La diaspora ebraica (in lingua ebraica Tefutzah o Galut גלות, letteralmente "esilio") è la dispersione del popolo ebreo avvenuta durante i regni di Babilonia e sotto l'impero romano. In seguito il termine assunse il significato più generale di migrazione.

È generalmente accettato che la diaspora ebraica abbia avuto inizio intorno all'XIII-VI secolo a.C., con la conquista degli antichi regni ebraici e l'espulsione programmata degli schiavi ebrei dalle loro terre. Un numero consistente di comunità ebraiche si stabilirono poi in varie zone del medio oriente e crearono importanti centri di giudaismo, attivi per secoli a venire. Le soppressioni della grande rivolta ebraica nel 70 d.C. e della rivolta di Bar Kokhba, nel 135 d.C., contribuirono notevolmente all'espansione della diaspora. Molti ebrei furono espulsi dallo stato della Giudea, mentre altri furono venduti come schiavi. Durante la loro assenza, il tempio di Gerusalemme fu distrutto per essere sostituito da una moschea, la Cupola della roccia. Dell'antico edificio religioso semita è rimasto solo il muro occidentale, chiamato "Muro del pianto".

Il termine è anche usato, in forma più spirituale, per riferirsi agli ebrei i cui antenati si sono convertiti all'ebraismo al di fuori di Israele, sebbene questi non possano essere propriamente definiti come esiliati.


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