Utente:Stefano Remo/Sandbox1

I nomi di quattro martiri della "grande persecuzione" - Zoticos, Attalos, Kamasis, Filippos - sulla loro tomba, nella cripta della chiesa paleocristiana di Niculiţel, in Romania.

Le persecuzioni dei cristiani nell’Impero Romano consistettero in fenomeni di aggressiva intolleranza popolare e nell’assimilazione della religione cristiana ad un crimine contro lo stato, con le conseguenti condanne alle pene più crudeli. Certi di guadagnare il paradiso, molti proclamarono la propria fede accettando la prigionia, le torture, le deportazioni ed anche la morte: i martiri furono diverse migliaia [1].

Inizialmente tuttavia le autorità locali non ricercavano attivamente i cristiani; le loro comunità continuarono così a crescere, trovando anzi nel culto dei martiri nuovo vigore. Gli imperatori Decio, Valeriano e Diocleziano, spinti anche da considerazioni politiche, ordinarono pertanto persecuzioni più attive e severe, che tuttavia non arrivarono ad eradicare il cristianesimo.

Nel 311 Galerio emanò l'Editto di tolleranza che ne accordava la liceità, poi confermata da Costantino I. Gli ultimi strascichi delle persecuzioni si sovrapposero alle prime lotte contro gli eretici; dopo pochi decenni sarebbero iniziate le persecuzioni dei pagani.

Le fonti storiche modifica

L’analisi di alcuni reperti e documenti contemporanei ed il raffronto tra i resoconti degli storici antichi ha consentito di pervenire ad un certo consenso sulla storia generale delle persecuzioni. L’indagine più dettagliata sulle vicende e sui singoli personaggi coinvolti si presenta più problematica in quanto può basarsi quasi esclusivamente su fonti cristiane.

Fonti cristiane modifica

I principali autori cristiani utili per la storiografia sono:

  • Dei martiri Policarpo, Giustino e Cipriano sono rimasti alcuni importanti scritti.
  • Diverse notizie possono essere desunte dalle numerose opere di Tertulliano (circa 155-230), sebbene non fosse uno storico ma un apologeta intransigente.
  • A Lattanzio (circa 250-327) è generalmente attribuito il De mortibus persecutorum, che si propone di istruire i cristiani sulla sorte dei nemici di Dio, a cominciare dai persecutori. Altre notizie utili sono fornite dalla sua opera Divinæ institutiones.
  • Le fonti più importanti sono probabilmente le opere di Eusebio (265-340), vescovo di Cesarea, in particolare la Storia ecclesiastica, il Chronicon e il De martyribus Palestinae. In esse Eusebio riporta sia eventi passati che altri a lui contemporanei, ma sulla sua attendibilità come storico i giudizi sono discordi.
  • Fra gli Atti dei martiri, solo pochissimi hanno valore storico.

Fonti latine modifica

Un documento di eccezionale importanza è la corrispondenza tra Plinio il giovane e l’imperatore Traiano sulla condotta da tenere nei confronti dei cristiani.

Tacito rappresenta un fonte storica molto importante, ma solo per la persecuzione avvenuta sotto Nerone. Frammentarie notizie hanno lasciato Svetonio, Dione Cassio, Porfirio, Zosimo e altri.

Le motivazioni modifica

Il culto pubblico della tradizionale religione romana era strettamente intrecciato allo stato: fare sacrifici agli dèi e rispettare i riti significava stabilire un patto con le divinità, in cambio della loro protezione. Era facile integrare gli dèi, i riti e le credenze di altre popolazioni in questo sistema. Perfino l'Ebraismo, in quanto antica religione di un popolo, era tollerato dalle autorità fin dai tempi di Giulio Cesare: gli ebrei potevano osservare i loro precetti ed erano esentati dai riti ufficiali (ma con Vespasiano furono sottoposti al fiscus iudaicus [2]). Pare che all'inizio i cristiani venissero facilmente confusi con gli ebrei stessi, tanto che Svetonio e Dione Cassio riportano che l'imperatore Claudio (41-54) avrebbe scacciato da Roma i "Giudei" che creavano disordini a nome di "un certo kriste" [3] [4].

Col tempo i romani identificarono nel Cristianesimo quello che consideravano "ateismo". Per loro i cristiani erano ebrei e pagani che avevano tradito i loro dèi e quindi il loro popolo, che si riunivano in segreto per praticare riti apparentemente magici ed incitavano altri a fare lo stesso. Questo tradimento non solo minacciava la pax deorum e l'autorità dell'imperatore quale Pontefice massimo, ma poteva “essere visto come la prova di intenzioni politiche sovversive” [5] [6]. Plinio il Giovane definirà il cristianesimo superstitio, termine che indicava “ogni religione implicante un timore eccessivo degli dèi” [7] e pertanto probabili disordini popolari. Come tali erano represse anche magia e astrologia, e lo erano stati in precedenza i baccanali, il druidismo ed il culto di Iside. [8] [9].

