Crociata dei pastori

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La crociata dei pastori è il nome di due insurrezioni popolari nel 1251 e nel 1320 che fecero parte delle cosiddette "crociate popolari" iniziate spesso senza l'appoggio dei governanti e dei ceti nobiliari, anzi, il più delle volte rivolte proprio contro di loro. Durante l'XI-XIII secolo, parallelamente alle Crociate, convocate da Roma e organizzate e guidate da re e nobili dell'Europa occidentale, avvennero altri movimenti di massa, che di solito rispondevano all'appello di mistici religiosi che sostenevano di aver ricevuto una chiamata dalla divinità per la cacciata dei maomettani dalla Terra Santa. Sebbene in ogni caso le circostanze specifiche relative a questi fenomeni storici possano variare, in tutte le situazioni c'era, più o meno esplicitamente, un filo conduttore che affermava che la liberazione dei Luoghi Santi poteva essere raggiunta solo da persone semplici e pure. Sebbene non si possa escludere che esistessero altri movimenti, sia locali che con meno potere di attrazione, ce ne sono quattro che sono ricordati nelle cronache [1]:

I pastori stanno per partire, in una miniatura del XV secolo.

Tutte queste crociate popolari, prive di un'organizzazione politica, militare e di sostegno finanziario, si conclusero di solito con lo sterminio dei partecipanti.

StoriaModifica

La prima spedizione (1250-1251)Modifica

 
I pastoureaux massacrano 500 ebrei a Verdun-sur-Garonne.

La Settima Crociata, guidata da Luigi IX di Francia (il futuro San Luigi) fu diretta contro l'Egitto mamelucco. Fallto l'assedio della fortezza di al-Mansura il sovrano francese dovette ritirarsi ma fu catturato il 6 aprile 1250 sulla via del ritorno alla base francese di Damietta, precedentemente conquistata. Quando questa notizia raggiunse la Francia l'anno successivo, sia i nobili che i contadini ne furono profondamente colpiti; il re era molto amato ed era inconcepibile che un uomo così pio potesse essere sconfitto dai "pagani". Si formò allora un movimento contadino nel nord della Francia, guidato da un uomo noto solo come il "maestro ungherese" (Maître de Hongrie) [2] che secondo il cronista Matteo Paris (1200 – 1259), [3] era un impostore, un superstite della "Crociata dei bambini", il quale proclamava di aver ricevuto dalla Vergine Maria una lettera in cui si affermava che i governanti, ricchi e orgogliosi, non potevano riprendere Gerusalemme, e che soltanto i poveri, gli umili e i pastorelli (detti nel francese dell'epoca pastoureaux) avrebbero avuto successo. In particolare lo sprezzante atteggiamento dei cavalieri nei confronti degli umili, diceva la lettera, era dispiaciuto a Dio.

L'appello a una santa Crociata dei pastori ebbe luogo a Pasqua 1251, quando migliaia di pastori e contadini francesi presero la croce, marciando verso Parigi, armati d'asce, coltelli e bastoni. In 30000 ad Amiens, arrivarono forse in 50000 a Parigi, dove Bianca di Castiglia, madre del re Luigi IX, li ricevette e, in un primo momento, li sostenne. Il movimento era però troppo pericoloso sul piano sociale e religioso per essere accettato dai governanti: esso accusava abati e prelati di cupidigia ed orgoglio. [4] Vi furono diversi conflitti con il clero in diverse città: a (Rouen, a Orléans, a Tours). Molti partecipanti alla crociata erano criminali e quando le città ed i villaggi non vollero più sostentarli, iniziarono a saccheggiare e distruggere comprese le chiese e i luoghi sacri. Così Papa Innocenzo IV li scomunicò e convinse la regina Bianca a mandare le truppe reali contro i crociati. In un primo momento i pastoureaux riuscirono a scappare, arroccandosi a Bourges, dove continuarono le violenze, dirette ora verso gli ebrei, ma nei pressi di Villeneuve-sur-Cher vennero uccisi o fatti prigionieri, insieme al Maestro d'Ungheria stesso che perse la vita negli scontri che continuarono in tutta la Francia, come a Bordeaux, dove Simone V di Montfort incaricato di combatterli li colpì duramente [5]. Il movimento si estese allora in Renania e nel nord Italia e le repressioni ancora più feroci continuarono tanto che solo alcuni riuscirono a scappare sino a Marsiglia, imbarcandosi per Acri, dove si unirono ai Crociati. Liberato con un riscatto nel 1254 re Luigi poté tornare in Francia. Al suo ritorno, convinto che il fallimento della spedizione fosse dovuto alla corruzione dei costumi del Regno, lavorò per rafforzare la sua autorità e ripristinare la morale cristiana. Decise, quindi, di punire blasfemia, gioco d'azzardo, usura e prostituzione; cercò anche di convertire gli ebrei francesi, con il convincimento o con la forza. Nel 1270 tornò in Tunisia per guidare l'ottava crociata, durante la quale morì di malattia [6].

