

Il mito modifica

Il palazzo era così grande e la trama così complessa da ritrovarvi un'eco del mitico labirinto dell'impresa di Teseo e del filo di Arianna.

Il mito ci tramanda come il palazzo fosse stato progettato dall'architetto ateniese Dedalo, aiutato dal figlio Icaro (mito di Dedalo ed Icaro). Con la sua complessità il labirinto era una luogo sicuro dove confinare il Minotauro, il mostro generato da Pasifae, moglie di Minosse, invaghitasi di un toro sacro a Poseidon. Vi è inoltre anche un riferimento morfologico/lessicale che riconduce al famigerato labirinto: il simbolo del palazzo era la scia bipenne, in greco λαβρις (labrys), da cui appunto il termine labirinto. Il palazzo di Cnosso è legato ad antichi miti della Grecia classica, come Minosse e il labirinto costruito da Dedalo, e quello di Teseo e il Minotauro.

 
La lotta di Teseo e il Minotauro. Vaso a figure nere

Le colonne minoiche modifica

L'architettura del palazzo ci mostra esempi di colonne minoiche, un elemento architettonico molto diverso da quello che conosciamo attraverso le colonne greche. A differenza di quelle greche, il materiale utilizzato era il legno di cipresso, comune sull'isola e nel mediterraneo. Inoltre, mentre le colonne greche sono rastremate verso l'alto, per dare l'impressione di sorreggere un grosso peso, quelle minoiche, al contrario, si restringono verso il basso, una conseguenza della collocazione capovolta del tronco per impedirne la germogliazione una volta che fosse posto in opera.

Le colonne del palazzo di Minosse erano dipinte di rosso e incastonate su basi rotondi e sormontate da un capitello rotondeggiante, di forma simile a un cuscino.

Raffreddamento, ventilazione e illuminazione modifica

Era esposto alle brezze marine e un sistema di gallerie, verande coperte, pozzi di ventilazione, forniva areazione, rinfrescamento e illuminazione naturale.

Una raffinata ingegneria idraulica modifica

Notevole poi è la raffinatezza delle opere idrauliche. Il palazzo aveva almeno tre sistemi diversi di trattamento delle acque: uno per la fornitura, uno per il drenaggio delle acque meteoriche e un terzo per il drenaggio delle acque di scarico.

L'acqua fresca era fornita da un acquedotto che si diramava al palazzo ed alla città e proveniva dalle sorgenti di Archanes a circa 10 Km dalla collina di Kefala. L'acqua si muoveva spinta dalla gravità attraverso condutture di terracotta fino a rubinetti e fontane. Le condutture si restringevano ad un'estremità in modo da incunearsi a pressione l'una dentro l'altra a formare una giunzione sigillata con fibre e corda. Non sono state scoperte sorgenti sotterranee come quelle visibili a Micene.

Il deflusso delle acque discarico avveniva attraverso un sistema chiuso che conduceva in una fogna al di fuori della collina. Il megaron della regina conteneva un esempio del primo sistema di toilette con sciacquone contiguo ad un bagno. La toilette era un sedile posto al di sopra delle tubazioni di scolo percorso dalle acque che scorrevano giù da una giara. La vasca da bagno posta all'interno del bagno contiguo veniva riempita da qualcuno che scaldava, trasportava e faceva scorrere l'acqua, e veniva svuotata rovesciando in un tubo nel pavimento o aggottando. Si trattava di strutture uniche all'interno del complesso di 1300 stanze.

Per il deflusso delle piogge dalla collina si rendeva necessario un sistema di scarico delle acque meteoriche. Si trattava di canali dalle superfici piatte che correvano a zig-zag e dotati di bacini di raccolta per il controllo della velocità di deflusso. Probabilmente il sistema superiore era scoperto. Delle botole garantivano l'accesso alle parti coperte.

Qui di seguito sono elencati alcuni collegamenti a immagini fotografiche del sistema di raccolta delle acque:

  • [1]. Canali in pendenza fuoriescono da un bacino di raccolta.
  • . Si noti l'andamento a zig-zag e il bacino di raccolta.

