Discussione:Ribera (famiglia)

Ultimo commento: 2 anni fa, lasciato da Nosceteipsvm in merito all'argomento Parte fuori luogo

Sintesi massima di storia della famiglia Afàn de Rivera Costaguti redatta da don Pietro AdRC. Fonti: Arch. AdR di Spagna e d'Italia, Arch. Medinaceli, Arch. Costaguti, Arch. di Stato-Napoli, Arch. di Simancas, Storia di Famiglia di don Guglielmo AdR, Storia di Famiglia Costaguti, Argote de Molina, Lopez de Haro, Perez de Herrasti e numerosissime altre pubblicazioni antiche e moderne, europee ed americane, troppe per citarle.

1) Afàn de Rivera (da Ribera, per graficizzazione della pronuncia spagnola in italiano).

Decorati dei massimi ordini cavallereschi in più Stati, hanno vestito costantemente l'abito di Malta ed hanno contribuito in via decisiva alla liberazione dell'Isola dall'assedio dei Turchi per merito di S.Juan. Annoverano diversi Balì e Cavalier Professi. Sopravvive il V dei 5 rami originari.

- Il tronco originario de Ribera:

La stirpe è derivata dai re delle Asturie, frazionatisi nelle Case dei re di Oviedo y Leòn, di Castiglia, di Navarra e dei conti, poi re, d'Aragona. La dinastia asturiana, denominata ironicamente dagli storici "de los mariños" perché ristretta dagli Arabi alla costa iberica settentrionale, era di primaria etnia visigota, tanto da esser altresì chiamata "Los reyes godos". Il primo della dinastia, che introdusse la successione ereditaria in luogo dell'elezione, fu Witiza nel VI sec.d.C., che sposò la figlia d'un Caio Mario, governatore romano della Galizia. La divisione di quel che restava del regno Visigoto di Spagna fra gli eredi maschi rispondeva all'uso barbarico, praticato dagl'ispano-germani fino al X sec.d.C. Dal figlio incestuoso di don Ramiro III di Oviedo y Leòn (fu Sancho el Grueso) e di sua sorella doña Hermesenda, che si chiamava Sancho Ramirez Belloso (peloso), conde de Ribera y Cabrera in Galizia, discesero i primi d.R., che dettero due Santi alla Chiesa: S.Rosendo, fondatore dell'Abbazia di Celanova, e sua madre Santa Ilduara. Di Sancho Ramirez detto il Belloso scriveva già il vescovo di Orense nel 1080, confermando le croniche del suo predecessore. La circostanza trova conferma in tutti gli storici spagnoli successivi fino al XVIII sec. I dR. aggiunsero il cognome Afàn da Maria Afàn, moglie di Lope Lopez de Ribera e figlia d'un gallese, signore della valle di Afàn, nel Galles, che era al seguito del Principe Nero. La linea primogenita di questo tronco originario, i Muniz de Ribera, si stanziò in Portogallo e si estinse con doña Isabel, sposa del duque de Bragança e prima regina di Portogallo. La linea secondogenita dei conti, rimasta in Galizia, fu protagonista con i de Vargas in due riprese della liberazione di Siviglia (1242 e 1248). Da essa discese don Pedro Afàn de Ribera el Viejo (detto il Patriarca), 1° adelantado y notario mayor de Andalùcia, che visse oltre 100 anni (1318-1423), coprì tutto il sec. XIV d.C. e si sposò due volte (Maria Rodriguez Mariño e Aldonza de Ayala y Toledo, señora de Malpica y Valdemusa). I suoi figli maschi furono i capostipiti dei 5 rami in cui si divise la stirpe AdR. Dal tronco originario dei de Ribera, anteriormente a don Lope sposo di Maria Afàn, si distaccò il ceppo asturiano. Di questo, don Josè de Ribera Tamariz y Mendieta fu il 1° marchese de Aguiar e don Diego de Ribera y Cotes, 1° conde de Quintanilla. Altra linea si diramò tra don Ruy Hernandez, conde de Ribera y Cabrera e don Lope Lopez e si radicò in Valenza. Don Josè de Ribera y Borja, regidor decano de Valencia, fu il 1° barone di S.Petrillo. Don Antonio de Ribera y Escorcia fu 2° barone di S.Petrillo e 1° di Campo Sobrarbe y de Arbajòn. Ancora altra linea si stabilì in Catalogna in Montdanar. Da qui si propagò in Cadaquès, in Barcellona ed a Gerona. Sin dal XV sec. tale linea godette di nobiltà e dello status di caballeros. Don Juan de Ribera fu inquisitore generale di Catalogna. Nella seconda metà del XVII sec si staccò una sub linea che s'insediò nelle Baleari.

