Cleopatra morente

dipinto di Guercino

La Cleopatra morente è un dipinto olio su tela (173×237 cm) del Guercino, datato 1648 circa e conservato a Palazzo Rosso dei Musei di Strada Nuova a Genova.[1]

Cleopatra morente
AutoreGuercino
Data1648
TecnicaOlio su tela
Dimensioni173×237 cm
UbicazioneMusei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, Genova

Storia e descrizione modifica

Dai documenti antichi risulta un pagamento di 125 ducatoni (equivalente di 156 scudi) elargiti al pittore in data 24 marzo 1648 dal Monsignor Carlo Emanuele Durazzo di Genova per l'esecuzione di un dipinto avente questo soggetto.[1] Dopo un primo passaggio nelle collezioni di due fratelli nipoti dell'abate, circa un secolo dopo la tela in questione è nelle proprietà della famiglia Brignole, dov'è segnalata nel 1756 e nel 1766 nella loro residenza del capoluogo ligure, finché non viene donata dall'ultima rappresentante del casato, Maria Brignole-Sale, duchessa di Galliera, nel 1889 alla città, trovando quindi esposizione dapprima nel Palazzo Bianco e poi in quello Rosso.[1][2]

Un'altra opera di analogo soggetto, ma verosimilmente di qualità inferiore, risulta eseguita dal Guercino anche intorno al 1650, giacché l'8 marzo di quell'anno tal Girolamo Panesi, committente del dipinto, genovese residente a Roma, effettuò un pagamento in favore del pittore per 110 ducatoni (equivalente a 132 scudi).[1]

La commessa della tela genovese appariva sin dal principio di notevole prestigio, tant'è che per la sua realizzazione il Guercino chiese un compenso mediamente più alto rispetto a ciò che percepiva per le sue opere ritraenti figure intere a grandezza naturale.[1]

Il dipinto, seppur semplice nella costruzione della scena e nella cromia (in prevalenza dominano due colori, il bianco del letto e del corpo di Cleopatra e il porpora del tendaggio e del cuscino), appare sin dal principio monumentale e particolarmente raffinato, assumendo lo status di opera tra le più rilevanti del periodo tardo del pittore.[2]

Cleopatra è ritratta con sensualità in posizione distesa, morente per il morso dell'aspide, dalla cui ferita fuoriescono due gocce di sangue (secondo la storia, infatti la regina preferì la sorte del suicidio anziché quella della sconfitta in battaglia).[2] Fa da contorno un imponente drappo che dà teatralità a tutta la scena.[2]

Note modifica

Bibliografia modifica

  • P. Bagni, D. De Grazia, D. Mahon, F. Gozzi e A. Emiliani, Giovanni Francesco Barbieri Il Guercino 1591-1666, a cura di Denis Mahon, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1991, ISBN 9788877792846.
  • P. Boccardo, La Galleria di Palazzo Rosso Genova, Milano, Federico Garolla Editore, 1992, pp. 49-51.

Voci correlate modifica

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