Gervasio de Persona

Gervasio de Persona, o anche Gervasio de Matino (Matino, 1200 circa – Monreale, 1269), nobile di antiche origini normanne italianizzato, è stato Giustiziere di Capitanata sotto il governo di Federico II di Svevia, Feudatario di Matino, Tuglie, Seclì, signore di Mottola, Soleto e Ceglie Messapica, segretario e consigliere di Manfredi_di_Sicilia, fedele alla famiglia Hohenstaufen è stato uno dei più influenti personaggi della corte sveva nel Regno di Sicilia..

Biografia modifica

 
Castello di Ceglie Messapica

Figlio di Filippo De Persona, fu Giustiziere imperiale di Capitanata nel 1250, feudatario di Matino, signore delle terre di Ceglie del Gualdo, di Mottola, di Soleto e del casale di San Pietro in Galatina. Personaggio di primo piano nella corte sveva e nel novero dei "familiari" durante il regno di Manfredi di Sicilia, già sul finire del governo dell'imperatore Federico II era asceso ai massimi uffici dello Stato.

Federico II tenne con lui corrispondenza relativa all'attività degli ordini monastico militari (in particolare Ospedalieri e Templari)[1]. Da Lagopesole nel luglio del 1250 l'Imperatore lo esortava, quale Giustiziere di capitanata, a sorvegliare affinché alcuni ospedali di Troia non subissero malvessazioni da parte del clero locale.[2]

Gervasio continuò la sua collaborazione con gli Hohenstaufen anche dopo la morte di Federico II, divenendo (insieme a Goffredo da Cosenza), segretario e consigliere di Manfredi di Sicilia. Dopo la sconfitta di Manfredi a Benevento, Gervasio fuggì in Romania come molti altri baroni svevi sfuggiti alla cattura sul campo di battaglia[3]. Scompare dalla scena per 2 anni fino al suo ritorno in seguito alla nuova ribellione sveva, presumibilmente nel settembre-ottobre del 1268, ma viene immediatamente catturato appena sbarcato ad Otranto e tratto prigioniero nel castello di Brindisi.

Accusato di tradimento, fu condannato a morte e alla confisca dei beni, con atto emanato a Trani da Carlo I d'Angiò il 16 novembre 1268.

La condanna non fu eseguita immediatamente forse anche per l'età avanzata di Gervasio.

Alla caduta di Gallipoli, avvenuta probabilmente nell'aprile del 1269, anche il figlio Glicerio, la moglie Peregrina, la nuora Riccarda da Giurdignano e 7 dei suoi nipoti furono arrestati e incarcerati a Brindisi.

Il re Carlo d'Angio concesse grazia a lui e a tutta la sua famiglia per intercessione di Elisabetta, regina d'Ungheria[4] con l'eccezione del figlio Glicerio che fu invece giustiziato.

Si suppone che Gervasio e i superstiti della famiglia abbiano trovato scampo in Sicilia, a Monreale, dove agli inizi del XIV secolo è ancora documentato un Gervasio de Matino, probabilmente suo nipote.

La famiglia De Persona otterrà il perdono reale circa un secolo dopo ad opera della regina Giovanna d'Angiò-Durazzo e rientreranno in possesso del natìo feudo di Matino nel 1378 e ne rimarranno i feudatari fino al 1575 quando la casata si estinguerà.

Note modifica

  1. ^ B. Ligorio, Federico II: ebrei castelli e ordini monastici in Puglia nella prima metà del XIII secolo, prefazione di Simonetta Bernardi, Martina Franca 2011.
  2. ^ Huillard Preholles, Hist. dipl. Frid. II, Vol. VI - 2, Pagg. 780-782.
  3. ^ Pier Fausto Palumbo, Terra d'Otranto dagli Svevi agli Angioni e l'assedio di Gallipoli, Pag. 75.
  4. ^ Minieri Riccio ha pubblicato un doc. che appariva nel disperso Registro Angioino del 1269 S., fol. 224t.: «Gervasio de Matino, Peregrinae eius uxori, Gervasillo, Joannuccio et Perrello nepotibus eorum captivis in castro Brundusii, provisio pro liberatione ad praeces egregiae dominae illustris Reginae Hungariae carissimae affinis nostrae».

Bibliografia modifica

  • B. Ligorio, Federico II. Ebrei, castelli e ordini monastici in Puglia nella prima metà del XIII secolo, Martina Franca 2011.
  • M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, 2 volumi, Parigi 1843