Tacitismo

studio e imitazione delle opere dello storico latino Tacito nell'ideologia e soprattutto nello stile

Il tacitismo è lo studio e l'imitazione, dal punto di vista stilistico o ideologico, delle opere dello storico latino Publio Cornelio Tacito.

Statua moderna di Tacito, davanti al Parlamento di Vienna
Statua moderna di Tacito, davanti al Parlamento di Vienna

Con il termine tacitismo si indica, in particolare, una corrente storiografica dei secoli XVI-XVII, che fece riferimento alle opere di Tacito per interpretare il proprio tempo e trarne insegnamenti etici e politici. Il tacitismo fu un fenomeno largamente presente nel periodo della Controriforma, per il quale il machiavellismo e la teoria della ragion di Stato, avversati dalla Chiesa di Roma per il loro carattere sovversivo e amorale, venivano celati sotto il riferimento all'opera di Tacito.[1][2] Il termine tacitismo in questa accezione è una parola d'autore, coniata da Giuseppe Toffanin nell'opera Machiavelli e il tacitismo, pubblicata nel 1921.

Storia modifica

Antichità modifica

 
Copia del secolo XI degli Annales Fuldenses nella Bibliothèque Humaniste a Sélestat. In Annales Fuldenses, a. 852 si trova una dei pochi riferimenti altomedievali all'opera di Tacito.[3]

Tacito era ben noto ai suoi contemporanei; Plinio il Giovane, uno dei primi ammiratori della sua opera, si congratulò con lui per la sua precisione e predisse che le sue Historiae sarebbero state immortali: solo un terzo della sua opera, tuttavia, è sopravvissuto fino a noi e, per giunta, in un numero esiguo di manoscritti; dipendiamo da un unico manoscritto per i libri I-VI degli Annales e da un altro per l'altra metà superstite (libri XI-XVI) e per i cinque libri delle Historiae rimastici.[4] Le opere di Tacito sono state sicuramente utilizzate dagli storici del II e dei primi anni del III secolo, come Cassio Dione, che fa uso di Tacito nel suo resoconto dell'esplorazione della Britannia ad opera di Agricola, e Egesippo, che usò Tacito nel suo racconto della grande rivolta ebraica.[5] Il suo latino difficile e il suo stile ellittico, tuttavia, furono imitati solamente da Ammiano Marcellino, che realizzò una continuazione delle sue opere.[6] La sua popolarità diminuì con il tempo: i suoi ritratti a tinte fosche dei primi imperatori non potevano essere visti con favore nella Roma sempre più autocratica del Basso Impero, e il suo evidente disprezzo per l'ebraismo e il cristianesimo (entrambi pericolosi culti stranieri agli occhi di un aristocratico romano del I secolo) lo rese impopolare tra i primi Padri della Chiesa.[7] Lo scrittore del III secolo Tertulliano, per esempio, lo accusò di aver inventato la leggenda che gli Ebrei adoravano la testa di un asino nel Santo dei Santi e lo chiama "ille mendaciorum loquacissimus", 'il più loquace dei bugiardi'.[8]

Nel IV secolo sono stati individuati sparsi riferimenti alla sua vita e al suo lavoro. Flavio Vopisco, uno dei presunti Scriptores Historiae Augustae, lo cita due volte (Aureliano 2.1, Probo 2.7.) e lo nomina tra i disertissimos viros, gli uomini più eloquenti. Ammiano Marcellino, come accennato, iniziò le sue Storie dove Tacito aveva finito le sue. Girolamo lo conosceva e Sulpicio Severo utilizzò i suoi Annales come fonte per i passaggi su Nerone[9] o, secondo Arthur Drews, il passaggio delle Cronache di Sulpicio Severo fu in seguito inserito negli Annales. Dal V secolo in poi solo pochi autori sembrano conoscerlo: Sidonio Apollinare, che lo ammira, e Orosio, che a volte lo deride come uno sciocco e altre volte prende in prestito passaggi delle sue opere (compresi molti che sarebbero altrimenti andati perduti).[10] Cassiodoro e il suo discepolo Giordane (metà del VI secolo) sono gli ultimi autori antichi a fare riferimento a Tacito; Cassiodoro utilizza parti della Germania e Giordane cita l'Agricola, ma entrambi conoscono l'autore solo come Cornelio.[11]

