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Aristide

Aristide, figlio di Lisimaco, detto "il Giusto" (in greco antico: Ἀριστείδης?, Aristéides, in latino Aristides; Atene, 540 a.C. circa – Atene, prima del 462 a.C.), è stato un politico e militare ateniese, celebre avversario di Temistocle. Esistono due biografie antiche della sua persona, l'una redatta in latino da Cornelio Nepote, l'altra, ben più estesa ed affidabile,[1] composta in greco da Plutarco, che attinsero a fonti più o meno affidabili per tracciarne un accurato ritratto.[2]

Biografia modifica

Origini e personalità (Plutarco, I) modifica

 
Statua di Demetrio, che tentò di incrinare il mito di Aristide, posta all'ingresso della Bibliotheca Alexandrina

Figlio dell'ateniese Lisimaco,[3][4] la sua famiglia, di cui faceva parte a titolo di cugino anche Callia, politico ed atleta olimpionico, era antica e nobile: nacque membro della tribù Antiochide, nel demo di Alopece. Per quanto riguarda la sua nomea, Plutarco stesso afferma che, pur essendo le sue fonti in disaccordo, sia probabile che essa sia connessa al fatto che abbia vissuto in estrema povertà, opponendosi al malcostume e alla corruzione, tanto in povertà che le sue due figlie non riuscirono per molto tempo a sposarsi non riuscendo a procurare una dote sufficiente.[5] Nonostante questa versione sia quella riportata dalla maggior parte degli autori, lo stesso Plutarco ammette che altri, tra i quali Demetrio, autore che nella sua opera Socrate accusò anche Socrate di fingersi povero, affermino che egli fosse proprietario di un possedimento nel demo del Falero, nel quale fu seppellito, adducendo varie prove della sua ricchezza.

  • Sarebbe divenuto arconte eponimo, carica che si poteva ottenere solo facendo parte di quelle famiglie che possedevano le proprietà terriere più vaste, famiglie che erano note col nome di pentacosiomedimni.[6] Tuttavia, Idomeneo riporta che Aristide ottenne la carica di arconte non per il rango sociale, ma per l'elezione da parte dell'assemblea popolare, come fu uso ad Atene dal 508 al 487 a.C., periodo nel quale, come deve ammettere l'accusatore stesso, il condottiero ottenne vari successi militari e conseguentemente l'apprezzamento del popolo.[7]
  • Sarebbe stato vittima dell'ostracismo, che, se non era una pratica consueta per gli uomini poveri, lo era per quanti appartenessero a famiglie prestigiose, poiché questi erano più facilmente invidiati dal volgo per il benessere economico.[8] Tuttavia, Plutarco afferma che spesso altri soggetti meno abbienti potessero subire la stessa pena semplicemente per la reputazione, per l'incorruttibilità o per l'eloquenza.[9]
  • Aristide inoltre pose in prossimità del tempio di Dioniso come ringraziamento per la vittoria alcuni tripodi da corego, conservatisi almeno sino al II secolo d.C., sui quali era scritto: "La tribù Antiochide vinse; Aristide fu il corego; Archestrato fu il poeta". Logicamente, per poter essere corego e conseguentemente finanziare un'attività dispendiosa come una rappresentazione teatrale, erano necessario un grande patrimonio.[8] Nonostante quest'ultimo argomento possa apparire decisivo, esso è confutato da vari argomenti.
    • Sia Epaminonda sia Platone, che è noto vissero in estrema povertà, si presero carico di questa attività, offrendo alla cittadinanza rispettivamente spettacoli di flauto e di danza che però finanziarono col denaro di amici, quali i ricchi Pelopida e Dione di Siracusa: non si può quindi escludere che Aristide non abbia fatto altrettanto,[10] destinando alla comunità un patrimonio di cui invece avrebbe potuto disporre liberamente.[11]
    • L'autore che avanzava questa critica si sarebbe potuto ingannare sul nome, secondo Panezio confondendo Aristide con un omonimo,[11] dato che nel periodo di massima fortuna del mondo greco, quello compreso tra le Guerre persiane e la Guerra del Peloponneso, è attestata l'esistenza di soli due coreghi vittoriosi chiamati Aristide: il primo fu figlio di Xenofilo e non di Lisimaco, il secondo visse molto tempo dopo. Dato che l'iscrizione adotta, come tutte quelle realizzate dopo l'arcontato eponimo di Euclide (403 a.C.), l'alfabeto ionico, si sarebbe quindi propensi a credere che l'Aristide citato nell'iscrizione sia proprio il secondo: ciò è confermato anche dal secondo nome, quello di un poeta che, se non fu mai citato al tempo delle Guerre Persiane, fu abbastanza popolare durante la Guerra del Peloponneso, quando era quindi in vita quello che sarebbe quindi stato il suo committente, dedicandosi alla poesia corale.[12]