Sebbene i primi vescovi invitassero a riconoscere lo stato [10], astenersi dai riti ufficiali (considerati idolatria) costringeva in pratica i cristiani a uno sprezzante isolamento, e questo accese ulteriormente l'intolleranza popolare. I romani erano inoltre sconcertati dall'abolizione in questi gruppi di ogni distinzione tra uomini e donne, ricchi e poveri, schiavi e liberi, locali e stranieri. Per di più le conversioni provocavano insanabili conflitti familiari [11]. Le loro regole di vita erano disapprovate anche dalle autorità; [12] è possibile che talvolta fossero disordini all’interno delle stesse comunità cristiane a giustificarne l’intervento. [13]

I cristiani diventarono i capri espiatori di ogni calamità. Oltre ai riti malefici, si diceva che praticassero orge incestuose e cannibalismo e che adorassero un dio dalla testa d'asino [14] [15]. L'odio popolare si concretizzava spesso in denunce alle autorità ed attacchi violenti.

Tra i motivi delle ultime persecuzioni vi potrebbero essere anche degli interessi economici: la confisca dei consistenti patrimoni gestiti dalle chiese e dei beni dei cristiani abbienti fu infatti tra i primi provvedimenti ordinati da Valeriano e Diocleziano. L’opposizione poteva nascere anche, con il crescere delle comunità, dal danno economico arrecato a varie categorie coinvolte nei culti ufficiali [16] [17].

Atteggiamento nei confronti del Cristianesimo dei primi imperatori modifica

Il primo imperatore che entrò in contatto con la neonata religione cristiana fu l'imperatore Tiberio: alcune fonti (Giustino e Tertulliano), riferiscono infatti di un messaggio inviato dal prefetto di Giudea nel periodo 26-36, Ponzio Pilato, a Tiberio nel 35, riguardante la crocifissione di un certo Gesù di Nazareth. L'imperatore avrebbe di seguito presentato al Senato la proposta di riconoscimento del Cristianesimo come religio licita ma, avendo ricevuto un rifiuto, avrebbe solo posto il veto ad accuse e persecuzioni nei confronti dei seguaci di Gesù.[18] Il dibattito sull'esistenza, o meno, di questo senatoconsulto è ancora in corso.[19] Sebbene non esistano altre fonti dell'epoca che provino queste ipotesi, l'invio di un messaggio a Tiberio da parte di Pilato e una conseguente discussione in Senato possono sembrare plausibili;[18] tuttavia non si sa nulla di certo sull'atteggiamento dell'imperatore verso i primi cristiani: al riguardo non fu preso alcun provvedimento ufficiale, ma è certo che i seguaci di Gesù non furono mai perseguitati sotto l'impero di Tiberio.[18] Un elemento che confermerebbe l'atteggiamento favorevole di Tiberio verso i cristiani, e che si inquadra con la politica di pacificazione che egli conduceva verso una provincia difficile come la Giudea, sarebbe la destituzione del sommo sacerdote Caifa da parte di Lucio Vitellio, legato di Siria inviato da Tiberio, nel 36 o 37, ossia subito dopo l'esecuzione, ritenuta illegale, del diacono Stefano su iniziativa proprio di Caifa, e solo un anno dopo la presunta relazione di Pilato.[20]

Persecuzione di Nerone modifica

La prima persecuzione sotto Nerone nel 64 fu dovuta alla ricerca di un capro espiatorio per il grande incendio di Roma, come viene raccontato dallo storico latino Tacito. Secondo lo storico, prima sarebbero stati arrestati quanti confessavano e quindi, su denuncia di questi, ne sarebbero stati condannati moltissimi, ma non tanto a causa del crimine dell'incendio, quanto per il loro "odio del genere umano". Tacito non dice il nome di alcuno di loro tuttavia numerose fonti, cristiane e pagane (Tertulliano, Scorpiace, 15, 2-5; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 2, 4-6; Orosio, Historiarum, VII, 7-10; Sulpicio Severo, Chronicorum, 3, 29; Porfirio Neoplatonico), attestano che gli apostoli Pietro e Paolo subirono il martirio in Roma in quella persecuzione. La maggior parte di questi scrittori afferma pure che Pietro fu crocifisso (Origene, citato nella Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea al libro III, I, 1-3, specifica che fu crocifisso a testa in giù) e Paolo fu decapitato. Tacito descrive quindi i supplizi a cui furono sottoposti per opera di Nerone i cristiani che,nonostante la loro presunta colpevolezza, causavano pietà in quanto puniti non per il bene pubblico ma per la crudeltà di uno solo:"et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent aut crucibus adfixi atque flammati, ubi defecisset dies, in usum nocturni luminis urerentur."(Annales, XV, 44, 4; Traduz.: "E coloro che morivano furono pure scherniti: coperti di pelli di bestie perché morissero dilaniati dai cani oppure affissi alle croci e dati alle fiamme perché, caduto il giorno, bruciassero come fiaccole notturne."). Lo stesso Svetonio conferma anche che Nerone aveva mandato i cristiani al supplizio e li definisce "una nuova e malefica superstizione",senza tuttavia collegare questo provvedimento all'incendio.

