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Storia modifica

Medioevo modifica

Il promontorio su cui sorge il castello, lungo circa 250 metri e largo 100,[1] era abitato sin dal Neolitico, come testimoniano tracce di palizzate, frammenti di ceramica e utensili in selce ritrovati durante alcuni scavi archeologici sotto al palazzo attuale.[2][3] In epoca carolingia sullo stesso luogo era presente una rocca,[4] che venne attaccata e distrutta dai Vichinghi durante il regno di Carlo il Calvo, nell'854.[5] La fortezza, ricostruita, passò sotto il dominio dei conti di Blois; nel X secolo Tebaldo I di Blois fece costruire la grosse tour ("grande torrione"), primo nucleo del castello feudale:[6] si ritiene che questa torre si trovasse sotto l'attuale ala sud-ovest del complesso.[4] Nel 1122 fu costruita la collegiale di San Salvatore nel cortile antistante, che si aggiungeva alla cappella di Saint-Calais, presente sul sito già dal IX secolo.[7][8] Il castello, dotato intorno al 1210 da Tebaldo VI di una Grande salle o Salle de la justice, conosciuta in seguito come Sala degli Stati, passò nel 1226 a Ugo di Châtillon, marito di Maria d'Avesnes, ultima discendente dei conti di Blois.[9]

I Châtillon fecero rafforzare e ampliare il castello,[8] sostituendo la palizzata che lo circondava con delle mura in pietra lunghe 650 metri, dotate di tre porte e nove torri.[10] La torre Foix è ancora presente, mentre alcune delle altre furono inglobate nell'ala Francesco I.[11] Guido II di Blois-Châtillon, senza figli e in cattive situazioni finanziarie, vendette nel 1392 Blois e il Dunois a Luigi d'Orléans, fratello di Carlo VI.[12][9] Questi non frequentò assiduamente il castello, ma dopo il suo assassinio avvenuto nel 1417 la sua vedova, Valentina Visconti, si ritirò a vivere a Blois, dove morì l'anno seguente.[13]

Nel 1429, prima della partenza per l'assedio di Orléans, Giovanna d'Arco venne benedetta nella collegiale di San Salvatore da Renault de Chartres, arcivescovo di Reims.[14] Il figlio di Luigi d'Orleans, Carlo, era stato fatto prigioniero dagli inglesi nel 1415 durante la battaglia di Azincourt;[15] in quel periodo il castello era stato amministrato dal suo fratellastro, Jean de Dunois.[12] Al suo ritorno dopo 25 anni di prigionia, nel 1440, il castello di Blois divenne un grande centro culturale.[12] Intorno alla metà del secolo furono svolti importanti lavori di ampliamento: si distrussero alcune parti del vecchio castello per rendere il palazzo più confortevole e furono aggiunti degli edifici in pietra e mattoni,[16] tra cui la galleria Carlo d'Orléans e un'ala nella parte sud-ovest del promontorio,[17] che fu distrutta nel XVII secolo per far spazio all'ala Gastone d'Orléans.[18]

Rinascimento modifica

 
Prospettiva a volo d'uccello del castello e dei suoi giardini realizzata da Jacques Androuet du Cerceau intorno al 1575.[19]

Blois divenne residenza reale con l'ascesa al trono di Luigi XII nel 1498.[20][21] Il nuovo re iniziò la ricostruzione del castello in stile tardo gotico sotto la direzione dell'architetto François de Pontbriant e dei capimastri Colin Biard e Jacques Sourdeau.[22][12][23] Fu aggiunta una nuova ala a nord-est dell'edificio originale, chiamata in seguito ala Luigi XII,[24] e fu ricostruita la cappella di Saint-Calais, che fu consacrata il 19 novembre 1508. Luigi XII fece anche ampliare i giardini all'esterno delle mura del castello, aggiungendo al Jardin de Bretonnerie,[25] risalente al 1470, altri due giardini posti su diversi terrazzamenti. Nel Jardin de la Reine fu costruito il padiglione di Anna di Bretagna; mentre una galleria scavalcava il fossato collegando il castello ai giardini.[26][12] L'organizzazione degli spazi fu affidata al paesaggista Pacello da Mercogliano[12] Favorito da Luigi XII come residenza invernale, il castello di Blois divenne teatro di numerosi incontri diplomatici, tra cui il ricevimento dell'arciduca Filippo I d'Asburgo e di sua moglie Giovanna di Castiglia nel 1501.[27]

 
Dittico anonimo dell'inizio del XVI secolo raffigurante Luigi XII e Anna di Bretagna.

