Palazzo Tinghi

palazzo di Udine

Il Palazzo Tinghi è un palazzo storico di Udine, sito in Via Vittorio Veneto.

Palazzo Tinghi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneFriuli-Venezia Giulia
LocalitàUdine
IndirizzoVia Vittorio Veneto, 36
Coordinate46°04′N 13°14′E / 46.066667°N 13.233333°E46.066667; 13.233333
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1300 circa
Realizzazione
ProprietarioStato italiano

Storia modifica

La famiglia Tinghi da Bel Monte, originaria di Siena, si era stabilita a Udine fin dal 1320. Da essa uscirono personaggi eminenti della vita civile e religiosa friulana. Nel XVI secolo aveva stretto rapporti con il cardinale Pompeo Colonna, nominato da Carlo V viceré di Napoli. Il fabbricato trecentesco, passato nei secoli successivi per diverse mani, fu ristrutturato nelle forme attuali ai primi del Cinquecento. Fra il 1532 e il 1533 fu chiamato ad affrescare l'intero prospetto della dimora Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone all'apice della fama. La complessa impresa decorativa con scene ispirate alla Gigantomachia, un tema allusivo alle vicende politiche e militari legate a Carlo V, destò vasta risonanza, tanto che Giorgio Vasari dedicò a essa una particolareggiata descrizione nelle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori[1], seguito poi dal Ridolfi[2]. Entro gli spazi scanditi dal doppio ordine di finestre architravate sopra le arcate dei portici, con la trifora al primo piano e il poggiolo al secondo, l'artista compose una fitta trama di episodi allegorico-mitologici. Oggi molto rovinati, erano ancora in gran parte leggibili alla fine dell'Ottocento, tanto che Giovanni Battista Cavalcaselle ne fa una accurata descrizione:

«Vedesi nella parte superiore, nel mezzo, una colonna, e sopra un capitello c'è un cappello da cardinale, e ai lati della colonna una Sirena e un Nettuno. Fra le finestre fece dei finti bassorilievi con serene e mostri che scherzano, coloriti con verde sopra fondo giallo chiaro. Più in basso fece dei finti bassorilievi ove dipinse degli uomini che conducono a sacrificare gli animali, seguiti da molta gente, e d'innanzi all'ara i Sacerdoti in atto di pregare o di sacrificare, anche questi dipinti sono a chiaro scuro ed in gran parte mancano del colore. Sotto nei tre campi più grandi, ove in uno c'erano i giganti fulminati da Giove e il combattimento loro, poco o nulla si scorge: e oltre di ciò nel mezzo della facciata, furono aperte posteriormente tre finestre che hanno mutilato il dipinto. Nel terzo campo rimane ancora parte del fresco dell'Olimpo, con due giganti che, con bastoni in mano, stanno in atto di percuotere Diana. Tra le finestre del secondo piano rimangono parte delle finte nicchie, cogli avanzi di alcune figure allegoriche, di Diana, di Nettuno, del dio Pane e di Minerva. Sotto nel cornicione sono dei finti basso rilievi come combattimenti a chiaroscuro sopra fondo giallo chiaro: e fra ilo muro sopra gli archi retti da colonne che sostengono la facciata, sono gli avanzi di teste d'imperatori romani a chiaro scuro.»

Al piano nobile, una saletta venne decorata nel 1535 da Pomponio Amalteo (1505-1588). Su un fondo dotato di finti mattoni, sono dipinti degli amorini che giocano fra rami e animali fantastici. Nel centro di ciascuna parete, si aprono tre scene di vita campestre mentre sulla quarta, prospiciente la strada è raffigurata l’Annunciazione.