Dopo Giordane Tacito scomparve dalla letteratura per circa due secoli[12], e solo quattro riferimenti certi alla sua opera compaiono fino al 1360. Due provengono da monaci franchi della Rinascita carolingia: gli autori degli Annales Fuldenses usarono gli Annales di Tacito, e Rodolfo di Fulda prese in prestito passi della Germania per la sua Translatio Sancti Alexandri.[13] Alcune opere di Tacito erano conosciute fin dal 1100 nell'Abbazia di Montecassino dove compaiono gli altri due riferimenti: Pietro Diacono utilizzò l'Agricola nella Vita Sancti Severi, e Paolino Veneto, vescovo di Pozzuoli, citò passi degli Annales nel suo De mapa mundi.[14][15] Reminiscenze di Tacito compaiono nella letteratura francese, inglese, tedesca e italiana dei secoli XII-XIV, ma in nessun caso una dipendenza diretta da Tacito può essere provata con certezza.[16] Fu solo quando Giovanni Boccaccio portò il manoscritto contenente Annales 11-16 e Historiae da Montecassino a Firenze, nel decennio 1360-1370, che Tacito iniziò a riconquistare terreno negli ambienti letterari.

Rinascimento italiano modifica

 
Frontespizio dell'opera omnia di Tacito nell'edizione di Giusto Lipsio del 1598.

Gli sforzi di Boccaccio ridiedero lustro all'opera di Tacito, che da allora cominciò a diffondersi nei circoli dei primi umanisti, Coluccio Salutati, Leonardo Bruni, Sicco Polenton. Tuttavia gli umanisti dei secoli XIV e XV preferivano lo stile regolare di Cicerone e la storiografia patriottica di Livio, che era di gran lunga il loro storico preferito.[17]

L'editio princeps delle opere di Tacito, contenente i libri XI-XVI degli Annales, I-V delle Historiae, il De origine et situ Germanorum e il Dialogus de oratoribus, venne pubblicata nel 1470, presso la tipografia veneziana di Wendelin von Speyer. Sotto papa Leone X fu scoperto nell'Abbazia di Corvey il codice Mediceo I contenente i primi libri degli Annales, editi da Filippo Beroaldo il Giovane a Roma nel 1515 e da Alessandro Minuziano nel 1517 a Milano insieme con il resto delle opere di Tacito.

All'inizio del XVI secolo, dopo l'espulsione dei Medici da Firenze, il loro ritorno, e le guerre d'Italia, Tacito tornò a d'attualità tra i teorici del repubblicanesimo classico. Niccolò Machiavelli fu il primo a vedere in Tacito un modello politico e letterario. Una citazione dagli Annales (13.19) appare nel capitolo 13 del Principe ("fu sempre opinione e sentenzia delli uomini savi, quod nihil sit tam infirmum aut instabile quam fama potentiae non sua vi nixa").[18] Il principe idealizzato ha una certa somiglianza con il Tiberio di Tacito; alcuni (in particolare Giuseppe Toffanin) hanno sostenuto che Machiavelli abbia fatto un uso maggiore di Tacito di quanto non traspaia dalle sue opere.[19] In realtà Machiavelli probabilmente non aveva ancora letto i primi libri degli Annales, che furono pubblicati solo dopo la stesura de Il Principe.[20]

Dopo la condanna di Machiavelli all'Indice dei libri proibiti, i filosofi politici dei paesi cattolici utilizzarono frequentemente l'autore romano al posto del filosofo fiorentino, e l'imperatore Tiberio come maschera del principe ideale. Autori come Francesco Guicciardini consideravano l'opera di Tacito un manuale per la costruzione di uno stato dispotico.[21] Seguendo questa linea di pensiero, i filosofi della Controriforma e dell'età dell'assolutismo videro nelle sue opere una fonte inesauribile di regole e principî da impiegare nell'azione politica. Nei Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini, ad esempio, Tacito è considerato «padre della prudenza umana e vero inventor della moderna politica» (I 84). Ancora a fine secolo Emanuele Tesauro avrebbe invitato i suoi lettori ad aprire gli Annales e le Historiae, «nuova scuola politica» in cui Tacito «insegna con quai massime si governi un principe accorto, ma cattivo, e con quai massime si debba governare un buon cittadino verso un tal principe» (La filosofia morale [...], Torino, Per B. Zavatta, 1672, l. XVII 15, p. 446).[22]