Cause dello scontro con Temistocle (Plutarco, II-III) modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Temistocle.
 
Busto di Temistocle

Aristide era un amico intimo di Clistene, lo statista che aveva riorganizzato la democrazia ateniese dopo l'espulsione di Ippia, e un ammiratore di Licurgo, dal momento che propendeva per l'attuazione di un governo di carattere aristocratico, in opposizione con Temistocle, rappresentante delle forze popolari. La tradizione afferma che essi, fino dalla più tenera età, quando ebbero modo di trovarsi a discutere di questioni serie o meno, non riuscirono mai a trovare un accordo su alcuna cosa.[13] Tuttavia, in queste scontri ebbe modo di emergere quale sarebbe stata la natura dei due personaggi: se Temistocle era abile, incauto, senza scrupoli, Aristide era caratterizzato da un carattere forte, da un animo improntato alla giustizia, dal ribrezzo per la falsità e per la volgarità.[14] Se secondo Plutarco Temistocle pose alle basi del suo successo una profonda rete di conoscenze e di amicizie, che comprendevano persone nei confronti delle quali egli non sarebbe mai potuto essere imparziale,[15] Aristide non ebbe mai modo di tessere rapporti influenti per avvantaggiare la propria ascesa politica, che condusse sostanzialmente senza compagni per due ragioni.[16]

  • Non voleva vedersi indotto né a unirsi a loro nell'errore né a minacciarli adducendo il rifiuto dei favori che gli avessero chiesto.
  • Considerato che aveva avuto modo di osservare come il potere derivato dalle conoscenze avesse indotto molte persone a fare il male, si era sempre tenuto in guardia da queste relazioni, ritenendo giusto che dei cittadini onesti dovessero basare il loro successo solo sul mantenere una condotta servizievole e proba.

Se l'opposizione tra i due pare avere origini politiche, Aristone di Ceo afferma che la loro così intensa avversità fosse nata in conseguenza di una contesa amorosa e omosessuale per il giovane e bellissimo Stesilao: Plutarco commenta che, se una volta che la bellezza del giovane era venuto meno per l'età i due avevano proseguito a contrastarsi, era solo perché questa attività era ormai divenuta quasi una parte integrante della loro quotidianità.[17]

Da quando Temistocle, aizzatore delle folle, cominciò a opporsi apertamente al suo avversario, Aristide stesso cominciò a ricambiare le mosse del concorrente, per difendersi e per fargli concorrenza tentando di contenere la sua rete di conoscenze.[18] In alcuni frangenti, la sua opposizione vittoriosa nei confronti dell'avversario fu dettata dalla necessità di prendere alcuni provvedimenti fondamentali: la tradizione, tramite la penna di Plutarco, ci offre vari aneddoti tratti da questi scontri.

  • Si dice che anche in questi contesti, uscendo dall'assemblea e rendendosi conto che anche quando avesse preso il controllo dello stato non avrebbe mantenuto per i cittadini la pace, abbia affermato che non ci sarebbe stata stabilità nella politica fino alla cessazione del suo personale conflitto, che si sarebbe concluso solo con la morte di entrambi i contendenti.[19]
  • Si dice che, dopo aver proposto tra mille critiche e opposizioni una misura veramente utile per la popolazione, raggiungendo una sostanziale approvazione, si sia ritirato senza votare quando il presidente era sul punto di metterla ai voti finali, comprendendo che essa si sarebbe rivelata inefficace e non sarebbe stata rispettata, come reso palese dai discorsi degli oppositori.[19]
  • Molte volte egli avrebbe voluto introdurre provvedimenti per altri uomini, ma avrebbe preferito rivolgersi ad altri uomini affinché lo sostituissero, cosicché Temistocle non reprimesse queste queste iniziative.[20]