Alla morte di Luigi XII, nel 1515, Francesco d'Angoulême salì al trono con il nome di Francesco I e sua moglie Claudia, figlia del defunto re, rimodernò il castello di Blois per installarvi la corte.[28] Quello stesso anno Francesco diede il via alla costruzione di una nuova ala in stile rinascimentale per rimpiazzare gli edifici medioevali nella parte nord-ovest del complesso.[29] La direzione dei lavori fu affidata a Jacques Sourdeau,[30] ma lo stile italianeggiante delle facciate lascia inoltre supporre che siano state consultate anche maestranze italiane, come l'architetto Domenico da Cortona, anche se non è attestato un loro coinvolgimento diretto nella progettazione dell'ala.[20][31][32] La costruzione si bloccò bruscamente dopo la morte della regina, avvenuta nel 1524,[28][33] e Francesco abbandonò Blois a favore di Fontainebleau.[34] Il 18 ottobre 1534 il castello fu teatro del "caso dei manifesti",[35] che segnò l'inizio della repressione del protestantesimo in Francia dopo un periodo di relativa tolleranza.

Il figlio di Francesco I, Enrico II, incoronato re di Francia, vi fece il suo ingresso solenne nel mese di agosto 1547; sua moglie Caterina de' Medici fece aggiungere all'ala rinascimentale una galleria porticata con colonne doriche sul lato del cortile, distrutta tra il XVII e il XVIII secolo, e l'abbaino all'ultimo piano della facciata delle logge.[36][37]

Il castello di Blois fu frequentato anche dai successori di Enrico II, Francesco II, Carlo IX ed Enrico III, insieme alla regina madre Caterina de' Medici. Nel 1572 nella cappella si celebrò il fidanzamento del principe protestante Enrico di Navarra, futuro Enrico IV, con Margherita di Valois.[38][39] Enrico III convocò gli Stati Generali nel 1576-77 e nel 1588-89, che si radunarono nella grande sala ora chiamata "Sala degli Stati" per discutere della situazione finanziaria del regno a seguito delle guerre di religione.[40][41] All'interno del castello, nella sua stanza al secondo piano, il re fece assassinare il 23 dicembre 1588 il suo nemico, il duca di Guisa; il fratello di quest'ultimo, il cardinale di Lorena, fu ucciso il giorno successivo. I cadaveri dei due fratelli furono bruciati in un camino del castello e le loro ceneri vennero disperse.[42] Durante il regno di Enrico III, tuttavia, Blois fu anche un fervente centro culturale; vi si tennero discussioni filosofiche e vi si esibì, su invito del re, la Compagnia teatrale dei Gelosi, formata da artisti italiani.[40] Enrico III fece anche aggiungere un'ala ad ampliamento della Sala degli Stati, che fu distrutta nel 1861.[43]

Ancien régime modifica

 
Vista del castello di Blois, disegno di Androuet du Cerceau del 1575 circa.

Il castello fu occupato saltuariamente da Enrico IV,[44] il quale nel 1598 fece costruire una galleria di due piani nel giardino, che crollò parzialmente nel 1756 e fu totalmente demolita una decina di anni dopo.[44] Luigi XIII, a partire dal 1617, fece realizzare dei terrapieni sul versante sud del complesso, che costituiscono ancora oggi le terrazze del castello.[45] Il re relegò a Blois sua madre Maria de' Medici, che secondo la tradizione fuggì dal castello la notte tra il 21 e il 22 febbraio 1619 con una scala di corda, riconciliandosi temporaneamente con il figlio.[46]

 
Busto di Gastone d'Orléans su un fregio dell'ala omonima.