Contribuì alla fama di Tacito anche «il crescente interesse stilistico, per una cultura che stava esaurendo il ciceronianismo.»[23] L'opera di Tacito si diffuse soprattutto in seguito all'edizione critica del filologo fiammingo Giusto Lipsio (Anversa, 1574), vero e proprio bestseller della prima età moderna. Tra la fine del '500 e l'inizio del '600 furono pubblicate ben due traduzioni italiane dell'Opera omnia di Tacito: la prima ad opera del fiorentino Bernardo Davanzati (1º libro degli Annali 1596; tutte le opere, post., 1637); la seconda del senese Adriano Politi (1603; 10ª ed. 1665). Una nuova edizione critica con commento delle opere di Tacito (1607) fu curata dal fiorentino Curzio Picchena.[24] Molti furono gli studiosi italiani che si dedicarono all'analisi dell'opera di Tacito, come Virgilio Malvezzi, Traiano Boccalini e Scipione Ammirato.

Esperti e volgarizzatori dello storico latino non mancarono neanche in Spagna (Baltasar Álamos y Barrientos[25], Antonio Pérez[26]), in Francia[27] (Nicolas Perrot d'Ablancourt, Abraham Nicolas Amelot de la Houssaye) e in Germania (Christoph Pflug, Johann Heinrich Boeckler).[28][29] Sia Richelieu che Olivares furono lettori appassionati dell'autore latino, che presero a modello per la loro attività politica.[30]

Gli spagnoli del Siglo de Oro conobbero Tacito attraverso gli umanisti del Rinascimento italiano: l'edizione critica degli Annales pubblicata da Emilio Ferretti nel 1542; i Discorsi sopra Cornelio Tacito di Scipione Ammirato del 1593; il trattato Sopra i primi cinque libri di Cornelio Tacito di Filippo Cavriani del 1597. Grande influenza esercitò anche Giusto Lipsio, sia come editore delle opere di Tacito (Anversa, 1574-1584), che attraverso i suoi Politicorum sive civilis doctrinae libri sex (Leida, 1589). Le prime traduzioni castigliane degli scritti di Tacito risalgono alla seconda decade del XVII secolo: nel 1615 - a metà del barocco spagnolo - furono pubblicati a Madrid i primi cinque libri degli Annales tradotti in castigliano da Juan de la Cueva, un anno dopo la pubblicazione del Tácito Español ilustrado con aforismos di Baltasar Álamos de Barrientos; Le edizioni di Manuel Sueyro (Anversa, 1613) e Carlos Coloma (Dounai, 1629) risalgono anch'esse a questo periodo.[31]

«La moda del tacitismo aveva guadagnato anche i circoli tedeschi, e il problema della «Ragion di Stato» aveva grandemente stimolato specifiche curiosità studiose. In Germania, i Discorsi sopra C. Tacito dell'Ammirato apparvero, tradotti in latino, nel 1609 (Helenopoli) e nel 1618 (Francoforte); e l'Ammirato viene qualificato nel frontespizio come celeberrimo «inter neotericos scriptores». Peraltro, non mancherà chi considererà parallelamente «acutissimi» il Machiavelli e l'Ammirato. Del resto, si ha la prova che il nostro autore venne conosciuto anche attraverso la diretta visione del testo italiano: infatti, alcuni passi di esso risultano integralmente riprodotti dal Clapmar (1574–1604).»[32]

