Monastero di Santa Chiara (Urbino)

edificio religioso di Urbino

Il monastero di Santa Chiara è l'antico complesso claustrale delle monache clarisse di Urbino. Si tratta di uno dei principali monumenti cittadini e uno dei massimi esempi di architettura rinascimentale. Attualmente è sede dell'Istituto superiore per le industrie artistiche di Urbino.

Monastero di Santa Chiara
l'ex monastero verso il giardino pensile
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneMarche
LocalitàUrbino
IndirizzoVia Santa Chiara, 36
Coordinate43°43′23.56″N 12°38′15.96″E / 43.72321°N 12.637766°E43.72321; 12.637766
Religionecattolica
Arcidiocesi Urbino-Urbania-Sant'Angelo in Vado
ArchitettoFrancesco di Giorgio Martini
Stile architettonicorinascimentale
Inizio costruzionefine XV secolo
Completamentoprima metà del XVI secolo
Sito webpagina sull'ex monastero nel sito dell'Istituto superiore per le industrie artistiche

Storia modifica

Una prima struttura venne eretta in quel sito verso il 1420 per ospitare il Conservatorio delle donne vedove; nel 1456 ricevette la Regola dell'osservanza di santa Chiara da papa Callisto III per intercessione del duca Federico III da Montefeltro. Nel 1457 vi si ritirò in clausura la prima moglie del duca Federico III, Gentile Brancaleoni, e nel 1472 vi fu sepolta la seconda moglie del duca, Battista Sforza, per espressa volontà della defunta. Nel 1482 anche Elisabetta da Montefeltro, una delle figlie del duca Federico III, si ritirò in questo monastero, dopo la morte del marito Roberto Malatesta; dopo alcuni anni prese i voti e con la sua dote avviò la ristrutturazione del monastero, su progetto dell'architetto senese Francesco di Giorgio Martini, rimasto incompiuto per le sfavorevoli contingenze storiche.

Successivamente con la dinastia roveresca la chiesa fu abbellita internamente ed esternamente. Fino a divenire, dal 1538, il mausoleo ducale, con la sepoltura del duca Francesco Maria I Della Rovere, della moglie Eleonora Gonzaga, del figlio il cardinale Giulio Della Rovere, della nuora Giulia Varano (prima moglie del duca Guidobaldo II) e della nipote Eleonora o Lavinia Della Rovere (figlia del duca Guidobaldo II e di Vittoria Farnese). Verso gli anni venti del XVII secolo, Francesco Maria II Della Rovere decise d'intervenire sulla chiesa monastica riducendo la struttura originaria, rettangolare ad aula unica, nell'attuale edificio, a pianta centrale.

Nella storia dell'edificio non si registrò niente di particolare fino all'Unità d'Italia, con la conseguente confisca dei beni ecclesiastici. Così il Comune lo destinò prima ad Istituto di educazione femminile, poi, dal 1904, ad Ospedale civile. Quest'ultima destinazione d'uso portò a profonde trasformazioni, come la parziale demolizione delle celle delle novizie al primo piano sulle soprallogge (verso il giardino pensile), per ricavarne dei terrazzi. Inoltre furono demolite le cappelle funerarie delle monache sul lato a valle del giardino pensile e fu smantellato l'oratorio delle monache, dietro la chiesa, per realizzarvi una scala di accesso all'ex dormitorio; in origine il dormitorio e l'adiacente spulciatoio erano raggiungibili unicamente dalla rampa elicoidale. Furono cancellate le decorazioni secentesche nella chiesa, adibita a vestibolo dell'ospedale[1]. Negli anni settanta l'ospedale venne trasferito in un nuovo fabbricato, nella periferia della città, e così l'ex-monastero divenne sede dell'Istituto superiore per le industrie artistiche (ISIA)[2]; a questa nuova destinazione seguì un primo recupero della struttura. Si dovrà attendere il 22 settembre 2011 per il completo recupero dell'edificio, con il termine dei lavori di restauro, durati quattro anni, consentendo il risanamento di alcune parti; come la chiusura dei terrazzi sulle soprallogge (dove in origine vi erano le celle delle novizie) o l'abbattimento di una superfetazione novecentesca nel chiostro-cortile[3][4].

Nel lasso di tempo dei quattro anni dovuti al restauro, le salme della famiglia Montefeltro-Della Rovere vennero spostate dalla sede originale della cripta ad un luogo di "provvisoria" permanenza: uno degli sgabuzzini dei collaboratori scolastici dell'Istituto superiore per le industrie artistiche (ISIA). Oggi le spoglie dei più illustri della famiglia ducale rivestono in uno stato pietoso a causa di anni di cattiva gestione e progettate profanazioni.

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Note modifica

  1. ^ Mazzini, 2000.
  2. ^ sito web dell'ISIA, su isiaurbino.net, http://isiaurbino.net. URL consultato il 6 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 3 gennaio 2013).
  3. ^ l'ex monastero sul sito di travel italia, su guide.travelitalia.com, http://guide.travelitalia.com.
  4. ^ Monastero di Santa Chiara, su museionline.info, http://www.museionline.info, 9 Settembre 2015. URL consultato il 17 gennaio 2019.

Bibliografia modifica

  • Agnese Vastano (a cura di), Un capolavoro che risorge. Il monastero di Santa Chiara a Urbino. Restauro dell'architettura (vol. 1) - Ceramica d'eccellenza. Il monastero di Santa Chiara di Urbino. Nuovi ritrovamenti (vol. 2), Sant'Angelo in Vado, 2011.
  • Agnese Vastano (a cura di), Enigmi e Nuove Scoperte - Il monastero di Santa Chiara di Urbino, Urbino, 2012.

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