Pauli Arbarei

comune italiano in Sardegna

Pauli Arbarei è un comune italiano di 547 abitanti[1] della provincia del Sud Sardegna, nella subregione storica della Marmilla.

Pauli Arbarei
comune
Pauli Arbarei – Stemma
Pauli Arbarei – Bandiera
Pauli Arbarei – Veduta
Pauli Arbarei – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Sardegna
ProvinciaSud Sardegna
Amministrazione
SindacoAntonio Sanna (lista civica) dall'11-10-2021
Territorio
Coordinate39°39′39.54″N 8°55′18.63″E / 39.660982°N 8.921843°E39.660982; 8.921843 (Pauli Arbarei)
Altitudine140 m s.l.m.
Superficie15,14 km²
Abitanti547[1] (30-11-2023)
Densità36,13 ab./km²
Comuni confinantiLas Plassas, Lunamatrona, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar
Altre informazioni
Cod. postale09020
Prefisso070
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT111053
Cod. catastaleG382
TargaSU
Cl. sismicazona 4 (sismicità molto bassa)[2]
Nome abitanti(IT) paulesi
(SC) paulesus
Patronosan Vincenzo
Giorno festivo22 gennaio
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Pauli Arbarei
Pauli Arbarei
Pauli Arbarei – Mappa
Pauli Arbarei – Mappa
Posizione del comune di Pauli Arbarei
nella provincia del Sud Sardegna
Sito istituzionale

Geografia fisica modifica

Territorio modifica

Il centro abitato sorge a 140 metri sopra il livello del mare, ma il territorio di Pauli risulta compreso tra i 113 e i 239 metri, con un'escursione altimetrica complessiva di 126 metri.

Origini del nome modifica

Il toponimo compare nella dizione dialettale come “paui arbaare”, che riflette la denominazione presente negli atti più lontani, Guerra sardo-catalana#1365-1388, (trattato di pace del 1388 ).Pauli Arbarei è contemporanea all'altro toponimo in dialetto Paui çiçamus (Ambedue i toponimi derivano da una palude tra le due ville). La palude prosciugata stata prosciugata all'inizio del '900, alla fine dell'Ottocento, a iniziativa dei nobili Francesco Maria ed Emanuele Paderi, che l’acquistarono dal demanio. La pianura ricavata dal lago si ottenne una moderna azienda agricola, intitolata a Pietro Paderi, (eroe di guerra 1915/18), di oltre 200 ettari, tra le più moderne in Sardegna. Si sperimentarono le più moderne macchine a vapore, ed i primi Landini. Fu un incubatoio importante per tutta la meccanizzazione in Marmilla e Parte Montis- Arbarei sta per (ovvero di) Arborea, o anche salmastra. La Contemporanea “Pauli Sitzamus”,( cis-Palmas , oltre le palme) rimase deserto nel 1728. Nel sito segnato sulle mappe catastali de 19 esimo secolo sono indicati i ruderi. Secondo qualche studioso, l’aggiunta “Arbarei” è dovuta ai molti alberi da cui era circondato l’abitato.

Storia modifica

La zona era abitata già in epoca nuragica, per la presenza di numerosi villaggi nuragici. Dal numero di sepolture si ritiene che nel nuraghe bruncu mannu abitassero fino a 300 persone.[senza fonte]

 
Chiesa di S. Vincenzo

In epoca medioevale appartenne al Giudicato di Arborea e fece parte della curatoria di Marmilla. Alla pace di Arborea risultano firmatari alcuni probi uomini di Sitzamus e di Pauli Arbarei. Alla caduta del giudicato (1410) entrò a far parte del Marchesato di Oristano. In seguito al fallimento della rivolta antiaragonese di Leonardo Alagon, ultimo marchese di Oristano, dopo la battaglia di Macomer (1478) tutta l'area passò sotto il dominio aragonese. In epoca aragonese fece parte dell'Incontrada di Parte Montis, appartenente alla contea di Quirra, feudo dei Carroz. La Chiesa di Pauli Arbarei fu per alcuni secoli mensa vescovile, tant'è vero che la parrocchia venne retta da un vicario. Nel 1603 la contea divenne un marchesato, feudo dei Centelles. In periodo sabaudo, nel 1798, passò agli Osorio de la Cueva, in possesso dei quali rimase fino al 1839 quando fu riscattato in seguito alla soppressione del sistema feudale. Il territorio è ricco e lo dimostrano i quattro edifici di culto di cui si ha traccia: la parrocchiale di San Vincenzo, la Chiesa di San Sebastiano, divenuta poi Monte Granatico; la chiesa di Sant'Agostino, ancora adibita al culto; la chiesa di Sant'Elena, distrutta, diventata una abitazione privata. Esistono poi i ruderi della chiesa di Santa Maria che si presume fosse la cappella di un monastero. Al centro dell'abitato si trova l'ex convento di frati Vincenziani, verosimilmente soppresso nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Fin dal 1500 risiedono in questo Comune svariate famiglie nobili, in particolare gli Usai e i Debosa L'esistenza del borgo è attestata nei documenti fino alla seconda metà del Settecento.

Simboli modifica

Lo stemma e il gonfalone del comune di Pauli Arbarei sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 9 gennaio 2001.[3]

«Stemma troncato: nel primo, d'azzurro, ai tre fenicotteri d'argento, uno accanto all'altro, con le zampe attraversanti la campagna paludosa di verde, con erbe palustri attraversanti sull'azzurro, in atto di pescare nella campagna stessa; nel secondo, di rosso, alle tre pecore d'oro, una accanto all'altra, pascolanti nella campagna di verde, con la testa e le zampe attraversanti. Ornamenti esteriori da Comune.»

Il gonfalone è un drappo troncato di rosso e d'azzurro.

Società modifica

Evoluzione demografica modifica

Abitanti censiti[4]

Lingue e dialetti modifica

La variante del sardo parlata a Pauli Arbarei è il campidanese occidentale.

Economia modifica

Le attività occupazionali principali sono l'agricoltura e la pastorizia. Risultano insistere sul territorio del comune un'attività industriale con 3 addetti, pari al 2,46% della forza lavoro occupata, 10 attività di servizio, con il 21,31% della forza lavoro occupata, altre 17 attività di servizio con 53 addetti, pari al 43,44% della forza lavoro occupata e 9 attività amministrative con 40 addetti, pari al 32,79% della forza lavoro occupata.

Note modifica

  1. ^ a b Dato Istat - Popolazione residente al 30 novembre 2023.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Pauli Arbarei, decreto 2001-01-09 DPR, concessione di stemma e gonfalone, su Archivio Centrale dello Stato. URL consultato il 22 luglio 2022.
  4. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28 dicembre 2012.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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