Tra il 1795 e il 1812 l'edificio ospitò l'albergo Croce di Malta, molto importante nella storia della vecchia Udine, poi trasferito in via Rialto. Agli anni venti dell'Ottocento si deve una trasformazione del piano nobile secondo lo stile neoclassico. Nel salone passante, cuore del palazzo, si trova un gesso di Antonio Marsure (1807-1884) raffigurante la Morte di Epaminonda eseguito intorno al 1828 e 1829. Tale opera risulta già citata nella Guida di Udine di Ludovico Rota del 1847:

«Havvi in plastica il bellissimo saggio fatto dal bravo Marsure Antonio di Pordenone pel gran premio di Milano. Rappresenta egli la morte di Epaminonda sulla cui faccia trapela la gioia per l'annunzio della riportata vittoria e per la vista del recuperato suo scudo, ed in pari tempo lo acerbissimo dolore cagionatogli dal mortal dardo che colla più scrupolosa attenzione strappagli dal petto il chirurgo, l'attitudine delle braccia dell'Eroe, gli atteggiamenti de' personaggi secondari hanno la più viva espressione. Il tutto è una vera tragedia.»

Il gesso del Marsure, come scrive Maurizio Buora[5], è praticamente l'unica sua opera rimasta in Udine. Il salone nobile che ospita il gesso mostra ancora la ripartizione tipicamente neoclassica delle pareti; essa accompagna e ingloba i riquadri cinquecenteschi delle porte. Un salottino presenta un soffitto sagomato in forma di pseudovolta a botte, con vele laterali che circondano le lunette. La decorazione pittorica lo suddivide in riquadri poligonali (losanghe e pentagoni) inquadrati da cornici vegetali e racchiudenti motivi decorativi con tempietti, gemme etc. alternate a figurine simboliche allusive alle arti. Motivi stilistici e concordanze di date fanno ritenere che la decorazione sia opera di Giuseppe Borsato (1770-1849) realizzata in concomitanza con la collocazione del gesso del Marsure.

Note modifica

  1. ^ Giorgio Vasari, Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del 1568, Firenze, G. Milanesi, 1880, pp. 112-113.
  2. ^ Carlo Ridolfi, Le meraviglie dell'arte, Berlino, von Hadeln, 1914, pp. 118-119;.
  3. ^ Giovanni Battista Cavalcaselle, Vita ed opere dei pittori friulani dai primi tempi sino alla fine del secolo XVI illustrate da Giov. Battista Cavalcasselle [sic] alle quali fa seguito l’inventario delle opere d’arte del Friuli: opera divisa in quattro parti e un’appendice [di G. U. Valentinis], Udine, 1876 (edito in G.B. Cavalcaselle, La pittura friulana del rinascimento, a cura di Giuseppe Bergamini Introduzione di Decio Gioseffi, Vicenza, Neri Pozza, 1973.
  4. ^ Maurizio Buona, Guida di Udine, 1986, pp. 232-233.
  5. ^ Maurizio Buora, Marsure, Borsato e la decorazione ottocentesca di Palazzo Tinghi a Udine ovvero echi foscoliani nella produzione artistica cittadina del primo ottocento, in Sot la nape, n. 1, 1987, pp. 43-54.

Bibliografia modifica

  • Giorgio Vasari, Vite de ' più eccellenti pittori, scultori e architettori, 1568, pp. 112-113.
  • Carlo Ridolfi, Le meraviglie dell’arte ovvero le vite degli illustri pittori veneti e dello stato, 1648, pp. 118-119.
  • Fabio di Maniago, Storia delle belle arti friulane, Udine, 1823, pp. 72-73-198-199.
  • Ludovico Rota, Cenni su alcuni oggetti di belle arti ed utili istituzioni esistenti nella R. Città di Udine Capitalle della Provincia del Friuli, Udine, 1847, p. 22.
  • titolo$Vita ed opere dei pittori friulani dai primi tempi sino alla fine del secolo XVI illustrate da Giov. Battista Cavalcasselle [sic] alle quali fa seguito l’inventario delle opere d’arte del Friuli: opera divisa in quattro parti e un’appendice Giovanni Battista Cavalcaselle, Udine, 1876.
  • Giuseppe Bergamini, La pittura friulana del rinascimento, Vicenza, 1973.
  • Charles E. Cohen, Pordenone's Painted Facade on the Palazzo Tinghi in Udine, 1974, pp. 445-457.
  • Maurizio Buona, Guida di Udine, 1986, pp. 232-233.
  • Maurizio Buora, Marsure, Borsato e la decorazione ottocentesca di Palazzo Tinghi a Udine ovvero echi foscoliani nella produzione artistica cittadina del primo ottocento, 1987, pp. 43-54.

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