Il toponimo deriva dal nome della popolazione dei Longobardi (Langbard in longobardo), quella popolazione di origine germanica che nel 568 invase l'Italia e fece di Pavia la capitale del suo regno (Regno d'Italia) di estensione, a suo tempo, ben più vasta di quella attuale della Lombardia (esclusa però l'attuale Provincia di Mantova).
La superficie della Lombardia si divide quasi equamente tra pianura (che rappresenta circa il 47,1% del territorio) e le zone montuose (che ne rappresentano il 40,5%). Il restante 12,4% della regione è collinare.
Sotto l'aspetto morfologico la regione viene divisa in quattro parti: una strettamente alpina, una montuosa o collinare, una pianeggiante o poco mossa suddivisa in Alta e Bassa pianura ed infine la zona a sud del fiume Po. La regione è attraversata da decine di fiumi (tra cui il fiume più grande d'Italia) ed è bagnata da centinaia di laghi di origine naturale ed artificiale.
Fu influenzato dalla lettura di Locke, Helvetius, Rousseau (di cui condivideva l'orientamento deista, sebbene professasse sempre il cattolicesimo per tutta la sua vita) e, come gran parte degli illuministi milanesi, dal sensismo di Condillac.
Beccaria sosteneva l'abolizione della pena di morte, perché a suo avviso non impediva i crimini e non era efficace come deterrente, nonché della tortura, perché era una punizione preventiva ingiusta e crudele e non serviva a scoprire nulla, giacché forniva dubbie confessioni. Si occupò inoltre della prevenzione dei delitti, favorita a suo avviso dalla certezza piuttosto che dalla severità della pena. Sull'argomento scrisse Dei delitti e delle pene, che ebbe enorme fortuna in tutta Europa e nel mondo.
Lo stile architettonico presenta elementi del gotico lombardo e del romanico. L’edificio ha una pianta a tre navate: quella centrale termina con un'abside piana alla maniera cistercense, mentre quelle laterali sono concluse da cappelle.
Rifacimenti barocchi hanno distrutto parte delle decorazioni quattro-cinquecentesche. Oggetto di devozione è un Crocifisso risalente al 1448. Il campanile risale al periodo a cavallo tra XIII e XIV secolo, e pur essendo parte integrante della chiesa appare quasi come elemento architettonico e sé. Rilevante è il concerto di campane, i cui bronzi risalgono al 1753.
Le quattordici cappelle, tutte costruite tra il 1635 e il 1710, a pianta centrale, sono in stile barocco impreziosite da 230 statue in stucco e terracotta, a grandezza naturale, realizzate da diversi artisti: Agostino Silva, Carlo Gaffuri e Innocenzo Torriani. I costumi delle statue riproducono fedelmente l'abbigliamento signorile e popolare degli abitanti della zona in quel tempo.
Le cappelle rappresentano i Misteri del Rosario e conducono al santuario che rappresenta la quindicesima tappa ed è dedicato all'Assunzione della Madre di Dio.
Alla Madonnina che corona la guglia centrale del Duomo di Milano è stata dedicata una canzone dal nome Oh mia bela Madunina, scritta nel 1935 da Giovanni D'Anzi. La canzone è rimasta poi celebre come uno degli inni caratteristici del nord Italia.
La cappella di Teodolinda si trova nel Duomo di Monza, a sinistra dell'abside centrale. Vi si conserva, in un'apposita teca nell'altare, la corona ferrea, inoltre è decorata da un ciclo di affreschi degli Zavattari, famiglia di pittori con bottega a Milano, che è il maggior esempio di ciclo pittorico dell'epoca tardo gotica lombarda.
La cappella venne eretta insieme alla fabbrica trecentesca del Duomo di Monza, nel corso del XIV secolo. Gli affreschi che la rivestono furono probabilmente commissionati da Filippo Maria Visconti, del quale è rappresentato lo stemma visconteo con la scritta "FI MA". La decorazione venne condotta in due riprese, la prima tra il 1441 e il 1444 e la seconda tra il 1444 e il 1446, con l'opera attribuita a quattro diverse "mani".
Di origini incerte (all'inizio era Meneghin Pecenna in quanto parrucchiere pettegolo), venne introdotta in teatro nel '600 da Carlo Maria Maggi, che gli ha dato l'immagine del personaggio popolare, giunta fino ai giorni nostri. Più avanti Carlo Porta ha contribuito ad aumentarne la popolarità fino alla metà dell'ottocento, epoca in cui Meneghino è diventato simbolo dell'animo patriottico milanese, contro la dominazione asburgica. Particolarità di Meneghino, è che non ha mai indossato una maschera, ma si è sempre presentato a viso aperto e senza trucco. Questo fa di lui un personaggio libero, aperto dalle uniformità caratteristiche di uno stereotipo fissato; ha sempre invece espresso una ben definita personalità.