In Inghilterra durante la guerra civile sia i parlamentari che i realisti subirono l'influenza di Tacito. Mentre il poeta John Milton, segretario latino nel Consiglio di stato del Commonwealth, definì Tacito "il più grande nemico dei tiranni", rispondendo al monarchico francese Claudius Salmasius che aveva citato Tacito fuori contesto a sostegno della monarchia assoluta, lo storico realista Edward Hyde, I conte di Clarendon, mostrò una profonda fascinazione per lo storico latino. Nella sua History of Rebellion and Civil War, scritta durante l'esilio, Clarendon citò Tacito più di qualsiasi altro autore. Lo stile e il vocabolario di Clarendon erano distanti da quelli di Tacito e dei Tacitisti, ma riflettevano un grande interesse per la raffinatezza delle analisi politiche di Tacito e Machiavelli. Sebbene Clarendon abbia evitato di usare la parola preferita dai tacitisti "prudenza", usò spesso concetti analoghi come "abilità" (skill), "opportunità" (seasonableness) e "destrezza" (dexterity).[33]

Illuminismo modifica

 
Nel III numero del Vieux Cordelier Camille Desmoulins paragona la Roma di Tiberio descritta da Tacito alla Francia di Robespierre.

Durante l'Illuminismo Tacito fu ammirato soprattutto per la sua opposizione al dispotismo. Toffanin usa il termine "Tacitismo rosso" per descrivere l'interpretazione repubblicana di Tacito, in contrapposizione al "Tacitismo nero", di ispirazione machiavellica.[34] In letteratura Pierre Corneille nel suo Othon (1665) e Jean Racine nel suo Britannicus (1669) si ispirarono alle sue opere.[35][36] Anche Vittorio Alfieri prese ispirazione da Tacito per i suoi personaggi drammatici.[37] Edward Gibbon fu fortemente influenzato dallo stile dello storico latino nella sua History of the Decline and Fall of the Roman Empire.[38]

I rivoluzionari francesi, che avevano studiato Tacito fin dalla loro prima educazione, fecero molto uso delle sue critiche della tirannia e del suo amore per la repubblica. Tacito è, dietro Cicerone, Orazio e Plutarco, uno degli autori più citati dai membri dell'Assemblea Nazionale e Legislativa e dagli autori rivoluzionari come Jacques Pierre Brissot. Durante il regime del Terrore Camille Desmoulins e i redattori degli Actes des Apôtres lo utilizzarono per denunciare gli eccessi dei giacobini.[39] Nel terzo numero del Vieux Cordelier (quintidi frimaire, troisième décade, an II), Desmoulins traduce una serie di brani anti-monarchici tratti dalle opere di Tacito mettendo in evidenza la somiglianza tra il governo di Robespierre e il dispotismo di Tiberio.[40][41]

Napoleone, al contrario, attaccò le sue opere sia per lo stile che per i contenuti. L'aspirante fondatore di una dinastia imperiale, lodato da Goethe per la sua conoscenza della letteratura, conosceva il pericolo che le storie di Tacito potevano rappresentare per chi desiderava salire al potere. François-René de Chateaubriand, per esempio, aveva già paragonato il nuovo imperatore dei francesi ai peggiori imperatori di Roma, avvertendo che un nuovo Tacito avrebbe un giorno fatto per Napoleone quello che Tacito aveva fatto per Nerone.[42] La reazione dell'Imperatore fu feroce: lamentò con Goethe e Wieland che "Tacito vede intenzioni criminali nelle azioni più semplici, dipinge come assolute canaglie tutti gli imperatori per farci ammirare il suo genio nel descriverli".[43] In altre occasioni Napoleone giurò che Tacito, il pamphlétaire, aveva "calunniato gli imperatori" che il popolo romano aveva amato.[44] Sia durante il primo che durante il secondo impero l'opinione pubblica francese fu dunque spaccata in due tra gli ammiratori di Tacito, critici del bonapartismo, e i suoi detrattori, sostenitori della famiglia Bonaparte.[45]

