Pañca-tattva (viṣṇuismo)

Con il sostantivo neutro sanscrito Pañcatattva (devanāgarī: पञ्चतत्त्व) si indica un "gruppo di cinque, pañcan, elementi, tattva (anche realtà)", che in ambito di quella componente viṣṇuita che va sotto il nome di gauḍīya (di origine bengalese), in quanto fondata dalla predicazione del mistico bengalese del XVI secolo Caitanya, indica cinque personalità vissute nel XVI secolo, le quali corrispondono, oltre a Caitanya (1486-1534), ai quattro suoi compagni di predicazione: Nityānanda (1474-?), Advaita-ācārya (1434–1559), Gadādhara (1490?-?), Śrīvāsa (XV-XVI secolo).

Altare moderno viṣṇuita del Pañca-tattva. Da sinistra verso destra: Advaita-ācārya, Nityānanda, Caitanya, Gadādhara-paṇḍita, Śrīvāsa.

Nel Caitanya-caritāmṛta, opera di Kṛṣṇadās Kavirāja (circa 1615)[1] Caitanya viene indicato come la manifestazione insieme di Kṛṣṇa e di Rādhā[2][3], così suoi compagni vengono celebrati come manifestazione divine: Nityānanda in qualità di incarnazione del fratello di Kṛṣṇa, Balarāma[4]; Advaita-ācārya in qualità di manifestazione di Viṣṇu[5]; Gadādhara in qualità di manifestazione della lakṣmī rūpā di Kṛṣṇa, ovvero del suo potere di "fascino"[6]; Śrīvāsa in qualità di manifestazione del puro devoto (bhakta) di Kṛṣṇa[7].

Note modifica

  1. ^ Caitanya Caritāmṛta di Kṛṣṇadās Kavirāja (circa 1615; in origine in lingua bengalī). 6 voll. Calcutta, 1962-1963. Traduzione in lingua inglese: Caitanya Caritāmṛta of Kṛṣṇadās Kavirāja: A Translation and Commentary di Edward C. Dimock Jr., con una "introduzione " di Dimock e Tony K. Stewart (Cambridge, Mass., 1999).
  2. ^ Caitanya-caritāmṛta, I, 1, 5.
  3. ^ Questa anche la ragione per cui viene raffigurato con la carnagione chiara e non scura come Kṛṣṇa , cfr. Monier Monier-Williams, Brahmanism and Hinduism, p. 142.
  4. ^ Cfr. Caitanya-caritāmṛta, I, 5, 6
  5. ^ Cfr. Caitanya-caritāmṛta, I, 6, 4
  6. ^ In questo senso può essere inteso come incarnazione della stessa Rādhā; cfr. in tal senso Gauragaṇoddeśadīpikā di Kavikarṇapūra, 147
  7. ^ Cfr. Caitanya-caritāmṛta, I, 10, 2 dove viene sottinteso come gaura-bhakta-vṛnda ovvero la comunità (vṛnda) dei devoti (bhakta) di Caitanya (gaura)

Collegamenti esterni modifica

(BN)

«gaurāńga karuṇā koro dīna hīna jane
mośamo patita prabhu nāhi trībhūvane
dante tṛṇa dhari gaura ḍāki he tomare
kṛpā kari eso āmār hṛdaya mandire
jadi dayā nā karibe patita dekhiyā
patita pāvana nāma kisera lagiyā
paḍechi bhava tuphāne nāhika nistāra
śrī carana taranī dāne dāse kara pāra
śrī kṛṣṇa caitanya prabhu dāser anudāsa
prārthanā karaye sadā narottama dāsa»

(IT)

«O Gaurāńga[1] mostra la tua misericordia (karuṇā) a quest'anima miseramente caduta (dīna hīna jane); perduta (patita) come la mia (mo-śamo ) non ve n'è nei tre mondi (trī-bhūvane) o Signore! (prabhu); stringo l'erba (tṛṇa dhari) tra i denti (dante )[2] o Gaura, ti sto invocando, concedimi la tua grazia (ḍāki he tomare kṛpā) e risiedi nel tempio del mio cuore (eso āmār hṛdaya mandire). Se tu non mi concedi la tua grazia (jadi dayā nā karibe), vedendo come sono perduto (patita dekhiya), come mai sei conosciuto con il nome di (nāma kisera lagiyā) Soccorritore dei caduti (patita pāvana)? Mi sono gettato (paḍechi ) nei turbini di questo mondo materiale ( bhava tuphāne), da cui non si può sfuggire (nāhika nistāra). Dona (dāne) al tuo servo (dāse) i tuoi divini piedi (śrī carana), che sono come una barca (taranī) per attraversarlo (kara pāra). Narottama Dāsa, il servo dei servi (dāser anudāsa) del Signore Kṛṣṇa Caitanya, pronuncia incessantemente questa invocazione (prārthanā karaye sadā).»

(BN)

«jaya śrī-kṛṣṇa-caitanya prabhu nityānanda śrī-advaita gadādhara śrīvāsādi-gaura-bhakta-vṛnda»

(IT)

«Gloria al divino Kṛṣṇa Caitanya, al Signore Nityānanda, ad Advaita-ācārya, a Gadādhara-paṇḍita, a Śrīvāsa e ai devoti di Gaura[3]»

  1. ^ Intende Caitanya
  2. ^ È un gesto tradizionale di resa e sottomissione (cfr. P.K. Gode, Studies in Indian Cultural History, vol. 3 parte II, Poona, BORI, 1969, pp. 79-81).
  3. ^ Intende Caitanya