Invasione di Banu Qaynuqa

L'invasione di Banu Qaynuqa[1], conosciuta anche come spedizione contro i Banu Qaynuqa[2], avvenne nel 624 d.C. I Banu Qaynuqa erano una tribù ebraica che venne espulsa dal profeta islamico Maometto per aver violato il trattato noto come Costituzione di Medina[3][4]. Lo scontro nacque da una molestia nei confronti di una donna musulmana da parte di un membro della tribù ebraica in un mercato. La tribù, dopo quindici giorni di assedio, finì per arrendersi a Maometto. Il profeta, che stava per prendere una decisione, alla fine cedette all'insistenza di Abdullah ibn Ubayy e decise di espellere i Banu Qaynuqa.

Invasione di Banu Qaynuqa
parte guerre di espansione islamica
Dataaprile 624
LuogoYathrib, Hejaz, Arabia Saudita
CausaViolazioni della Costituzione di Medina
EsitoEspulsione dei Banu Qaynuqa
Schieramenti
Banu QaynuqaMussulmani
Effettivi
700 uomini, di cui 400 corazzatisconosciuti
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Banu Qaynuqa

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Banu Qaynuqa.

Nel 7º secolo, i Banu Qaynuqa abitavano in due fortezze nella zona sud-occidentale della città di Yathrib, l'attuale Medina. La data del loro insediamento è sconosciuta. Sebbene avessero principalmente nomi arabi, i Banu Qaynuqa erano di etnia e religione ebraica. Non possedevano terreni e si guadagnavano da vivere attraverso il commercio e l'artigianato, inclusa l'arte orafa.[5] Il mercato di Yathrib si trovava proprio nell'area della città in cui risiedevano i Qaynuqa.[6] I Banu Qaynuqa erano alleati con la tribù araba locale dei Khazraj e li hanno sostenuti nei conflitti con la tribù araba rivale degli Aws.[5]

Antefatti

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Secondo Ibn Hisham, scoppiò presto una disputa tra i musulmani e i Banu Qaynuqa (alleati della tribù dei Khazraj) quando una donna musulmana visitò una gioielleria nel mercato di Qaynuqa e fu infastidita affinché si scoprisse il viso. L'orafo, un ebreo, le appuntò il vestito in modo tale che alzandosi rimase nuda. Un musulmano, giunto sul luogo del trambusto che ne seguì, uccise il negoziante per vendetta. A loro volta, gli ebrei uccisero l'uomo musulmano. Questo episodio degenerò in una serie di vendette e l'inimicizia tra musulmani e Banu Qaynuqa crebbe.[7][8][9]

Gli ebrei di Medina divennero sempre più ostili nei confronti di Muhammad perché affermava di essere un profeta, anche se alcuni ebrei si convertirono all'Islam. Si dice che i Banu Qaynuqa avessero 300 soldati con armatura e 400 senza.[10]

Nel dicembre del 623, i musulmani guidati da Muhammad sconfissero i meccani della tribù dei Banu Quraysh nella battaglia di Badr. Le tribù ebree, come i Banu Qaynuqa, espressero risentimento per questo.[11] I Banu Qaynuqa avrebbero avviato una campagna di azioni moleste nei confronti dei musulmani, schernendoli anche, danneggiando coloro che si recavano nei loro mercati e intimidendo le donne musulmane.[11] Muhammad li ammonì per la loro presunta condotta, ordinò loro di essere razionali e giudiziosi, e li avvertì di ulteriori trasgressioni.[11]

«O ebrei, state attenti che Dio non vi infligga la vendetta che ha portato sui Quraysh e diventate musulmani. Sapete che io sono un profeta che è stato inviato - lo troverete nelle vostre scritture e nel patto di Dio con voi.[12]»

I Banu Qaynuqa sfidarono Muhammad e dissero: "Non illuderti a causa della sconfitta di alcuni Quraishiti inesperti nell'arte della guerra. Se dovessi combattere con noi, ti renderesti conto che siamo dei veri esperti di guerra."[11]

«O Muhammad, sembri pensare che noi siamo il tuo popolo. Non ingannarti perché hai incontrato un popolo senza conoscenza della guerra e hai avuto la meglio su di loro; perché per Dio, se ti combattiamo, scoprirai che siamo veri uomini![12]»

Allora la sura III, 12-13 fu rivelata a Muhammad,

«[3.12] Di': "A coloro che non credono: Sarete sconfitti e sarete radunati nell'Inferno; e cattivo è il luogo di riposo".
[3.13] In verità ci fu un segno per voi nelle due schiere (che) si scontrarono in combattimento; una parte combatteva per la via di Allah e l'altra miscredente, che vedevano con gli occhi due volte tanti di loro quanto in realtà non fossero, e Allah rafforza con il Suo aiuto chi Egli vuole; certamente c'è un insegnamento in questo per coloro che hanno vista.»

