Invettiva
L'invettiva consiste in una frase denigratoria o in un discorso violento contro qualcuno. Quando assume la forma della detrazione «infierisce contro il prossimo senza che egli se ne renda conto», mentre se è espressa come «contumelia attacca frontalmente la persona che intende ferire»[1]. Nel primo caso può avere un carattere letterario ed allora assume valore di figura retorica.
Derivazione e sinonimiModifica
- Derivazione
Dal latino invechi, scagliarsi contro.
- Sinonimi
Rampogna, filippica.
StoriaModifica
Nel passato, ad esempio nel mondo romano, poteva accadere che un poeta, un politico o un uomo di cultura scrivesse un'invettiva contro qualche uomo potente che lui considerava nemico proprio o della sua parte politica. Quando espressa sotto forma di opera letteraria, era definito carmen famosum: il suo trattamento penale - sin dalle XII Tavole - era quello dell'iniuria (e non quello, meno grave, degli altri insulti, definiti contumeliae), esattamente alla stessa stregua del membrum ruptum e dell’os fractum; se oggetto di circolazione cartacea, era punito come Libellum.
Dante, nella Divina Commedia, in più occasioni si lancia in invettive contro personalità ed istituzioni del suo tempo (come ad esempio, la città di Firenze o l'Impero Germanico).
EsempioModifica
Nella Divina Commedia Dante si lancia in una violentissima invettiva verso la città di Pisa, invocando una specie di ecatombe naturale, con isole che muovendosi verso la foce dell'Arno causano un terribile cataclisma.
«Ahi Pisa, vituperio de le genti |
(Dante Alighieri, Divina Commedia, I, XXXIII, 79-84)) |
NoteModifica
- ^ Carla Casagrande, Silvana Vecchio, I peccati della lingua, Disciplina ed etica della parola nella cultura medievale, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1987, p. 318.
Voci correlateModifica
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