Note modifica

  1. ^ Vedi: C. Cand., Ragion di Stato, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1938. URL consultato il 30 luglio 2019.
  2. ^ Una parte della critica non condivide questa interpretazione. Secondo il discepolo di Toffanin Rocco Montano, ad esempio: «Del movimento del tacitismo, cioè della speculazione politica che formulò, sulla base di Tacito, del ritratto di Tiberio dato dallo storico latino, i princìpi della scienza politica si è detto, e si dice, che fu una forma di machiavellismo camuffato. Poiché, si dice, durante la Controriforma, non si poteva far riferimento all’opera invisa di Machiavelli, si traevano da Tacito i princìpi di una politica cinica e priva di scrupoli, gli stessi che erano nel Principe. [...] Certamente il ritratto che dà Tacito di Tiberio rivela un maestro di crudeltà, astuzia, abilità politica, inganno rispetto al quale Cesare Borgia, che Machiavelli aveva presentato come “imitabile”, come modello del principe, appare come un rozzo novizio. Ma la differenza, essenziale, è che Tacito non magnifica Tiberio, anzi lo giudica con la più dura severità morale. Solo uno spirito intrinsecamente malvagio e privo di moralità potrebbe essere indotto a fare di Tiberio un modello da imitare. I lettori, i teorici della Controriforma videro messa a nudo, negli Annali, tutta la gamma della astuzia, iniqua o meno, praticata da Augusto e Tiberio. Essi sapevano che in molti casi anche la crudeltà, la forza, l’inganno sono necessari. Ma furono ben lontani dal trarre insegnamenti di negazione dei princìpi morali nella politica. Rilevarono ciò che era giustificabile e ciò che non lo era. Formarono una teoria politica fondata sulla piena consapevolezza delle dure necessità della politica, ma anche cosciente del fatto che il politico deve di volta in volta valutare l’esempio offerto, trovare ciò che è più conforme alle esigenze del popolo e a una politica più sana, più realistica. Scipione Ammirato, Virgilio Malvezzi si servono di Tacito per una analisi assai più penetrante del fatto politico di quella dei Machiavellici e sono decisamente antimachiavellici.» Rocco Montano, Il superamento di Machiavelli: l'idea dello Stato e della politica dal '500 a Vico, Napoli, Vico Editrice, 1977.
  3. ^ «Igitur in loco qui appellatur Mimida (Minden), super amnem, quem Cornelius Tacitus, scriptor rerum a Romanis in ea gente gestarum, Visurgim, moderni vero Wisaraha vocant, habito generali conventu etc. » (ed. Kurze, Hannover 1892, p. 42).
  4. ^ Grant, Michael, Latin Literature: an anthology, Penguin Classics, London, 1978 p.378f
  5. ^ Mendell, 1957, pp. 226, 228–229.
  6. ^ Mellor, 1995, p. xix; Mendell, 1957, p. 228.
  7. ^ Mendell, 1957, p. 226; Mellor, 1995, p. xix.
  8. ^ Tertulliano, Apologeticum, 16.
  9. ^ Mendell, 1957, pp. 228–229.
  10. ^ Mendell, 1957, pp. 229–232; Mellor, 1995, p. xix.
  11. ^ Jordanes, Getica, 2.13; vedi Mendell, 1957, p. 232; Mellor, 1995, p. xix.
  12. ^ Intero o in parte lo possederono solo i monasteri di Montecassino, Fulda, Corvey.
  13. ^ Mendell, 1957, pp. 234–235, confonde Rodolfo con Eginardo, nelle opere del quale compaiono alcuni dei riferimenti incerti; Haverfield, 1916, p. 200; Schellhase, 1976, p. 5, dà tutti e quattro i riferimenti elencati qui.
  14. ^ Mendell, 1957, pp. 236–237; Schellhase, ibid.
  15. ^ Benzo di Alessandria, Marco Petoletti, De moribus et vita philosophorum, Vita e Pensiero, 2000, p. 25, ISBN 978-88-343-0510-2. URL consultato il 10 marzo 2019.
    «Paolino Veneto stupì i posteri illuminando la sua Mappa Mundi con alcune sorprendenti citazioni dagli Annales di Tacito, fino allora autore sconosciuto.»