Altresì fu ammirabile la sua salda costanza durante le variazioni di governo. Egli non si esaltò mai per gli onori, e affrontò le avversità con moderazione, mentre in tutti i casi egli considerò suo dovere dare i propri servigi alla patria gratuitamente e senza alcun guadagno, né economico, né in onore.[20] La storiografia trasmette che gli venne rivolto lo sguardo di tutti gli spettatori nel momento in cui durante la prima rappresentazione de I sette contro Tebe di Eschilo vennero pronunciati alcuni versi descriventi Anfiarao come modello di eccellenza.[21][22]

Battaglia di Maratona modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra persiana e Battaglia di Maratona.
 
Il Soros di Maratona nel 2005

La prima fonte storica che affianca Aristide e Temistocle è Erodoto, che afferma che combatterono assieme durante la battaglia di Maratona, Aristide come condottiero della tribù Antiochide e l'avversario a capo della Leontide, che vennero schierate su quattro ranghi invece che su otto.[23][24] Alla fine dello scontro, il solo Aristide, cui erano stati affidati il bottino e i prigionieri,[25] rimase sul campo dello scontro: secondo la tradizione storiografica, che a livello di questo passo viene contestata,[26] Milziade si era invece precipitato ad Atene per proteggere la propria città da una manovra d'aggiramento da parte dei nemici.

Secondo Peter Krentz Aristide, rimasto sul campo di battaglia con le proprie truppe, ordinò di cominciare i preparativi per la cremazione delle salme degli Ateniesi dopo la partenza del resto dell'esercito: il luogo prescelto venne contrassegnato con uno strato di sabbia e di terra verdastra, sopra vi fu costruito un basamento in mattoni per la cremazione, largo circa 1 metro e lungo 5, che sostenne la pira. In quel luogo fu poi costruito il tumulo che divenne noto come "Soros", sulla cui cima furono apposte delle lapidi che riportavano i nomi dei 192 caduti divisi per tribù di appartenenza.[27]

L'anno successivo alla battaglia di Maratona, forse in conseguenza del suo ruolo non secondario durante lo scontro, venne fatto arconte eponimo, come attestato dal Marmor Parium, stele che permette la ricostruzione dei più importanti eventi dell'antichità, in quanto riporta il ciclo delle Olimpiadi e il nome degli arconti ad Atene.[28]

Tra le guerre persiane modifica

Gli anni compresi tra la prima e la seconda guerra persiana furono segnati dall'acuirsi del conflitto politico tra l'ala conservatrice e quella democratica, guidate rispettivamente da Aristide e dal suo storico avversario. Il primo periodo fu segnato dalla prevalenza del primo partito che, rifacendosi alle proposte avanzate e messe in atto da Clistene e trovando l'appoggio dell'influente famiglia degli Alcmeonidi, voleva operare delle modifiche alla costituzione per evitare definitivamente la formazione di una tirannide e impedire che venisse annientato il potere politico delle classi abbienti.[29] Questi due elementi, che potrebbero sembrare il frutto di due orientamenti politici differenti, nel primo caso democratico e nel secondo conservatore, vanno comunque letti come atti a conservare il potere degli oligarchi, dato che la tirannide ha come sua caratterizzazione la riduzione dell'influenza di questi e la ricerca dell'appoggio delle classi popolari.[30]

Terzo punto importante del programma dei conservatori era stringere accordi con i Persiani onde evitare in primo luogo i danni al sistema agricolo connessi all'assenza di manodopera durante le campagne, danni pericolosissimi per il ceto medio che era costituito dai possidenti agrari, e in secondo la costruzione di una flotta militare, dal momento che questa sarebbe stata affidata ai ceti popolari, che non militavano né nella fanteria né nella cavalleria e si sarebbero potuti quindi emancipare, richiedendo, in accordo col sistema timocratico, proporzionalità tra oneri e onori. Al contrario, i democratici ritenevano l'ampliamento della flotta un punto centrale del loro programma politico, non solo perché avrebbe consentito l'emancipazione dei teti e il potenziamento dei commerci marittimi, ma anche e soprattutto perché stimavano prossimo e inevitabile un secondo scontro con l'impero achemenide, che in loro analisi doveva essere affrontato in alleanza con Sparta.[29]