Nel 1626 Luigi XIII assegnò la contea di Blois al fratello Gastone d'Orléans come regalo di nozze, con lo scopo non dichiarato di allontanare l'ingombrante fratello dalla corte.[47] Quest'ultimo vi si trasferì nel 1634 e intraprese un'opera di ricostruzione del castello in stile barocco classicheggiante, affidando a François Mansart la progettazione del complesso.[48] Tra il 1635 e il 1638 venne costruito il corpo centrale del nuovo palazzo, con la distruzione degli edifici di Carlo d'Orléans e di Luigi XII nella parte sud-ovest del complesso, della navata della cappella di Saint-Calais e di parte dell'ala Francesco I, ma l'ulteriore sviluppo del progetto fu bloccato dai problemi finanziari del committente e il palazzo rimase incompiuto.[49] Gastone visse a Blois dedicandosi agli studi astronomici fino alla sua morte, avvenuta nel 1660.[49]

Trascurato da Luigi XIV, il castello non venne più abitato, ad eccezione di brevi soggiorni di Maria Casimira Luisa de la Grange d'Arquien, vedova del re polacco Giovanni III Sobieski.[50] In seguito il re assegnò il castello ad ex servitori, che lo divisero in piccoli appartamenti modificandone la disposizione interna;[50] intorno al 1720, durante la Régence, si pensò di relegarvi il parlamento in esilio.[51][52]Luigi XVLuigi XVI visitarono il castello;[53] quest'ultimo lo considerava "un castello che non serve a niente, tutt'al più da vendere".[54] Egli nel 1788 propose un piano per alienare il castello,[34] in quanto eccessivamente dispendioso per le casse dello Stato e ridotto quasi in rovina dalla mancata manutenzione nei decenni precedenti.[55][56][57] Il castello fu così messo in vendita ma non fu trovato un acquirente; il Dipartimento della Guerra chiese e ottenne di installarvi una caserma[34] che ospitasse il Royal Comtois, reggimento di cavalleria.[58] La permanenza dei soldati salvò il castello dalla distruzione ma ne provocò il grave danneggiamento delle decorazioni interne.[59]

Età contemporanea modifica

Durante la Rivoluzione il castello fu preso di mira dal popolo che, desideroso di eliminare ogni traccia della monarchia, saccheggiò il palazzo dei mobili, delle statue e di altri oggetti e lo trasformò per breve tempo in una prigione;[34][60] nel 1792 fu distrutta la statua equestre di Luigi XII posta sopra il portale d'ingresso. Anche i giardini furono danneggiati e scomparvero per le costruzioni che vi furono erette sopra. Nel 1793 la chiesa di San Salvatore venne venduta all'impresario Guillon, che la distrusse interamente.[7] Lo stato del castello era così disastrato che si ritenne opportuno demolirlo, fino a quando in età napoleonica, il 10 agosto 1810, fu deciso di venderlo alla città di Blois. Tuttavia, per mancanza di fondi, il castello fu nuovamente utilizzato come caserma.[34] Nel 1834 la metà meridionale dell'ala d'Orleans venne distrutta per collocare le cucine militari. La presenza dei soldati al castello, tuttavia, non impedì l'apertura al pubblico dell'ala Francesco I durante la Restaurazione. Il castello venne visitato da Victor Hugo, Balzac, Gustave Flaubert e Alexandre Dumas.[48]

 
La facciata dell'ala Luigi XII intorno al 1853, prima dei restauri che ripristinarono la statua equestre del sovrano.

Nel 1840, durante il regno di Luigi Filippo, il castello fu classificato Monumento storico grazie all'impegno di Prosper Mérimée, componente della Commission des Monuments historiques,[61] che nel luglio 1844 fece approvare il restauro dell'ala Francesco I contro la volontà del ministro della guerra Nicolas Jean-de-Dieu Soult. Dal settembre 1845 al 1848 Félix Duban curò il restauro degli appartamenti reali rinascimentali, ricostruendo le decorazioni combinando colori accesi (il rosso e il blu) con l'oro.[62] Assistito da Jules de La Morandière, Duban disegnò le decorazioni interne ed esterne ispirandosi alle stampe d'epoca e all'opera dello studioso Louis de la Saussaye,[63] facendo precedere il suo lavoro da un'approfondita opera di rilievo dello stato di conservazione del castello con disegni, fotografie e calchi, grazie ai quali si può risalire con certezza agli interventi effettuati.[48] L'operato di Duban è criticato dagli storici contemporanei perché basato più sull'imitazione degli edifici analoghi che sul ripristino dello stato originale del castello: le imposte che chiudevano le logge dell'ala Francesco I, per esempio, furono rimosse, lasciando esposti alle intemperie i rivestimenti lignei delle stesse.[62][64] Tra il 1852 e il 1855 fu restaurata, sempre sotto la direzione di Duban, l'ala Luigi XII, e nel 1858 fu ripristinata la statua equestre sopra il portale. Nel 1861-62 fu restaurata la Sala degli Stati e nel 1867-68 fu sistemata la cappella. Il restauro proseguì fino alla morte di Félix Duban nel 1871 e il castello fu trasformato in museo; tra il 1870 e il 1879 i lavori furono eseguiti sotto la direzione di Jules de la Morandière.

