Discussione:Guanare

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Un mio amico carissimo e' nato a Turen (vicino Guarenas). Qualcuno sa di articoli su questa comunità italiana di Turen?


Ho trovato solo questo:

Veneti dall'agro pontino alla Colonia Turén di Enrico Morassut


Colonia Turén oggi è riconosciuta da tutti come “il granaio del Venezuela”. Ma quanti sacrifici è costata. Il presidente del Venezuela degli anni ’50 Pérez Jiménez, avendo saputo che Mussolini, per bonificare le paludi pontine, aveva fatto giungere dal povero Veneto centinaia di famiglie di agricoltori, inviò a Latina un suo emissario che, attraverso diapositive, filmine e promesse, facesse opera di convincimento perché alcune famiglie tentassero l’esperienza in Venezuela. Turén era allora un paesetto di campagna, ma di campagna fertilissima. Per invogliare chi desiderasse trasferirsi in quelle terre, il governo aveva fatto costruire case, chiesa, ambulatorio, un’essiccatrice di grano ed alcuni silos. Aderirono al progetto 54 famiglie che, imbarcatesi sull’Amerigo Vespucci, giunsero a Puerto Cabello il 19 febbraio 1952. Naturalmente nel 2002 i superstiti vollero festeggiare il 50° dello sbarco nella Repubblica di Venezuela e, aiutati dai Padri Scalabriniani, allestirono un programma di tutto rispetto. Ospiti d’onore furono l’ambasciatore d’Italia Adriano Benedetti, il rettore dell’Università Centrale del Venezuela Giuseppe Giannetto, il segretario del Governo regionale, il sindaco del paese, il vescovo di Guanare Mons. Angel Adolfo Porlacchini ed altri. Alla mattina fu celebrata una Santa Messa e visitati i due cimiteri, in cui riposano i pionieri, mentre da un piccolo aereo venivano gettati fiori. Il comitato organizzatore e la Camera di Commercio di Guanare consegnarono un attestato–diploma alle poche vedove dei primi coloni e all’unico ancor vivo Mario Gasperin. Nel pomeriggio venne offerto un elegante rinfresco, allietato da un gruppo folcloristico e da un coro di giovanissimi. Ma per capire la storia di questi pionieri, riportiamo gli avvenimenti scritti da loro stessi con quella semplicità contadina, che guarda più al sodo ed alla verità che non alla grammatica ed alla sintassi. CRONOGRAMA GENERICO DELL’EMIGRAZIONE DELLE 54 FAMIGLIE ITALIANE DELL’ANNO 1952 1951 – Nel novembre–dicembre, una comissione del Governo venezuelano, vi partecipa il Sr. Pinto Salvatierra (J.A.N.), offrendo la possibilità d’emigrare in Venezuela, per un programa netamente agricolo. Questa proposizione viene offerta agli abitanti di Latina; già che avevano un’ulteriore esperienza di fondare e colonizzare terre, effettuata nel lontano trenta in cuella zona, chiamata allora Littoria. Si realiza un corto metraggio mostrando i lavori di diforestazione nella zona del Dtto Turén, nel cinema del corso. 1952 – Le operazioni e informazioni si centrano nella Camera del Lavoro (Comune di Latina). Nel mese di genaio già si firmano le richieste, si fanno le visite mediche nell’Ambasciata venezuelana a Roma, dove si approva la richiesta, e l’ulteriore paso è pagare il biglietto della nave Amerigo Vespucci, per il tragitto Napoli–Puerto Cabello. Per il 2 di Febraio del 1952 al 4 di Febraio dello steso anno, alcune famiglie passano due notti a dormire in un dormitorio improvisato in baraconi del molo d’imbarco a Napoli e per il 4 febraio nel tramonto salpa l’Amerigo Vespucci con a bordo 54 famiglie, imbarcate in cameroni comuni, divisi in donne e bambini, e uomini, tutti provenienti dalla stessa provincia di Latina. Il 18 febbraio del 1952, l’arrivo a costa venezuelana è di notte, si presenta una veduta notturna di La Guaira con un corollario di luci sparsi sul piedimonte della cordillera, che tutti prendono di buono auspicio ricordando un presepio. Il 19 febraio del 1952 si sbarca a Puerto Cabello, con il conseguente trasporto al campo militare di Trompillo, Guìgue; dove sono rimasti per essere vacinati e nei sette giorni seguenti a scaglioni vengono trasportati, da un autobus dell’epoca, al loro destino Turén. Percorrendo su strada bianca di grauzòn e dover scendere per passare ponti pericolanti, fino a giungere a ciò che si chiamava la Selva de Turén. Nasce a Trompillo la prima bambina, Turena Alibardi. Il trasporto percorre le lunghe strade o si ferma ogni cuatro case, distanti 50 mt. una dall’altra, chiamano tre famiglie alla volta per ocupare altretanti poderi perché il cuarto sarebbe