La stanza del trono modifica

 
Il trono che ha dato il nome alla stanza.

Il fulcro del palazzo miceneo era la cosiddetta stanza del trono risalente al Tardo Minoico II, in cui è presente un sedile di alabastro addossato nella parete nord, identificato da Evans in un trono. Sui tre lati della stanza vi sono panchine di gesso. Sul lato opposto al trono vi è una sorta di vasca, chiamata bacino lustrale da Evans e dal suo team, che vi hanno visto un luogo per una cerimonia di bagno purificale.

Alla stanza si accedeva da un'anticamera attraverso due porte doppie. L'anticamera a sua volta comunicava con il cortile centrale, raggiungibile con quattro lunghi passi, attraverso quattro porte L'anticamera ha panchine di gesso con resti carbonizzati che lasciano pensare all'esistenza di un trono di legno. Entrambe le camere si trovano nel complesso dedicato alle cerimonie sul lato ovest del cortile centrale.

 
Il grifone sdraiato di fianco al trono.

Il trono è fiancheggiato, sui due lati, da un affresco con due grifoni accovacciati, con il viso rivolto al trono. Si tratta di importanti creature mitologiche che appaiono spesso negli anelli da sigillo usati per imprimere una sorta di firma del portatore su materiali teneri come argilla, cera o lacca.

Quale funzione avessero realmente la stanza e il trono non è chiaro. A proposito esistono principalmente due ipotesi:

  • Il sedile di un re-sacerdote o della regina sua moglie. Questa è la prima spiegazione, proposta dallo stesso Evans. A tal proposito F. Matz parla dei grifoni come di una «composizione araldica», nel senso che essi sono più formali e monumentali dei precedenti stili decorativi. Secondo questa teoria, i greci micenei, una volta saliti al potere (circa nel 1450 a.C.), avrebbero usato la stanza per la corte. Il bacino lustrale e la collocazione della stanza in un complesso dedicato al culto non possono essere trascurati; da questo, quindi, il termine re-sacerdote. Forse, il pregiudizio che ogni capo di stato dovesse essere maschio, ha condotto anche Evans a trascurare l'ipotesi che si trattasse di una sacerdotessa, una possibilità alquanto plausibile in un popolo pacifico come quello dell'isola.
  • Una stanza riservata all'epifania di una divinità[4], che si sarebbe assisa in trono o in forma di effigie o di una sacerdotessa, o semplicemente nell'immaginazione. In questo caso i grifoni porterebbero ad una simbologia divina piuttosto che araldica.

È da precisare inoltre che, recentemente, viene messa in dubbio anche il significato del cosiddetto bacino lustrale. La mancanza di uno scarico ha portato alcuni studiosi a dubitare di una sua destinazione quale lavacro purificatorio, pensando persino che potrebbe trattarsi di un acquario.

Gli affreschi di Cnosso modifica

 
Un affresco dal sito archeologico di Cnosso: il principe dei gigli

Il palazzo di Cnosso ci restituisce l'idea di una civiltà in cui era fiorente la cultura degli affreschi. Attualamente sono visibili delle ricostruzioni, anch'esse non esenti da critiche, realizzate da Piet de Jong a partire dai frammenti superstiti.

I cretesi dipingevano sulle pareti del palazzo di Cnosso opere eccezionali con la classica visione di profilo tipica dell'arte egizia. Il motivo di questa particolare tecnica figurativa va ricercato nei continui scambi commerciali e culturali tra la civiltà cretese e quella egizia.

L'importanza di questi affreschi è dovuta al fatto che, senza di essi, non sapremmo nulla degli abitanti dei palazzi minoici. Le raffigurazioni ce li presentano con i capelli scuri, di corporatura slanciata e coperti da vesti leggere.

