Amor di Dio

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L'espressione Amor di Dio indica, nel pensiero giudaico-cristiano, sia l'amore di Dio verso l'uomo sia l'amore dell'uomo verso Dio.

«Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore [...]. Quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio». (Santa Teresa d'Avila[1]; nella foto: particolare del volto dell'angelo nell'Estasi di santa Teresa di Bernini)

Esegesi ebraica

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Nel Deuteronomio, subito dopo aver ricevuto i Dieci comandamenti, il popolo ebraico d'Israele è esortato ad amare Dio con tutto se stesso: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno.... [e tu] amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze/facoltà»[2].

Dio per primo "ama/riscatta" il suo "gregge": Isaia afferma che l'amore di Dio è «eterno»[3] e lo paragona a quello di una madre per il proprio "figlio", con la differenza che, se pure esistono alcune madri che dimenticano i loro figli, Dio non lo farà mai:

« Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato". Si dimentica forse una "sposa" del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai »   ( Is 49.14-15, su laparola.net.)

Nuovo Testamento

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Gesù, alla domanda su quale sia il primo dei comandamenti, risponde con il già citato passo del Deuteronomio, accostando ad esso un precetto del Levitico[4] sull'amore per il prossimo:

«Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi.[5]»

L'amore per Dio e l'amore per il prossimo formano insieme la virtù teologale della carità, alla quale San Paolo dedica un inno nella prima lettera ai Corinzi:

«Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine [...][6]»

Nella prima lettera di Giovanni viene espressa l'indissolubilità fra il comandamento dell'amore per Dio e quello dell'amore per il prossimo. Entrambi nascono dall'amore che Dio ci ha rivolto Lui per primo. Egli è amore e a noi spetta ricambiarlo senza timore, amando anzitutto il nostro prossimo, perché non si può amare Dio senza amare il prossimo:

«Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore. Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.[7]»

Agostino

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Nel Discorso della Montagna, Gesù afferma che l'amore per il prossimo, se spinto fino all'amore per i propri nemici, rende pienamente figli di Dio e perfetti come Lui:

«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.[8]»

Sant'Agostino – del quale è anche celebre la frase «Ama e fa' ciò che vuoi»[9] – sviluppa similmente questo discorso, suggerendo che, amando Dio, si "diventi" Dio:

«Infatti, ciascuno è ciò che ama. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Che cosa devo dire? Che tu sarai Dio? Io non oso dirlo per conto mio. Ascoltiamo piuttosto le Scritture: Io ho detto: "voi siete dèi, e figli tutti dell'Altissimo". Se, dunque, volete essere dèi e figli dell'Altissimo, non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo.[10]»

  1. ^ Santa Teresa d'Avila, Autobiografia, XXIX, 13
  2. ^ Deuteronomio 6.4–5, su laparola.net.
  3. ^ Is 54.8, su laparola.net.
  4. ^ «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso». (Lv 19, 18)
  5. ^ Mc 12, 29–31
  6. ^ 1 Cor 13, 1-8
  7. ^ 1 Gv 4, 16-21
  8. ^ Mt 5, 43–48
  9. ^ dal Trattato sulla prima epistola di Giovanni
  10. ^ da In epistolam Ioannis ad Parthos

Voci correlate

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Altri progetti

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