La battaglia fu una delle più sanguinose e feroci di tutta la campagna in Estremo Oriente: la 10ª Armata statunitense del generaleSimon Bolivar Buckner Jr. fu duramente impegnata dalla resistenza opposta dalla 32ª Armata giapponese del tenente generaleMitsuru Ushijima, che nel corso del 1944 aveva organizzato un intricato complesso difensivo in grotte fortificate il cui fulcro era rappresentato dal castello di Shuri. Le divisioni statunitensi furono impegnate dal 1º aprile al 22 giugno per stanare i difensori, espugnare Shuri a costo di grandi sacrifici e inseguire i superstiti soldati imperiali nell'estremo lembo meridionale di Okinawa, dove la maggior parte di essi preferì il suicidio alla resa. La campagna si concluse dunque con la quasi completa distruzione della guarnigione nipponica e gravi perdite tra le file statunitensi (pari a circa il 30% degli effettivi); inoltre, per la prima volta sul fronte del Pacifico, si assistette al coinvolgimento diretto della popolazione civile, che fu pesantemente coinvolta nelle operazioni belliche. Si stima che ci furono circa 150 000 vittime tra gli abitanti di Okinawa, tra cui migliaia di cittadini che si suicidarono pur di non cadere in mano ai soldati statunitensi, dipinti come demoni dalla propaganda giapponese. La dimensione delle perdite e delle distruzioni è da ascrivere all'uso massiccio che entrambi gli schieramenti fecero dell'artiglieria, motivo per cui, nel dopoguerra, fu utilizzato il soprannome Tifone d'acciaio, in ingleseTyphoon of Steel e tetsu no ame (鉄の雨, "pioggia d'acciaio") o tetsu no bōfū (鉄の暴風, "impetuoso vento d'acciaio") in giapponese, per descrivere la battaglia.
Contemporaneamente alla battaglia terrestre si combatterono aspri scontri aeronavali che costarono pesanti perdite ad entrambe le parti; i giapponesi impiegarono in massa i reparti kamikaze nelle cosiddette operazioni Kikusui che causarono gravi danni alle forze navali americane, ma non riuscirono a cambiare l'esito della battaglia.
L'eccezionale violenza delle operazioni su Okinawa e la disperata determinazione dei combattenti nipponici fecero propendere gli alti comandi statunitensi verso una soluzione alternativa alla programmata invasione anfibia del Giappone, ovvero l'utilizzo della nuova bomba atomica su importanti centri abitati situati nel territorio metropolitano del Giappone. In seguito alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, agli effetti debilitanti del blocco navale del paese e all'intervento in guerra dell'Unione Sovietica, il 15 agosto il governo imperiale si arrese agli Alleati.
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