stato occupato poi da famiglie del luogo. Con le chiavi in mano prendono possesso di ciò che c’è dentro la casa: letto e masserizie corrispondenti alle persone, spesa per tre giorni, cucina, ecc., e una superficie per lavorare che oscillava tra i 30 e 40 ettari per famiglia, e posteriormente dati i respettivi titoli di propietà. Al mese fummo dotati di machinaria agricola dopo un corso preparatorio. I pochi connazionali esistenti nel luogo si offrono da interpreti. Così si fano i primi lavori nel mese di aprile–maggio per la semina del mais. Nell’agosto la prima tristezza con la morte di Florinda Babbo, occasionata per una scatola di sardine. Nel centro della Colonia esiste una scuola, gratuita a tutti i bambini; il primo soccorso, dove si esercita il Dr. Scoccia, la chiesa, una secadora di grano e los silos oggi deposito di Asopruat. Si realiza il primo matrimonio tra i giovani di allora Silvio Peressini e Agnese Rossi. La seconda semina fu di caraolas, dove i primi comercianti a comprare i fruti del campo furono il Sr. Navarro, Sr. Juan Suarez, Sr. Esuebio Almado. Arrivò il primo Natale pieno di sole e senza neve. 1953 – I connazionali collaborano a scavare l’acquedotto, l’acqua fino allora veniva portata da camion cisterna e deposta in recipienti ad ogni famiglia, secondo il fabbisogno. Si trovano insieme a loro i meccanici Carlotto Fioravanti e Pompeo Murato, che dano i primi soccorsi macanici alla nuova esigenza del machinaria. Gli apassionatti di caccia approfitano un abbondanza eccezionale di selvaggine e si trovano nell’imbarazzo della scelta, a raccontare le appassionate avventure di caccia. 1954 – Con la partecipazione dei signori: Cassoni, Angelo, Donello, Sampaolo, Vanini ecc., si apre il Centro Sociale, durato meno di un decenio. I bambini cominciano a fare le prime comunioni e cresime. Il progetto arrivò nella vesti dell’energia elettrica in tutte le case sparse per la campagna. Arrivano a circolare le prime machine, alcune di marca Fiat. Si fonda la prima Associazione di agricultori col nome di Asopruat. Si inaugurano i depositi per cereali Adagrot. 1955 – Ritornano in patria le prime famiglie nelle persone di Dino Galletto e Vittorio Rango. Si apre il Cine Nacional per volontà dell’imprenditore Sr. Antonio Maronese. Si fa nel paese la prima costruzione di concreto, dai sri. Palazzolo, dove gestiscono un alimentari. 1956–58 – La comunità inaugura la Casa d’Italia il 23/6/56. Ritornano a visitare i parenti in Italia, lasciando i figli a studiare alcuni dei componenti del grupo. Cominciano ad ampliare la zona di lavoro diforestando altre superfici per iniziative propie e non delo Stato. La caduta del Governo implica nuovi titoli del I.A.N. adecuati alla nuova legge della Reforma Agraria. 1959–60 – Ritornano in patria un grupo numeroso di famiglie, tra cui: Traverso, Guerriero, Falzago, Dalla Santa, Moris, Batistioli, ecc. 1961–62 – Coloro che rimangono si consolidano. Si giocano i primi campionati di football statali, vinti dalla scuadra della Colonia Football Club, per cuattro anni consecutivi, sotto l’allenatore Sante Zenere. 1963–76 – Le politiche dei governi permettono ai connazionali di consolidarsi, a tal punto da produrre il 30% della zona, cercando altre vie di lavoro come l’industria alimentare, costruzione, meccanica, ecc. Si costruisce l’hotel Las Vegas. Si graduano i più vecchi della seconda generazione. 1977 – Si festeggiano il 25° anniversario, con la presenza della autorità italiane, Ambasciatore, Console Generale, representanti consolari, Ministro Agricultura, Padri Scalabriniani (p. Saute), Gobernador del Estado, Alcalde de Turén, presenza de altre comunità italiane. 1978–92 – La comunità partecipa nella formazione del Club Internacional Turén. Si ricordano i 40 anni come coloni. Le famiglie per mezo dei figli ingrandiscono il raggio d’influenza nella mescolanza con le altre comunità. Si realiza il primo ricordo postumo con monumento ai connazionali arrivati a Turén. 1993–2000 – Turén ha per la prima volta un Alcalde di origine italiano nella persona di Arturo dell’Onto. Si può ben dire missione compiuta, da coloro che venero nel lontano cinquantadue, a realizare una missione dove creare una nuova coscenza agricola, dove furono artefici importanti, che con la loro volontà e costanza di lunghi anni di sacrificio e lavoro, hanno dato i suoi fruti; oggi è di tutti risaputo che Turén è el Granero de Venezuela.