Le persecuzioni prima del 250 modifica

Sotto Domiziano modifica

Durante il regno di Domiziano (81-96) furono accusati di ateismo e "adozione di usanze ebraiche" alcuni senatori e i consoli Acilio Gabrione e Flavio Clemente con la moglie Flavia Domitilla. Furono tutti giustiziati tranne Flavia Domitilla che fu esiliata e della quale Eusebio dice fosse cristiana. È molto probabile tuttavia che la presunta affiliazione di Clemente al Cristianesimo fosse una notizia creata ad arte per infangare l'immagine pubblica dell'uomo e smorzare la reazione del popolo romano, che stava appoggiando una sua congiura con l'aiuto di alcuni generali per spodestare Domiziano. In effetti alcuni testi contemporanei parlano di una recrudescenza delle persecuzioni sotto il suo regno, ma l’argomento è ancora dibattuto.[21] [22] [23]

Sotto Traiano modifica

Delle persecuzioni all'epoca di Traiano ci restano alcuni documenti molto importanti.

Il primo è una lettera inviata all'imperatore da Plinio il Giovane quando questi (intorno al 110) era legato nella provincia di Bitinia. Plinio descrive la linea seguita fino ad allora con i cristiani e le accuse loro rivolte, ma chiede ulteriori chiarimenti in quanto in quella provincia sono molto numerosi. Inoltre vi troviamo il giudizio negativo contro la religione cristiana largamente diffuso nella cerchia imperiale ed intellettuale dell'epoca: Plinio il giovane la considera nihil aliud quam superstitionem ("null'altro che superstizione").

Il secondo documento è il rescritto, cioè la risposta ufficiale, in cui l'imperatore detta modalità per trattare la questione cristiana che sarebbero rimaste valide per quasi 140 anni: nessuna ricerca attiva dei cristiani, ma, in caso di denuncia, essi dovevano essere condannati se avessero rifiutato di sacrificare agli dèi; le denunce anonime andavano respinte. [24] [25]

Sempre C. Lepelley [26] considera di indubbia autenticità le sette lettere scritte in quegli anni da Ignazio di Antiochia mentre veniva trasferito a Roma per essere dato in pasto alle belve. Nella Lettera ai Romani esprime gioia in quanto “macinato dai denti delle fiere” diventerà “pane puro di Cristo”. Si tratta di un documento sulla spiritualità del martirio e sul fatto che i cristiani erano puniti come i criminali pericolosi. [27]

Da Adriano a Commodo modifica

Un'altra lettera inviata da Adriano al proconsole della provincia d'Asia confermerà il rescritto di Traiano (come secondo Eusebio farà in seguito anche Marco Aurelio) ma stabilirà regole ancora più restrittive sulle delazioni, fonti di disordini. [28] [29]

Intorno al 155, sotto Antonino Pio, morì martire il vescovo di Smirne Policarpo, come narrato in Atti ritenuti attendibili [30].

Molti disordini si verificarono anche sotto il regno di Marco Aurelio, segnato da epidemie, carestie e invasioni. Più volte le folle diedero la caccia ai cristiani, ritenuti responsabili della collera degli dèi, e i martiri furono numerosi (Eusebio ricorda tra gli altri l’apologeta Giustino). [31]

Nel V libro della sua "Storia Ecclesiastica" Eusebio di Cesarea riporta i brani principali della "Lettera delle chiese di Vienne e di Lione alle chiese dell'Asia e della Frigia": in essa sono documentate le vessazioni nei confronti di una cinquantina di cristiani, per lo più stranieri, e le loro esecuzioni capitali avvenute a Lione nell'anno 177. Di questi cristiani, torturati e gettati in carcere, molti morirono per soffocamento. La folla, già pervasa di xenofobia [32] ed aizzata da false accuse (di cannibalismo e rapporti incestuosi) diffuse sul conto dei cristiani, infierì su di loro senza più alcun riguardo per l'età o per il sesso dei condannati: il vescovo ultranovantenne Potino, linciato dalla folla, spirò in carcere; il quindicenne Pontico e la schiava Blandina, dopo essere stati costretti per giorni ad assistere all'esecuzione degli altri, furono essi stessi torturati e uccisi.

