Azeffoun

comune algerino

Azeffoun (in caratteri arabi: أزفون) è una città dell'Algeria, capoluogo dell'omonimo distretto, nella provincia di Tizi Ouzou.

Azeffoun
comune
أزفون
Azeffoun – Veduta
Azeffoun – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Algeria Algeria
ProvinciaTizi Ouzou
DistrettoAzeffoun
Territorio
Coordinate36°53′45.95″N 4°25′13.32″E / 36.896096°N 4.420366°E36.896096; 4.420366 (Azeffoun)
Superficie126,66 km²
Abitanti16 847 (2008)
Densità133,01 ab./km²
Altre informazioni
Cod. postale15315
Fuso orarioUTC+1
Codice ONS1537
Cartografia
Mappa di localizzazione: Algeria
Azeffoun
Azeffoun

Geografia modifica

L'area del comune di Azeffoun è di 126,66 km² e una popolazione di 16.096 abitanti (censimento del 1998) e 17.435 abitanti nel 2008.

Azeffoun è delimitata dal Mare Mediterraneo a nord, la città di Aït Chafâa a est, e il comune Akerrou, Aghrib nel sud e Iflissen in Occidente. La città si trova 64 km a nord-est di Tizi Ouzou e 83 km a ovest di Bejaia.

Storia modifica

In epoca romana la città fu chiamata Ruzasus o Rusadus ed era una base militare strategica per la sua posizione, confinata a nord dal Mar Mediterraneo, a sud da montagne che salgono a 500 metri.

Il vescovado della città, non più una residenza residenziale, è incluso nell'elenco delle visioni titolari della Chiesa cattolica.

La città coloniale, chiamata Port Gueydon in onore dell'ammiraglio Gueydon, è stata costruita dai coloni francesi all'ultimo terzo del XIX secolo. Si affaccia sul mare da una collina che scende ripida dal Monte Tamgout.

Il porto di pesca è la prima infrastruttura per vedere la giornata secondo i primi coloni. Il comune di Gueydon Port-misto era tra i più grandi del tempo Kabylie dell'amministrazione francese. Decine di villaggi occuparono la sua area geografica delimitata a sud-est da Ighil Tafraout Jehma e Zekri e sud-ovest dai villaggi e Abizar Timizart N'sidi Mansour. È l'interfaccia tra i due Kabylies.[1] [2]

Note modifica

  1. ^ Stefano Antonio Morcelli, Africa christiana, Volume I, (Brescia 1816), p. 264.
  2. ^ Annuario Pontificio 2013 (Libreria Editrice Vaticana, 2013), ISBN 978-88-209-9070-1), p. 960.

Altri progetti modifica