- Rami Afan de Ribera:

a) Il primo, da don Ruy, conde de Ribera y Cabrera, rico hombre, premorto al padre nel 1407 nella battaglia di Setenil contro i Mori, si estinse nel XVII sec. d.C. nei de la Cueva, duques de Albuquerque.

b) Il secondo, da don Gonzalo Mariño (señor de Chuzena) annovera conquistadores, viceré del Perù, governatori di Nicaragua, Flòrida e Portorico, Presidenti de Audiencia de Equador e capitanos generales de Guatemala, Venezuela y Tucuman (odierna Argentina). La parte spagnola si estinse nel XVII sec. d.C. nei Ponce de Leòn, duques d'Arcos. Quella americana fiorisce ancora con linee in Nicaragua, Perù, Venezuela, Argentina, Equador, Bolivia e Colombia.

c) Il terzo, da don Diego Gomez (duques de Alcalà de los Gozules, marqueses de Tarifa y Villanueva del Rio, condes de las Molares, nobili del sedile di Montagna a Napoli dal 1559) annovera 1 viceré di Catalogna, 1 di Nueva España (Mexico ed altro), 2 di Sicilia, 2 di Napoli, 1 viceduca di Milano, 2 governatori dello Stato dei Presidi, 1 Capitan general delle Fiandre. Dette il maggior santo della Controriforma spagnola, S.Juan, prima obispo de Badajoz, poi arzobispo de Valencia e patriarca titolare d'Antiochia, autore suo malgrado del decreto d'espulsione de los judios y moriscos dalla Spagna. La parte spagnola s'estinse nel XVII sec. d.C. nei de la Cerda, duques de Medinaceli (la linea primogenita) e negli Alvàrez de Toledo, duques d'Alba de Torres (la linea secondogenita). La parte americana fiorisce ancora in Mexico, Arizona ed Illinois con il cognome Rivera o de Ribera. Vuolsi che il 2°viceré di Sicilia AdR, don Ferdinando, abbia generato un figlio naturale, da cui sarebbe derivata la linea dei de Ribera di Scicli (RG), baroni della Cava e di Montagna, ma non esistono prove documentali al riguardo. Personaggi di spicco furono: don Payo, arcivescovo di Mexico e viceré della Nuova Spagna; Nicolas de Ribera y Laredo, conquistador ed uno de los trece de la fama con Pizarro, 1° alcalde de Lima (da lui i condes de S.Ana de las Torres); don PerAfàn de Ribera y Gomez, conquistador y gobernador de Costarica; los dos duques de Alcalà, virreyes de Sicilia, Napoles, Milan, Catalogna (Perafan y Ferdinando).

d) Il quarto, da don Payo, (señores e poi marqueses de Malpica y Valdemusa, Marescialli di Castiglia, Grandi di Spagna) si stabilì a Toledo e si estinse nel XVII sec. d.C. nei marqueses de Barroso per la parte europea. Annovera un vicerè di Goa in India al tempo dell'unione dei regni di Spagna e Portogallo; da una linea argentina derivò el general don Josè Fructuoso de Ribera, baron de Tacuarembò, fundador del partido colorado y primero presidente de la Republica de Uruguay. Ebbe al suo soldo per 6 anni, come mercenario, Giuseppe Garibaldi. La parte americana sembrerebbe fiorire ancora in Uruguay, ma non se ne dispone di notizie o genealogia precise dopo don Josè Fructuoso.