Nel 1850 Pierre-Stanislas Maigreau-Blau, sindaco di Blois, decise di fondare il museo di Belle Arti di Blois, che avrebbe dovuto avere sede nell'ala Francesco I del castello. In quel momento infatti che le province francesi promuovevano i loro musei, incoraggiando lo studio delle arti. Il sindaco di Blois difese il suo progetto: "Non c'è nessun capoluogo di dipartimento in Francia, al giorno d'oggi, che non abbia un museo. [...] Sarebbe superfluo elencare i vantaggi di questo tipo di struttura. Noi sappiamo che sono potenti mezzi di incoraggiamento per le arti e le scienze, offrendo lo studio di modelli o collezioni". Il museo fu finalmente aperto nell'ala Luigi XII nel 1869.

Un secondo restauro avvenne tra il 1888 e il 1900, affidato ad un ispettore generale dei monumenti storici, Anatole de Baudot,[65] che si occupò di risistemare la struttura, il pavimento e alcuni ornamenti e sviluppò il sistema di scarico dell'acqua piovana. Egli restaurò anche il Padiglione di Anna di Bretagna, rimasto assieme ad un'orangerie l'unico residuo dell'antico giardino. Alphonse Goubert, successore di Baudot come capo del progetto, decise di ristrutturare l'ala Gastone d'Orléans basandosi sui disegni di Mansart; la scala interna di quest'ala tuttavia fu aggiunta nel 1933.[65] Nel 1921 venne creato anche un museo lapidario nelle antiche cucine del castello.

Durante la seconda Guerra Mondiale, a causa dei bombardamenti del giugno 1940 e agosto 1944, la facciata sud (soprattutto l'ala Luigi XII) fu danneggiata e le finestre della cappella, risalenti al XVI secolo, furono distrutte;[65] gli altri edifici subirono danni alle coperture. L'opera di restauro, iniziata nel 1946, venne affidata all'architetto Michel Ranjard.

Il 23 maggio 1960 fu emesso un francobollo raffigurante il castello.

Il castello attualmente è di proprietà della città di Blois.[65] Nel 1990 fu condotto un nuovo restauro da parte di Pierre Lebouteu e Patrick Ponsot, promosso dal sindaco di Blois, nonché ministro della cultura, Jack Lang.[66] Furono restaurati i tetti, le facciate esterne e i pavimenti, in particolare quelli dell'ala Francesco I; il cortile interno fu lastricato. Gilles Clément, paesaggista, si occupò di sistemare il parco. A partire dagli anni 90 il castello fece da sfondo a spettacoli Son et lumière scritti da Alain Decaux, musicati da Éric Demarsan e interpretati da Robert Hossein, Pierre Arditi e Fabrice Luchini.[67]

Tuttora continuano piccoli restauri mirati; il castello ha ricevuto 260 226 visitatori nel 2003.[68]