Nonostante questa parentesi conservatrice, a causa dei preparativi persiani e di alcuni insuccessi ottenuti nella rinnovata guerra contro Egina, gli Ateniesi ritennero più opportuno affidarsi al partito capeggiato da Temistocle, le cui idee sembravano più adatte alla risoluzione dei problemi immediati della città,[29] la cui flotta sarebbe stata costruita con i proventi dell'argento estratto dalle miniere del monte Laurio, statalizzate dopo la caduta dei Pisistratidi, che solitamente era distribuito ai poveri come sussidio statale.[31]

Ostracismo e reintegro modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ostracismo.
 
Il frammento n° 18, un ostrakon danneggiato conservato al Museo della Stoà di Attalo, mostra la scritta "Aristide, figlio di Lisimaco" (in greco antico: ΑΡΙΣΤΕΙΔ[ΗΣ] ΛΥΣΙΜΑΧ[ΟΥ]?)

Secondo Plutarco nel 483 o nel 482 a.C., secondo Cornelio Nepote attorno al 486 a.C., subì l'ostracismo. Secondo una prima versione, a permettere questa procedura furono i suoi influenti nemici, che si era addotto semplicemente per la sua scrupolosa onestà e per la sua rigida opposizione alla corruzione. Secondo una seconda interpretazione, nel contesto delle concause avrebbe maggior rilievo l'opposizione che egli aveva opposto alla politica marittima e democratica del rivale.

[Guarda il testo di storia, per integrare col giudizio storiografico]

Secondo la tradizione, scrisse il proprio nome su uno degli ostraka, sotto la richiesta di un contadino analfabeta, ritenendo quest'ultimo, pur non sapendo chi fosse Aristide, che fosse inopportuno che un cittadino pretendesse di essere chiamato "Giusto" da parte dei compatrioti, dal momento che, secondo gli storici antichi, Temistocle aveva aizzato contro di lui la folla, inducendola a pensare che quell'appellativo fosse stato preteso da lui stesso. Come commenta Nepote, la pena non venne scontata per intero, nonostante le fonti antiche attestino che nel 480 a.C. la sentenza non fosse stata ancora revocata.[32][33] Secondo Erodoto, fu invece richiamato in patria per volontà della lega panellenica all'indomani della guerra.

[Guarda Erodoto per la sua versione]

Seconda guerra persiana modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra persiana, Battaglia di Salamina e Battaglia di Platea.

Ultimi anni modifica

Attestazioni minori modifica

  • Negli scritti erodotei viene descritto come il più virtuoso e più corretto tra i suoi compatrioti, ma anche come l'asperrimo nemico di Temistocle, che riuscì a farlo ostracizzare, come un uomo coraggioso e generoso laddove si parla della battaglia di Salamina,[34] e come l'oculato condottiero che permise la vittoria greca durante la battaglia di Platea.[35]
  • Tucidide, che tuttavia dedica la sua opera massima a un periodo ben differente, quello della Guerra del Peloponneso, lo nomina in due occasioni, definendolo la prima come coambasciatore a Sparta assieme a Temistocle,[36] la seconda nell'espressione "la tassazione sotto Aristide" (in greco antico: τὸν ἐπ̓ Ἀριστείδου φόρον?).[37]
  • Nel suo dialogo Gorgia, Platone lo addita quale esempio di una coppia di virtù secondo lui estremamente rara per i politici, quella composta da virtù e giustizia, e afferma che egli, agendo in questo modo, divenne estremamente famoso, non solo localmente, ma nell'intera Grecia.[38]
  • Negli scritti di Demostene, e più precisamente nell'opera Contro Aristocrate, dove l'autore sostiene delle misure per ridurre la corruzione,[39] egli viene descritto come assessore ai tributi (in greco antico: φόρος?, phónos).[40]
  • Eschine attesta in più punti, nelle opere Contro Timarco[41] e Contro Ctesifonte,[42] il fatto che fosse noto con il soprannome di "Giusto".

