Epigrammi (Callimaco)

epigrammi di Callimaco

Gli Epigrammi sono circa sessanta componimenti del poeta alessandrino Callimaco, contenuti quasi totalmente nell'Antologia Palatina.

Epigrammi
AutoreCallimaco
PeriodoIII secolo a.C.
Editio princepsX secolo d.C.
Genereepigramma
Lingua originalegreco antico

Contenuto modifica

Gli Epigrammi trattano argomenti variegati: erotico-simposiale, sepolcrale, epidittico, metaletterario.

Spesso trasudano degli accenti sinceri e commossi, che rivelano una sfera soggettiva inusuale in un poeta interamente oggettivo e distaccato. Questi momenti sono comuni soprattutto negli epigrammi sepolcrali (come quello in morte dell’amico Eraclito[1] o quello in cui si narra la sepoltura di Melanippo[2]) ed erotici (come quello in cui è espresso il tormento di un innamorato[3]).

Non mancano anche motivi topici come il paraklausíthyron a Conopio,[4] in cui si affronta anche il tema della vecchiaia e dell’abbandono al piacere dell’eros. Rilevanti anche un epigramma encomiastico rivolto alla regina Berenice, assimilata ad una delle Cariti (A.P. V 146), e uno sui giuramenti d’amore (A.P. V, 6).

Spesso Callimaco si impegna in riflessioni sulla letteratura, come nell’epigramma in cui si schiera contro il poema ciclico (A.P. XII 43) a vantaggio di una poesia nuova e innovativa.

Gli Epigrammi e la poetica callimachea modifica

Le caratteristiche della poetica callimachea sono presenti anche negli Epigrammi. La raffinatezza e la cura estrema del dettaglio, l’originalità, la sensibilità linguistica non manifestano soltanto la passione filologica del poeta, ma anche l’esplicita intenzione di rompere con il passato. Non a caso l’epigramma A.P. XII 43 può essere considerato il manifesto della poetica di Callimaco:

(GRC)

«Ἐχθαίρω τὸ ποίημα τὸ κυκλικόν, οὐδὲ κελεύθῳ
χαίρω, τίς πολλοὺς ὧδε καὶ ὧδε φέρει·
μισέω καὶ περίφοιτον ἐρώμενον, οὐδ’ ἀπὸ κρήνης
πίνω· σικχαίνω πάντα τὰ δημόσια.
Λυσανίη, σὺ δὲ ναίχι καλὸς καλός – ἀλλὰ πρὶν εἰπεῖν
τοῦτο σαφῶς, ἠχώ φησί τις· “Ἄλλος ἔχει”.»

(IT)

«Non amo la poesia comune e odio
la strada aperta a chiunque.
Odio un amante goduto da tutti
e non bevo ad una pubblica fontana.
Odio ogni cosa divisa con altri.
Certo, Lisània è bello! Bello! E ancora
non l'ho detto che un'eco già ripete:
“È anche d'un altro”.»

Callimaco desidera che i poeti suoi contemporanei abbandonino il sentiero del poema epico, già percorso tantissime volte (“non amo la poesia comune”, v. 1), e volgano i propri interessi verso una poesia nuova, breve e minuziosamente costruita in una costante ricerca della perfezione.

Stile modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Callimaco § Stile.

Note modifica

  1. ^ “Qualcuno mi disse della tua morte, / Eraclito, e piansi. E ricordai allora / le molte volte che parlando insieme / ci raggiunse la sera. Ora tu, amico / d’Alicarnasso, sei da lungo tempo / cenere in qualche luogo. / Ma vivono per sempre i tuoi “Usignoli”: / su di loro Ade che tutto rapina / non metterà le mani.” (A.P. VII 80, trad. S. Quasimodo)
  2. ^ A.P. VII 517.
  3. ^ “Metà dell’anima mia ancora è viva e spira, / l’altra metà non so se Amore / o Morte l’ha portata via. / So che è sparita. / Eppure già tante volte avevo detto: “Non date ricetto / quando fugge da me”... / Si, è là che si aggira / Desiderosa d’amore, degna / Che si pigli a sassate.” (A.P. XII 73, trad. Salvatore Quasimodo)
  4. ^ “Possa tu dormire, Conopio, / così come fai dormire me / davanti a questo gelido portico. / Così tu possa dormire, o ingiustissima, / come fai dormire l’amante, / e non ottengo pietà neppure in sogno. / I vicini hanno compassione, / invece tu neanche per sogno; / ma presto la chioma canuta / ti farà ricordare / di tutte queste cose.” (A.P. V 23, trad. Salvatore Quasimodo)
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