Intorno al 178-180 il filosofo platonico Celso scrisse contro la religione cristiana e in difesa di quella tradizionale il Logos arethes ("Discorso della verità"), che conosciamo solo dalla confutazione apologetica polemica che ne fece il teologo cristiano Origene, con la sua opera del 248, intitolata, appunto, Contra Celsum ("Contro Celso").

Marcia, liberta imperiale e amante dell'imperatore Commodo fu invece di simpatie cristiane (viene citata in merito alla liberazione di papa Callisto I dalla condanna alle miniere (Damnatio ad metalla) in Sardegna.

Risale al 180, sotto il regno di Commodo, l’episodio dei dodici martiri scillitani, ricordato nel più antico degli Atti dei Martiri [33].

W.H.C. Frend sostiene che nei primi due secoli le autorità agissero come “passivi destinatari delle richieste del popolo per la distruzione dei cristiani” [34]. Conformemente al rescritto di Traiano i cristiani non erano infatti ricercati e le loro comunità, pur costantemente minacciate, ebbero modo di continuare a crescere. Come già in precedenza, l’eroismo dei martiri indusse molti all’ammirazione ed alla conversione, tra i quali Tertulliano, che diventerà apologeta e scriverà “il sangue dei martiri fu la semente dei cristiani” [35]. In seguito Tertulliano si avvicinò ai montanisti, un gruppo estremista disapprovato dall’ortodossia che esaltava il martirio spingendo all’autodenuncia ed alla provocazione delle autorità [36].

Da Settimio Severo a Filippo l’Arabo modifica

Il III secolo, segnato da una grave crisi dell’Impero, vedrà una profonda trasformazione della religiosità romana. Culti misterici orientali in grande espansione (come il mitraismo, i culti di Cibele e di Iside, culti siriaci ed il culto solare praticato a Emesa [37] [38]) verranno integrati nella religione ufficiale, mentre non sarà così per l’ebraismo ed il cristianesimo.

Proprio ad una famiglia di sacerdoti di Emesa apparteneva la moglie di Settimio Severo [39], imperatore di origine libica vicino ai culti orientali. Sotto il suo regno non sono dimostrate persecuzioni sistematiche ma anzi, ci sono prove che l'imperatore in molte occasioni protesse i cristiani dall'accanimento popolare[senza fonte]. Il suo rescritto del 202 che vietò il proselitismo ad ebrei e cristiani è tuttavia giudicato il primo caso di iniziativa diretta dell’imperatore in questo ambito [40] [41].

D'altro lato, singoli funzionari si sentivano autorizzati dalla legge a procedere con rigore verso i Cristiani. Naturalmente l'imperatore, a stretto rigore di legge, non ostacolava provvedimenti locali, che si verificarono in Egitto, in Tebaide e nei proconsolati di Africa e Oriente. I martiri cristiani furono numerosi ad Alessandria d'Egitto (cfr. Clemente di Alessandria, Stromata, ii. 20; Eusebio, Storia della Chiesa, V., xxvi., VI., i.).

Non meno dure furono le persecuzioni in Africa occidentale, che sembra avessero inizio nel 197 o 198 (cfr. Tertulliano Ad martires), alle cui vittime ci si riferisce nel martirologio cristiano come ai martiri di Madaura. Probabilmente nel 202 o 203 caddero Perpetua e Felicita, come narrato in atti ritenuti attendibili [42]. La persecuzione infuriò ancora, per breve tempo, sotto il proconsole Scapula nel 211, specialmente in Numidia e Mauritania. In generale, si può dire che la posizione dei cristiani sotto Settimio Severo fu la stessa che sotto gli Antonini.

I decenni successivi saranno caratterizzati da una relativa tolleranza, nella quale la Chiesa potrà crescere ulteriormente arrivando fino ai ceti più elevati. Le comunità non dovevano più nascondersi, ma anzi erano molto attive in ambito caritativo, gestendo crescenti ricchezze grazie anche alle eredità raccolte [43].

Secondo alcune fonti cristiane, l'imperatore Filippo l'Arabo sarebbe stato addirittura cristiano egli stesso [44] [45].

La persecuzione di Decio modifica

 
La Damnatio ad bestias in un mosaico del III secolo ad El Jem, in Tunisia.

Nel 249 Filippo l’Arabo morì in una battaglia contro il suo generale Decio, già proclamato Augusto dalle sue truppe. L’impero, attaccato su tutti i confini ed in crisi politica ed economica, si trovava in gravi difficoltà e Decio si insediò a Roma determinato a restaurarne la grandezza e i valori, non ultima la religione dei padri.

Per ritornare all’uniformità di culto come fonte di coesione politica [46], dopo pochi mesi emise un editto che ordinava a tutti i cittadini dell'impero di offrire un sacrificio pubblico agli dèi e all'imperatore (formalità equivalente ad una testimonianza di lealtà all'imperatore e all'ordine costituito). Decio autorizzò delle commissioni itineranti a visitare le città e i villaggi per supervisionare l'esecuzione dei sacrifici e per la consegna di certificati scritti a tutti i cittadini che li avevano eseguiti (molti di questi libelli sono stati ritrovati in Egitto [47]). A coloro che si rifiutarono di obbedire all'editto fu mossa accusa di empietà, che veniva punita con l'arresto, l'imprigionamento, la tortura e la morte. Questo editto costituisce la prima persecuzione sistematica contro i cristiani, i più numerosi fra quanti minacciati dal provvedimento.

Alcuni eventi possono essere ricostruiti confrontando le numerose fonti cristiane disponibili (Cipriano, Eusebio, Atti dei Martiri). Cipriano spiega che le autorità non miravano tanto a fare martiri quanto ad ottenere l’apostasia con le prigioni e la tortura; in effetti gran parte dei cristiani cedette alla forza (i cosiddetti lapsi), accettando di sacrificare o acquistando un libello o nascondendosi in rifugi nelle campagne. Le vittime tuttavia furono centinaia [1]: i vescovi di Roma Fabiano, Babila di Antiochia e Alessandro di Gerusalemme furono tra i primi ad essere arrestati ed a subire il martirio.

Fortunatamente per i cristiani, questa persecuzione terminò al riprendere della guerra con i goti che l’anno dopo fece vittima lo stesso Decio. In Nord Africa però la conseguenza fu una grave divisione fra le comunità cristiane dell'area, alcune delle quali voltarono le spalle ai membri che avevano temporaneamente abiurato la loro fede a causa delle durezze subite. Diversi concili tenuti a Cartagine discussero fino a che punto la comunità doveva accettare questi cristiani che avevano ceduto alle richieste dei romani, e la questione è ampiamente trattata nelle opere di Cipriano, vescovo di Cartagine.

Probabilmente i lapsi erano per lo più cristiani di recente conversione, ma tra loro c’erano anche alcuni vescovi; a tal proposito è interessante che Cipriano biasimi alcuni vescovi attaccati più al denaro che alla fede [48]. L’ostilità continuò anche nel breve regno del successore di Decio, Treboniano Gallo. [49] [50]

La persecuzione di Valeriano modifica

Come già Decio, Valeriano riprese le persecuzioni in un momento difficile per il suo regno; di tali eventi ci restano testimonianze cristiane, principalmente Cipriano ed Eusebio. Iniziò nel 257 con un primo editto che imponeva a vescovi, preti e diaconi di sacrificare agli dèi, pena l'esilio, e proibiva inoltre ai cristiani le assemblee di culto sequestrando chiese e cimiteri. Un secondo editto del 258 sancì la pena di morte per chi rifiutava il sacrificio e aggiunse la confisca dei beni per i senatori ed i cavalieri ed i cesariani. Queste misure erano destinate soprattutto a rimpinguare le casse statali, ma anche a indebolire le comunità cristiane privandole delle guide spirituali e delle risorse finanziarie. La morte del vescovo di Roma Sisto è riportata in una lettera di Cipriano; lui stesso, inizialmente esiliato, secondo degli Atti fu decapitato poche settimane dopo. [51]

Quando nel 260 Valeriano fu fatto prigioniero dei persiani, suo figlio Gallieno concesse a tutti di rientrare dall'esilio e restituì alle chiese i loro beni. </ref>

Nel 274 Aureliano antepose a tutte le divinità pagane il Sol Invictus, istituendo una sorta di monoteismo ufficiale. [52] I cristiani quindi professavano ancora una religione illecita, ma non erano perseguitati e poterono tornare ad accogliere sempre nuovi fedeli, diffondendosi sempre più anche nell’aristocrazia e nelle campagne [53] [54].

La “grande persecuzione” modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Persecuzione di Diocleziano.

Fondatore di una tetrarchia, Diocleziano ne voleva fondare il potere assoluto sul sistema religioso tradizionale[55]. Nel 303 ordinò quindi l'avvio di una nuova persecuzione che, con durezza diversa nelle quattro aree dell'impero, durò fino al 311 e fece molti martiri[1].[56] [57] [58]

Le ultime fasi modifica

Il 30 aprile 311 Galerio, in punto di morte, emanò l'Editto di tolleranza che ordinava la cessazione delle persecuzioni. Nel testo trascritto da Eusebio, Galerio spiega le ragioni della persecuzione ma ne deplora il risultato, cioè che i cristiani non si rivolgono più né agli dèi pagani, né al loro dio [59]. In realtà queste si erano già arenate e nelle lotte per il potere i cristiani, per nulla vinti, avrebbero potuto rivestire un ruolo importante [60].

La conversione di Costantino dopo la vittoria su Massenzio [61] al ponte Milvio nel 312 è leggenda, ma la sua conferma all’editto di Galerio consentirà la definitiva libertà di culto ai cristiani in tutta la parte occidentale dell’impero. Purtroppo alla fine delle persecuzioni seguirà immediatamente la lotta interna alla Chiesa: nello stesso anno Costantino dovrà prendere posizione contro i donatisti e nel 317 invierà l’esercito [62].

In oriente invece Massimino Daia porterà avanti la persecuzione fino alla sconfitta subita nel 313 dal legittimo successore di Galerio, Licinio [63]. Secondo Eusebio quest’ultimo, che pure aveva condiviso a Milano la linea tollerante di Costantino, sarebbe poi stato protagonista di una nuova fase di ostilità, nella quale i martiri non sarebbero stati molti [64] [65]. Flavio Claudio Giuliano (che i cristiani avrebbero chiamato Giuliano l’Apostata), ultimo imperatore pagano di Roma, non vietò il culto cristiano, e neppure perseguitò i cristiani. Si limitò a privare i cristiani del diritto di insegnare la letteratura (Omero, Virgilio, ecc., ovvero i miti del politeismo) in quanto i cristiani a quei miti si opponevano direttamente ed all'epoca in modo virulento e, spesso perfino violento, tanto che un altro elemento del dissidio cristiano con l'imperatore Giuliano fu una condanna a pagare la ricostruzione di uno dei templi pagani incendiati dai cristiani.[66] [67].

Secondo W.H.C. Frend le persecuzioni lasciarono in eredità la lotta alle eresie e la separazione tra chiesa e stato [68]. Con l'Editto di Tessalonica del 380 si diede il via alle persecuzioni dei pagani.

Note modifica

  1. ^ a b c La stima del numero totale di vittime è estremamente difficile: C. Lepelley (I cristiani e l’Impero romano in AA.VV., Storia del Cristianesimo – Vol. 1 a cura di L. Pietri Il nuovo popolo: dalle origini al 250, 2003, Borla / Città Nuova, Roma, p. 248) sostiene che fino a prima della persecuzione di Decio i martiri sarebbero stati “diverse migliaia”. Le cifre non dovettero variare molto in seguito: secondo W.H.C. Frend (Martyrdom and Persecution in the Early Church, 1965, Basil Blackwell, Oxford, p. 413) furono probabilmente centinaia sotto Decio; per la "grande persecuzione", A. Marcone (La politica religiosa in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L’età tardoantica, tomo I Crisi e trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. 239) ritiene abbastanza attendibile la cifra di 91 vittime fornita da Eusebio per la sola provincia di Siria Palestina.
  2. ^ W.H.C. Frend Persecutions: genesis and legacy in AA.VV., The Cambridge History of Christianity - Vol. 1: Origins to Constantine, 2006, New York, Cambridge University Press, p. 506
  3. ^ Lepelley cit. p. 227.
  4. ^ W.A. Meeks Il cristianesimo in AA.VV. Storia di Roma - vol. 2 L’impero mediterraneo, tomo III La cultura e l’impero, 1992 Einaudi, p. 284
  5. ^ Meeks cit. p. 301
  6. ^ Frend, 2006 cit. p. 504
  7. ^ W. Liebeschütz La religione romana in AA.VV. Storia di Roma - vol. 2 L’impero mediterraneo, tomo III La cultura e l’impero, 1992 Einaudi,p. 265; a p. 267 esprime scetticismo sul timore di cospirazioni dei cristiani
  8. ^ Lepelley cit. p. 232-233.
  9. ^ Liebeschütz cit. p. 260 ss.
  10. ^ Lepelley cit. a p. 230 riporta l’invito di Clemente di Roma a pregare, secondo la tradizione paolina, per i depositari dell’autorità.
  11. ^ Meeks cit. p. 299. A p. 300 l’autore aggiunge: “In ogni caso la conversione della gran maggioranza dei cristiani fu senza dubbio meno radicale di quanto i loro capi avrebbero desiderato”, spiegando che la maggior parte dei cristiani era inserita nella società in quasi ogni ceto. Anche Tertulliano ne dà conferma, v. Frend, 2006 cit. p. 512.
  12. ^ Galerio, in un passo dell’Editto di tolleranza tradotto in Marcone cit. p.230-1 avrebbe in seguito scritto: “tale era l’insensatezza che si era impadronita dei cristiani, che essi non osservavano quegli istituti degli antichi, che forse erano stati creati dai loro padri, ma a proprio arbitrio, così come loro aggradava, si davano da sé medesimi le leggi da osservare e riunivano vari popoli nei luoghi più disparati”.
  13. ^ A. Marcone cit. a p. 223 riporta la tesi di W. Portmann, Zu den motiven der diokletianischen Christenverfolgung in Historia, XXIX (1990), pp. 212-248 “per il quale la persecuzione dioclezianea (e, in certa misura, quelle precedenti del III secolo) sarebbe stata motivata dalla minaccia contro la disciplina pubblica rappresentata dalle contese «tra» i cristiani”.
  14. ^ Lepelley cit. p. 242
  15. ^ Frend, 2006 cit. p. 507-9
  16. ^ Meeks cit. p. 299 riporta che già con Plinio il Giovane in Bitinia, densamente cristianizzata, i macellai che vendevano le carni degli animali sacrificati erano danneggiati dalla diserzione dei culti
  17. ^ Marcone cit. p. 239 pone tra i motivi della persecuzione di Massimino Daia la difesa della religione ufficiale e dei redditi prodotti da pellegrinaggi e feste religiose
  18. ^ a b c Antonio Spinosa, Tiberio, p. 209.
  19. ^ M. Sordi-I. Ramelli, Il senatoconsulto del 35 in un frammento porfiriano, p. 59.
  20. ^ M. Sordi, I Cristiani e l'Impero Romano, p. 24-29.
  21. ^ Lepelley cit. p. 229.
  22. ^ Frend, 2006 cit. p. 505-506
  23. ^ Meeks cit. p. 297
  24. ^ Lepelley cit. p. 235-6.
  25. ^ Frend, 2006 cit. p. 506-8
  26. ^ Lepelley cit. p. 244
  27. ^ Alcuni cristiani avrebbero all'inizio accolto con entusiasmo la possibilità di ottenere il martirio: gli scrittori della chiesa cristiana degli inizi si occuparono molto delle condizioni in base alla quali l'accettazione del martirio poteva essere considerato un destino accettabile, o, viceversa, essere considerato quasi come un suicidio. I martiri erano considerati esempi da seguire della fede cristiana e pochi dei primi santi non furono anche martiri. Nel contempo il suicidio era considerato dai cristiani un grave peccato e veniva associato ad un tradimento della propria fede, l'esatto opposto della "testimonianza" di essa nel martirio: alla maniera di Giuda il traditore, non di Gesù il salvatore. Il Martirio di Policarpo, del II secolo, registra la storia di Quintus, un cristiano che si consegnò alle autorità romane, ma con atto di codardia finì per sacrificare agli dèi romani quando vide le fiere nel Colosseo: "Per questo motivo quindi, fratelli, non lodiamo quelli che si consegnano, perché il vangelo non insegna ciò." Giovanni l'Evangelista non accusò mai Gesù di suicidio o di auto-distruzione, ma dice piuttosto che Gesù scelse di non opporre resistenza all'arresto e alla crocifissione.
  28. ^ Lepelley cit. p. 237
  29. ^ Frend, 2006 cit. p. 508
  30. ^ Lepelley cit. p. 245
  31. ^ Frend, 2006 cit. p. 509
  32. ^ Meeks cit. p. 301
  33. ^ Lepelley cit. p. 246-248
  34. ^ Frend, 2006 cit. p. 511
  35. ^ Come riportato in Lepelley cit. p. 225
  36. ^ C. Lepelley cit. p. 250 sostiene che le idee montaniste sul martirio furono probabilmente tra le cause delle repressioni avvenute sotto Marco Aurelio
  37. ^ L. Pietri e J. Flamant La crisi dell’Impero romano e l’affermazione di una nuova religiosità in AA.VV., a cura di C. e L. Pietri Storia del Cristianesimo – Vol. 2 La nascita di una cristianità (250 - 430) p. 36-38
  38. ^ Liebeschütz cit. p. 250
  39. ^ Pietri e Flamant cit. p. 43
  40. ^ Lepelley cit. p. 251
  41. ^ Frend, 2006 cit. p. 511
  42. ^ Lepelley cit. p. 251
  43. ^ Frend, 2006 cit. p. 512
  44. ^ Lepelley cit. p. 253-4
  45. ^ M. Silvestrini (Il potere imperiale da Severo Alessandro ad Aureliano in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L’età tardoantica, tomo I Crisi e trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. 169
  46. ^ M. Silvestrini p. 179 ritiene ragionevole che Decio, come poi Valeriano, intendesse anche “orientare verso motivi pretestuosi l’ostilità popolare” in quel contesto difficile.
  47. ^ Frend, 2006 cit. p. 514
  48. ^ G. Filoramo Alla ricerca di un'identità cristiana in AA.VV., a cura di G. Filoramo e D. Menozzi Storia del Cristianesimo – L’antichità, 1997, Editori Laterza, Bari p. 248.
  49. ^ L. Pietri Le resistenze: dalla polemica pagana alla persecuzione di Diocleziano in AA.VV., Storia del Cristianesimo – Vol. 2 La nascita di una cristianità (250 – 430), p. 157-161.
  50. ^ Frend, 2006 cit. pp. 513-514
  51. ^ Filoramo cit. p. 253.
  52. ^ Per Liebeschütz cit. p. 249 questa iniziativa fu consona alla tradizione e non va sopravvalutata
  53. ^ Frend, 2006 cit. p. 513-6
  54. ^ L. Pietri cit. p. 168-171
  55. ^ A. Chastagnol L’accentrarsi del sistema: la tetrarchia e Costantino in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L’età tardoantica, tomo I Crisi e trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. 199-200
  56. ^ Frend 2006, cit.
  57. ^ Chastagnol cit.
  58. ^ Marcone cit.
  59. ^ Marcone cit. p. 240
  60. ^ L. Pietri cit. p. 180.
  61. ^ Marcone cit. a p. 237 sostiene che Massenzio adottò con i cristiani una politica tollerante.
  62. ^ C. Pietri Il fallimento dell’unità “imperiale” in Africa – La resistenza donatista in AA.VV., Storia del Cristianesimo – Vol. 2 La nascita di una cristianità (250 – 430) p. 224-5
  63. ^ L. Pietri cit. p. 181.
  64. ^ C. Pietri La conversione: propaganda e realtà della legge e dell’evergetismo in AA.VV., Storia del Cristianesimo – Vol. 2 La nascita di una cristianità (250 – 430) p. 198-200.
  65. ^ Chastagnol cit. p. 217
  66. ^ J. Flamant e C. Pietri La dissoluzione del sistema costantiniano: Giuliano l’Apostata in AA.VV., Storia del Cristianesimo – Vol. 2 La nascita di una cristianità (250 – 430) p. 334-9
  67. ^ G.W. Bowersock I percorsi della politica in AA.VV. Storia di Roma - vol. 3 L’età tardoantica, tomo I Crisi e trasformazioni, 1993 Einaudi, Torino, p. p.534-5
  68. ^ Frend, 2006 cit. p. 521-3