Muhammad poi assediò i Banu Qaynuqa per quindici giorni, dopo di che la tribù si arrese incondizionatamente.[13][14] Era certo, secondo Watt, che ci fossero state delle trattative. Al momento dell'assedio, i Qaynuqa avevano una forza combattente di 700 uomini, 400 dei quali erano armati. Watt conclude che Muhammad non avrebbe potuto assediare con tanto successo una forza così numerosa senza il supporto degli alleati di Qaynuqa.[15]

Dopo la resa dei Banu Qaynuqa, Muhammad intendeva massacrare la tribù.[16] Tuttavia, Abdullah ibn Ubayy, capo di una sezione del clan dei Khazraj, intervenne per loro.[12] Il suo argomento era che la presenza dei Qaynuqa, con 700 uomini combattenti, poteva essere utile in vista del previsto attacco della Mecca.[17] Fu così insistente che mise persino la mano sul collare di Muhammad. Alla fine, poiché Ibn Ubayy era un capo della tribù dei Khazraj da cui provenivano molti dei seguaci di Muhammad, egli si limitò a espellere il popolo dei Banu Qaynuqa da Medina e confiscò i loro beni.[18]

Espulsione

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Le fonti islamiche tradizionali considerano questi episodi come una violazione della Costituzione di Medina.[3] Lo stesso Muhammad li considerò un casus belli (motivo di guerra).[4]  Tuttavia, alcuni orientalisti occidentali non vedono in questi eventi la ragione principale dell'attacco di Muhammad contro i Qaynuqa. Secondo F.E. Peters, le circostanze precise della presunta violazione della Costituzione di Medina non sono specificate nelle fonti.[6]  Secondo Fred Donner, le fonti disponibili non chiariscono le ragioni dell'espulsione dei Qaynuqa. Donner sostiene che Muhammad si sia rivoltato contro i Qaynuqa perché, in quanto artigiani e commercianti, erano in stretto contatto con i mercanti della Mecca.[19] Weinsinck ritiene che gli episodi citati dagli storici musulmani, come la storia dell'orafo ebreo, non abbiano altro che un valore aneddotico. Scrive che gli ebrei avevano assunto un atteggiamento polemico nei confronti di Muhammad e, in quanto gruppo con un notevole potere indipendente, rappresentavano un grande pericolo. Weinsinck conclude quindi che Muhammad, rafforzato dalla vittoria di Badr, si risolse presto a eliminare l'opposizione ebraica alla sua autorità.[5] Anche Norman Stillman ritiene che Muhammad abbia deciso di agire contro gli ebrei di Medina dopo essere stato rafforzato in seguito alla battaglia di Badr.[8]

Shibli Nomani e Safiur Rahman al-Mubarakpuri (autore de Il nettare sigillato) vedono questa reazione come una dichiarazione di guerra.[7][20] Secondo la tradizione islamica, i versetti 3:10-13 del Corano furono rivelati a Muhammad dopo lo scontro con i Qaynuqa.[3] Muhammad assediò poi i Banu Qaynuqa per quattordici[5] o quindici giorni, secondo Ibn Hisham,[8]  dopo i quali la tribù si arrese incondizionatamente.[3][8] Secondo Watt, è certo che ci furono delle trattative. Al momento dell'assedio, i Qaynuqa avevano una forza combattente di 700 uomini, di cui 400 corazzati. Watt conclude che Muhammad non avrebbe potuto assediare con successo una forza così numerosa senza il pieno sostegno degli alleati dei Qaynuqa.[4]

Dopo la resa dei Banu Qaynuqa, Abdullah ibn Ubayy, capo di una sezione del clan dei Khazraj, intercedette per loro.[21] Secondo at-Tabari, che cita Ibn Ishaq e Asim ibn Umar ibn Qatada nella sua catena di narrazioni:[22]