Materiale modifica

Nonostante si trovasse probabilmente ad Egina, è attestato che nel 480 a.C. andò a Salamina per avvertire Temistocle a riguardo degli spostamenti della flotta persiana, facendo appello a lui per la riconciliazione: secondo quanto da lui riportato, la flotta persiana era già entrata nello stretto la sera prima del combattimento. Mentre i generali del Re cercavano di incalzare la flotta avversaria, gli ignari comandanti greci continuavano, invece, la loro riunione.[43] Aristide si recò da Temistocle e, chiamatolo in disparte, lo informò dell'assedio persiano, dicendo che neanche se i suoi uomini avessero voluto avrebbero potuto ritirarsi.[32] Dopo aver specificato come l'assedio persiano fosse stato favorito dalle scelte fallaci di Temistocle, questo invitò Aristide a riferire lui stesso la notizia ai generali, affinché quelli non credessero che stesse mentendo per interesse.[44] Riferita a tutto l'esercito l'evoluzione della situazione,[45] i generali greci si interessarono più che altro a una trireme che solo allora era arrivata da Tenea dopo aver disertato dall'esercito persiano.[46] Trattandosi di una battaglia navale, quella di Salamina non vide grandi azioni campali, eccezion fatta per la piccola manovra condotta da Aristide sull'isoletta di Psittalia, che portò all'uccisione dei Persiani lì appostati.[47]


In the battle itself he did good service by dislodging the enemy, with a band raised and armed by himself, from the islet of Psyttaleia. In 479 he was strategus, the chief, it would seem, but not the sole (Plut. Arist. 11, but comp. 16 and 20, and Herod. ix.), and to him no doubt belongs much of the glory due to the conduct of the Athenians, in war and policy, during this, the most perilous year of the contest. Their replies to the proffers of Persia and the fears of Sparta Plutarch ascribes to him expressly, and seems to speak of an extant ψήφισμα Ἀριστείδου embracing them. (100.16.) So, too, their treatment of the claims of Tegea, and the arrangements of Pausanias with regard to their post in battle. He gives him further the suppression of a Persian plot among the aristocratical Athenians, and the settlement of a quarrel for the ἀριστεῖα by conceding them to Plataea (comp. however on this second point Hdt. 9.71); finally, with better reason, the consecration of Plataea and establishment of the Eleutheria, or Feast of Freedom. On the return to Athens, Aristeides seems to have acted in cheerful concert with Themistocles, as directing the restoration of the city (Heracl. Pont. 1); as his colleague in the embassy to Sparta, that secured for it its walls; as proposing, in accordance with his policy, perhaps also in consequence of changes in property produced by the war, the measure which threw open the archonship and areiopagus to all citizens alike. In 477, as joint-commander of the Athenian contingent under Pausanias, by his own conduct and that of his colleague and disciple, Cimon, he had the glory of obtaining for Athens the command of the maritime confederacy: and to him was by general consent entrusted the task of drawing up its laws and fixing its assessments. This first φόρος of 460 talents, paid into a common treasury at Delos, bore his name, and was regarded by the allies in after times, as marking their Saturnian age. It is, unless the change in the constitution followed it, his last recorded act. He lived, Theophrastus related, to see the treasury removed to Athens, and declared it (for the bearing of the words see Thirlwall's Greece, iii. p. 47) a measure unjust and expedient. During most of this period he was, we may suppose, as Cimon's coadjutor at home, the chief political leader of Athens. He died, according to some, in Pontus, more probably, however, at home, certainly after 471, the year of the ostracism of Themistocles, and very likely, as Nepos states, in 468. (See Clinton, F. H. in the years 469, 468.)

A tomb was shewn in Plutarch's time at Phalerum, as erected to him at the public expense. That he did not leave enough behind him to pay for his funeral, is perhaps a piece of rhetoric. We may believe, however, that his daughters were portioned by the state, as it appears certain (Plut. 27; comp. Dem. c. Lept. 491. 25), that his son Lysimachus received lands and money by a decree of Alcibiades; and that assistance was given to his grand-daughter, and even to remote descendants, in the time of Demetrius Phalereus. He must, so far as we know, have been in 489, as archon eponymus, among the pentacosiomedimni : the wars may have destroyed his property; we can hardly question the story from Aeschines, the disciple of Socrates, that when his poverty was made a reproach in a court of justice to Callias, his cousin, he bore witness that he had received and declined offers of his assistance; that he died poor is certain. This of itself would prove him possessed of an honesty rare in those times; and in the higher points of integrity, though Theophrastus said, and it may be true, that he at times sacrificed it to his country's interest, no case whatever can be adduced in proof, and he certainly displays a sense, very unusual, of the duties of nation to nation.