Ciao.--Jr. 19:45, 22 feb 2008 (CET)Rispondi

Articoli in spagnolo sugli Italiani di Turen modifica

Ecco due interessanti articoli (in spagnolo) sull'emigrazione italiana a Guanare/Turen. Ci sono anche i cognomi delle famiglie emigrate nel 1952:

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INMIGRANTES ITALIANOS EN TURÉN:MEDIO SIGLO DE UNA ESPERANZA (Leonel Canelón Cronista de El Nacional para el Municipio Turén)

Italia, bota metida en el mar mediterráneo, encrucijada de pueblos y símbolo del poder papal en Europa; cuna de la deliciosa “Pizza” y la alegre “Tarantela”, a pesar de haber sido uno de los pilares fundamentales de la ilustrísima cultura occidental: Centro de la vida artístico-cultural donde tuvo su origen el exquisito movimiento del Renacimiento, no fue capaz de escapar a la inmensa ola de barbarie y salvajismo que envolvió al mundo durante la primera mitad del siglo XX: La II Guerra Mundial, una de las guerras más sangrientas y absurdas que haya conocido la humanidad en todo su devenir histórico, en la cual Italia, así como toda Europa, quedaron moral y socio-económicamente destrozadas. Desde esa península partieron del Puerto de Nápoles, en 1952, 54 familias italianas hasta Venezuela, huyendo del horror, del hambre y la miseria que dejó este conflicto bélico. Luego de haber cruzado el Atlántico, llegan a Puerto Cabello, Venezuela, el 19 de Febrero de 1952, a bordo del barco “Américo Vespucci”, nombre del personaje que le dio el apelativo al “Continente de la Esperanza”: América. Vinieron estas familias en la más absoluta pobreza, pero con muchas toneladas de esperanzas, en busca de la paz y el progreso que su patria no les pudo dar por las razones antes señaladas, pero que afortunadamente la Junta Militar de Gobierno encabezado por el Coronel Marcos Pérez Jiménez, les brindó la oportunidad de participar como protagonistas (junto con otras nacionalidades y criollos venezolanos) de un hecho de gran trascendencia dentro de nuestra historia contemporánea: La cristalización del proyecto de desarrollo económico denominado Unidad Agrícola de Turén. Según Sampaolo Ferri (1992): “ Venezuela no podía quedar indiferente frente al desastre ocasionado por la II Guerra Mundial, y como colaboración a estos países europeos semidestruidos, abrió sus puertas a la inmigración y recibió, entre otros, a estas 55 familias italianas, dándoles oportunidad de trabajo, especialmente a los agricultores y artesanos comprometiéndose con el gobierno italiano a su seguridad y amparo socioeconómico. Así como llegaron al parcelamiento del IAN en la Unidad Agrícola de Turén, donde la acogida superó lo previsto, les fueron entregadas a títulos onerosos: tierras, casas, maquinarias y créditos, tomando en consideración los antecedentes de capacidad de trabajo y administración de cada quien(...) Además, tuvimos la orientación y el cariño de los funcionarios de turno y de los habitantes de la localidad, a quienes debemos, junto con nuestro trabajo y sacrificios, lo que hoy somos: familias con cierta estabilidad, que se integraron al criollo echando raíces que dieron frutos y que contribuyeron con el desarrollo actual de Turén” (p. 28). Las 55 familias a que se hace referencia provenían de Latina, provincia de Roma cuyos apellidos eran: Agossi (1), Alibardi (2), Angelucci (1), Armeni (2), Babbo (1), Batistioli (1), Bigotto (1), Bolzon (1), Cassoni (1), Ceccarello (1), Corelli (1), Del Bianco (1), Dell’ Asenta (1), Dell’ Onto (2), Dell’ Orco (1), Donello (3), Dollo (1), Faustini (1), Falzago (1), Fava (1), Fiacco (1), Galleto (2), Gasperin (1), Guerriero (2), Guión (1), Lucci (2), Maschio (1), Menin (1), Micheloni (1), Mogno (1), Mori (1), Pezzolio (1), Pitttia (3), Rachella (1), Randa (1), Rango (2), Screti (1), Testi (1), Traverso (1), Vanini (1), Zenere (1), Zilio (1) y Zorzetto (1). La Familia Rossi (7),por contratiempos en el trámite de la documentación, llegaron al mes siguiente (marzo,1954). Otro aspecto necesario de destacar es la presencia de centenares de ciudadanos italianos que no tuvieron la oportunidad de embarcarse en el “Américo Vespucci”, pero que, sin embargo, pudieron cruzar el océano a su propio riesgo, sorteando los más disímiles obstáculos (muchos en calidad de polizontes) para llegar a nuestro Municipio Turén y contribuir con su trabajo creador al desarrollo socioeconómico del país. Eran albañiles, mecánicos, herreros, sastres, panaderos, electricistas, carpinteros, zapateros y otros oficios necesarios para el avance de nuestra comunidad. Muchos de ellos, posteriormente, también se integraron al trabajo agrícola. A los que me refiero son los Vitucci, Abiuso. Mancini, Di Cicco, Di Gregorio, Di Giovanni, Di Febbo, Di Pietro, Pietrosanti, Scarabellotto, Licardi, Maronese, Cavallo, La Perna, Russo, La Guardia, Lamattina, Trappani, Iannaci, Mazarrella, Angiolillo, Pensa, De Santolo, Crocce, Ucello, Errico, Salomone, Torcate, Cicoira, Sampaolo, Ruffato, Mobile, Lanza, La Porta, D’ Alessio, Fedele, Amenta, Zollo, Carbone, Barone, Dell Grosso, Regazzi, Pioggia, Carachiollo, Bachetti, Troccoli, Troia, Rutolo, Stripolli, Torcuato, Verlengieri, Recine, D’ Orazio, Troisi, Baldassare, Napolitano, Apostolo, Alparone, Palazzollo, Zirizzotti, Mazzolla, Caffaro, Cocca, Intraliggi, Capuzzello, Barbiero, Barletta, Silveira, Quatella, Mollo, Gengo, Trocca, Ruggieri. Licarci, La Pira y muchos otros que se nos escapan de la memoria. Para terminar esta crónica quisiera recordar las palabras expresadas por una abuela italiana que fue protagonista de esta experiencia en la Unidad Agrícola de Turén, y quien lamentablemente falleció recientemente. Me dijo con lágrimas en sus ojos: “Mira, mi amore, tu sabes como es la cosa: Italia con toda la plata que tiene hoy, día jamás podrá pagare el apoyo y el amore que nos dio este gran país: Venezuela y su gente, que nos acogió con los brazos abiertos. Porque aquí fue donde conseguimos la paz y el progreso para nosotros poder vivire con dignidad. Mis huesos se quedan en Turén. Además mis nietos son venezolanos. ¡Gracias Venezuela! ¡Gracias Turén!”. Sin lugar a dudas, murió feliz esta abuela italiana, convencida de haber cumplido con su misión y su compromiso con Turén y Venezuela.


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54 FAMILIAS ITALIANAS COLONIZAN TUREN.DESCUBRIR AMÉRICA EN 1952 (Por Wilfredo Bolívar Cronista de El Nacional para Araure, estado Portuguesa)

El 26 de febrero de 1952 más de cincuenta familias italianas "Descubrieron" América. El objetivo: venir a trabajar a la tierra de un país gobernado por un militar que deseaba convertir a Venezuela en una potencia agrícola. Huyendo de los horrores de la guerra en el barco" Américo Vespucci" se asentaron en Turén como lo hicieron sus antepasados. Al respecto, el periodista Francisco Rodríguez Flores escribió hace algunos años: "Seguramente Turén significó para los primeros inmigrantes italianos la materialización de una leyenda colonial difundida por navegantes y aventureros denominada El Dorado… ya que a ellos correspondió el honor y el privilegio de ser pioneros de nuestra moderna agricultura nacional". 24 nacionalidades repitieron la historia del navegante. Solo que los frutos iban a ser más provechosos. La Colonia Agrícola de Turén está a la vista.