Essi sono eccezionali e praticamente unici, nell'età del bronzo, per la levità delle raffigurazioni e per il senso del movimento che esprimono. La vita sembra riservare ai minoici solo giochi e processioni mentre sono assenti le passioni e le gioie. Quasi tutti i soggetti sono adulti o giovani, con rare raffigurazioni di bambini o anziani.

Le figure, gli atteggiamenti, le vesti e i dettagli sono resi con modi convenzionali. Ad esempio la differenziazione dei sessi avviene con l'uso di colori convenzionali. Così i maschi hanno la pelle di colore rossastro mentre le donne del colore del latte.

Ma quello che salta agli occhi, nel confronto con la quasi contemporanea arte dell'Antico e Medio Egitto, è l'assoluta mancanza di temi militari.

Gli affreschi, visibili sul luogo e al Museo di Iraklio, propongono, insieme a scene di uomini e donne impegnati in processioni, attività di pesca, raccolta fiori, anche rappresentazioni di prodezze atletiche. La più notevole di queste è quella delle evoluzioni acrobatiche con i tori.

L'affresco della tauromachia modifica

 
Affresco del palazzo di Cnosso - la scena del toro e dei ginnasti

Il più famoso esempio è l'affresco della gioco con il toro o della tauromachia in cui un giovane, assistito da due donne, compie un'ardita evoluzione acrobatica impugnando le corna del toro in corsa per scavalcarne le spalle.

La composizione è quasi perfettamente simmetrica. I colori (blu, bianco e ocra) sono prevalentemente simbolici (per esempio le donne sono convenzionalmente dipinte in bianco e l'uomo in color ocra) e sono stesi in modo piatto e privo di intenti realistici: la luce non proviene da una fonte ben definita e le figure sono rese senza profondità e volume. La resa del movimento, suggerita dalle linee di contorno, morbide e ondulate, di colore nero, è accentuata dalla posizione dei personaggi raffigurati.

Rimane aperta la questione se questa attività sia da considerarsi alla stregua di uno sport, una forma di tauromachia (combattimento con i tori), o sia da collegarsi anche ad una ritualità religiosa. Alcuni si sono chiesti anche se una simile evoluzione sia umanamente possibile. L'affresco potrebbe rappresentare allora una sorta di danza inscenata con una controparte mitologica.

Società modifica

Una questione di lunga data tra gli archeologi riguarda la funzione principale del palazzo, se amministrativa, religiosa oppure, in una prospettiva teocratica, entrambe.

Altre importanti questioni sono sorte sul ruolo di Cnassonwkdn

ùù nella Creta nell'età del bronzo, se da considerarsi il centro amministrativo primario o se da ritenere sullo stesso piano dei contemporanei palazzi scoperti nell'isola. Molti di questi, all'inizio del XV secolo, furono distrutti, forse ad opera dei micenei, e abbandonati mentre quello di Cnosso rimase in uso fino ad essere distrutto dal fuoco un secolo dopo.

Per i motivi già descritti, assenza di fortificazioni o depositi di armi, viene escluso qualsiasi uso militare. Da questo punto di vista quella minoica si presenta, nell'età del bronzo, come un'incredibile società demilitarizzata.

Anche il ruolo delle donne appare inusuale se paragonato a qualsiasi altra società dell'epoca.

Voci correlate modifica

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Collegamenti esterni modifica

Note modifica

  1. ^ Solo successivamente all'arrivo sull'isola di genti di stirpe greca sono attestate vere e proprie tombe di guerrieri (si veda a proposito Moses I. Finley, La Grecia dalla preistoria all'età arcaica, Laterza, Bari, 1982, p. 57 e 61).
  2. ^ Si veda Finley, op. cit., pp. 54-57.
  3. ^ A questo proposito, un team di ricercatori della Cornell University, ha datato l'eruzione di Santorini tra il 1660 e il 1613 a.C.. (Studio effettuato presso il Laboratorio di dendrocronologia dell'Egeo e del Vicino Oriente).
  4. ^ Si veda Peter Warren, Minoan Religion as Ritual Action e il sito della British School at Athens.

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