Sūrya

dio indiano del sole e della vitalità.
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Sūrya (Devanagari: सूर्य, "la luce suprema") è una divinità induista che rappresenta, anche etimologicamente, la versione indiana dell'Elio greco-romano, cioè il Sole.

Scultura di Surya, il dio del Sole

È conosciuto con molti nomi, tra cui Aditya, Arka, Bhanu, Savitr, Pushan, Ravi, Martanda, Mitra, Bhaskara, Prabhakara, Kathiravan, e Vivasvat.[1] Nell'astrologia indiana, è uno dei Navagraha, le divinità dedicate ai principali corpi celesti.

Iconografia modifica

Di solito è effigiato con un solo capo, talora con tre, in rapporto alle principali stazioni solari annuali e giornaliere. Veniva escluso il "Quarto Passo", che secondo le antiche credenze (teoria della terra piatta) avveniva agli Inferi (dal tramonto all'alba, oppure fra l'autunno e la primavera). Guida un carro trainato da cavalli, di solito sette, che rappresentano i sette colori della luce visibile e i giorni della settimana[1].

Culto modifica

Sūrya è una delle divinità principali dell'induismo, ed è presente anche nelle tradizioni buddista e giainista. Nella Smārta, è considerato colui che realizza il Brahman, la verità eterna[2]. Adorato fin dal periodo vedico, nei tempi mitologici era considerato la divinità suprema, ed è citato come padre spirituale di Rama e Karna, rispettivamente nel Ramayana e nel Mahabharata[3]. A partire dall'epoca medioevale tuttavia la sua importanza diminuì, furono costruiti meno templi a lui dedicati, e per certi versi ha avuto la tendenza a fondersi con altre divinità come Visnù o Shiva, o visto come sussidiario a esse[4].

Genealogia modifica

Sūrya è indicato come figlio del saggio Kaśyapa e della dea madre Aditī, da cui l'appelativo "Āditya" (figlio di Aditī). Ha due mogli, Saranyū, figlia del dio artigiano Viśvakarmā (o Tvaṣṭṛ), e Chhaya, nata dall'ombra di Saranyū[5]. È considerato il progenitore dell'umanità, in quanto padre di Vaivasvata Manu, il primo uomo nel corrente Manvantara (era cosmica). Altri figli di Sūrya sono gli dèi Yama, Yamuna, Revanta e i due gemelli Ashvin, avuti da Saranyū, e Shani, Tapati e Vishti, avuti da Chhaya. Anche Savarni Manu, il primo uomo nel prossimo Manvantara, è detto essere figlio di Sūrya e Chhaya[6].

Note modifica

  1. ^ a b (EN) Roshen Dalal, Hinduism: An Alphabetical Guide, Penguin Books India, 2010, pp. 5, 39, 247, 343, 399–400, ISBN 978-0-14-341421-6. URL consultato il 26 settembre 2016 (archiviato l'8 giugno 2020).
  2. ^ Gavin Flood, An Introduction to Hinduism, Cambridge University Press, 1996, ISBN 9780521438780 (archiviato dall'url originale il 29 novembre 2016).
  3. ^ R. T. Vyas e Umakant Premanand Shah, Studies in Jaina Art and Iconography and Allied Subjects, Abhinav Publications, 1995, pp. 23–24, ISBN 978-81-7017-316-8 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2020).
  4. ^ Pathak, Ratnesh K., Humes, Cynthia Ann, "Lolark Kund: Sun and Shiva Worship in the City of Light", [in] Living Banaras: Hindu Religion in Cultural Context, Bradley R. Hertel, Cynthia Ann Humes, [eds] pp. 206-211, 1993, SUNY Press, ISBN 0791413314, 9780791413319, google books (archiviato dall'url originale l'11 ottobre 2020).
  5. ^ (EN) Wendy Doniger, Saranyu/Samjna, in John Stratton Hawley, Donna Marie Wulff (a cura di), Devī: goddesses of India, Motilal Banarsidas, 1998, pp. 158–60, ISBN 81-208-1491-6.
  6. ^ (EN) B. K. Chaturvedi, Vishnu Purana, Diamond Pocket Books (P) Ltd., 2006, ISBN 978-81-7182-673-5.

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