ENTRE LA GUERRA Y LA SELVA

La Segunda Guerra Mundial había empujado a un grupo de refugiados a buscar horizontes en otros países. Fue así como Canadá, Estados Unidos, Argentina, Brasil y Venezuela se vieron convertidos en nuevos hogares para los hombres que anhelaban estabilidad, paz y trabajo.En Venezuela gobernaba el general Marcos Pérez Jiménez quien adelantaba en el país planes para fundar Colonias Agrícolas estables que fomentaran el trabajo por la tierra. Este trabajo se había originado desde 1948 cuando se dieron los primeros pasos en este sentido. En aquel entonces un agrónomo húngaro y un grupo de trabajadores italianos comenzaron a realizar las primeras instalaciones de lo que sería la Unidad Agrícola de Turén. De modo que escapar de las hostilidades de la guerra y venir a Venezuela fueron una sola cosa. Así entonces una necesidad vino a corresponder a la otra.El Gobierno Militar de Marcos Pérez Jiménez estaba ofreciendo algunas ventajas a quienes deseaban participar de esos programas. En mayo de 1951 arriba el primer grupo de inmigrantes. Son treinta familias alemanas que vienen buscando nuevos rumbos. Uno de ellos, José Oprescko, recuerda: "Fue por aquella época (Venezuela) un país que ofreció algo distinto y mas llamativo para el inmigrante europeo". El programa contemplaba el otorgamiento de parcelas de 24 hectáreas cada una dotando a sus trabajadores del título de propiedad, una vivienda, maquinaria adecuada y créditos destinados a la siembra los cuales debían ser pagados en veinte años.El experimento ya es un hecho desde 1951. Además de los alemanes conviven en aquella Unidad Agrícola algunos empleados del recién creado Instituto Agrario Nacional y se esperan más familias. El 19 de Febrero de 1952 ancla en Puerto Cabello el barco "Américo Vespucci" precedente de Italia con 54 jefes de familias para participar en el proyecto. Vienen acompañados de sus esposas e hijos. El segundo punto en la escala es la Colonia "El Trompillo" en el Estado Aragua, que funciona como un centro de información y control de los inmigrantes antes de ser trasladados a Portuguesa. De allí el destino será la tupida selva de Turén que dará paso a los verdes campos agrícola. En un trabajo escrito por unos de aquellos italianos, él mismo evoca: "Nos dispusimos a descender por la escalinata hacia tierra americana, una tierra para nosotros desconocida, pero de la cual habíamos escuchado maravillosas historias y donde pensábamos establecer nuestros hogares, casi destruidos por el fantasma de la guerra que se desencadenaba a nuestro alrededor en la vieja Europa". No en balde de aquel a aquel barco italiano algunos de los recién venidos le habían bautizado entre ellos como "La Nave de la Esperanza" y eso era lo que había por delante.

EL PRIMER SACRIFICIO

Por la vieja carretera de La Misión (municipio Turén) avanzan los autobuses desde El Trompillo a Turén. El 26 de febrero de 1952 arriba el primer contingente de italianos a la Unidad Agrícola. La bienvenida, a nombre del General Marcos Pérez Jiménez, la brinda el director de La Colonia Sr. J.A. Yépez, el Dr. Stredely y el Dr. Saldivia. El segundo, de nacionalidad norteamericana, era el técnico agrícola que iba a dirigir con ellos las labores en el campo. "Huelga hacer referencia a los sacrificios que afrontamos como inmigrantes en un principio" recordarán años después. "Aislados e incomunicados de todo el mundo, desconocedores del idioma y de las costumbres venezolanas, pero eso sí, con incansables deseos de ser útil…" Y de los sacrificios es cierto. En ese entonces la Colonia recién estaba construyendo las casas donde habrían de vivir. La mayoría no tenía luz eléctrica, teniendo que alumbrarse los colonos con lámparas de querosén, y a falta de agua, un camión cisterna suministraba diariamente lo necesario. De las cosas buenas que encontraron fue que todos los hogares estaban amoblados y para cada persona se había destinado una cama. Los muebles eran rústicos, fabricados en la misma Unidad Agrícola con madera obtenida de la deforestación. A cada colono se le entregó un tractor, un arado, una sembradora de maíz y una de arroz una, asperjadora y una cultivadora de maíz y ajonjolí. El motor de toda aquella maquinaria estaba avaluado en Bs. 27.000. Algunos de aquellos inmigrantes jamás habían manejado maquinarias agrícolas en sus experiencias europeas, de modo que toda aquella nueva vivencia se constituyó en un verdadero reto. No obstante, la extraordinaria planificación del gobierno había destinado un asesor de Instituto Agrario Nacional (IAN), para cada sector parcelado. Y así habrían de comenzar. El primer reto que tuvieron que vencer fue limpiar los restos de la selva que lograba resistir. José Oprescko, quien vino con los primeros alemanes, recordaba: "El primer día que pasamos en nuestra sede de trabajo nos asombramos mucho, pues se veía claramente que no habían sido desforestada las zonas adyacentes y había que hacerlo pronto, porque el monte invadía las casas. No era como nos habían dicho, que todo estaba listo para sembrar". Detrás estaba quedando la tupida frondosa y enmarañada "Selva de Turén" que dio paso al asombroso suceso agrícola.