e) il quinto, da don Miguèl Lopez, regidor de Ubeda, (marqueses de Villanueva de las Torres con Grandeza, poi de Montenegre con Grandeza, condes S.R.I., condes y Grandes de Hungria, señores de Gadèa, Bazàn, Araña, Fonelas, Huelago, Cazulas, Almijar y S.Podìa) fiorisce sia in Spagna (marqueses de Monterico, Diezma y de la Hinojosa, sig. di Almudìa, Cazulas e S.Pudia) che in Italia (marchesi, marchesi genovesi, marchesi romani di baldacchino, marchesi di Sipicciano, Roccalvecce, S.Angelo e Cosentino, conti palatini, consig. per 11/12 di Grotte S.Stefano, coscritti) con agnazione maschile diretta. Annovera un comandante delle truppe ispano-imperiali all'assedio di Casale (don Rodrigo); un governatore di Piacenza; don Alonso Afàn de Ribera y Zambrana, conquistador y gobernador de Chile; Perafàn viceré di Navarra; un feldmaresciallo dell'Impero (don Perafàn de Ribera, Gadèa, Bazàn, Araña y Suarez de Toledo, marques de Villanueva de las Torres y de Montenegre, conde del S.R.I., conde y Grande de Hungria, muchos señorios, 2 veces Grandes de España), un maresciallo napoleonico (don PierLuigi AdR), militari di primo piano durante la dinastia borbonica nelle Due Sicilie, un ministro nel Regno d'Italia postunitaria (m.se don Achille). Dai figli di Gaspar Iñigo AdR y Ferrer (+1661) si diramarono tre linee, rispettivamente discese: dal primogenito don Balthasar (esinta nei Caracciolo, p.pi di Torchiarolo); dal terzogenito don Melchior (da cui i 112 fiorenti in Spagna) e dal quartogenito don PerAfàn, viceré di Navarra (da cui quella italiana tuttora fiorente). A loro volta, da quella italiana, derivarono le sublinee austriaca, ungherese e croata, tutte e tre estinte nel XX sec. Una linea, da filiazione naturale, si diramò dal 1° ramo degli AdR e si stabilì in Navarra. Ciascuno dei 5 rami, in epoche diverse, ebbe dunque la Grandezza di Spagna e, per via nuziale, sussistono alleanze con le Case Reali di Francia, Portogallo, Castiglia, Aragona e Brunswig-Hannover.

Maggiori e più frequenti apparentamenti matrimoniali: Trastamara, Ponce de Leòn, Sotomayor, Enriquez, Guzman, Portocarrero, Ayala, Mendoza, Hernandez de Cordoba, Cortès, Zuniga, Moncada, de la Cerda, de la Cueva, Alvarez de Toledo, Barroso, Sandoval, Berardo, Caracciolo, Carafa, Rota, Mira de Balena, Pignatelli, Pallavicino, Despucches.

Prove di nobiltà antica e generosa furono date dagli Afàn de Ribera di tutti i rami nei diversi Ordini che le imponevano: Santiago, Calatrava, Alcàntara, Montesa, Malta, Toson d'Oro, Costantiniano di S.Giorgio, S.S. Maurizio e Lazzaro.

- Il V ramo AdR in particolare e gli AdR italiani:

