Ribellione di Arbanon

La ribellione di Arbanon del 1257–1259 fu una rivolta intrapresa dal Principato di Arbanon (nell'odierna Albania centrale) contro l'Impero di Nicea e in favore del rivale Despotato dell'Epiro.

Ribellione di Arbanon
Data1257–1259
LuogoAlbania centrale
Esitoindecisiva
  • I ribelli di Arbanon inizialmente sconfiggono le forze di Nicea
  • La rivolta viene sedata nel 1259
  • I nobili albanesi si ribellarono nuovamente nel 1260-1270 intorno a Durazzo
Schieramenti
Comandanti
sconosciutoGiorgio Acropolita
Giovanni Comneno
Perdite
sconosciutesconosciute
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Arbanon era stato a lungo un principato autonomo all'interno dell'Epiro e la sua conquista da parte di Nicea intorno al 1255 fu vista come un'imposizione. I ribelli insorsero contro il governatore Costantino Chabaron e si attivarono a Durazzo, Ocrida, Debar e Mat. Le forze di Nicea erano comandate da Giorgio Acropolita, il quale raccontò gli eventi in una sua opera.

Nell'autunno del 1257 Acropolita lasciò Tessalonica e, attraverso Kastoria, si diresse a Kounavia, a Mat e a Debar nel tentativo di convincere i capi locali ad abbandonare il despota dell'Epiro Michele II e sottomettersi al dominio imperiale. Tuttavia nel febbraio 1258 le guarnigioni nicene furono annientate. Approfittando della situazione, Michele II dichiarò guerra all'Impero di Nicea e catturò Chabaron a Kanina. Avendo glli albanesi respinto le truppe imperiali di rinforzo, Acropolita schierò nuove truppe, aprendo la strada a Ocrida e Prespa, ma senza avere la possibilità di ingaggiare i ribelli nelle regioni interne. Fu costretto a tornare a Prilep e cadde prigioniero di Michele II. La rivolta fu repressa dopo l'invio di truppe dall'Asia Minore nella primavera del 1259 guidate da Giovanni Comneno. La battaglia decisiva fu combattuta nella città di Devol: dopo aver subito pesanti perdite, i bizantini riuscirono finalmente a controllare la situazione, ma negli anni 1260-1270 i sovrani albanesi si ribellarono nuovamente nella regione di Durazzo.[1][2]

  1. ^ Setton (1976), p. 74.
  2. ^ Macrides (2007), p. 324.

Bibliografia

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