Bibliografia modifica

  • AA.VV. a cura di L. Pietri, Storia del Cristianesimo - Vol. 1: Il nuovo popolo: dalle origini al 250, Roma, Borla / Città nuova, 2003. ISBN 88-263-1446-2, ISBN 88-311-9273-6.
  • AA.VV. a cura di C. e L. Pietri, Storia del Cristianesimo - Vol. 2: La nascita di una cristianità (250 – 430), Roma, Borla / Città nuova, 2003, ISBN 978-88-263-1333-7.
  • AA.VV. a cura di E. Gabba e A. Schiavone, Storia di Roma - vol. 2 L’impero mediterraneo, tomo III La cultura e l’impero, Torino, G. Einaudi, 1992, ISBN 88-06-12842-6.
  • AA.VV. a cura di A. Carandini, L.C. Ruggini e A. Giardina, Storia di Roma, vol. 3 L’età tardoantica, tomo I Crisi e trasformazioni, Torino, G. Einaudi, 1993. ISBN 88-0611744-0.
  • W.H.C. Frend, Martyrdom and Persecution in the Early Church, Oxford, Basil Blackwell, 1965.
  • AA.VV., The Cambridge History of Christianity - Vol. 1: Origins to Constantine, New York, Cambridge University Press, 2006, ISBN 0-521-81239-9.
  • AA.VV., a cura di G. Filoramo e D. Menozzi, Storia del Cristianesimo – L’antichità, Bari, Editori Laterza, 1997, ISBN 88-420-5230-2.

Voci correlate modifica

Categoria:Storia dell'antica Roma Categoria:Storia antica del Cristianesimo