Ferdinando Burlando

militare, partigiano e avvocato italiano

Ferdinando Burlando, chiamato anche "Diavolo Bianco" (Torino, 19 maggio 1923[1]Roma, 31 luglio 2014), è stato un militare, partigiano e avvocato italiano, medaglia d'oro al valor militare.

Biografia modifica

Nel 1941 dopo aver frequentato l'Accademia militare di Modena, venne destinato al Battaglione "Morbegno" del 5º Reggimento Alpini con il grado di sottotenente. L'8 settembre 1943 si trovava con il suo reparto al passo di San Candido in provincia di Bolzano. Decise di combattere contro i tedeschi e, dopo aver convinto gran parte dei suoi uomini a seguirlo, partì per la Val Pesio e passò nel canavese, iniziando così l'organizzazione delle prime formazioni partigiane, che diventarono poi la 9ª Divisione "Giustizia e Libertà".

Diventò comandante di brigata e con i suoi uomini portò a compimento diverse azioni audaci, nella zona di Cirié, nel canavese, nella Valli di Lanzo e nel Monferrato tanto da meritarsi l'appellativo "Diavolo Bianco". Ferito sette volte durante gli scontri subì undici interventi, venne catturato dai tedeschi e torturato, messo davanti al plotone d'esecuzione come metodo di tortura e infine liberato dai suoi uomini.

Burlando e il suo gruppo ebbero un ruolo preminente nella liberazione di Torino. Alla fine della guerra, promosso tenente, venne trasferito al Ministero della Guerra e successivamente posto in riserva come invalido di guerra, conseguì la laurea in legge all'Università di Roma e intraprese la professione di avvocato.

Burlando morì il 31 luglio 2014 a Roma[2].

Onorificenze modifica

«Sottotenente degli alpini, sdegnando per due volte la resa, sottraeva tutti i suoi uomini alla cattura da parte del tedesco e li costituiva in formazioni partigiane alle quali accorse numerosa schiera di giovani entusiasti ed impazienti di impugnare le armi contro l'oppressore. Animatore e trascinatore, dava prova di audacia superiore ad ogni umano ardimento in numerosi fatti d'arme, attaccando e sbaragliando con pochi uomini formazioni di autocolonne tedesche e, in audaci atti di sabotaggio, distruggendo diecine di pezzi di artiglieria nemica. Due volte arrestato, opponeva fiero silenzio alle sevizie infertegli sebbene ferito. Condotto tre volte innanzi al plotone di esecuzione che per sadica crudeltà non eseguiva l'infame sentenza, affrontava serenamente la morte che lo sfiorava senza ghermirlo; finché veniva arditamente liberato da una squadra di partigiani pochi minuti prima che il capestro, cui era stato condannato, ponesse fine al suo calvario. Sette volte ferito in distinti cruenti combattimenti, con le membra stroncate, sorreggendosi a stento sulle stampelle, riprendeva con maggiore ardore il suo posto di combattimento, compiendo ancora leggendarie gesta. Fulgido esempio di indomito valore e di altissimo amore di Patria.[3]»
— Piemonte, settembre 1943 - aprile 1945

Note modifica

  1. ^ Ferdinando Burlando scheda, su anpi.it. URL consultato il 4 maggio 2021.
  2. ^ Giorgio Napolitano, Cordoglio del Presidente Napolitano per la scomparsa del Capitano Ferdinando Burlando, Medaglia d'oro al Valor Militare, su presidenti.quirinale.it, Quirinale, 1º agosto 2014. URL consultato il 2 settembre 2014.
  3. ^ BURLANDO Ferdinando - Medaglia d'oro al valor militare, su quirinale.it, Quirinale. URL consultato il 6 dicembre 2008.

Collegamenti esterni modifica