LOS PROTAGONISTAS

De las cincuenta y cuatro familias italianas que inicialmente llegaron a la Unidad Agrícola se consolidaron más de treinta. El cambio, las limitaciones que ofrecían las novedosas tecnologías de la maquinaria, entre otras razones, los obligó a cosechar con procedimientos sacrificantes que impusieron nuevos retos. Algunos optaron por regresar a su país. Hacia 1977 un balance de los 25 años de este arribo de inmigrantes italianos arrojaba estos nombres: Giovanni Alibardi, Armeni Andrea, Bolson Giovanni, Bigotto Giuseppe, Babbo Giovanni, Coreli Clinio, Cecarello Antonio, Cassoni Settimeo, Donello Guerino, Donello Oreste, Dell Orco Cesere, Dell Onco Giácomo, Dell Onto Impero, Gasperín Mario, Fiacco Otelo, Micheloni Pio, Mogno Vittorio, Menin Hermenegildo, Maschio Romeo, Peressini Silvio, Pittia Giusseppe, Pittia Nicesio, Rossi Clemente, Randa Leo, Testo Otelo. Zorzetto Ferrucio, Zilio Natale, Zenere Ferdinando, Del Bianco, Angelucci Nazareno, Fava Luigui Fiolindo y Agosi Amoli. Los descendientes de estos italianos harán vida en Venezuela. Aquí aprenderán el idioma y aquí harán los estudios. La Colonia Agrícola ofrece horizontes de nueva vida, hay un centro poblado, silos, secadoras, escuela, hospital, iglesia, estación experimental, viviendas, centro social, comedores populares, restaurantes, carreteras, parcelas, drenajes, canal piloto para controlar la creciente del río Acarigua y la buena amistad de los venezolanos. Para sus comodidades, el equipo del gobierno militar pensó en todo. Aunque al principio fue duro, toda la cultura alrededor de la tierra ha consolidado en Turén, a lo largo de los años, un ejemplo a seguir. Entre 1951 y 1954 arribaron inmigrantes de 22 nacionalidades que cultivaron en su primera fase 28 mil hectáreas en una región selvática e inexplotada. En un trabajo escrito por Vicente Guiusti, éste califica a la Unidad Agrícola de Turén como "…unos de los experimentos más interesantes que en materia agraria se ha llevado a efecto en Venezuela y América Latina, cuyo hecho ha significado, además del inicio de un desarrollo agrícola moderno, la integración de costumbres y nacionalidades de distintas latitudes juntas con las del llanero de Portuguesa y con la de otros habitantes venidos de otras partes de Venezuela. El objetivo de los llegados se vió cumplido. Uno de aquellos primeros 54 inmigrantes italianos lo define así: "…al final, lograr lo que tanto veníamos anhelando, una nueva patria para nuestros hijos y un país que nos acogiera con los brazos abiertos y libre de persecuciones raciales y políticas de que habíamos sido objeto en nuestras patria nativas". Puede decirse que desde 1951 la Unidad Agrícola de Turén se convirtió en una gran casa para hombres y mujeres de 24 países, que como estos italianos vinieron verdaderamente a trabajar. Y eso es lo que hace falta.

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I due articoli sono usciti sul principale giornale del Venezuela, El Nacional. Gianni D.

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