«Il Messaggero di Dio li assediò finché non si arresero a sua discrezione. 'Abd Allah b. Ubbay b. Salul si alzò quando Dio li ebbe messi in suo potere e disse: 'Muhammad, tratta bene i miei mawali'; poiché erano gli alleati dei Khazraj. Il Profeta ritardò la sua risposta, così 'Abd Allah ripeté: 'Muhammad, tratta bene i miei mawali.' Il Profeta si voltò dall'altra parte e lui gli mise la mano sul collo. Il Messaggero di Dio disse: 'Lasciami andare!' - era così arrabbiato che si potevano vedere delle ombre sul suo viso (cioè, il suo viso era colorato). Poi disse: 'Dannazione a te, lasciami andare!' Egli rispose: 'No, per Dio, non ti lascerò andare finché non tratterai bene i miei mawali. Quattrocento uomini senza corazza e trecento con cotte di maglia, che mi hanno difeso dagli arabi e dai non arabi, e tu li vorresti sterminare in un solo mattino? Per Dio, non mi sento al sicuro e ho paura di ciò che il futuro ci riserva.' Allora il Messaggero di Dio disse: 'Sono tuoi'.[23][24]»

Secondo Michael Cook, Muhammad inizialmente voleva uccidere tutti i membri dei Banu Qaynuqa, ma alla fine cedette all'insistenza di Abdullah e accettò di espellere la tribù.[25] William Montgomery Watt descrive la situazione in modo leggermente diverso. Afferma che Abd-Allah ibn Ubayy tentò di fermare l'espulsione, ma Muhammad era irremovibile sul fatto che i Qaynuqa dovevano lasciare la città. Tuttavia, era disposto ad essere clemente su altre condizioni. Ibn Ubayy, dal canto suo, sosteneva che la presenza dei Qaynuqa con 700 combattenti potesse essere utile in vista del previsto attacco della Mecca.[26][27] Maxime Rodinson riporta che Muhammad voleva mettere a morte tutti gli uomini della tribù, ma fu convinto da Abdullah ibn Ubayy, che era un vecchio alleato dei Qaynuqa, a non farlo.[28] A causa di questo intervento e di altri episodi di disaccordo con Muhammad, Abdullah ibn Ubayy si guadagnò nella tradizione musulmana il titolo di capo degli ipocriti (munafiqun).[8][21]

Conseguenze

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I Banu Qaynuqa lasciarono Medina per prima, dirigendosi verso le colonie ebraiche del Wadi al-Kura, a nord di Medina, e da lì verso Der'a in Siria,[5] a ovest di Salkhad. Nel corso del tempo, si assimilarono alle comunità ebraiche preesistenti in quella zona, rafforzandole numericamente.[29]

Muhammad divise i beni dei Banu Qaynuqa, comprese armi e strumenti, tra i suoi seguaci, prelevando per la prima volta un quinto del bottino per sé stesso. Alcuni membri della tribù scelsero di rimanere a Medina e convertirsi all'Islam, forse più per opportunismo che per convinzione. Un uomo dei Banu Qaynuqa, Abdullah ibn Salam, divenne un devoto musulmano. Sebbene alcune fonti musulmane affermino che si sia convertito subito dopo l'arrivo di Muhammad a Medina, gli studiosi moderni danno più credito ad altre fonti musulmane, che indicano il 630, 8 anni dopo, come anno della conversione di ibn Salam.[5]

Fonti islamiche primarie

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Il Corano, in particolare le sure 8:58, 3:118 e 3:12-13, viene collegato a questo evento.

Corano 8:58

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Questo versetto è citato in relazione a questo episodio. Recita:

«Se temi la slealtà da parte di un gruppo, annulla (il loro patto) nei loro confronti in modo da essere in condizione di parità: Allah, infatti, non ama i sleali.»

Ibn Kathir interpreta il versetto come un permesso a rompere i trattati con i non-musulmani che a loro volta li abbiano infranti per primi.[30]

Corano 3:118

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Si narra che Maometto chiese agli ebrei di pagare il tributo (Jizyah), ma essi rifiutarono e derisero Maometto, affermando che il suo Dio fosse povero. La tradizione islamica narra che, a causa di questi commenti, fu rivelato il versetto coranico 3:118:

«O voi che credete! Non prendete per amici intimi gente che non sia dei vostri; non mancheranno di nuocervi; amano ciò che vi addolora; l'odio violento è già uscito dalle loro bocche e quello che i loro cuori nascondono è anche peggiore. In verità, vi abbiamo reso chiari i segni, se voi siete intelligenti.»