Don PerAfàn de Ribera y Suarez de Toledo (1^ linea del V ramo), marquès de Villanueva de las Torres, marquès de Montenegre (maritali nomine dalla moglie doña Serafina Berardo), señor de Gadèa, Bazàn, Araña, Huelago y Fonelas, 2 volte Grande di Spagna, fu feld-maresciallo dell'Impero e capo di Stato Maggiore del Prinz Eugen von Savoy. Firmò la Pace di Passarowitz nel 1718. Per i suoi altissimi meriti militari e diplomatici, fu insignito dall'Imperatore Carlo VI (già re carlista di Spagna durante la guerra di successione spagnola) della grandezza poggiata sul marchesato di Villanueva (1712) e creato conte del S.R.I. e conte magnate d'Ungheria (1719). Morti improle i suoi due figli, di cui il primogenito suo omonimo a Bruxelles nel 1768, ove militava agli ordini di Carlo di Lorena, i titoli e feudi spagnoli transitarono arbitrariamente nei Caracciolo, in violazione del più antico maggiorasco AdR, che restringeva la successione alla sola agnazione maschile, in deroga al diritto spagnolo, per privilegio concesso dal Re Juan II di Castiglia a don Perafàn el Viejo nel 1409, unitamente al definitivo hierro de la ganaderia (stemma familiare). L'unica figlia, doña Francisca, aveva infatti sposato don Ambrogio Caracciolo, p.pe di Torchiarolo e ciambellano dell'Imperatore. I titoli concessi dall'Imperatore, per legge salica, spettano però e comunque senza discussione agli AdR collaterali del V ramo. Primo ad arrivare in Italia nel 1734, del V ramo, fu don Diego AdR y Baca de Herrera (fg. di don PerAfàn, viceré di Navarra, quartogenito di don Gaspar Iñigo), comandante la cavalleria dell'Infante don Carlo, prima duca di Parma dalla madre Elisabetta Farnese, poi re di Napoli e Sicilia dopo la seconda guerra di successione ed infine re Carlo III di Spagna ed imperatore delle Indie, quando fu chiamato a succedere al fratello primogenito, morto improle. Alla sua partenza da Napoli, re Carlo ingiunse agli AdR di don Diego di restare al servizio di suo figlio don Ferdinando IV. Dai 6 figli di don Diego (don PerAfàn, don Juan, don Ferdinando, don Emanuel, più due morti infanti), sopravvive solo la sublinea secondogenita, discendente dal primo figlio di don Diego (PerAfàn-Pierluigi maresciallo napoleonico-Rodrigo-Achille ministro dei lavori pubblici e della guerra nel Regno d'Italia-PerAfàn-Achille/Francesco/Ferdinando-i viventi). Gli AdR italiani furono ultrafedeli ai Borboni senza eccezioni: all'assedio di Gaeta vi erano in 9 degli allora esistenti. Alla capitolazione, 6 emigrarono nell'Impero austroungarico (il maresciallo di campo don Gaetano con i figli), don Giovanni e don Vincenzo seguirono Francesco II a Roma, mentre a don Achille (del maresciallo di campo don Rodrigo) il re ordinò per scritto di restare a Napoli, compilando di suo pugno lo stato di servizio per il cugino re Vittorio Emanuele II. Don Achille, già decorato tre volte da Milazzo al Volturno, fu l'unico ufficiale duosiciliano a transitare poi nel neo esercito italiano conservando il suo grado. Fu per 25 anni deputato, sottosegretario e ministro sia dei lavori pubblici che della guerra. Fu insignito dell'Ordine militare di Savoia e del Collare dell'Annunziata per il suo brillante cursus politico e militare (fino a tenente generale), ricevendo anche un titolo di marchese sul nome nel 1898. Dagli AdR emigrati nell'Impero derivarono 3 sublinee: austriaca, estinta nel 1945 con don Nicola, sposato a donna Luigia Pignatelli di Montecalvo ed ex colonnello di Stato Maggiore austriaco; ungherese, estintasi col giovane don Kaspar, fucilato dai sovietici durante la rivolta di Budapest nel 1956; croata, estintasi con don Karlo, pittore insigne, accademico di Jugoslavia e caposcuola dei naifs jugoslavi. Ad una linea impoverita di Valencia del V ramo, peraltro, appartiene anche il celeberrimo pittore Josè de Ribera, detto lo Spagnoletto. Agli AdR italiani, invece, il celeberrimo colonnello don Carlo, direttore dei Ponti e delle Strade, nonché della scuola d'applicazione, dal 1812 al 1852 ed autore di grandi opere pubbliche, bonifiche e libri tecnici e militari. Gli AdR italiani attuali, per effetto di fidecommisso surrogatorio, si fusero nel 1921 con i Costaguti, alla morte dell'ultimo di costoro, dando luogo alla nuova famiglia degli Afàn de Rivera Costaguti, che è subentrata jure sanguinis alle due che l'hanno originata nei titoli, prerogative e trattamenti, per effetto del matrimonio nel 1902 tra don PerAfàn e donna Maria Costaguti, di don Ascanio, ultima di sua Casa.


2) Costaguti, Vestirono costantemente l'abito di Malta con Balì e cavalier professi, marchesi di baldacchino, conti palatini, coscritti, trattamento di don e d'Eccellenza, rango di principi romani.