Note modifica

  1. ^ Fratelli Lesueur, p. 20.
  2. ^ (FR) Henri Brissot, Blois: des fouilles fructueuses au château royal, in La Nouvelle République, 28 novembre 2020. URL consultato l'8 marzo 2021.
  3. ^ (FR) Henri Brissot, Blois: de nouvelles découvertes archéologiques au château royal de Blois, in La Nouvelle République, 19 dicembre 2020. URL consultato l'8 marzo 2021.
  4. ^ a b Crépin-Leblond, p. 4.
  5. ^ (FR) Château de Blois, XIIIe, XVIe, XVIIe siècle, su richesheures.net. URL consultato il 1º marzo 2021 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2011).
  6. ^ Fratelli Lesueur, p. 13.
  7. ^ a b (FR) Inventaire général du patrimoine culturel, su culture.gouv.fr (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2016).
  8. ^ a b (FR) Château, su pop.culture.gouv.fr. URL consultato il 6 marzo 2021.
  9. ^ a b Fratelli Lesueur, p. 16.
  10. ^ Fratelli Lesueur, p. 14.
  11. ^ Fratelli Lesueur, p. 21.
  12. ^ a b c d e f Cloulas, parte I, capitolo 4.
  13. ^ Fratelli Lesueur, p. 17.
  14. ^ Crépin-Leblond, p. 34.
  15. ^ Guignard et al., p. 15.
  16. ^ Fratelli Lesueur, p. 34.
  17. ^ Fratelli Lesueur, p. 18.
  18. ^ Fratelli Lesueur, p. 32.
  19. ^ Pérouse de Montclos, Schlösser im Loiretal, p. 93.
  20. ^ a b Francia del Nordovest, p. 112.
  21. ^ Fabbri, p. 35.
  22. ^ Cloulas, parte I, capitolo 3.
  23. ^ (FR) L'aile François Ier, su chateaudeblois.fr (archiviato dall'url originale il 31 luglio 2010).
  24. ^ Crépin-Leblond, p. 31.
  25. ^ Pierre Lesueur, p. 238.
  26. ^ Gratias, p. 134.
  27. ^ Guignard et al., p. 26.
  28. ^ a b Cloulas, parte II, capitolo 1.
  29. ^ Fratelli Lesueur, p. 81.
  30. ^ Fratelli Leuseur, p. 102.
  31. ^ Hansmann, p. 88.
  32. ^ Fratelli Lesueur, p. 95.
  33. ^ Fratelli Lesueur, p. 88.
  34. ^ a b c d e Fabbri, p. 36.
  35. ^ Cloulas, parte II, capitolo 2.
  36. ^ Poisson, p. 43.
  37. ^ Fratelli Lesueur, pp. 108-109.
  38. ^ Cloulas, parte III, capitolo 1.
  39. ^ Guignard et al., p. 31.
  40. ^ a b Cloulas, parte III, capitolo 2.
  41. ^ Cloulas, parte III, capitolo 4.
  42. ^ Cloulas, parte III, capitolo 5.
  43. ^ Fratelli Lesueur, pp. 111-112.
  44. ^ a b Fratelli Lesueur, p. 114.
  45. ^ Fratelli Lesueur, p. 117.
  46. ^ Guignard et al., p. 28
  47. ^ Fratelli Lesueur, p. 121.
  48. ^ a b c Guignard et al., p. 29.
  49. ^ a b Fratelli Lesueur, pp. 123-125.
  50. ^ a b Fratelli Lesueur, p. 140.
  51. ^ Marais et al., p. 273.
  52. ^ De Piossens, pp. 68-69.
  53. ^ Quervelle, p. 23.
  54. ^ (FR) Jean-François Solnon, À Blois, Chambord et Fontainebleau, in Le Figaro, 15 ottobre 2007. URL consultato il 1º marzo 2021.
  55. ^ Barère, p. 639.
  56. ^ Da-Vinha, Masson, p. 194.
  57. ^ Fratelli Lesueur, pp. 141-143.
  58. ^ (FR) Les périodes, su chateaudeblois.fr. URL consultato il 1º marzo 2021.
  59. ^ Fratelli Lesueur, p. 144.
  60. ^ Crépin-Leblond, p. 24.
  61. ^ (FR) Château de Blois, su pop.culture.gouv.fr. URL consultato il 2 marzo 2021.
  62. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore P44
  63. ^ Foucart.
  64. ^ (FR) Alain Vildart, Les lambris de Gaston: une restauration récente au château de Blois, in La Nouvelle République, 30 agosto 2020. URL consultato l'8 marzo 2021.
  65. ^ a b c d Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore GA30
  66. ^ (FR) Alain Vildart, Les restaurations pittoresques du château de Blois, in La Nouvelle République, 30 agosto 2020. URL consultato l'8 marzo 2021.
  67. ^ (FR) Le Son et Lumière, su ville-blois.fr (archiviato dall'url originale il 24 febbraio 2011).
  68. ^ Secondo l'enciclopedia Quid, 2005.