  16. ^ Mendell, 1957, pp. 234–238 e Schellhase, 1976, ibid., ne esaminano alcuni; vedi anche Haverfield, 1916, passim.
  17. ^ Whitfield, 1976, passim.
  18. ^ Mellor, 1995, pp. xx–xxi, 6–7; Burke, 1969, pp. 164–166; Schellhase, 1976, pp. 67–68.
  19. ^ Il rapporto tra Tacito e Machiavelli è stato spesso messo in luce. Già Hamelot de la Houssaye, nel suo commento al Principe, affermava che non si poteva condannare o approvare l'uno dei due scrittori senza l'altro («de sorte que si Tacite est bon à lire pour ceux qui ont besoin d’apprendre l’art de gouverner, Machiavel ne l’est guère moins: l’un enseignant comment les Empereurs Romains gouvernaient, & l’autre comment il faut gouverner aujourd’hui.»). E Giusto Lipsio, nei suoi Politicorum libri sex (1589), pur esaltando come fonte del suo pensiero Tacito, («quia plus unus ille nobis contulit, quam ceteri omnes») non nasconde la sua ammirazione per Machiavelli («unius tamen Machiavelli ingenium non contemno, acre, subtile, igneum: et qui utinam Principem suum recta duxisset ad templum illud virtutis et honoris»)
  20. ^ Whitfield, 1976, p. 286. Toffanin non esclude l'ipotesi che Il Principe, che fu pubblicato solo nel 1532, possa essere stato ritoccato da Machiavelli dopo la lettura dei primi libri di Tacito.
  21. ^ Elena Valeri, La moda del tacitismo, in Sergio Luzzatto, Gabriele Pedullà (a cura di), Atlante della letteratura italiana, II vol., Dalla Controriforma al Romanticismo, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2011, pp. 256-260, ISBN 9788806189006.
    «Francesco Guicciardini dedicò a Tacito due dei suoi Ricordi, redatti nel 1512, in cui esprimeva l'utilità di leggere le opere dello storico latino con queste parole: «Chi vuole vedere quali sieno e' pensieri de' tiranni, legga Cornelio Tacito, quando riferisce gli ultimi ragionamenti che Augusto morendo ebbe con Tiberio», e ancora: «Insegna molto bene Cornelio Tacito a chi vive sotto a' tiranni el modo di vivere e governarsi prudentemente, così come insegna a' tiranni e' modi di fondare la tirannide».»
  22. ^ Aricò (2004), p. 203.
  23. ^ Arnaldo Momigliano - Gino Funaioli, TACITO, P. Cornelio, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. URL consultato il 26 febbraio 2019.
  24. ^ Curzio Picchena, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  25. ^ Gli Aforismi di Barrientos al suo Tácito Español (Madrid, 1614) furono tradotti in italiano da Girolamo Canini d'Anghiari nella sua edizione delle Opere di G. Cornelio Tacito, Annali, Historie, Costumi de' Germani, e Vita di Agricola (Venezia, Giunti, 1618).
  26. ^ (FR) Alain Montandon, Les formes brèves, Hachette, 1992, p. 74, ISBN 2-01-019552-3. URL consultato il 27 febbraio 2019.
    «La série des aphorismes d'Antonio Pérez publiés dans les Relaciones (1598) est elle aussi au départ des annotations en marge de l'édition du Tacite de Lipse. Pérez fut bien connu en France des penseurs politiques y compris de Richelieu. Jacques Gautier le traduisit en 1602 sous le titre Aphorismes ou Sentences dorées, extraites des lettres tant espagnoles que latines. Avec ses diverses publications d'aphorismes, Pérez, s'il n'a guère été diffusé en Espagne (mais l'on sait combien Quevedo s'en inspire dans ses Miettes sentencieuses), eut une grande influence en France, notamment grâce aux traductions de Amelot de la Houssaie.»
  27. ^ (EN) Jacob Soll, Publishing The Prince: History, Reading, and the Birth of Political Criticism, University of Michigan Press, 2008, p. 74, ISBN 978-0-472-03343-0. URL consultato il 27 febbraio 2019.
    «From 1582 to the beginning of Colbert's government in 1661, at least thirty-two editions of eleven different translations of Tacitus or of Tacitean maxims appeared in print.»
