Discussione:Homo sapiens sapiens/essere umano

Cercando la voce "essere umano" sono stato rimandato a questa pagina.

La definizione che trovo in questa pagina ha un carattere prettamente biologico e in alcuni passi si cerca di specificare la differenza da altri animali in termini prettamente biologici e con un approccio sociologico-naturalista.

In altre parole sono insoddisfatto di come è definito l'essere umano.

Non c'è alcun accenno alla storicità: ogni animale che nasce è come se fosse il primo della specie mentre nell'essere umano la storicità fa si che ogni essere umanogoda dell'accumulazione storica.

Non c'è alcuna indicazione rispetto all'intenzionalità dell'essere umano, alla capacità di differire risposte a stimoli.

Specialmente manca un approccio fenomenologico è si finisce a definire l'essere umano come si definisce qualunque oggetto, dimenticandosi dell'aspetto soggettivo. Ossia il soggetto che si interroga si definisce solo come oggetto senza considerare la soggettività e l'intenzione lanciata alla ricerca di una definizione.

Una definizione che mi soddisfa (in termini esistenziali) è qui di seguito, che ne pensate?


Essere umano: Il riferimento dell'essere umano in una situazione è il proprio corpo. In esso il suo momento soggettivo si pone in rapporto con l'oggettività e attraverso esso si può comprendere come “interiorità” o “esteriorità” secondo la direzione che dà alla propria intenzione, al proprio “sguardo”. Di fronte all'essere umano si trova tutto ciò che non è esso stesso e che non risponde alle sue intenzioni se non attraverso il corpo. Quindi, il mondo in generale e altri corpi umani di fronte ai quali il corpo stesso può agire e registra la sua azione, pongono le condizioni in cui si costituisce l'essere umano. Tali condizionamenti si presentano anche come possibili nel futuro e nella relazione futura con il corpo stesso. In questo modo, la situazione presente può essere considerata come modificabile in futuro. Il mondo viene sperimentato come esterno al corpo, ma il corpo è visto anche come parte del mondo poiché è in esso che agisce ed è da questo che riceve la sua azione. La corporeità è anche qualcosa che cambia e, in questo senso, è una configurazione temporale, una storia viva lanciata verso l'azione, verso la possibilità futura. Il corpo, per la coscienza umana, diventa protesi dell'intenzione, risponde all'intenzione, in senso temporale e in senso spaziale. Temporalmente, in quanto può attualizzare in futuro il possibile dell'intenzione; spazialmente, in quanto rappresentazione e immagine dell'intenzione. In questo divenire, gli oggetti sono ampliamenti delle possibilità corporali e i corpi altrui appaiono come moltiplicazioni di quelle possibilità, in quanto sono governati da intenzioni che si riconoscono simili a quelle che guidano il corpo stesso. Ma perché l'essere umano avrebbe bisogno di trasformare il mondo e di trasformare se stesso? Per la situazione di finitezza e di carenza temporo-spaziale in cui si trova e che registra, secondo diversi condizionamenti, come dolore (fisico) e sofferenza (mentale). Così il superamento del dolore non è semplicemente una risposta animale, ma una configurazione temporale in cui primeggia il futuro e che si trasforma in un impulso fondamentale della vita, anche se questa non si trova minacciata in un determinato momento. Perciò, al di là della risposta immediata, riflessa e naturale, la risposta differita e la costruzione per evitare il dolore sono spinte dalla sofferenza di fronte al pericolo e sono rappresentate come possibilità future o attualità in cui il dolore è presente in altri esseri umani. Il superamento del dolore, dunque, appare come un progetto di base che guida l'azione. È quella intenzione che ha reso possibile la comunicazione tra corpi e intenzioni diverse in quella che chiamiamo la “costituzione sociale”. La costituzione sociale è storica quanto la vita umana, configura la vita umana. La sua trasformazione è continua ma in modo diverso da quello della natura. In quest'ultima non si verificano cambiamenti tramite intenzioni. Si presenta come “risorsa” per superare il dolore e la sofferenza e come “pericolo” per la costituzione umana, per cui il destino della natura stessa è quello di essere umanizzata, intenzionata. E il corpo, in quanto natura, in quanto pericolo e limitazione, reca in sé lo stesso disegno: essere intenzionalmente trasformato, non solo in posizione ma anche in disponibilità motoria; non solo in esteriorità ma in interiorità; non solo in confronto ma in adattamento. In una conferenza divulgativa tenuta il 23 maggio 1991, Silo ha spiegato le sue idee più generali sull'essere umano in questi termini: “Quando mi osservo, non da un punto di vista fisiologico ma da un punto di vista esistenziale, riconosco di trovarmi in un mondo già dato, da me né costruito né scelto, di trovarmi in-situazione nei confronti di fenomeni che, a partire dal mio proprio corpo, mi risultano ineludibili. Il corpo, poi, come elemento costitutivo della mia esistenza è un fenomeno omogeneo al mondo naturale sul quale agisce e dal quale è “agito”. Ma la naturalità del corpo mi si presenta molto diversa da quella di tutti gli altri fenomeni naturali; infatti: 1. del corpo ho un vissuto [registro] diretto, immediato; 2. attraverso il corpo ho un vissuto [registro] dei fenomeni esterni; 3. grazie alla mia intenzione, ho una disponibilità immediata di alcune delle operazioni che il corpo è in grado di compiere. Il mondo, d’altra parte, mi si presenta non tanto come un agglomerato di oggetti naturali bensì come un'articolazione di esseri umani e di oggetti e segni da essi prodotti o modificati. L'intenzione che avverto in me mi appare come un elemento interpretativo fondamentale del comportamento degli altri; e proprio come costituisco il mondo sociale comprendendone le intenzioni, così da esso sono costituito. Ovviamente stiamo parlando di intenzioni che si manifestano attraverso azioni corporee. È grazie alle espressioni corporee o alla percezione della situazione in cui l'altro si trova che posso comprenderne i significati, le intenzioni. Inoltre, gli oggetti naturali e quelli umani mi producono o piacere o dolore; per questo cerco sempre di modificare la mia collocazione rispetto ad essi, nel senso che cerco di allontanarmi da ciò che mi risulta doloroso e di avvicinarmi a ciò che mi risulta piacevole. Pertanto non sono affatto chiuso al mondo naturale ed umano: anzi, la mia caratteristica fondamentale è precisamente l'"apertura". La mia coscienza si è configurata su una base intersoggettiva: usa codici di ragionamento, modelli emotivi, schemi di azione che sento come "miei" ma che riconosco anche in altri. E, ovviamente, il mio corpo è aperto al mondo in quanto il mondo io lo percepisco e su di esso agisco.[...]. “Il mondo naturale, a differenza dell'umano, mi appare privo di intenzioni. Posso - è ovvio - immaginare che le pietre, le piante o le stelle possiedano un'intenzione, ma in ogni caso, un effettivo dialogo con esse mi risulta impossibile. Anche gli animali, nei quali a volte scorgo la scintilla dell'intelligenza, mi appaiono impenetrabili, soggetti a trasformazioni lente e sempre all'interno di quella che è la loro natura. Vedo società di insetti totalmente strutturate e mammiferi superiori che usano rudimenti tecnici, ma tutti ripetono i loro codici come se fossero sempre i primi rappresentanti delle loro rispettive specie. E nelle virtù dei vegetali e degli animali modificati ed addomesticati dall'uomo, riconosco l'intenzione umana ed il suo avanzare nell’opera di umanizzazione del mondo. “[...]Definire l’uomo sulla base della sociabilità mi risulta insoddisfacente in quanto questo aspetto è comune a numerose specie animali; né la sua caratteristica fondamentale può essere trovata nella capacità lavorativa perché esistono animali che possiedono questa capacità ad un livello molto superiore; né a definire l’essenza umana basta il linguaggio, perché sappiamo che in varie specie animali esistono codici e forme di comunicazione. In cambio, nel fatto che ogni nuovo essere umano trova un mondo modificato da altri e viene costituito da un mondo sempre dotato di intenzioni, scopro la capacità più propriamente umana di accumulare ed incorporare la dimensione temporale; scopro cioè la dimensione storico-sociale e non semplicemente sociale dell’essere umano. Date queste premesse, tenterò una definizione. Questa: "L'uomo è un essere storico che trasforma la propria natura attraverso l’attività sociale." Ma se ammetto come valida questa definizione, dovrò ammettere che l’essere umano può trasformare intenzionalmente anche la propria struttura fisica. Ma questo sta già accadendo. L’uomo ha iniziato tale processo utilizzando "protesi" esterne, cioè degli strumenti posti davanti al suo corpo, che gli hanno permesso di ampliare le funzioni delle mani, di affinare i sensi, di aumentare la potenza e la qualità del suo lavoro. Dal punto di vista naturale, l’uomo non era adatto alla vita nell'acqua o nell'aria, ciò nonostante è stato capace di creare le condizioni per muoversi in esse ed oggi sta addirittura iniziando a dar forma concreta ad una possibilità estrema, quella di emigrare dal proprio ambiente naturale, il pianeta Terra. Oggi, inoltre, l’uomo sta intervenendo sul suo stesso corpo sostituendone gli organi, modificando la chimica cerebrale, sviluppando la fecondazione in vitro, manipolando i geni. Se con l'idea di "natura" umana si è voluto indicare ciò che c’è di stabile nell'essere umano, tale idea oggi risulta inadeguata, anche se la si applica alla parte più oggettuale dell'essere umano stesso, vale a dire il corpo. Per quando riguarda poi la validità di espressioni quali "morale naturale", "diritto naturale", o istituzioni naturali, riteniamo che in questi campi tutto sia storico-sociale e nulla vi esista "naturalmente". [...]”. L’idea di “natura” umana si è sviluppata parallelamente all’idea che la coscienza fosse passiva. Secondo questo modo di pensare, l'uomo è un'entità che agisce in risposta agli stimoli del mondo naturale. All’inizio, una tale concezione si è manifestata nella forma di un sensualismo grossolano; questo è stato a poco a poco sostituito da correnti storicistiche che hanno però mantenuto al loro interno la posizione che esso sosteneva riguardo alla passività della coscienza. E tra tali correnti, persino quelle che privilegiavano l'attivismo e la trasformazione del mondo all'interpretazione dei fatti, hanno concepito l’attività umana come il risultato di condizioni esterne alla coscienza.[...]. Questi vecchi pregiudizi sulla natura umana e sulla passività della coscienza oggi riappaiono e tentano di imporsi in una nuova veste, quella del neo-evoluzionismo che ha come criteri distintivi la lotta per la sopravvivenza e la selezione naturale che privilegia il più forte. Nella sua versione più recente, tale concezione zoologica, trapiantata nel mondo umano, abbandona le dialettiche basate sulla razza e la classe sociale che ne caratterizzavano le precedenti espressioni, e passa a sostenere una dialettica basata su leggi economiche naturali che autoregolerebbero tutta l'attività sociale. Così, ancora una volta, l'essere umano concreto scompare dalla vista ed è trasformato in cosa. [...]Abbiamo elencato le concezioni che, per spiegare l'uomo, partono da dati teorici generali e sostengono l'esistenza di una natura umana e la passività della coscienza. Noi, al contrario, sosteniamo la necessità di partire dalla specificità umana; sosteniamo che l’essere umano è un fenomeno storico-sociale e non naturale, ed inoltre affermiamo che la coscienza umana è attiva e trasforma il mondo sulla base dell’intenzione. Abbiamo inteso la vita umana in-situazione ed il corpo come un oggetto naturale percepito direttamente e direttamente sottoposto a numerosi dettami dell’intenzione. A questo punto si impongono le seguenti domande: in che senso la coscienza umana è attiva, secondo quali modalità, cioè, è in grado di applicare le proprie intenzioni al corpo e attraverso di esso trasformare il mondo? In secondo luogo, secondo quali modalità la costituzione umana è storico-sociale? Queste domande devono trovare risposta a partire dall'esistenza individuale se non vogliamo ricadere in generalità teoriche, dalle quali successivamente verrà fatto derivare un sistema di interpretazioni. Di conseguenza, per rispondere alla prima domanda si dovrà cogliere con evidenza immediata come l'intenzione agisca sul corpo, e per rispondere alla seconda bisognerà partire dall'evidenza della temporalità e dell’intersoggettività dell'essere umano, e non da leggi generali della Storia e della società.”

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