Utente:SunOfErat/Sandbox11

traduzioni varie: Le Voyage dans la Lune, in Il Cinema ritrovato XXV edizione: Bologna, 25 giugno - 2 luglio 2011, Edizioni Cineteca di Bologna, 2011, pp. 131-133
traduzione: Roland Cosandey e Jacques Malthete, "Le Voyage dans la Lune", Lobster Films/Georges Méliès, 2011. Una resurrezione d'inizio secolo ovvero l'arte del ciarlatano., in Immagine. Note di Storia del Cinema, traduzione di Michele Canosa, 4 (IV serie), luglio-dicembre 2011, pp. 25-30.
risposta: Serge Bromberg, Le Voyage dans la Lune: Une restauration exemplaire, in Journal of Film Preservation, 87, ottobre 2012, pp. 11-15.
  • Stella Dagna, Perché restaurare i film?, ETS, 2014, pp. ??????
estratto
  • Thierry Méranger, La face colorée de la Lune, in Cahiers du Cinéma, dicembre 2011, pp. 54-55.




Il restauro di questi 14 minuti di film, che è durato dal 1999 al 2011, rappresenta senza meno la più straordinaria maratona mai intrapresa in casi analoghi. Serge Bromberg e Eric Lange, che avevano appena riscoperto 30 film di Méliès, 17 dei quali ritenuti perduti, furono informati dell'esistenza della copia nel 1999 dall'allora direttore della Filmoteca, il recentemente scomparso Anton Giménez, il quale li avverti che si trovava in uno stato di totale decomposizione. Nondimeno, si accordarono per scambiarlo con una copia di un film colorato a pochoir di Segundo de Chomón, L'Araignée d'or [Il ragno d'oro], che venne presentato a Pordenone nello stesso anno. Quando il film giunse a Parigi, il pessimismo di Giménez parve giustificato: il rullo si era solidificato in un unico blocco. Svariati laboratori specializzati confermarono che qualsiasi tentativo di salvataggio, anche parziale, era improponibile. Tuttavia, gli indomiti Bromberg e Unge si accorsero che la decomposizione e l'adesione erano peggiori soprattutto sui bordi: all'interno di questo cilindro all'apparenza compatto, le immagini erano in gran parte ancora separate e intatte. Con pazienza certosina, aiutandosi con un cartoncino flessibile, le 13.375 immagini furono separate, una ad una. A volte emersero in strisce sottili, a volte si spezzarono in frammenti. I laboratori della Haghefilm applicarono un trattamento chimico che dette alla pellicola una flessibilità temporanea, dato che una flessibilità di lunga durata ne avrebbe affrettato la definitiva e ineluttabile decomposizione. Ciò permise comunque di salvare un terzo del film su un intemegativo a colori. Il rimanente, in frammenti molto piccoli, fu pazientemente fotografato, fotogramma per fotogramma, con una nuova camera digitale a 3 milioni di pixel che si rese disponibile durante lo svolgimento del lavoro. L'intero processo per salvare le immagini sopravissute richiese ben oltre 2 anni. Nell'aprile 2010, usando le ultime tecnologie, la Lobster, la Fondation Groupama Gan pour le Cinéma e la Fondation Technicolor pour le Patrimoine du Cinéma decisero di tentare un assemblaggio finale di tutti gli elementi, integrando le parti mancanti con materiale in bianco e nero con colorazione digitale a mano intonata ai fotogrammi sopravvissuti: un altro anno di lavoro, portato avanti dai Technicolor Creative Services di Hollywood, sotto la supervisione di Tom Burton. Un altro anno di lavoro, a un decennio di distanza dall'inizio del restauro, con un costo complessivo di 400.000 euro. Furono questi sponsor a convincere la Lobster "a dotare il film di un proprio soundtrack originale, e a fare del restauro un evento all'altezza del film di Georges Méliès", pertanto commissionarono una partitura al gruppo francese AIR, che spiega: "all'inizio la nostra musica era decisamente pop; è diventata più sperimentale nel cono del tempo". La première del restauro è avvenuta nella serata inaugurale del Festival di Cannes del 2011. Alle Giornate il film viene presentato con la colonna sonora registrata, che ormai si deve considerare parte integrante del restauro del 201 I.