Renée Falconetti: differenze tra le versioni

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Nata a [[Pantin]], Seine-Saint-Denis, Falconetti divenne un'attrice teatrale a Parigi nel 1918. Quando Dreyer la vide recitare in un teatro amatoriale e la scelse come sua protagonista nella sua imminente produzione ''La Passione Di Giovanna D'Arco'', era già una celebre artista teatrale, ed era apparsa in un film, ''La Comtesse de Somerive'' (1917), diretto da [[Georges Denola]] e Jean Kemm. Falconetti aveva 35 anni quando interpretò il ruolo della 19enne Giovanna d'Arco in ''La Passione''. La sua interpretazione è ampiamente considerata una delle più stupefacenti di sempre, ed è rimasta il suo ultimo ruolo cinematografico.
 
Molti scrittori hanno affermato che la performance di Falconetti è stata il risultato di un'estrema crudeltà per mano di Dreyer, un regista notoriamente esigente che la spinse sull'orlo del collasso emotivo. Ad esempio, il critico cinematografico [[Roger Ebert]] scrive:<blockquote>Per Falconetti, lo spettacolo è stato un calvario. Le leggende del set raccontano di Dreyer che la costringe a inginocchiarsi dolorosamente sulla pietra e poi cancellare ogni espressione dal suo viso - in modo che lo spettatore legga il dolore represso o interiore. Ha filmato le stesse riprese ancora e ancora, sperando che in sala di montaggio potesse trovare esattamente la sfumatura giusta nella sua espressione facciale.</blockquote>Tuttavia, nella loro biografia di Dreyer, Jean e Dale Drum affermano che queste storie si basano solo su voci e che "non ci sono prove che Dreyer possa essere definito un sadico". A riprova di ciò citano alcuni testimoni diretti del rapporto tra il regitaregista e l'attrice. Inizialmente nel processo di produzione, "Dreyer e Falconetti guardavano insieme i girati di una singola scena, sette o otto volte, finché Dreyer non riusciva a distinguere un pezzo, forse qualche metro di pellicola, dove l'effetto era quello ricercato e, quando rigiravano la scena, lei poteva riprodurla senza la minima inibizione. Solo quei pochi metri di pellicola l'avevano ispirata". Successivamente, la Falconetti fu in grado di recitare basandosi solo sulle spiegazioni di Dreyer, senza la necessità di provare.
 
Dreyer in un'intervista disse che «Bisognava arrivare a dar veramente al pubblico l'impressione di veder la vita attraverso il buco della serratura dello schermo... Io non cerco altro che la vita. Si capisce quel che s'è cercato soltanto alla fine del film. Il regista non conta nulla, la vita è tutto, ed è lei che comanda. Quel che importa non è il dramma obiettivo delle immagini, ma il dramma obiettivo delle anime».<ref>''Cinémagazione'', 9 settembre 1927. Sta in Georges Sadoul, ''Il cinema'', Sansoni Firenze 1968, Éditions du Seuil, Paris 1965.</ref> D'altra parte il cinema è quasi sempre finzione e trucco degli attori che si adattano e vengono adattati a canoni di bellezza ideale. Edgar Morin sottolinea che Renée Falconetti e gli altri attori del film di Dreyer, così come quelli ad esempio de ''La corazzata Potemkin'' di [[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Eisenstein]] «devono all'assenza di truccatura gran parte della loro potenza espressiva» laddove «L'espressione della bellezza tende invece ad annullare l'espressione vera e propria».<ref>[[Edgar Morin]], ''I divi'', Enciclopedia Popolare Mondadori, Milano 1963. Titolo originale dell'opera ''Les stars'', Éditions du Seuil, Paris 1963.</ref>