  28. ^ Cfr. anche le numerose edizioni tedesche (Helenopoli, 1609, 1618) e francesi (Paris 1618; Lyon 1628; Rouen 1633, 1642) dei Discorsi sopra C. Tacito di Scipione Ammirato.
  29. ^ Non mancarono, peraltro, voci assai critiche verso l'opera di Tacito e il suo stile. Già il Budé aveva avuto parole sprezzanti per Tacito («Hominem nefarium Tacitum» ... «vaecordium omnium scriptorum perditissimus», De asse et partibus eius, Basilea, 1557, liber IV, p. 192 sgg.). Il gesuita Famiano Strada, nelle sue Prolusioni accademiche (1617), gli oppose, come già avevano fatto gli umanisti, il modello di Livio. Molto duro anche il giudizio del cardinale du Perron «C'est le plus méchant style du monde que celui de Tacite, et il est le moindre de tous ceux qui ont écrit l'histoire. Tout ce style consiste en quatre ou cinq choses, en antithèses en réticences. Jamais il ne fera un homme d'état. Je n'ai jamais vu un homme de jugement qui louât Tacite. Les italiens, qui entre toutes les nations sont les plus judicieux, n'ent font point d'état. ll n'y a rien de si aisé à imiter que le style de Tacite, et ceux qui s'y amusent s'en lassent incontinent.» Anche Emanuele Tesauro critica il «nuovo stile» del «melancolico Tacito, che, innamorato del proprio nome, o tace parlando o parla tacendo» e, «sconfidato di poter uguagliar la numerosa facondia di Cicerone», invece «d'illuminar l'orazione con chiara affluenza, la oppresse con oscura brevità». (Il cannocchiale aristotelico, Torino, per Gio. Sinibaldo, 1654, pp. 202–203).
  30. ^ (EN) John Huxtable Elliott, Richelieu and Olivares, Cambridge University Press, 1991, pp. 24 e sgg., ISBN 978-0-521-40674-1. URL consultato il 30 luglio 2019.
  31. ^ Alfonso Capitán Díaz (1987), p. 345.
    «Los españoles del Siglo de Oro tuvieron noticia de Tácito, deciamos, a través de los humanistas del Renacimiento italiano—E. Ferretti publica en 1542 una edición crítica de los Annales; Ammirato, en 1593, compagina lo histórico y lo político en sus Discorsi sopra Cornelio Tacito; F. Cavriani escribe Sopra i primi cinque libri di Cornelio Tácito (1597)... [9]—; del holandés Joost Lipse (Justus Lipsius), editor de las obras de Tácito (Amberes, 1574-1584), que en su Politicorum, sive civilis doctrinae, libri sex (Leyden, 1589) recoge fragmentos de Aristóteles, Tácito y Cicerón; y, directamente, de las traducciones castellanas de los escritos taciteos, publicados hacia la segunda década del siglo XVII: en 1615—a mitad de camino del barroco español—aparecen en castellano los cinco primeros libros de los Anales, editados por Juan de la Cueva en Madrid, un año después de la publicación de Tácito español, ilustrado con aforismos de Baltasar Álamos Barrientos; de esta época son también las ediciones de Manuel Sueyro (Amberes, 1613) y la de Carlos Coloma (Dounai, 1629), de mejor acabado.»
  32. ^ Rodolfo De Mattei, Il pensiero politico di Scipione Ammirato: con discorsi inediti, Giuffrè Editore, 1963, p. 222.
  33. ^ Paul Seaward (2005), p. 302.
    «He quoted Tacitus in the history more frequently than he quoted any other writer. Clarendon's style and vocabulary were distant from those of Tacitus and the Tacitists, but reflected no lack of interest in the sophistication of the political arts that Tacitus and Machiavelli described. (...) Although Clarendon seems to have avoided using the favorite Tacitist word "prudence," he frequently used analogues such as "skill," "seasonableness," and "dexterity" in contexts that imply approbation.»
  34. ^ (EN) Christopher Brooke, Philosophic Pride: Stoicism and Political Thought from Lipsius to Rousseau, Princeton University Press, 2012, p. 66, ISBN 978-0-691-15208-0. URL consultato il 27 febbraio 2019.