La seconda spedizione (1320)Modifica

 
Ebrei condannati al rogo

Un'ondata di carestia si stava diffondendo in tutta l'Europa occidentale, probabilmente a seguito di alcuni cambiamenti climatici ("la piccola era glaciale") e la situazione economica dei contadini si era deteriorata. La disperazione prevalente suscitò profezie e appelli per una nuova crociata. In questo contesto mistico si diffuse un rinnovato sentimento antisemita, alimentato dalle politiche degli ultimi due monarchi francesi entrambi figli di Filippo IV: Luigi X e Filippo V, i quali avevano restaurato l'influenza economica dei banchieri ebrei, annullando la politica del padre che nel 1306 aveva espulsi dal regno, annullando i debiti contratti con loro.

Dopo un pellegrinaggio a Mont-Saint-Michel alcuni gruppi di giovani contadini di Normandia furono aizzati dalle prediche infiammate di un benedettino apostata e di un prete cattolico interdetto per la sua condotta, che affermò che lo Spirito Santo lo aveva ispirato ordinandogli di combattere i Mori in Spagna [7]. Simile alla crociata del 1251, questo movimento includeva principalmente giovani uomini, donne e bambini che marciarono su Parigi dove entrarono il 3 maggio 1320 per chiedere di guidarli a Filippo V che si rifiutò di incontrarli. Cinque giorni più tardi, avvertito di questo movimento incontrollato e sovversivo Papa Giovanni XXII lanciò la scomunica contro tutti quelli che si erano rivestiti della croce senza autorizzazione papale.

Dopo qualche pogrom, si fecero convincere a lasciare Parigi, reclutando al loro passaggio nuovi adepti. All'inizio di giugno i pastoureaux attraversarono la regione di Saintonge e il Périgord, che devastarono e saccheggiarono. Sempre più numerosi entrarono in Guienna ed arrivati nella regione dell'Agenais si divisero in due gruppi. Il primo attraversò i Pirenei seguendo il Cammino di Santiago di Compostela per continuare i massacri in Spagna, mentre il secondo risalì la valle della Garonna, uccidendo cagots ed ebrei.

Messo al corrente della carneficina, Pierre Raymond de Comminge (c.1290-1341), che Papa Giovanni XXII aveva nominato arcivescovo di Tolosa, scrisse al Papa per chiedere aiuto e consiglio. Il Papa accusò il re di Francia Filippo V d'irresponsabilità e si stupì con il legato Gaucelme de Jean, suo nipote, «che la lungimiranza reale abbia trascurato di reprimere gli eccessi e il pernicioso esempio dei Pastoureaux, che dovremmo piuttosto chiamare lupi, rapaci e omicidi, la cui condotta offende gravemente la maestà divina, disonora il potere reale e rappresentano, per tutto il reame dei pericoli inesprimibili se non vengono fermati» [8].

Ciò non impedì ai pastoureaux di marciare sulla sede pontificia di Avignone per attaccare il papa. In quattro giorni arrivarono alle porte di Carcassonne, dove l'armata reale li attendeva sotto il comando di Aimeric de Cros, siniscalco di Linguadoca, con il supporto delle truppe del giovane Gastone II di Foix-Béarn, allora dodicenne. I pastoureaux furono schiacciati.

I superstiti fuggirono nella regione di Narbonne. I consolati cittadini, avvertiti dal siniscalco, misero le loro città in stato difensivo e così anche fece, su ordine papale, l'arcivescovo Bernard de Fargues [9] . Le strade e i passaggi furono chiusi: vennero catturati sistematicamente tutti i vagabondi e chiunque sembrasse anche lontanamente un pastoureau. Nell'autunno del 1320 non ne restava più neppure uno in Linguadoca.

NoteModifica

  1. ^ Hermann Bloch, Annales Marbacenses Qui Dicuntur: Cronica Hohenburgensis Cum Continuatione Et Additamentis Neoburgensibus (Classic Reprint) (Latino) 2018 p.172
  2. ^ Jacques Le Goff, Saint Louis, Gallimard, 1996, p. 189
  3. ^ Matteo Paris, Chronica Majora (in Enciclopedia Britannica)
  4. ^ Christopher Tyerman, Come organizzare una crociata, Utet 2018
  5. ^ La storia delle Crociate
  6. ^ Jacques Le Goff, San Luigi, Torino, Einaudi, 1996
  7. ^ David Nirenberg, Communities of Violence: Persecution of Minorities in the Middle Ages, Princeton, 1996
  8. ^ Eresie.com
  9. ^ Michèle Pradalier-Schlumberger, Toulouse et le Languedoc: la sculpture gothique, XIIIe-XIVe siècles, Presses Univ. du Mirail, 1998 p.283

BibliografiaModifica

  • Richard J. Samuelson, I Guerrieri di Dio: Breve storia delle Crociate, LA CASE Books, 2014
  • Nilda Guglielmi, Il Medioevo degli ultimi: emarginazione e marginalità nei secoli XI-XIV, Città Nuova, 2001
  • Joseph Fr. Michaud, Storia delle crociate, Volume 4, ed. per Antonio Fontana, 1832
  • Franco Cardini, Le crociate: tra il mito e la storia, Giunti Editore, 1971

Voci correlateModifica