Trattasi di famiglia ligure proveniente da Costa Acuta, nell'Appennino sovrastante Chiavari. Capostipite ne risulta un Lanfranco, vivente nel 1122. Godè di stato patrizio nella Serenissima Repubblica di Genova, ove teneva omonimo banco proprio, tanto da gestire filiali e monti di pegni in quasi tutti i maggiori centri delle due costiere, soprattutto in quella di Levante, ove tuttora sopravvivono vie Costacuta, per l'antica ubicazione delle succursali. I C. ricoprirono molteplici cariche, tra cui anziani e consoli. Nella seconda metà del'500, Achille C. fu console del mare a Savona, dove la famiglia possedeva beni. Nel riordino riduttivo degli Alberghi a 28, ad opera di Andrea Doria nel 1528, i C. si trovarono ascritti all'Albergo Lomellini insieme ai Chiavari (cfr. Pompeo Litta ed il Crollalanza). A metà del XVI sec. d.C., chiamati da Giovan Battista, 1° protonotaro apostolico della Casa, Vincenzo (di Andrea) ed i suoi tre fg. trasferirono a Roma la sede principale della banca C., che s'ingrandì al punto da contare fra i clienti i re di Francia e d'Inghilterra. I C. furono tesorieri segreti di 3 papi: Paolo V Borghese, Urbano VIII Barberini ed Innocenzo X Pamphili, del quale divennero affini per il matrimonio di don Luigi con Maria Maidalchini, voluto dalla celebre ziadi questa donna Olimpia, cognata del Papa. Esercitando l'attività bancaria, acquisirono palazzo e villa in Roma dai Patrizi, il 1° feudo di Sipicciano con il titolo marchionale da Taddeo Barberini, i feudi di Roccalvecce e S.Angelo (già confiscati ai Baglioni) e, quindi, il marchesato di Cosentino e la baronìa di Carovigno nel Regno di Napoli, con investitura di Filippo IV di Spagna nel 1654 ad altro Giovan Battista, divenuto poi Cardinal Camerlengo di S.R.E.. Ascanio, il primogenito di Vincenzo e castellano di Castel S.Angelo, redasse il testamento che erigeva il fidecommisso surrogatorio ed i fondi Maggiorasco (per mantenere i primogeniti), Secondogenitura (per mantenere gli ultrogeniti), Prelatura (per mantenere gli ecclesiastici della Casa), Fondo zitelle da maritare di Casa Costaguti (per dotare le zitelle povere beneficate dalla Casa). Il testamento e le erezioni del fidecommisso di surrogazione furono rogati da A. Theulus, notaro in Roma, registrati dallo stesso presso la Reverenda Camera Apostolica il 10-7-1638 e trovansi a suoi protocolli, parte III, ov'è il rimando a c.c. n°422. A tale testamento erano obbligati ad agganciarsi tutti i primogeniti, gravati della custodia ed amministrazione di detti fondi inalienabili, salvo libertà per modesti legati o lasciti. Don Prospero, fratello di Ascanio, fu il 1° marchese di Sipicciano, sig.re di Roccalvecce e di S.Angelo, consig.re per 11/12 di Grotte S.Stefano, con prerogative di marchese romano di baldacchino e conte palatino, conservando tuttavia la doppia nazionalità ed il patriziato genovesi. Si favoleggia che i patrizi genovesi avessero inventata una "bolla d'oro" dell'imperatore Carlo V che creava marchesi tutti gli appartenenti agli Alberghi (soppressi nel 1576 ed i cui membri vennero registrati poi nel Libro d'oro della Repubblica) e che il re Cattolico Filippo II, per liberarsi di parte dei debiti paterni, l'avrebbe nondimeno riconosciuta come autentica. In realtà, fu nell'elenco di precedenze nelle corti europee, stabilito dalla pace di Westfalia del 1648 (che concluse la guerra dei trent'anni), che si attribuì agli ambasciatori genovesi la dignità marchionale. Da qui l'uso continuato da parte delle famiglie patrizie che avessero ricoperto incarichi diplomatici, uso poi legittimato dai re di Sardegna per guadagnarsi il favore del patriziato dopo il Congresso di