    «Toffanin distinguished between a Tacitismo rosso, or disguised republicanism, and a Tacitismo nero, or disguised Machiavellianism.»
  35. ^ (EN) Peter E. Knox e J. C. McKeown (a cura di), The Oxford Anthology of Roman Literature, Oxford University Press, 2013, p. 481, ISBN 978-0-19-987532-0.
    «Under the Enlightenment “Tacitism” became an important vehicle for arguments against despotism. The French dramatists Corneille in his Othon (1665) and Racine in his Britannicus (1669) took their inspiration from his works.»
  36. ^ (FR) Philip Butler, Tacitisme et machiavélisme dans l'oeuvre de Racine, in Classicisme et baroque dans l'oeuvre de Racine, Paris, Nizet, 1959, pp. 176-202.
  37. ^ Alfieri tradusse anche alcuni capitoli del primo e tredicesimo libro degli Annales: cfr.: Carla Doni, Alfieri e Tacito, in Lettere Italiane, vol. 29, n. 1, 1977), pp. 17-33, JSTOR 26258592.
  38. ^ Paul Cartledge, The ‘Tacitism’ of Edward Gibbon (two hundred years on), in Mediterranean Historical Review, vol. 4, n. 2, 1989, pp. 251-270, DOI:10.1080/09518968908569572.
  39. ^ Parker, 1937, pp. 16–20, 148–149; Mellor, 1995, pp. xlvii–xlviii.
  40. ^ (EN) Gilbert Highet, The Classical Tradition: Greek and Roman Influences on Western Literature, Oxford University Press, 2015, p. 672, ISBN 978-0-19-937769-5. URL consultato il 30 luglio 2019.
    «The third issue of the journal called Le Vieux Cordelier (dated quintidi frimaire, troisième décade, an II), edited and largely written by Desmoulins, is a tissue of anti-monarchic extracts from Tacitus.»
  41. ^ (FR) Albert Soboul, Portraits de révolutionnaires, Messidor/Éditions sociales, 1986, p. 127, ISBN 978-2-209-05782-5.
    «Le 25 frimaire (15 décembre) parut le troisième numéro du Vieux Cordelier qui mettait en cause tout le système de la Terreur et le Gouvernement révolutionnaire lui-même. Plagiant Tacite et donnant à la Révolution «le atroces couleurs du despotisme de Tibère», Camille Desmoulins flétrissait à travers les crimes des premiers Césars, la pratique terroriste de la répression.»
  42. ^ Mercure de France, 4 Juillet 1807: «Lorsque dans le silence de l'abjection, l'on n'entend plus retentir que la chaîne de l'esclave et de la voix du délateur, lorsque tout tremble devant le tyran, et qu'il est aussi dangereux d'encourir sa faveur que de mériter sa disgrâce, l'historien paraît chargé de la vengeance des peuples. C'est en vain que Néron prospère, Tacite est déjà né dans l'Empire.» Cfr.: Jean-Paul Bertaud, Histoire du Consulat et de l'Empire. Chronologie commentée, Place des éditeurs, 2017, ISBN 978-2-262-04371-1.
  43. ^ «Aux actions les plus simples, il trouve des motifs criminels; il fait des scélérats profonds de tous les empereurs, pour faire admirer le génie qui les a pénétrés. »
  44. ^ Mellor, pp. xlviii–xlix, 194–199.
  45. ^ (EN) Arnaldo Momigliano, Tacitus and the Tacitist Tradition, in Rhiannon Ash (a cura di), Oxford Readings in Tacitus, Oxford University Press, 2012, p. 430, ISBN 978-0-19-928509-9. URL consultato il 1º agosto 2019.
    «The mere name of Tacitus made Napoleon I angry. We could tell a long story about the part played by Tacitus in the struggle against the Caesarism of both Napoleons. French intellectuals were divided between those who admired Caesar and those who admired Tacitus. The Bonapartist Revue contemporaine ('Contemporary journal') was definitely against Tacitus. The Revue des deux mondes ('Review of the Two Worlds') can approximately be described as pro-Tacitus. Gaston Boissier, who wrote the best book on Tacitus of the nineteenth century, was a contributor to the Revue des deux mondes

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica