Distribuzione (linguistica)

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La distribuzione in linguistica indica i contesti nei quali una unità linguistica (come un fonema, un morfema, un lessema o parola ecc.) può trovarsi. Per esempio, in italiano l'articolo /una/ (una) si trova davanti a nomi femminili inizianti per consonante, mentre /un/ (un') davanti a nomi femminili inizianti per vocale: "davanti a nomi femminili inizianti per consonante" è la distribuzione di /una/ e "davanti a nomi femminili inizianti per vocale" è la distribuzione di /un/ (ossia i contesti dove possono comparire rispettivamente).[1]

Distribuzione contrastiva e complementare modifica

Se si parla delle relazioni di distribuzione che possono sussistere tra due o più unità linguistiche, se ne distinguono due tipi: distribuzione contrastiva e distribuzione complementare.

  • distribuzione contrastiva (o equivalente): due o più unità linguistiche sono in distribuzione contrastiva quando una può occorrere negli stessi contesti dell'altra (in ambito fonologico, possono quindi produrre una opposizione e una coppia minima);
  • distribuzione complementare: si rileva per due o più unità linguistiche diverse, ma appartenenti alla medesima categoria, che non possono occorrere l'una nei contesti dell'altra e i cui contesti costituiscono, nel complesso, la totalità delle occorrenze della categoria data (in ambito fonologico, rappresentano di norma allofoni di un unico fonema).

In fonologia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Fonema e Allofono.

La distribuzione contrastiva in fonologia si trova tra fonemi: in italiano, /t/ e /p/ sono in distribuzione contrastiva, infatti possono distinguere significati (ossia hanno valore contrastivo) in parole come /ˈtatto/ tatto e /ˈpatto/ patto.

La distribuzione complementare si rileva spesso nello studio della fonologia, in cui foni simili possono trovarsi in una distribuzione complementare come allofoni di uno stesso fonema. Per esempio, in italiano, i foni nasali [n], [ŋ] [ɱ] e [m] in posizione anteconsonantica sono allofoni dello stesso fonema /n/, poiché si trovano in distribuzione complementare. Il fono [n] (e solo [n]) si trova sempre davanti a dentale (Giandomenico [dʒando'meniko]), mentre davanti a velari si potrà avere solo il fono [ŋ] (Gianguido [dʒaŋ'gwido]), davanti a labiodentali solo [ɱ] (Gianfranco [dʒaɱ'fraŋko]) e davanti a bilabiali solo [m] (Giampiero [dʒam'pjɛro]). Questi quattro suoni non compaiono mai negli stessi contesti ed è quindi impossibile trovare una parola che abbia un significato diverso a seconda che presenti (davanti a una consonante) [n] oppure [ŋ], [ɱ] o [m].

Ci sono casi in cui gli elementi si trovano in distribuzione complementare, ma non sono considerati allofoni. Per esempio, in inglese [h] e [ŋ] (scritto "ng") sono in una distribuzione complementare, poiché [h] si trova soltanto all'inizio di sillaba e [ŋ] soltanto alla fine. Ma dato che hanno caratteristiche fonetiche completamente diverse, sono considerati fonemi separati.

In morfologia modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Allomorfo.

Il concetto di distribuzione complementare è applicato anche all'analisi della forma delle parole (morfologia). Due o più differenti allomorfi possono essere in realtà "facce" dello stesso morfema. Per esempio, gli articoli italiani (maschili e singolari) "l'", "il" e "lo" hanno il medesimo significato, ma si trovano in distribuzione complementare: il contesto in cui si trovano è diverso: "l'albero" vs. "il ragazzo" vs. "lo scambio".

La forma l' è usata nel contesto: davanti ad un sostantivo iniziante per vocale o per la semivocale w.
Questo contesto può essere notato con "__ V", "__ w".
La forma il è usata nel contesto: davanti ad un sostantivo iniziante per una consonante.
Questo contesto può essere notato con "__ CV".
La forma lo è usata nel contesto: davanti ad un sostantivo iniziante per due consonanti o per la semivocale j.
Questo contesto può essere notato con "__ CC", "__ j".[2]

La distribuzione (ovvero l'uso a seconda del contesto) delle forme "l'", "il" e "lo" è complementare in base alle seguenti considerazioni:

1. "l'" si usa in contesti che non ammettono né "il" né "lo";
2. "il" si usa in contesti che non ammettono né "l'" né "lo";
3. "lo'" si usa in contesti che non ammettono né "il" né "l'";
4. se si prendono in considerazione i contesti in cui si usano "l'", "lo" e "lo", tali contesti nel loro insieme coprono tutte le possibili occorrenze dell'articolo maschile singolare.

Note modifica

  1. ^ Graffi, 87–92.
  2. ^ In realtà, la distribuzione delle forme dell'articolo in italiano è più complessa (ad esempio lo si usa anche davanti a una sola consonante se questa è [ʃ], e non si usa quando il nome che segue comincia per due consonanti di cui la prima è diversa da [s]/[z], con oscillazioni nell'uso per il gruppo [pn]), ma una descrizione completa di tutti i contesti appesantirebbe inutilmente la spiegazione.

Bibliografia modifica

  • Giorgio Graffi e Sergio Scalise, Le lingue e il linguaggio. Introduzione alla linguistica, Bologna, Il Mulino, 2006.

Voci correlate modifica

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