Incidente di Texel
L'incidente di Texel avvenne al largo dei Paesi Bassi la notte del 31 agosto 1940 e causò l'affondamento di due cacciatorpediniere della Royal Navy e il danneggiamento di un terzo cacciatorpediniere e di un incrociatore leggero. L'incidente fu causato da una flottiglia di cacciatorpediniere che s'imbatté in un campo minato non segnalato che danneggiò gravemente un'imbarcazione; altre due navi dello stesso tipo che accorsero in suo aiuto affondarono, e un incrociatore leggero di scorta fu lievemente danneggiato da una mina durante il viaggio di ritorno. In tutto, l'incidente costò la vita a 300 persone, con altre 100 perdite tra feriti e prigionieri.
Svolgimento
modificaNella notte del 31 agosto 1940, la 20th Destroyer Flotilla della Royal Navy — formata dai cacciatorpediniere HMS Express, HMS Esk, HMS Icarus, HMS Intrepid, HMS Ivanhoe — partì da Immingham per la costa olandese a nordovest di Texel per depositare mine.[1] La flottiglia fu raggiunta da una parte della 5th Destroyer Flotilla formata dai cacciatorpediniere HMS Kelvin, HMS Jupiter e HMS Vortigern.[1] Mentre le navi depositavano le mine, furono avvistate da aerei ricognitori delle navi tedesche in movimento verso ovest da Terschelling verso il Regno Unito; temendo un'invasione, la 20th flotilla ricevette l'ordine di intercettarle.[2]
Mentre la flottiglia si dirigeva verso la formazione tedesca essa s'imbatté in un campo minato recente e non segnalato sulle mappe e la Express fu gravemente danneggiata, perdendo gran parte della sua prua.[3][4] L'esplosione causò pesanti perdite: 90 dei 175 membri dell'equipaggio morirono o rimasero feriti, tra questi ultimi il capitano J.G. Bickford,[4] comandante della flottiglia. Il Lieutenant-Commander Crouch, mandò la sua nave, la Esk, ad assistere la Express ma la Esk stessa colpì una mina e affondò velocemente lasciando un solo sopravvissuto.[4] Quando la Ivanhoe tentò di raggiungere la Express per soccorrerne i feriti colpì un'ulteriore mina e subì gravi danni, con la morte di 53 persone e il ferimento della maggior parte dei membri dell'equipaggio.[4] Diverse scialuppe di salvataggio arrivarono sulle coste olandesi; i naufraghi furono presi in consegna dalle autorità tedesche come prigionieri di guerra.[4]
Il 1º settembre la Kelvin e la Jupiter della Quinta flottiglia raggiunsero il luogo dell'incidente per soccorrere i naufraghi e più tardi arrivarono due incrociatori leggeri di scorta, la HMS Aurora (12) e la HMS Galatea (71).[1][5] La Ivanhoe fu definitivamente affondata dal fuoco della Kelvin e le navi tornarono al porto.[1] La Jupiter trainò lo scafo della Express finché i rimorchiatori non poterono trasportarla fino in porto.[6] Durante il viaggio di ritorno la Galatea ancora colpì una mina ma riportò lievi danni.[1]
Conseguenze
modificaL'esito finale degli incidenti fu di circa 300 morti più un centinaio tra feriti e prigionieri; fu la peggior perdita di vite umane subita dal Nore Command dall'operazione Dinamo.[4] La presunta forza d'invasione tedesca si rivelò essere solamente una piccola unità di posamine in trasferimento da Cuxhaven a Rotterdam.[4] I feriti che tornarono dall'incidente con gravi ustioni contribuirono alla nascita della leggenda che la Royal Navy avesse respinto l'invasione tedesca incendiando petrolio galleggiante.[7] Una teoria diffusa tra i civili e la stampa britannica riversò la responsabilità dell'incidente su Lord Louis Mountbatten.[3]
Note
modifica- ^ a b c d e Scheda della Ivanhoe se U-Boat.net
- ^ Hayward, 2001, pp. 33–34.
- ^ a b Haining, 2004, p. 178.
- ^ a b c d e f g Hayward, 2001, p. 34.
- ^ Scheda della Kelvin su Naval-History.net
- ^ Scheda sulla Jupiter su Naval-History.net
- ^ Hayward, 2001, p. 33.
Bibliografia
modifica- James Hayward, The bodies on the beach:Sealion, Shingle Street and the burning sea myth of 1940, Dereham, Norfolk, CD41, 2001, ISBN 0-9540549-0-3.
- Peter Haining, Where the eagle landed:The mystery of the German invasion of Britain, 1940, Robson, 2004, ISBN 1-86105-750-4.