Vienna, quando acquisirono gli Stati Genovesi.Tale riconoscimento include anche i C., perché, quantunque non l'abbiano esercitato negli Stati della Chiesa, ciò non implica alcuna decadenza. Pure sull'origine e natura "spontanea" della prerogativa di baldacchino si sono sbizzarriti araldisti anche insigni, tra cui il Caffarelli, il Pezzana-Capranica del Grillo ed il Cardelli. In realtà tale funzione, che comportava il dovere/diritto, a proprio onere e cura, di ricevere privatamente in casa il Papa ed i Cardinali, scaturì dalla delicata necessità di garantire l'incognito ad incontri che, altrimenti, avrebbero generato subito pericolose valenze politiche, in un'epoca di precari equilibri internazionali. I C. furono governatori della congregazione di S.Giovannino de' Genovesi in Roma per quasi tutte le generazioni, eressero cappella gentilizia in SS. Carlo e Biagio ai Catinari in Roma ed a S.Francesco in Chiavari ed ebbero onere e giurisdizione della piazza intitolata al loro nome, su cui insiste una delle facciate del loro palazzo. Erano anche titolari e proprietari di omonimo reggimento, che aveva sede nel castello di Roccalvecce e che fu sciolto quando il maresciallo Suvarov, comandante della coalizione antifrancese tra la prima e seconda campagna d'Italia (1799), ordinò di congedare tutte le milizie territoriali. Continuarono altresì l'attività bancaria fino al trattato di Tolentino del 1796, quando, per le ingenti somme e riserve in preziosi date al Papa e mai rimborsate, non furono più in grado di proseguirne l'attività. I C., coscritti in seguito alle riforme di Benedetto XIV e poi di Pio IX, annoverano Cardinali, Protonotari Apostolici, Vescovi, Tesorieri segreti di 3 papi, Senatori di Roma, Conservatori, Cartografi, Pittori e Musicisti. Presso la Biblioteca Casanatense di Roma esiste un "Fondo Costaguti", contenente gli spartiti musicali manoscritti di tutte le composizioni dei vari esponenti della famiglia, alcune delle quali citate e lodate dal Monteverdi e dal Muratori. Degni di particolare menzione sono: Achille, console del mare a Savona; Roberto Ranieri, già confessore dell'imperatrice Maria Teresa e, dal 1778 al 1818, vescovo di S.Sepolcro, cui lasciò una collezione di arredi sacri ed oggetti personali che ne costituisce tutt'oggi il museo vescovile; il card. Vincenzo, amico e tutore della regina Cristina di Svezia e costruttore della villa Bell'aspetto di Nettuno (poi Torlonia ed infine Borghese); il card. G.Battista, primario finanziatore - quale capo della banca C. - delle bonifiche Bentivoglio in agro ferrarese e rodigino; l'arcivecovo Scipione, che restaurò le torri ed il castello di Carovigno; don Angelo, ufficiale della Marina pontificia, i cui rilievi e disegni cartografici delle coste laziali sono quelli tuttora in uso.

Principali alleanze matrimoniali: Ravaschieri, Costa, Rivarola, Cattaneo, Strozzi, Cardelli, Maidalchini, Caffarelli, Altemps, Widman-Rezzonico, Serlupi-Crescenzi, Massimo, Gabrielli di Quercita e Gabrielli di Carpegna, Gallarati Scotti.

Ultima di sua Casa fu donna Maria, fu m.se don Ascanio, andata in sposa al m.se don Per Afàn de Rivera, fu m.se don Achille. Alla morte del m.se don Ascanio C. nel 1921, si concretizzò il fidecommisso surrogatorio eretto nel 1638 e la nuova famiglia Afàn de Rivera-Costaguti è subentrata jure sanguinis nei titoli, prerogative e trattamenti che spettavano ad ambo le due che l'hanno originata.

Parte fuori luogo modifica

Il pittore Jusepe Ribera, figlio di un calzolaio, non c'entra niente con questa famiglia nobile Nosceteipsvm (msg) 18:15, 23 feb 2022 (CET)Rispondi

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