Corano 3:12-13

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Anche i versetti 3:12 e 3:13 del Corano sono collegati a questo evento. Recitano:

«Di' A coloro che non credono: 'Presto sarete sconfitti e sarete radunati nell'Inferno; e cattivo è il luogo di riposo'.»

Ibn Kathir afferma che, dopo che Maometto "ottenne la vittoria nella battaglia di Badr e tornò a Medina, radunò gli ebrei nel mercato di Bani Qaynuqa", e in seguito fu rivelato questo versetto.[31]

  1. ^ Saifur Rahman Al Mubarakpuri, Ar-Raheeq Al-Makhtum, Darussalam Publications, 2005, p. 117.
  2. ^ Saifur Rahman Al Mubarakpuri, When the Moon Split, DarusSalam, 2002, p. 159, ISBN 978-9960-897-28-8.
  3. ^ a b c d Ibn Ishaq, Sirat Rasul Allah [The Life of Muhammad], transl. Guillaume, p. 363.
  4. ^ a b c Watt, Muhammad at Medina, 1956.. Page 209
  5. ^ a b c d e f AJ Wensinck, Kaynuka, banu, in Encyclopaedia of Islam.
  6. ^ a b Peters, Muhammad and the Origins of Islam, p. 182.
  7. ^ a b Saifur Rahman Al Mubarakpuri, The sealed nectar: biography of the Noble Prophet, Darussalam Publications, 2005, p. 284, ISBN 978-9960-899-55-8.
  8. ^ a b c d e Stillman, The Jews of Arab Lands: A History and Source Book, 1979.
  9. ^ Guillaume 363, ibn Kathir 2.
  10. ^ Richard A Gabriel, Muhammad, Islam's first general, University of Oklahoma Press, 2008, p. 104, ISBN 978-0-8061-3860-2.
  11. ^ a b c d Safi-ur Rahman Al-Mubaraki, The Sealed Nectar, Dar-us-Salam, 1996, p. 238, ISBN 9781484974858.
  12. ^ a b c Ibn Ishaq, The Life Of Muhammad, pp. 363.
  13. ^ Ibn Ishaq, The Life Of Muhammad, pp. 362–364.
  14. ^ al-Tabari, The History of Al-Tabari Volume 7: The Foundation of the Community (PDF), pp. 85–87.
  15. ^ Watt (1956), pg. 209-10.
  16. ^ al-Tabari, The History of Al-Tabari Volume 7: The Foundation of the Community (PDF), pp. 86.
  17. ^ * Watt, Muhammad prophet and statesman, p. 131 * William Montgomery Watt. "Abd Allah b. Ubayy b. Salul." Encyclopaedia of Islam.
  18. ^ al-Tabari, The History of al-Tabari vol.8 - The Foundation of the Community (PDF), pp. 87.
  19. ^ Donner, Muhammad's Political Consolidation in Arabia up to the Conquest of Mecca, pp. 231–2.
  20. ^ Nomani 90-91.
  21. ^ a b William Montgomery Watt. "Abd Allah b. Ubayy b. Salul." Encyclopaedia of Islam.
  22. ^ M. V. (Michael V.) McDonald, William Montgomery Watt, The history of al-Tabari, p. 86.
  23. ^ Al Tabari, The foundation of the community, State University of New York Press, 2008, p. 86, ISBN 978-0-88706-344-2.
  24. ^ Husayn Haykal, The Life of Muhammad, Islamic Book Trust, 1976, pp. 264, ISBN 978-983-9154-17-7.
  25. ^ Michael Cook, Muhammad, p. 21.
  26. ^ Watt, Muhammad, prophet and statesman, p. 131.
  27. ^ William Montgomery Watt. "Abd Allah b. Ubayy b. Salul." Encyclopaedia of Islam.
  28. ^ Rodinson, Muhammad, p. 173.
  29. ^ Ben-Zvi, The Exiled and the Redeemed, p. 147.
  30. ^ Ismāʻīl ibn ʻUmar Ibn Kathīr e Ṣafī al-Raḥmān Mubārakfūrī, Tafsir Ibn Kathir, vol. 4, Darussalam, 2003, p. 342, ISBN 978-9960-892-75-7.
  31. ^ Ibn Kathir e Muhammad Saed Abdul-Rahman, Tafsir Ibn Kathir Juz' 3 (Part 3): Al-Baqarah 253 to Al-I-'Imran 92, 2nd, MSA Publication Limited, 2009, p. 89, ISBN 978-1-86179-677-6.

Bibliografia

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