1 * Plutarch in his Aristeides refers to the authority of Herodotus, Aeschines the Socratic, Callisthenes, Idomeneus, Demetrius Phalereus, who wrote an Ἀριστέιδης (D. L. 5.80, 81), Ariston Chius, Panaetius, and Craterus : he had also before him here, probably, as in his Themistocles (see 100.27), the standard historian, Ephorus, Charon Lampsacenus, a contemporary writer (504 to 464, B. C.), and Stesimbrotus Thasius, Deinon, Heracleides Ponticus, and Neanthes; perhaps also the Atthides of Hellanicus and Philochorus, and the Chia of Ion."

(http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0104%3Aalphabetic+letter%3DA%3Aentry+group%3D40%3Aentry%3Daristeides-bio-1)

http://www.treccani.it/enciclopedia/aristide/

http://www.treccani.it/enciclopedia/aristide_res-938dd803-8baa-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/

http://www.treccani.it/enciclopedia/aristide_(Dizionario-di-Storia)/

  • libretto

Note modifica

  1. ^ Fink, pp. 11-13, 192-193 (fonti).
  2. ^ Smith.
  3. ^ Erodoto, VIII, 79.
  4. ^ Tucidide, I, 91.
  5. ^ Plutarco, I, 1.
  6. ^ Plutarco, I, 2.
  7. ^ Plutarco, I, 8.
  8. ^ a b Plutarco, I, 3.
  9. ^ Plutarco, I, 7.
  10. ^ Plutarco, I, 4.
  11. ^ a b Plutarco, I, 5.
  12. ^ Plutarco, I, 6.
  13. ^ Plutarco, II, 1.
  14. ^ Plutarco, II, 2.
  15. ^ Plutarco, II, 4.
  16. ^ Plutarco, II, 5.
  17. ^ Plutarco, II, 3.
  18. ^ Plutarco, III, 1.
  19. ^ a b Plutarco, III, 2.
  20. ^ a b Plutarco, III, 3.
  21. ^ Plutarco, III, 4.
  22. ^ Eschilo, 592, in I sette contro Tebe.
    «Egli vuole, e non parere, savio, / avendo nella mente un profondo solco, / donde nobile semenza di consigli / tutt'ora germoglia in abbondanza.»
  23. ^ Erodoto, VI, 111.
  24. ^ Plutarco, V, 3.
  25. ^ Plutarco, V, 4-5.
  26. ^ Fink, pp. 175, 178-181, 215-216 (fonti).
  27. ^ Pausania, I, 32, 3.
  28. ^ 50, in Marmor Parium.
  29. ^ a b c Camera, Fabietti, p. 152.
  30. ^ Camera, Fabietti, p. 130.
  31. ^ Camera, Fabietti, p. 153.
  32. ^ a b Erodoto, VIII, 79.
  33. ^ Demostene, DCCCII, 1, 16, in Seconda contro Aristogitone.
  34. ^ Erodoto, VIII, 82, 95.
  35. ^ Erodoto, IX, 28
  36. ^ Tucidide, I, 91.
  37. ^ Tucidide, V, 18.
  38. ^ Platone, 526a, b, in Gorigia.
  39. ^ Ernst Badian, Demosthenes: Statesman and Orator, The Road to Prominence, Worthington, Gennaio 2002, pp. 29-30, ISBN 0-203-18769-5.
  40. ^ Demostene, 689-690, in Contro Aristocrate.
  41. ^ Eschine, IV, 1, 23, in Contro Timarco.
  42. ^ Eschine, LXXIX, 1, 38; XC, 11, 18-20, in Contro Ctesifonte.
  43. ^ Erodoto, VIII, 78.
  44. ^ Erodoto, VIII, 80.
  45. ^ Erodoto, VIII, 81.
  46. ^ Erodoto, VIII, 82.
  47. ^ Erodoto, VIII, 95.

Bibliografia modifica

Fonti primarie
Fonti secondarie

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